sabato 30 settembre 2017

Hello darkness, my old friend.

Una mia ex compagnia di classe si è sposata, una convive, le altre sembrano tutte più o meno felici della propria vita, felici con quello che hanno, con quello che fanno. C'è chi si è laureato e ora lavora, chi non ha continuato, ma ha trovato un buon lavoro e incassa piccoli successi che, prontamente, spiattella ovunque sui social, perché sia mai che vadano persi, non notati.
E poi ci sono io. Io che a ventitré anni continuo a lavorare su obiettivi che, con buona probabilità, non raggiungerò mai, di conseguenza avrò passato anni a proseguire i miei studi, a impegnarmi, a sfruttare ogni dannata possibilità che mi sono trovata davanti (incassando un insuccesso dietro l'altro), e cerco di non darlo a vedere. Ogni cazzo di volta evito la gente per strada, perché io alla domanda "cosa fai ora?" dovrei rispondere "studio, tu?" sentendo poi arrivare la lista dei loro successi, professionali e personali, mentre io sono in uno di quei periodi in cui vedo tutto nero.

Come ti vedi tra dieci anni?
Non realizzata professionalmente, magari con un lavoro che mi permette di vivere, ma che mi fa schifo, che non mi dà soddisfazione alcuna. Forse vivrò per conto mio, in un appartamento in zona, perché non sarò riuscita ad andarmene, con un gatto e bottiglie vuote di una cena con le amiche, quelle che nel mentre si saranno realizzate, avranno messo su famiglia, avranno figlia che mi chiameranno zia. Come zia simpatica, matta come un cavallo (che poi non è matta, ma solo insoddisfatta, infelice, tabagista disperata e con un principio di alcolismo, ma nasconde tutto dietro alla simpatia), mi ci vedo bene.

mercoledì 27 settembre 2017

Cose positive in ordine sparso #1.

Treno in orario.
Un ragazzo che in treno leggeva una vecchia copia di La storia infinita.
Persona che ti consiglia di vedere il film del libro che stai leggendo perché "è fantastico!".
Le persone che offrono sigarette senza che io le chieda, anche senza conoscermi.
Le amiche che danno sostegno a distanza.
"Mi ricordo di te, eri venuta un anno fa, vero?" "Sì, ci ho riprovato" "Hai fatto bene".
Socializzare con gente simpatica che non rivedrai mai più.
"Salti tu, salto io" "Uno dei due alla fine muore".
Riprovare a fare un passo verso un grande obiettivo, nonostante un fallimento passato.
"Davvero, mi ricordo di te [...]. Non so perché non ti abbiamo richiamato" (senza che io l'abbia domandato).
Pensare "come va va".
Risate isteriche a caso.
Dormire.
Le canzoni belle alla radio.
Leggere Guida galattica per autostoppisti in caffetteria davanti a un espresso.
Le patatine classic stick a un passo da mezzanotte.
La riproduzione casuale che sa cosa passare.

giovedì 14 settembre 2017

Danza aerea, atto #1.

Avrei voluto frequentare un corso di parcour in una palestra qua vicina. Io, persona che cade anche da seduta, a fare parcour è un'immagine esilarante per chiunque mi conosca e a cui ho detto "voglio andare a fare parcour". La mia idea, purtroppo, è saltata. Non c'era la classe.
O meglio. La classe c'era, ma per principianti era quella di bambini - nonostante la mia altezza, hanno detto che non ci rientro per età - e quella per me è di solo maschi - dove sta il problema? - era a un livello già superiore. Niente parcour, insomma.
La proprietaria della palestra, proprietaria che conosce madre, ha insistito che andassi a provare il corso di danza aerea. "Due lezioni, gratuite. Dille di provare, se non le piace, non viene più".
Bah, mi dico, è gratis, che può andare male? Che cado? Vabbè, tanto cado a cose pari.
Sono andata, martedì sera, ho provato. Non sono caduta e, anche se anziché la piramide a me è venuta una piramidina e l'inversione ho dovuto prima provare i movimenti a terra perché col piffero che io mi rigiravo a testa in giù - oh, ero convinta di battere in terra! -, mi sono divertita. Torno a casa pimpante, "giovedì riprovo, magari vado".
Ecco. Bene. E' da ieri mattina che ho un dolore agli addominali che ridere è una tortura - e io rido per tutto! -, ma soprattutto mi fanno male le braccia. Mi spiego, mi sono pure messa a studiare i muscoli per capire cosa mi duole, mica pizza e ananas! Allora, il deltoide sicuro è dolorante, quello l'ho identificato con certezza, poi dovrebbero essere indolenziti il muscolo brachiale, il bicipite e quello che io chiamavo ascellare che in realtà si chiama grande rotondo - detto in confidenza rotonda dell'Esselunga -, con la conseguenza che ieri col piffero che alzavo le braccia. La tizia del corso l'aveva detto che "domani avrete problemi anche a prendere una tazzina"... fanculo, chi me l'ha fatto fare!? Non lo so, ma col dubbio che le mie braccia non reggeranno e io stasera volerò - da poca distanza - ad abbracciare il pavimento - che è coperto di quello che madre chiama tatami, ma a me parono i puzzle morbidi che si fanno all'asilo -, perché vado alla seconda lezione di prova.
La domanda, in realtà posta da mio padre, è "perché non mi trovo un hobby normale?". No eh?

