lunedì 24 dicembre 2018

Cose positive in ordine sparso 2018 edition.

Quest'anno ha avuto alti e bassi-bassissimi, ma ho deciso che è bene che io mi segni, in ordine totalmente casuale, tutte le cose belle successe quest'anno, per quando mi dimenticherò cosa mi ha dato un sorriso.

I lividi di aerea.
Le Melogrananas.
Il Cat Caffè.
La Queen.
La grigliata di luglio.
San Patrizio a Milano.
Andrea Delogu che retwitta un mio pezzo per il blog della radio dell'università definendosi "lusingata così".
Livigno 2018.
Le amiche.
Il Pop-It.
I miei capelli di nuovo corti.
Lucca Comics.
Le compagne di aerea.
Il concerto de Luci Della Centrale Elettrica.
Le serate a Pisa.
Il cd regalato alle tre di notte quando sei a ballare.
Gli space buns.
Gli space buns verdi a Saint Patrick.
Le paste di mandorle.
I traguardi raggiunti da determinate persone.
Io che imparo a socializzare.
Il ragazzo di Livigno e il suo mancare di senso.
Le serate a base di troppe sigarette con M.
Lo spettacolo di Dente e Guido Catalano.
La presentazione de "Il Re Bianco".
Toffolo.
Il cosplay di Winter Soldier.
Il Cantante.
Le frasi carinissime del cantante, prive di doppi fini.
Nuotare in mare dopo anni.
Il Fotografo, nonostante come sia andata.
Imparare ad andare in giro con la gonna senza farmi paranoie.
Socializzare di più.
Alle persone senza senso che mi hanno regalato una risata.
Narnia.
Preoccuparmi di meno.
Le amicizie dell'Università.
Milano. Sempre. Ancora.
Il concerto dei Negrita con E. e zia.
Riallacciare determinati rapporti, che anche se non tornano come prima, è sempre bello ritrovarli.
La musica nuova scoperta quest'anno.
Le bevute con le amiche, anche quando i cocktail hanno perso l'alcol per strada.

sabato 22 dicembre 2018

Post al sapore di vodka lemon.

Ero a ballare con la mia amica, è arrivato Cantante che mi ha preso, mi ha fatto fare una piroetta su un remix di De André e mi ha fatto segno di aspettare, prima di sparire. E' tornato, mi ha preso per mano e portato fuori - "copriti, fa freddo", guardandomi a mezze maniche con la camicia legata in vita - per regalarmi il suo cd. "Lo dovevo fare. Mi ero promesso che se ti vedevo, dovevo regalarartene una copia". Io completamente persa davanti al suo fare impacciato e quegli occhi azzurri da paura.
Siamo rimasti a parlare, lui che mi diceva di dover tornare a casa ad un'ora da qua - "solo un'ora!? Pensavo di più" "Sei tu che guidi piano" - e io non ho capito un cazzo, ma io in quegli occhi azzurri mi stavo perdendo e gli ho passato il bicchiere, scherzando che non voglio averlo sulla coscienza.
Ci siamo salutati, dopo quattro chiacchiere, rientrando lui dai suoi amici, io dai miei, per poi ritrovarmi a fumare da sola.
"Vado, mi ha fatto piacere" "Anche a me".
E dopo BFF mi ha informato che a L. piaccio, a me no, tanto più dopo quegli occhi azzurri bellissimi.


(Cose scritte alle 3:30am seduta su un divanetto in un locale).

venerdì 21 dicembre 2018

Quest'anno è l'anno degli Houdini.

