lunedì 30 maggio 2016

Ho fatto l'abbonamento alla sfiga pensando fosse quello per la pizzeria #5.

Io sono quel tipo di persona che suda sette camice per riuscire a prendere la patente (sono riuscita a prenderla! Ho fatto un parcheggio più storto della torre di Pisa, ma la patente l’ho presa!), ma sbagliano a stamparci la firma sopra, quindi patente da rifare e da ritirare “prossimamente”.
Questo mi fa capire una cosa: il Karma dice che non devo guidare.

lunedì 23 maggio 2016

In questi giorni cadrebbe il compleanno di nonno, se fosse ancora vivo, forse è per questo che lo penso più del solito o forse perché ritrovandomi l'ascesa del Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale pensarlo è un atto naturale, con tutte le cose che mi raccontava da piccola, con tutte le canzoni che mi cantava. Nonno non era di certo uno da mettersi a cantare "Nel blu dipinto di blu", no, era più uno da "Bella Ciao", ma per parcondicio e per cultura mi ha cantanto anche "Faccetta nera", me lo ricordo ancora quell'omone che io vedevo gigante spiegarmi che le conosceva perché a scuola non le poteva evitare. Me le cantava tutte, di sinistra e di destra, ma poi io crescendo gli chiedevo solo "Bella ciao", mi piaceva il sentimento con cui la cantava, forse perché la sentiva sua, questo l'ho pensato dopo, ma troppo tardi per poterglielo chiedere. Oggi l'ho pensato a cantare, perché ho letto "abisinia" sul libro, allora ho chiesto a mio padre in quale canzone fosse e mi ha guardata stupito, ché mi ricoravo le canzoni che mi cantava suo padre, non gliel'ho mica detto che nei momenti d'ansia di cui non sa niente ripenso proprio a lui che canta in poltrona. Io nonno me lo ricordo così, come me lo ricordo bellissimo nonostante gli anni e una malattia della pelle antiestetica; me lo ricordo con quei capelli neri che hanno perso colore solo nell'ultimo anno, diventando un nero/grigio, in totale contrasto con gli occhi chiari, che nessuno ha ereditato in casa o meglio, nessuno li ha esattamente di quel colore che non ho mai ritrovato. Me lo ricordo gigante, anche se, forse, era nella medie ed io lo vedevo gigante, perché per me era un uomo grande e forte in tanti sensi, mi piacerebbe avere la sua forza, in tanti campi. Me lo ricordo anche piccolissimo e fragile, come nell'anno dopo che se n'è andata nonna: a starle dietro ha perso smalto, ma senza di lei ha perso una fiamma che si è spenta con lei, ha lasciato un po' di brace, ma poi si è spenta anche quella; me lo ricordo nel letto che divideva con nonna, io che mi ostinavo a parlargli della scuola, di qualcosa di me, per farlo stare acceso, per farlo parlre, a volte vorrei sapere se è servito a qualcosa, se gli faceva piacere, ma soprattuttp me lo ricordo in una camera d'ospedale in cui non mi ha riconosciuto ed ha fatto male, malissimo, così male da non rimetterci più piede e io sola so quanti di sensi di colpa ho per non aver più accompagnato mio padre, per non essere stata forte abbastanza da stare fino all'ultimo con la mia ancora. Nonno aveva i suoi difetti, non era perfetto, come tutti in casa era testardo, orgoglioso, non mostrava le emozioni e l'affetto, o meglio lo faceva a modo suo, ma con tutta la situazione che c'è in casa, mi piacerebbe che fosse ancora qui, perché forse almeno lui riuscirebbe a fare qualcosa per far ragionare mia cugina, per far si che almeno ogni tanto si possa vedere quello scricciolino che cresce e io non so come. Oggi sono nostalgica, fragile, mi manca quell'uomo forse che oramai avrebbe raggiunto i novantuno, gli avrei chiesto di cantarmi ancora una volta "Bella ciao", l'avrei osservato cantarla ad occhi chiusi mentre io sorridevo, perché accanto a lui andava tutto bene, anche quando niente andava bene. "I feel you in the wind, you guide me constantly". (Quanto è brutto scrivere dal cellulare che non a capo e si blocca ogni tre parole.)

sabato 21 maggio 2016

A bite of silly happiness #3

Whatsapp è andato in palla, non mi arrivavano i messaggi, presa da altre cose non ci ho neanche fatto caso. Lo apro, di colpo iniziano ad arrivare messaggi su messaggi, molti inutili da gente che parla su un gruppo universitario dei cavoli propri, altri messaggi da amiche e poi tre audio da una persona che sento di rado, tre audio da un concerto.
Una band che seguo da anni, che mi porto sulla pelle e che mi manca. Tre audio, il primo è la canzone che ho sentito per giorni quando nonna se n'è andata, l'altra è una delle prime e poi la voce del cantante che presenta il concerto, una voce che conosco bene come quella dei miei amici. Ho gli occhi lucidi, non me lo aspettavo o, se proprio dovevo aspettarmi qualcosa me lo aspettavo da altre persone su altre canzoni, ma non da lei e non su queste.
Io sorrido, emozionata come una bambina, perché io faccio queste cose, ma non mi aspetto mai che le facciano per me, poco tempo fa mi è capitato con un audio di una band canadese in cui mi hanno fatto salutare, una volta con degli auguri, ma mai come ora che cedo a scrivere, perché loro, quelli di questa sera, sono un'altra cosa, un'altra storia e io ora sorrido, perché è bello sapere che a chilometri c'è qualcuno che ha un piccolo pensiero come questo, una cosa da poca che conta tanto.

venerdì 6 maggio 2016

Sono tornava a scrivere racconti, a vivere la scrittura come qualcosa che mi viene naturale fare, senza provarci ("don't try"), la mia via di fuga da una vita che non è come vorrei. Scrivo un sacco, quando sono lontana da questa casa e dal mio computer soffro un po', allora ci sono giorni che prendo carta e penna e scrivo lì. Era una cosa che mi mancava, questa urgenza di scrivere, di cercare la parola giusta per senso e suono, mi era mancata in maniera quasi dolorosa. No, farmi leggere ancora no, non sono pronta, c'è solo un'amica che legge le pagine che scrivo in questo senso, perché sono solo un allenamento dopo gli anni di lontananza. Non sono le pagine che vorrei, ma a volte mi piacciono, a volte, lei che è l'unica di cui mi fido per avere un commento critico, si è pure emozionata  a leggere.
Scrivo tanto, ma non scrivo di quello che ho dentro, della rabbia sotto pelle degli ultimi giorni, dello stress, delle cose che non mi vanno giù; non scrivo delle giornate semplici, del cinema, dello riuscire a strappare la gioia in qualche amica, delle risate a lezione. Non scrivo di me. Mi distacco per quieto vivere e so che, questa cosa, non ha mai portato niente di buono, ma non riesco a fare diversamente. E' sopravvivenza.

Stasera esco, continuo a dover essere totalmente astemia, continuo con il mio proposito di aver smesso di fumare (anche se, negli ultimi giorni, mi manca più di quanto mi mancasse un mese e mezzo fa), sono stanche di molte facce che ho intorno, ma continuo a scolpirmi un sorriso sul viso e cucirmi le risate addosso. Va bene così.