venerdì 13 aprile 2012

mercoledì 11 aprile 2012

Random.

Passare ore - ore! - a riflettere su Leopardi, sul prof. che in pratica spiega solo a me, a lui che parte da Leopardi "visto da molti solo come uno sfigato", parla de L'ultimo canto di Saffo, della differenza tra pessimismo storico e cosmico e io che vorrei fargli presente che non ci sono solo io in classe, può parlare anche agli altri, ma alla fine a me, Leopardi, sta simpatico e se gli altri preferiscono dormire pace, io continuo a rispondergli e a far domande.
Penso a Leopardi, a quanto mi piacerebbe incontrarlo per parlarci. Mi piacerebbe sentire lui che espone lui il suo pensiero, scambiare con lui pareri sulle forme di pessimismo anziché pensarle o, al massimo, dirle al prof. mentre in classe mi guardano come una pazza.
Forse è meglio spegnere la testa per un po', forse è meglio chiudere Leopardi nel libro di italiano fino a domani, ora inizio a fondere e la stabilità inizia ad essere un po' troppo instabile

domenica 8 aprile 2012

Non riesco più neanche a parlare con mia cugina senza sentire la mia voce che si incrina, soffoca in gola ancorandosi lì senza voler uscire, senza trovare né le parole giuste né la via d’uscita. Non riesco più a parlare con lei che è sempre stata una delle poche persone con cui non ho mai avuto paura di parlare, una delle poche persone a sapere davvero cos’ho per la testa.
Parlavo un po’ a caso, parlavo e le raccontavo di quel sabato sera in cui, davanti al mare, ho pianto come non facevo da chissà quanto tempo, di quella sera dove non so perché ho iniziato a piangere e non riuscivo a smettere. Le raccontavo di quello che ho per la testa senza parlare davvero e sentivo la voce incrinarsi, guardavo l’asfalto, la punta pulita da poco delle All Star, ma mai lei. Parlavo e volevo scappare a casa, in camera, sotto le coperte e rannicchiarmi in posizione fetale e lasciare andare avanti il mondo mentre io me ne rimanevo lì a recuperare le forze che non ho.
Parlavo e non parlavo davvero
Parlavo e mi rendevo conto di sbagliare una parola dietro l’altro, un verbo dietro l’altro e un aggettivo dietro l’altro.

Non so più parlare con le persone.
Non so più parlare con le persone di cui mi fido.
Non so più parlare di me con le persone di cui mi fido.
Soffocherò per le parole che mi si incastrano in gola e che l’inchiostro non riesce a far uscire.

mercoledì 4 aprile 2012

Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #4

Commessi estremamente attraenti che non solo sentono i tuoi commenti sul fatto che li trovi fighi, ma ad una settimana di distanza si ricordano di questo e mentre servono la tua amica ti guardano con un misto tra una risata ed un sorriso mentre tu stai tipo morendo di imbarazzo e la tua faccia è della stessa tonalità della divisa rossa che indossa, ma ti fanno anche andare direttamente al settimo cielo.

martedì 3 aprile 2012

Sìokayperò!