Prima GorgeousBoy che ci prova - ricambiato - per una settimana, si crea la situazione per un limone che viene malamente sprecata da entrambi, poi al ritorno prima tenta di mandare avanti la conversazione per poi sparire dietro a un armadio (primo cittadino di Narnia).
 Poi c'è NarniaBoy che compare e scompare per poi scomparire del tutto dopo aver anche detto di essersi dimenticato di scriverti duecento volte (ne bastava mezza, comunque…).
Per finire il 2018, perché non c'è due senza tre, arriva il Cantante: tizio visto esibirsi durante un piccolo festival, bravo - la sua musica e la sua voce mi piacciono davvero! - e pure discretamente carino con questo capello lungo mosso che 'stica!; ci scambiamo dei messaggi, mi dice pure una mezza cosa carina perché si ricorda di me che canto le sue canzoni - consiglio: se siete a sentire un tizio e sotto al palco siete in pochi, non cantante. Verrete notate! -, ma poi iniziano a succedere cose strane, tipo ce prima dal nulla ti informa su dove suona, il giorno dopo ti suggerisce come andare per poi fare un passo indietro(?) e dire che non ti mettere mai nelle mani di quelle persone (e, sia chiaro, "mettere nelle mani" sono parole sue!). Oggi siamo arrivati al “stasera c'è la serata tale in tale paesino” con chiaro sottotitolo che ci sarà, gli dici che sei già organizzata per andare… sparisce, puff! Non ti dice più a.
Ora, io per il 2019 ho solo un buon proposito: andare io a Narnia e cacciarli da lì, perché Narnia me la merito io. Magari pure smetterla di avere una calamità per i D.U.P (Disagiati Umani Patologici) o smetterla di trovarli dannatamente carini per poi scoprire che sono dei D.U.P!

martedì 11 dicembre 2018

Il legno no, finché può nasconde, si lascia torturare ma non confessa.

Io sto bene.
Sto sempre bene.
Questo è quello che credono tutti.
Non ho problemi, non ho dolori, non ho niente che mi rimbombi in testa.
Io sto bene. Sempre.

E’ quello che faccio credere, perché non dico mai che sto male, non dico mai quante notti effettivamente passo sveglia e quante invece dormo... male, malissimo tra incubi e sogni che mi portano a svegliarmi.
Non parlo di quanto vada tutto a rotoli.
Di quanta aria mi manchi.
Di quanto non arrivi una notizia decente neanche se la pagassi.

Ma io sto bene. Non mi lamento, non dico mai nulla. Al più divento taciturna, resto in casa, ma finisce lì.

Invece sto per crollare a piangere per tutto e per niente.
Però sto bene.

venerdì 30 novembre 2018

Oggi avrei mille motivi per sorridere senza ma e senza se: la mia amica mi ha fatto un regalo bellissimo, la laurea di T. è stata una cosa scialla e carina con T. che ha dato due grandi gioie e una tesi esposta in modo magistrale, più altre piccole cose che saranno sempre un bel ricordo ("è una foglia strana, va bene per la Mara"), poi c'è il caffè tra amiche e una cartolina-regalo carinissima che amo. Avrei mille motivi per sorridere, ma sono su un treno regionale ad aspettare che parta e ho un magone assurdo.Ieri sera, senza motivo e senza diritti, una canzone mi ha ricordato ragazzo-xanax che speravo di vedere per risentirmi come ai vecchi tempi, ma invece niente. Gli ho scritto un messaggio con un sottotesto che era un mi manchi neanche troppo nascosto tra le righe, sospetto che anche lui l'abbia capito, dopo discorsi di università, di tesi - cosa non si fa per non parlare con qualcuno che ci manca - gli ho detto di vederci per un caffè prima della sua laurea, perché non ricordo più che faccia abbia. Resterà un "va bene" campato in aria. Resterà sempre il grande "ma se" della mia vita (universitaria).
Lui resta un "va bene" senza niente. Un ragazzo che vogliono che io conosca, per cui mi pressano, mi ha invitato per un aperitivo lunedì per conoscerci meglio e io, questo apertivo, non lo voglio. Lo vorrei con altre persone che vorrei (ri)conoscere, che vorrei conoscere, ma non con lui che già dal nome mi crea disagio ogni volta che mi scrive.
Sono in treno, fa caldo, ma tremo, non so cosa fare, non so perché mi hanno messo in una situazione che mi crea ansia e disagio, che mi toglie il sorriso quando ne avrei tutte le ragioni. In testa ho un cantante sconosciuto che canticchia "io vorrei dirti che sto bene".

giovedì 29 novembre 2018

Voglio Milano, al massimo un gatto.