Too young to say though I swear he knew.

12 settembre 2017.
Ciao nonno,
so che è stupido continuare a scriverti almeno una volta all'anno quando tu non puoi leggere, non puoi rispondere e solo io so quanto avrei bisogno di una tua risposta, di una tua guida su cosa fare.
Dio quanto mi sento stupida a continuare a scriverti a 23 anni, dopo sei anni. Dio quanta rabbia mi fa non essere riuscita a venire in ospedale, a starti vicino, fino all'ultimo momento come ho fatto con nonna che, anche se non ero con lei quando si è spenta, c'ero fino a qualche giorno prima. Dio quanta mi fa rabbia il fatto che non so più la ricordare la tua voce mentre in poltrona (mi) cantavi canzoni politiche, perché quelle conoscevi, e quanto vorrei riuscire a ricordare il suono della tua voce mentre cantavi Bella Ciao. Ogni tanto, quando l'ansia prende il sopravvento e mi manca l'aria, l'unica cosa che mi riesce a calmare è canticchiare Bella Ciao tra me e me, solo con la mia voce stonata, a mezza voce, come quando ti sentivo cantare e non volevo disturbarti.
Sai nonno, in casa va sempre peggio e io, oltre a sentirmi tra incudine e martello, non so cosa fare. Una parte di me vorrebbe ingoiare il rospo, trovare un modo per contattare mia cugina e dirle che mi manca, che non sapevo come comportarmi, non sapevo se volesse escludere anche me, ma che io vorrei avere un rapporto con lei, l'ho sempre voluto, fin da bambina, e che conservo ancora le sagome delle Bratz che mi aveva disegnato e plastificato quando ero piccola, che vorrei darle a sua figlia, vorrei vederla crescere come non è stato tra noi. Dall'altra parte, sono una P., quindi come tutti non so ingoiare il rospo e dimenticare la rabbia, la delusione, le cose che non trovo giuste. Non so far finta di niente, perché quando vedo gli zii vedo i danni lasciati da una tempesta che mi ha colpito solo di strascico, come un effetto collaterale. Loro sono le case distrutte, io la luce saltata. Mi chiedo spesso se non sia stata volutamente esclusa, dimenticata. Cosa devo fare? Quale strada devo prendere? Non puoi indicarmi la strada? Perché, te che sei il legame tra me e lei, non puoi intercedere?
Che domande stupide quest'ultime. Tu non ci sei, non ci sono modi per cui tu entri in contatto con me. Non ci sei più, anche scrivere queste righe è stupido, senza senso.
Nonostante il disturbo d'ansia, le occhiaie marcate di chi dorme poco e male, nonostante i periodi no, sto crescendo e nel farlo sto diventando una persona diversa, più simile a quella che volevo essere quando c'eri ancora. Ho imparato a guidare, dicono che sia anche brav(in)a, a non abbattermi al primo ostacolo (ho rifatto domanda per una cosa andata male un anno fa, prima non avrei tentato di nuovo), a tenere duro anche se qualcosa non va come volevo (come quel 18 che due esami dopo continuano a chiedermi "come mai questo scivolone su estetica?"). Ho imparato a non chiudermi sempre a riccio, come ho imparato a essere più sicura... non sempre mi riesce, ma ci provo. Ho imparato a non evitare sempre tutto, a fare esperienze nuove, anche da sola, tipo stasera vado alla prima di due lezioni di prova gratuita di danza aerea, nonostante io sia imbranata e, soprattutto, non sono proprio una atletica. Nonostante tutto questo, avrei ancora tante cose da imparare e vorrei che me le potessi insegnare. Nonostante il passare degli anni, nonostante abbia superato i venti, ho ancora bisogno del mio nonno e del suo sorriso bonario, del suo disinfettarmi ginocchia e gomiti sbucciati con quel disinfettante verde che dicevi non bruciare e non bruciava davvero (di te, l'ho sempre saputo, potevo fidarmi).
Vorrei raccontarti dell'università, dei miei progetti, delle volte che mi arrabbio per discorsi stupidi e qualunquisti. Vorrei prendere il caffè con te ora che ho imparato a berlo e che mi piace tanto, ma tu hai smesso di essere una persona diventando un ricordo prima che iniziassi a berlo.
Saresti fiero di quella che sto diventando?