lunedì 27 giugno 2016

L'applicazione dei ricordi di Facebook mi ha ricordato una frase che scrissi la sera del funerale di nonna.
Sei anni e mi sembra ieri.
Il messaggio di una chiamata da parte di mio padre mentre non ero raggiungibile, in un orario che non era quello solito, io che capisco ancora prima di richiamare cosa mi dovesse dire.
Mamma che non mi vuole lasciare a casa da sola, come invece aveva fatto mille altre volte quando andava a lavorare.
Un vecchio peluche bagnato di lacrime, una canzone in riproduzione dal iPod azzurro per tutta la notte.
Una bara chiusa in una camera da letto, quella con l'armadio con delle venature che a me hanno sempre fatto paura, perché con la fantasia di bambina ci vedevo delle facce spaventose.
Il corteo funebre, il passo incerto di nonno, ma tutta il suo dolore composto.
Ricordo tutto. Come ricordo ancora che non l'hanno messa giù il giorno stesso, quella bara, ma il giorno dopo mentre io ero in ospedale a togliermi le viti esterne che avevo portato per sei mesi. Che beffa, io che mi sono sempre sforzata di andarla a trovare anche quando era diventata una donnina piccola piccola con il viso scavato dagli occhi vuoi che non solo non mi riconosceva più, ma neanche mi vedeva, non sono potuta esserci. Come non c'ero il giorno che se n'è andata in una stanza da sola.
Sei anni e ho ancora il senso di colpa che se n'è andata in solitudine, cosa che se lo dicessi a qualcuno mi direbbe "non se ne sarebbe accorta, oramai non capiva più", ma questo non cambia per me.
Sei anni dopo, riesco finalmente ad andare oltre ai ricordi brutti degli ultimi anni, alle volte che ripeteva all'infinito le cose, al suo fare azioni insensate, al dire cose senza senso, a non riconoscermi più. Riesco ad andare oltre, a tenere i momenti di lucidità come piccole perle rare, a ricordarmi di quanto fosse difficile starle dietro in bicicletta, dei pomeriggi con lei, del suo modo di darmi affetto stando attenta a prepararmi ogni sabato per pranzo qualcosa che mi piacesse anche quando magari non stava benissimo.
Sei anni dopo mi sento una persona diversa da quella sedicenne al suo primo lutto, ma nonostante gli anni, nonostante sia cresciuta, nonostante sia inciampata mille altre volte, nonostante tante cose, sei anni dopo riesco ancora a farmi scappare una lacrima, perché nonostante tutto, fino a che la malattia non le ha strappato ogni singolo ricordo, era pur sempre quella nonna che ti vuole bene incondizionatamente, nonostante tutto, nonostante tutti.

(Tra quattro ore e mezza suona la sveglia, fa caldo, non ho sonno, ho l'ansia per un esame e vorrei essere altrove. Trascrivere le parole dalla grafia più confusa dal mondo mi ha quasi fatto venire mal di testa. Ultimamente sono proprio fuori forma.)

martedì 7 giugno 2016

Ho resistito due mesi abbondanti senza fumare, senza neanche sentirne un desiderio poi così profondo se non in rari momenti e, anzi, stavo anche iniziando a ringraziare la mia decisione per i benefici che mi ha portato (tranne quando fiutavo qualche odore sgradevole, lì preferivo non sentire così bene) quando ieri, in preda dall'ansia di un esame me ne sono fatta dare una, perché o fumavo o fumavo, le cose erano due. Sarà stato l'ansia dell'esame, sarà stato che fino all'ultimo non sapevo neanche se l'avrei dato o se mi sarei finta non presente, sarà che mi chiedevo il senso di averlo preparato senza però sentirmi preparata, ma le sigarette me le sono pure andata a comprare.
E niente, poi l'esame (mezzo, l'altra metà a quando sarà) è andato bene, più di quanto sperassi (anche perché la mia speranza in preda al "io non lo do, non so un cazzo se non la guerra di anglo-borea che manco loro sanno di averla fatta!" era un misero 18, da tirare su con l'altra metà), ma mi sento in colpa per quel pacchetto nella borsa. Forse, non sono pronta a smettere che le dipendenze riempiono i vuoti e di vuoti ne ho fin troppi, vorrei averli anche di tempo, che oramai vedo solo quei due libri dell'esame, così tanto da sognarmeli la notte.
Niente, ho tanti pensieri per la testa ultimamente, ma neanche un momento per fermarmi a scrivere per svuotarmi la testa, perché sono un'ambiziosa e una perfezionista (un'amica direbbe "sei un'ansiosa cagacazzi") e voglio preparare quest'altra metà di esame, perché oltre a piacermi di più è anche quella dove ho più argomenti che conosco già di mio, che mi piacciono o posso fare collegamenti extra oltre alle lezioni, così riempio il tempo che dovrei spendere a pensare a risolvere 'sto caos, lo impegno a studiare.
Ora torno alle mie slide che la crisi del 1929 mi chiama o forse è mia madre per la cena, non lo capisco bene.