Sono tornata dalla palestra ed ho solo voglia di sedermi in terra a piangere per non so bene quale motivo. Forse niente. Forse per tutto.
So che i miei amici non lo fanno con cattiveria di volermi presentare qualcuno, di chiedermi cosa pensi di questa persona, ma io non le voglio queste attenzioni. Non voglio che mi presentino qualcuno a cui secondo loro io possa piacere, che possa piacermi come non voglio essere presentata come una Ferrari quando io so di essere una Mini Cooper d'epoca: non vado benissimo, non piaccio a tutti e non mi sforzo neanche di farlo. Non voglio qualcuno che dica di me che mi trova bella - so di non esserla, non mi piace sentirlo dire quando so com'è la realtà -, non voglio qualcuno di presentatomi a forza di cui io non so che dire mentre lui dice di me che sembro interessante, come non voglio che mi si chieda che ne pensi, che non sembra uno stupido ed ha dei principi. Non voglio una persona che, oltretutto, si chiama come l'ennesima ferita che ho inflitto alla mia sicurezza, al mio orgoglio, alla mia fragile stabilità. Non voglio una persona spinta nella mia fottuta incasinata vita che gestisco a mala pena. Non voglio chiudermi in bagno perché mi fanno sentire fuori tempo, fuori posto, fuori tutto.
Voglio stabilità. Voglio qualcuno che capiti per caso o che al massimo provo io a fare entrare e forse neanche così vorreo qualcuno.
Ora vorrei solo Milano, il freddo, le strade caotiche, il mio ricordarmi cosa voglio da qua a cinque, dieci anni. Voglio Milano, non una persona.
Al massimo un gatto.

martedì 20 novembre 2018

E andiamo vedere le luci della centrale elettrica.

Quando sono uscite Le Luci Della Centrale Elettrica facevo la prima superiore e a farmeli scoprire, come altre band del medesimo genere, fu una mia compagnia di classe a cui diedi una pennina usb da riempirmi di canzoni nuove da sentire. Fu amore a primo ascolto, perché da lì in un modo o in un altro c'era sempre una loro frase, Vasco Brondi era diventato una di quelle persone che scrivendo le sue canzoni parlava un po' per me.
Ci sono state frasi che erano, sono e saranno sempre una costante nella mia vita, ci sono canzoni che anche se sono cambiata tantissimo continuano ad essere il mio rifugio, altre sono uscite dopo ed erano - e sono - la canzone giusta al momento giusto. "Eyeliner per andare in guerra", un determinato passaggio di Cara Catastrofe, "Che siamo donne, siamo donne oltre il burqa e le gonne" diventato un mantra nel periodo della maturità e così tante altre che riassumono un determinato momento, mi ricordano qualcosa, qualcuno.
Ieri sera ho pianto, inizialmente erano lacrime qua e là, su qualche frase, su qualche nota sparsa, poi è arrivata una canzone, messa sul finire della scaletta, e mi sono ritrovata a piangere dalla prima all'ultima nota. Non era un pianto rumoroso, non era neanche pesante: era silenzioso, lento, liberatorio. Vasco con Le Luci Della Centrale Elettrica canta "Ci sarò io e arriverò, felice da fare schifo e libererò tutti i tuoi pianti trattenuti", ho sempre pensato preannunciasse qualcuno, ma invece preannunciava sé stesso, il suo concerto e io in mezzo alla folla che piango piano liberandomi.
E' sempre bello quando la musica ti entra sotto pelle, ti scava, ti ricuce ed è ancora più bello quando lo fa da così tanti anni.

Le Luci Della Centrale Elettrica,
19 novembre 2018, OBIHall.

lunedì 19 novembre 2018

L'eyeliner per andare in guerra.

