giovedì 31 agosto 2017

Now you've been talking in your sleep / don't let me get me.



"Now you've been talking in your sleep
Don't let me get me
Things you never say to me
It's bad when you annoy yourself
Tell me that you've had enough
So irritating
Don't wanna be my friend no more
Pretty, pretty please, don't you ever, ever feel
Like you are less than, less than (fuckin') perfect
Pretty, pretty please, if you ever, ever feel like you're nothing
You're (fuckin') perfect to me."

Il 26 agosto si sono tenuti i Video Music Awards, durante la serata si è esibita P!nk che, dopo aver ritirato il premio Michael Jackson Video Vanguard Awards e aver fatto un discorso bellissimo, si è esibita in quella che, secondo me e secondo molti commenti letti su internet, la migliore esibizione della serata. Durante questa esibizione fatta di medley che verso la metà hanno smesso di alternarsi e si sono mescolati tra loro, in una sorta di conversazione fatta di canzoni di periodi diversi. Il giorno dopo c'ero io, impreparata a questa cosa perché non mi ero voluta anticipare nulla su di lei, che sentiva questo botta e risposta con gli occhi lucidi.
Non ho mai fatto mistero di essere cresciuta con la musica, che ci sono artisti che mi hanno in un modo tutto loro aiutata a crescere, a diventare quella che sono. Una di queste, è P!nk. P!nk che per chi mi conosce poco è una cantante che mi piace e di cui ho preso spesso riferimento per il taglio di capelli (mai fatto mistero, anche perché per i capelli corti è una garanzia. Ha sempre tagli bellissimi); per chi mi conosce bene - o molto bene - sa che per me non è solo un'icona di stile, la cantante con cui spesso mi viene detto "ti ho pensata!" (spesso con la scena di So What in cui canta al volante di un tagliaerba), ma sa che per me è un punto importante, quella che ha sempre una canzone giusta per ogni momento: belli, divertenti, brutti, bruttissimi.
Tu che stai leggendo non so di che anno sei o che rapporto hai con MTv, ma nel 2006 passava ancora più musica e programmi musicali che film, serie tv e programmi di dubbio gusto. Un mio compagno di classe, un pomeriggio, aveva visto il video di Stupid Girl e, tornato a scuola l'indomani o qualche giorno dopo, mi parlò di questa canzone, di questa cantante che aveva fatto una nuova canzone e che secondo lui poteva piacermi. Era il periodo del compleanno dei miei dodici anni, uno dei periodi peggiori della mia vita. Quella cantante era P!nk che io all'epoca conoscevo vagamente per via di una mia cugina, giusto qualche canzone. Andai a sentirla, cercai le canzoni che, nel 2006, non era poi così facile trovare visto che la linea internet era quello che era e non esisteva Spotify. A fatica e con qualche aiuto, mi procurai la discografia uscita fino a quel momento, ascoltavo quelle canzoni e sentivo l'urgenza di capire cosa dicessero, di andare oltre ai ritmi accattivanti e alla voce graffiante. Fu lì che trovai quella che, per molti anni, è stata la vera e unica voce che mi abbia mai capita, mi abbia fatto da spalla, una sorta di amica che c'era ogni volta che avevo bisogno. C'era questa cantante che cantava quello che ero io, quella che era la mia vita, c'erano queste canzoni che capivano della mia famiglia che cadeva a pezzi (true story: io ancora non riesco ad ascoltare Family Portrait senza rischiare di piangere), capivano il mio disagio, il mio non sentirmi accettata, ma capivano anche la mia voglia di divertirmi, di fare festa. Nel tempo sono cresciuta, sono cambiata, sono diventata più forte, ma ci sono ancora notti in cui mi metto le cuffie e ascolto a ripetizioni vecchie sue canzoni fino ad addormentarmi, come anni fa facevo col lettore cd della Philips che mettevo sotto al cuscino mentre io sentivo le canzoni con le cuffie.
L'altro giorno quando sono riuscita a trovare l'intera esibizione era un altro giorno brutto in un periodo davvero pessimo, dove uscire di casa mi porta a rientrare con un mal di testa lancinante, dove per dimostrare di essere quella che ha acquistato sicurezza ci sono ore di lavoro di convincimento anche solo per non uscire con una maglietta extralarge e i soliti jeans, dove anche una sola battuta fatta male mi ferisce. Era l'ennesimo giorno dove avevo dormito poco e male, ho iniziato a vedere il video pensando per i primi due minuti "prima o poi, io sarò sotto un suo palco" cantando da sola in casa, poi è arrivata Just Give Me A Reason e totalmente inaspettata è arrivato un mashup, quello citato sopra, e c'ero io che non piango praticamente da mesi con gli occhi lucidissimi che sentivo quel botta e risposta come mio, ma poi è arrivata Fuckin' Perfect che mi ha colpita, mi ha scosso.
Ho sempre sostenuto che la musica è una cosa potente, tanto.
Ho sempre sostenuto che la musica mi ha salvato, che mi salva e mi salverà sempre.
Ho sempre sostenuto che la musica parla per me quando io litigo con le parole.
Questo è uno di quei momenti.

venerdì 11 agosto 2017

Ho cercato di scrivere, ma continuo a cancellare, ogni parola mi sembra sbagliata, di troppo.
Vorrei solo domandare "perché?". Lo vorrei domandare a me, a quella persona che non vedo da due anni, al silenzio, al "no, con te non ce l'ha", a questa sicurezza altrui che fa di me solo un danno collaterale dei casini degli adulti; a quell'orologio sul comodino che metto ogni volta che escono anche se non è nel mio stile, anche se chi me l'ha regalato non si è neanche degnato di darmelo di persona, lo chiedere a me che do a un oggetto di poco valore un valore in più. Lo vorrei urlare, sbraitare, ma invece è come la parole che cerco di scrivere, sfuggente, pensante in gola e pungente negli occhi.
"Perché?".

martedì 1 agosto 2017

"Happiness can be found even in the darkest of times, if one only remembers to turn on the light".