Mi piace quando mi scrivi, anche se è per scrivermi una cazzata, anche se è per parlarmi di lei anche se è per un solo messaggio e poi scompari.
Mi piace quando mi scrivi che è tardi e che dovrei andare a dormire.
Mi piace quando mi fai domande imbarazzanti e sai che ti risponderò in maniera allusiva, ironica o ti domanderò se vuoi che ti ci mando ora o dopo. Mi piace, perché poi la risposta alla fine l’hai comunque.
Mi piace quando ti sfoghi con me, perché mi fai sentire utile nonostante tu abiti lontano, nonostante io non sia utile.
Mi piace quando mi racconti tutto esaltato di come vanno le cose con il gruppo – e tutte le volte mi fai venir voglia di vederti cantare, giusto perché secondo me ci metti passione a cantare.
Mi piace quando mi scrivi cose carine, anche se non capisco se le dici tanto per o se le dici perché le pensi.
Mi piace quando scherzi, in qualsiasi modo lo fai.
Mi piaci perché quando ti sento non penso più a lui, non penso a dove sarà, non penso a tutte quelle cose che mi fanno male, mi fanno paura. Sei una distrazione, da me, da lui, da tutti. Mi piaci perché quando leggo i tuoi messaggi sento un vuoto allo stomaco, un vuoto che a pensarci a menta fredda non ispira nulla di buono, però mi piace lo stesso quando penso “speriamo sia F.” e poi sei tu e puff!, arriva il vuoto allo stomaco.
Mi piaci. Forse. Forse mi fai solo bene e io sono una grandissima sprovveduta e confondo il fatto che mi fai bene con il fatto che mi piaci. Mi piaci è forse è il termine sbagliato, però quando qualcuno mi chiede “ma lui ti piace?” è più facile rispondere che sì, mi piaci anziché spiegare che non è tutto così semplice, che le persone possono farti bene, possono farti bene e piacerti, posso farti venire le farfalle allo stomaco che è un po’ di più di piacerti e basta, posso farti miliardi di cose, ma se dicessi queste cose, dopo aver rimesso il telefono in tasca dopo averti risposto o aver visto che di te non c’è traccia, mi prenderebbero per pazza e allora dico “sì, no, c’è boh non lo so!” o un “sì” un po’ così, un po’ svogliato e un po’ poco convinto.
Mi piaci e mi fai bene. Mi piaci o mi fai bene, devo ancora decidere se per un “e” o per un “o”, ma poco mi importa, sai? Tanto lo so, che alla fine, la facciata arriverà comunque, però per ora non mi importa, voglio solo sentirti, solo parlarti di più, magari riuscire a vederti faccia a faccia e rispondere a tanti di quelle domande che la metà di bastano.
Sì, okay che io ti sto scrivendo su un dannato documento di Microsoft Word tutte queste cose che dovrei avere il coraggio di rischiare e dirtele in faccia, ma tu non puoi scrivermi alle due meno cinque del pomeriggio “ci sentiamo dopo che finisco di mangiare” e sparire per la miliardesima volta.

domenica 1 aprile 2012

Quando tutto va di merda e non hai nessuno con cui parlarne, più per vergogna che per la mancanza vera di qualcuno, capisci perché hai iniziato a scrivere.

martedì 27 marzo 2012

Can you stay strong? Can you go on?

Se tu fossi qui - o anche se solo sapessi dove trovarti - prenderei una penna, una di quelle Bic dall'inchiostro nero quasi finito e dal tappino mangiucchiato, per scriverti sul braccio come facevo ogni tanto con M. quando le volevo dire qualcosa, qualcosa di più di un semplice "puzzi" o qualcosa di simile che potevo scriverglielo su carta. Qualcosa che volevo che le arrivasse.
Se tu fossi qui ti metterei le cuffie e ti farei sentire quella canzone che mi sta facendo compagnia da ieri sera, quella che una frase sì ed una no, mi ricorda te e se tu fossi qui correrei sulle scale a prendere l'astuccio, urlandoti di aspettare un attimo che dopo ti avrei lasciato in pace per sempre e che potevi andartene se volevi, ma prima volevo fare una cosa e questo te lo direi tornando giù di corsa, rischiando di cadere con la stessa facilità con cui cadevo anni fa, quando tu entravi in classe con la tua aria spavalda e i tuoi occhi che erano uno specchio. Mi sederei accanto a te, cercando di non tremare per paura - paura di cui, a te, non so se direi niente o se ti direi tutto, sai? - e ti scoprirei l'avambraccio, mentre tu ascolteresti quella canzone ti scriverei sul braccio "Can you stay strong? Can you go on? Kristy, are you doing okay?" e tirerei una riga sottile sul nome "Kristy" sostituendolo con il tuo.
Se tu fossi qui, prima di lasciarti andare ti chiederei se, quando eravamo ancora in classe insieme, ti fossi reso conto che io volevo esserti amica, che avrei voluto già allora un futuro migliore per te. Se tu fossi qui, se tu ti ricordassi di me, se io avessi quella dannata possibilità di passare anche solo un'ora, cinque minuti con te, probabilmente, non saprei parlare e ti chiederei di dire cose a caso, perché così, questa volta, oltre che il tuo sorriso, i tuoi occhi, il tuo accento, i tuoi scherzi e le tue cavolate, cercherei di ricordarmi esattamente il suono della tua voce.