Sono delusa, incazzata, vagamente offesa. Non tanto con lui che in tutto questo è riuscito a mandare un messaggio dove non ha ancora deciso cosa fare, ma da me.
Da me che ho sperato di scoprire di più una persona che potrebbe interessarmi, che mi affascina, che ho sperato che farsi quattro ore tra andata e ritorno più un concerto insieme potessero aiutarmi a capire se per una dannata volta avevano ragione le amiche. Sono così delusa da me che ho sperato che per una volta potesse andarmi bene con un ragazzo, che ci ho sperato come una cretina, io che non faccio mai errori illogici, che non spero mai su cose impossibili.
Ora sono a casa, lo zaino quasi pronto, la borsa da ricontrollare, i capelli ultra viola che mi fanno dire che sono un personaggio dei fumetti e posso tutto (e per ricordarmelo ho messo pure la maglia di Batman), la felpa regalo delle amiche come forma di conforto. Sono delusa da me, ma sto per andare via da sola per un concerto da sola e mi sembra la più grande vittoria di questo anno, un anno fa non lo avrei fatto.
Vasco - Brondi, non rossi - ha appena cantato "l'eyeliner per andare in guerra", io devo finire di darmelo e andare in guerra. Quella personale.

mercoledì 14 novembre 2018

La prova che io non sono normale:

Ho avuto meno difficoltà a chiedergli di vederci per un caffè rispetto a quante ne sto avendo ora a scrivergli per delle delucidazioni per una cosa stabilita un mese fa.
Io vorrei essere una ragazza normale. Davvero.

mercoledì 7 novembre 2018

Di Narnia e altri posti in cui sparire.

Il tipo non lo sento da settimane, da quando si era fatto vivo per chiedermi di un concerto - che si terrà tra poco meno di due settimane - per cui mi ero segnata nel calendario. I suoi "ti farò sapere se andrò a qualche evento che andiamo insieme" non si è mai tramutato in un fatto concreto e, per un breve periodo, mi ha abbattuta. Mi sono risentita inetta, inadatta e tutte le altre cose negative che formano la mia insicurezza, ma poi una mattina mi sono svegliata e mi sono detta che io ci avevo provato, il mio lo avevo fatto - magari potevo giocarmi meglio le mie carte? Potevo farmi viva di più? - e che se è andata così è perché doveva andare così.
La verità è che non gli piaci abbastanza mi ha insegnato che se uno vuole farsi vivo, si farà vivo. Io il carattere di fare la sottona facendomi viva ogni 2x3 non ce l'ho, non voglio avercelo e quindi va bene così.
Certo, ora si pone il problema che siamo rimasti che dobbiamo organizzarci per il concerto del 19 visto che "allora andiamo insieme" e si tiene a due ore/due ore e mezza di autostrada da qui, vale a dire un viaggio insieme ad uno che è sparito a Narnia senza darmi le coordinate per arrivarci anche io (perché io, comunque, sono della generazione che Caspian se lo ricorda e anche bene) e, insomma, sento già l'imbarazzo crescere.


E rendiamoci conto che questo confusionario sfogo di pensieri contorti e vagamente incoerenti tra loro sono il cinquecentosessantesimo post. Non credo che poteva esserci modo più adatto per arrivare a cifra tonda.

Cose positive in ordine sparso #3.

Un ordine sparso così sparso che neanche lo dividerò per giorni:
la banda al completo (anche detta "la reunione del Marvel Bunch");
le amiche;
il funko pop di Arya Stark;
Lucca Comics;
Lucca Comics vestita da Winter Soldier sentendomi più me stessa di quando sono nei miei panni;
i mega abbracci di chi vedi di rado;
la graphic novel de Lo Stato Sociale;
una parte de Lo Stato Sociale che ti riconosce e ti saluta ore dopo;
"siamo riuscite a farti uscire in leggins!";
truccarsi per Halloween;
"il tuo braccio è bellissimo!";
lo shopping nerd;
Halloween;
Lucca Comics pt 2.;
cene al giappo-cinese finite in lacrime;
piangere dal ridere;
i sorrisi, i miei, quelli degli altri.

E tutto questo mi serve per ricordarmi che in giornate buie come quelle che ne sono seguite, c'è sempre un pensiero positivo.

giovedì 18 ottobre 2018

Mille cose da fare, tutte relativamente piacevoli, ma l'unica cosa che vorrei fare in questi giorni è lanciare il telefono in mare e poi tuffarmici, sparire nuotando.
Ecco.
L'ho reso un pensiero concreto.
Vorrei far perdere le mie tracce, andarmene senza dire a nessuno dove stia andando, come stia - a chi importa poi? - e se io sia viva.