Nonostante non sia il periodo migliore della mia vita, voglio scrivere queste righe in modo da averle nei futuri momenti no, per ricordarmi che come diceva Silente - e come ho scritto sulla parete di camera - "happiness can be found even in the darkest of times, if one only remembers to turn on the light".

Per quasi tutta l'adolescenza ho messo gli altri davanti a me, non importava se lo meritassero o meno, era mia indole farlo. Non valeva solo per le decisioni o finire in un gruppo di "amici" che non mi faceva sentire né me stessa né accettata, ma anche di fare cose per strappare un sorriso a persone che poi non hanno mai neanche ringraziato. A volte mi pento di averlo fatto, altre penso "ero una persona più buona, mi faceva piacere farlo, lo facevo". Poche volte, da determinate persone ho visto lo stesso, alla fine sono cose a cui neanche penso più, tranne che in giornate come ieri sera o come stamani.
Nel luglio 2006 scoprii una band per cui tanti mi hanno preso in giro, per cui in undici anni spesso mi sono sentita dire "ma li ascolti ancora? Ma sono ancora vivi?", l'ho sentito chiedere così tante volte che a un certo punto neanche ci facevo più caso. Nessuno ha mai visto di buon occhio quella band, nessuno si è mai soffermato a chiedere cosa ci trovassi in loro o perché per me la loro musica era così importante da farmi tatuare una loro frase senza pentirmene un solo giorno. In undici anni, grazie a loro, ho conosciuto tante persone, molte avrei preferito non incontrarle mai, altre sono rimaste conoscenze con cui farsi qualche risata a qualche concerto - e fa sempre un po' piacere arrivare da qualche parte e vedere qualcuno che, nonostante non sia in dovere di salutarti, ti viene a salutare con un sorriso e un "come stai?" -, altre sono entrate e poi uscite dalla vita come succede spesso, ma altre ancora, conosciute a periodi diversi, sono diventate amiche di quelle che sanno farmi pensare che, nonostante in passato abbia avuto amiche di merda, l'amicizia disinteressata esiste. Esiste davvero.
Ieri ero a casa, alcune di queste amiche erano a un concerto di quella band che ci ha fatto conoscere e forse un po' per questo e un po' perché non mi andava di dire a nessuno che era una di quelle sere in cui non mi andava bene nulla e tutto mi stava stretto, persino le pareti di casa. Era una serata nera, di quelle che anche se guardi una sera che ti piace, la testa va ad altro e se non fosse che fa troppo caldo per avere lacrime, forse piangeresti pure per tutta sera abbracciata a un cuscino. Era, perché a un certo punto il telefono ha iniziato a vibrare a intervalli irregolari, foto per salutare, audio per aggiornarmi su come andasse la serata (e per una canzone che tormenta un'amica da quando gliel'ho cantata fino allo sfinimento), canzoni, quelle importanti, quelle per cui non ti vergogni di ammettere che hai cantato in camera da sola e hai pianto - come l'amica che all'inizio di una ha urlato "sto piangendo Pezzy" -, perché sono quelle canzoni che sanno raccontare una parte di undici anni della tua vita che, tra alti e bassi generali, è la parte che spesso direttamente o indirettamente ti ha salvato, ti ha salvato in così tanti modi che è anche difficile spiegarli tutti. E poi ci sono le promesse, quelle fatto ridendo di (dis)avventure milanesi, di freddo che fa venire gli strizzoni di pancia. Quelle promesse che se dette a qualcuno esterno a un'amicizia direbbe "ah", non capendo come e perché è nata e anche se venisse reso partecipe non capirebbe. Quelle promesse che, le persone come me abituate a mantenere le promesse e raramente vederle mantenute dagli altri, si ritengo fortunate, non tanto per 24 secondi di audio in cui un chitarrista che praticamente ha scritto la canzone che ti manda avanti da quando l'hai ascoltata la prima volta parla di cagotto solidale (se non sono normale, è perché sono cresciuta con una band a-normale), ma perché dopo anni di pessime amicizie, di persone che anche se vicine fisicamente erano distanti anni luce, di persone che non ti hanno mai fatto sentire capita, accettata, che ti hanno sempre fatto sentire meno di zero, realizzi quanto sei fortunata, che non importata quanto distanti quelle amiche che dicono il tuo cognome, le stesse che ti urlano ciao negli audio, sono quelle che non importa se spesso distanti - e a breve pure più distanti anche se non ci vuoi pensare - sono tra quelle che ti hanno insegnato cosa vuol dire "amicizia".
E ci sono altre persone, oltre a quelle, che te lo hanno insegnato, persone incontrate sotto quel palco ma che poi l'hanno lasciato, però sono rimaste comunque amiche e so bene che il "sono qua per te" è reciproco, ci sono anche persone che quella band la tollera perché mi vuole bene, ma non la ascolta, che comunque sono pilastri in una vita che di stabile ha poco e niente, ma quel palco è casa e sapere che anche se lontana c'è chi ti ricorda quale sia e dove sia casa, fa sempre bene.