E' uno di questi giorni.

giovedì 11 ottobre 2018

Sì, okay e ora!?

Dopo che due persone, non troppo amiche e che non si capisce che rapporto ci sia tra loro, sono uscite (e non è successo nulla) chi deve farsi sentire? Lui? Lei? Chi ha scritto l'ultimo messaggio deve aspettare che l'altro si faccia vivo? L'invitato deve farsi sentire nonostante l'ultimo contatto tra i due è il suo?
Esistono delle regole?

(Neanche mi piace e sto a farmi domande, non potevo nascere menefreghista?)

martedì 9 ottobre 2018

Sometimes you just have to go with the waves.

Una decina di giorni fa, dal nulla, mi scrisse che la settimana successiva sarebbe tornato in vita.
Niente. La settimana seguente era ancora disperso a Narnia.
Ieri sera, mentre camminavo per strade buie mandando audio alle amiche per distrarmi dall'orribile sensazione di pericolo, mi è arrivato un messaggio.
"Domani pomeriggio?".
Una parte di me diceva tiratela, dì che non ci sei, che hai da fare.
Un'altra parte di me di non sprecare l'unica volta che sembrava essere tornato in vita.
Ci siamo messi d'accordo tra ieri sera e questa mattina, oggi pomeriggio ci siamo visti.
Ho trovato parcheggio prima di lui, arrivando poco prima di lui al luogo prefissato finendo per sedermi su delle scale su cui non mi sedevo dalle superiori e ho trovato il tempo di sentirmi diversa, in modo migliore, da quella che ero.
E’ arrivato sorridendo mentre ero seduta a fumare, si è seduto salutandomi, chiedendomi come stessi e si è ricordato che volevo sapere se era passato al test. Abbiamo camminato per andare ad una libreria per cui ci siamo persi la via per girare, allungando la strada, perché voleva cercare un libro di Goethe sui colori - “ho letto la citazione su un libro per il test, ero curioso. Mi può servire per la fotografia” - che poi ha trovato due ore dopo in un'altra libreria, ordinandolo. Abbiamo chiacchierato prendendo il caffè, fumando ed è stato attaccato da un anarchico piccione, ma ha riso ed era carino. Legge, ha detto che penserà anche lui ad un concerto a cui sto pensando di andare perché gli piace la band - una delle mie preferite -, è alla mano e ha la pancetta da birra che mi fa sempre sorridere perché mi fa preoccupare meno di come appaio imperfetta io, perché mi fa convincere che le imperfezioni possono fare simpatia.
Ci siamo salutati ad un semaforo, due baci sulla guancia e non so se ci rivedremo da soli o a qualche evento, non so se succederà mai altro, ma anche se fosse un amico/una conoscenza in più, sarà un guadagno.
Ero in anticipo sulla palestra, sono passata da un'amica per rendere una mezza verità il mio "vado dalla D.", mi ha consigliato di scriverli per ringraziarlo della compagnia, perché "se aspetti lui...", messaggio che non ha avuto risposta, ma io sono comunque andata in palestra contenta, ho fatto la mia lezione meglio del solito - "dillo che ti sei dopata!" - e non sto controllando neanche il telefono in attesa di una risposta. Mi andava di scrivergli, ma non per avere una risposta, ma per farlo e basta.

Mi sembra strano essere qua, lucidissima, che non mi aspetto nulla, che non mi faccio castelli, che non spero nulla, ma semplicemente prendo quello che viene. Non mi riconosco, ma forse è meglio così.

sabato 29 settembre 2018

A capire le persone me la cavo bene, me la cavo bene anche a scoprire gli altarini nascosti che detto in parole povere è che sono un'ottima investigatrice (qualcuno direbbe stalker, ma io sono cresciuta con Veronica Mars quindi è investigatrice), solo una volta ho toppato sullo stato sentimentale di una persona: parla di ex, la sua fidanzata la nascondeva meglio di come io nasconda i miei guilty pleasure.
Quella storia fu una facciata ai 130km/h contro un muro. Per mesi ci sono stata parecchio male sia per via che a me lui interessava sia perché mi sentivo in colpa verso la sconosciuta con cui stava, ad oggi ne rido e ogni volta che questo si rifa vivo per parlarmi di interessi comuni io medito di tuffarmi di testa in una piscina chiusa. La credevo, quindi, una storia superata, un errore di valutazione archiviato a storia su cui ridere. Stasera ho capito, però, che come ogni errore un segno lo lascia.
Lo hanno lasciato le bocciature.
Lo ha lasciato la più disastrosa delle mie cadute sugli scii.
Lo ha lasciato lo schianto in macchina.
Lo hanno lasciato le amicizie sbagliate, le parole pesanti che mi sono state dette litigando con alcune di esse.
Lo ha lasciato anche lui.
L'ho capito stasera quando una conoscente ragguagliata su Tizio che va e viene da Narnia se ne è uscita con un innocente "non è che è fidanzato?". Mi sono guardata con un'amica, "non sarebbe la prima volta". Era sorvolata. Ora nel silenzio di casa mia con indosso una vecchia felpa di mio padre fisso il soffitto di camera chiedendomi se non avesse ragione.
"nei tuoi giri di stalking lo avresti scoperto".
E se sbaglio di nuovo?
E se fosse davvero che scompare e ricompare a caso per una fidanzata ben nascosta?
E se fosse come l'altro con la sola differenza di nove anni in meno?   
E se fosse come l'amico di mio babbo con fidanzata, amante e amante dell'amante che sa gestire con una bravura fuori dal comune non facendosi scoprire?
E se lo scoprissi nuovamente troppo tardi?

Vorrei essere fuori così ubriaca da mandare un messaggio, probabilmente scritto malissimo, chiedendo "non è che sei morto per nascondere una fidanzata?". Invece sono a casa in un silenzio assordante, sobria e con troppo amor proprio per chiederlo in un messaggio scritto dal nulla.       

Ed è proprio vero che ogni sbaglio lascia un segno.

sabato 22 settembre 2018

It's a " I just wanted to listen to Taylor Swift alone" kind of day.

Non ha trovato il tempo di uscire, troppo preso dal trasloco e infondo va bene così, stamani ho reagito con la mia solita spocchia: "cvd, avevo ragione io" scritto a tutte le amiche che mi avevano detto che ci provava, di scrivergli.
Non è che io ce l'abbia con loro per avermi incoraggiata - se sono saltata, è perché lo volevo io -, non ci sono neanche particolarmente rimasta male perché stamani ho dovuto chiedergli delucidazioni, più perché le cose a metà non mi piace lasciarle che perché nutrissi delle speranze di uscire oggi pomeriggio, e mi sono sentita dire "credo di non riuscire". Ecco, magari vagamente infastidita dal "credo" sì, più che altro perché nella vita ho la tendenza a vedere tutto o bianco o nero, quindi o vuoi/puoi o non vuoi/puoi. Semplice. Chiaro.
No, in realtà ad avermi messo di cattivo umore è il fatto che ho nuovamente tentato e nuovamente sono finita a terra, come l'altra sera che cercavo di salire sul cerchio e non mi riusciva agganciare la gamba al cerchio. Continuo a ripetermi che se io ho agito è perché c'è stato un segnale dall'altra parte, che non sono una che agisce a caso, senza valutare, ma c'è una vocina fastidiosa nella mia testa che continua a darmi dell'illusa.
Come a marzo.
Come anni fa con M. o col Trentenne.
Ogni volta finisce sempre nello stesso identico modo e tutte le volte non è che io rimanga male per loro come persone, è che rimango male per me e per il fatto che inizio a pensare di non capire nulla o ancora meglio di non vale nulla, di non essere niente, di essere meno di zero. C'è quella vocina fastidiosa, che poi non è altro che la mia voce, che continua a ripetermi "vedi? Sei solo un'illusa, come potevi pensare che qualcuno ci stesse provando con te. Ti sei vista? Ti sei sentita parlare? Non sei carina, non sei intelligente, non hai successo, non sei neanche simpatica" e dopo l'ennesimo salto finito senza il benché minimo successo - o il benché minimo caffè, perché io il caffè me lo meritavo, giusto per dire eh - e con un atterraggio maldestro a terra, inizio seriamente a pensare che abbia ragione. Così ora mi ritrovo divisa tra quella parte di me che sta sottolineando l'ovvio e quella parte di me, che è quella che mi piace, che risponde che "chissene! Non hai bisogno di uno nella tua vita, non sei M. che senza una donna è nessuno! Dov'è quella che sogna il monolocale a Milano da condividere con Mr Banana, il gatto?".
La verità è che oggi non mi va di stare da sola, ma le amiche hanno da fare, e non mi va neanche di prepararmi per uscire né per andare a prendermi il caffè in solitudine né per andare dai cinesi alla ricerca di stronzate, vedendo questi posti, queste facce, per l'ennesima volta in solitudine. La verità è che oggi più che mai vorrei essere a Milano, vorrei prepararmi con il mio solito eyeliner spesso, il mascara che mi fa le ciglia lunghissime, mettermi persino il rossetto, guardarmi allo specchio e autoconvincermi che non sono male, ed uscire da sola per andarmene al bar dei gatti e sedermi lì a bere un caffè leggendo un libro e coccolando un gatto abbastanza temerario da avvicinarsi. Ecco, vorrei questo.
E invece sono bloccata come sempre in un posto che odio con il mio ennesimo fallimento personale in periodo ricco di fallimenti che mi convince che nella vita valgo quanto i sacchetti biodegradabili che si bucano subito.

venerdì 21 settembre 2018

AAA cercasi manuale per capire i peni-muniti.

C'è questo ragazzo secondo le amiche ci prova, secondo altre vuole conoscermi meglio, per un'altra è timido.
Per un po' abbiamo creduto che il mio "no, non ci prova" e il loro sì fossero due fazioni opposte, praticamente ero io che sembra mi stessi sbagliando.
Dopo un messaggio poco fraintendibile, l'ho invitato per un caffè.
Domani non ci sono.
Sparito.
"Facciamo sabato".
"Va bene".
Sparito.

Io non ho capito, se domani ho da uscire con uno che non ho capito se ci prova davvero o meno - io, i miei dubbi, continuo ad averli - o se posso andare a comprare un chilo di gelato e chiedere rifugio a casa della mia amica per vedere Il matrimonio del mio migliore amico.

sabato 1 settembre 2018

Pale September, I wore the time like a dress that year.

Ciao Settembre,
ben arrivato.
Prima di scrivere, come ogni anno, sono andata a rileggere cosa scrivevo un anno prima e mi sono stupita del fatto che un anno fa non avessi niente da dire, niente da augurarmi, niente da voler cambiare, niente da volermi ricordare. Sinceramente, provo a ripensarci e non riesco a ricordare molto di un anno fa. Sì, ricordo qualcosa - alcune cose meno carine altre più carine -, ma niente di chi, niente di memorabile, tutte cose tra qualche anno penserò "ma che anno era?". Non era un bel periodo, proprio per niente.
E quest'anno?
Quest'anno non lo so. Va ad alti e bassi, come va un po' a tutti del resto.
Cos'è cambiato nell'ultimo anno?
Tutto e niente.
Cos'è successo?
E' successo che un anno fa mi sono iscritta a un corso di danza aerea per principianti. Dovevano essere due lezioni di prova, si è trasformato in un appuntamento fisso due volte a settimana. Non sono brava, sono quella che ci mette più tempo a imparare le figure, quella che per andare in pallina ci ha messo una vita - "eri totalmente non allenata e ti scoraggiavi, non ti poteva venire no!" - e che ancora si domanda perché continua, ma sono anche quella che ci ha preso gusto a tornare a casa con un segno rosso o un livido. Mi piace, mi fa sentire leggera, mi fa spegnere la testa per un'ora. Perché ho iniziato a parlare di questo? Perché più i muscoli delle mie braccia di rinforzavano, più imparavo a staccare i piedi da terra, più capivo come andare a testa in giù senza essere convinta che sarei caduta, più imparavo a stare been con me stessa, più mi liberavo di tutte quelle sicurezze che mi facevano evitare tante cose. Le prime lezioni erano per me odi et amo: odiavo socializzare, odiavo dover andare in tshirt e leggins - e sappiamo che a dire la verità sono gli ubriachi, i bambini e i leggins -, odiavo tentare di fare qualcosa e non riuscirci, odiavo quello che per altri era normale. Amavo, però, quella sensazione bellissima quando ti riusciva qualcosa - e poco importa se è il primo o il decimo tentativo -, amavo la sensazione di libertà che cresceva giorno dopo giorno.
Imparare a stare sui tessuti era una rivoluzione. Una rivoluzione che non so quando sia iniziata, non ha una data precisa, non c'è stato un giorno o un'ora, è stato un lento inesorabile percorso di cambiato. Ho smesso di preoccuparmi del giudizio degli altri, di entrare in un negozio e di negarmi anche il solo provare qualcosa perché "sarei ridicola", ho smesso di guardarmi allo specchio e vedermi come un insieme di difetti. E' successo che così imparassi ad alternare i jeans a delle gonne, a stare a scegliere con cura cosa mettermi prima di uscire con un'amica anziché optare subito per i jeans e felpa - o, se ero in buona, per la camicia - come ho smesso di dovermi preparare psicologicamente con giorni di anticipo prima di mettermi una gonna. E non so neanche quando è successo che gli altri hanno iniziato ad accorgersene, a dirmi che mi vedevano cambiata, che mi vedevano bene. E' successo addirittura che un'amica mi confessasse di essersi quasi emozionata quando mi ha vista uscire da Tezenis con un costume dopo anni che per convincermi a fare una mezza giornata di mare dovevano piangere in turco: io che odiavo mettermi in costume ne avevo comprato uno (quando questo discorso è uscito davanti al suo ragazzo si è stupito, non gli sembravo il tipo da farsi problemi).
La cosa più bella di questo cambiamento non è che ogni tanto esco vestita "da femmina" - come ha detto qualcuno -, ma è che esco come mi piace, esco essendo me stessa: un giorno sembro una piccola wannabe punk girl, il giorno dopo sembro quasi femminile fino a che non apro la bocca, il giorno dopo sono coi miei jeans preferiti e una tshirt enorme. Non penso più a cosa diranno gli altri, faccio quello che voglio anche mettermi un bellissimo costume intero di Wonder Woman regalatomi dalle amiche.
Certo, non va sempre bene. Ci sono giorni in cui sto male, in cui mi faccio schifo, in cui la sola idea di provarmi un vestito che un'amica non mette più e che so essere aperto sulla schiena mi fa stare malissimo, ma poi passa. Passa perché guardo le foto del saggio, la foto di fine luglio seduta su un cerchio a quella che solo un anno prima mi sembrava un'altezza impossibile - ed è ancora basso - e mi dico che "se ho fatto questo, posso farcela".
In tutto questo, ho anche imparato a socializzare, a relazionarmi con gli altri anche in situazioni dove conosco poco persone - se non proprio nessuno, come in vacanza - anziché mettermi in un angolo, ricordo ancora la sera che un'amica lontana mi ha raccontato che erano fieri del fatto che fossi a socializzare ad una grigliata. Rido, scherzo, parlo con gente mai vista seduta a tavolate piene, a volte mi sento ancora fuori posto, incapace di relazionarmi, ma poi passa.
E non è sempre tutto rosa e fiore, tutto facile. Ci sono ancora periodi in cui faccio fatica ad uscire di casa, in cui vorrei solo chiudere la porta di camera e fare finta che non esista niente se non il peso sul petto che non mi fa respirare; ci sono momenti in cui mi tremano le mani così forte che per non farlo notare devo stringerle a pugno così forte che poi mi fanno male, ci sono notti che le passo in preda agli incubi. Ci sono giornate come ieri, come oggi, che guardo i libri da studiare e non metto a fuoco niente o che mando un report per il blog della Radio dell'università dicendo a me stessa che fa schifo - e nessuno è d'accordo, non capisco chi sbaglia - e mi si capovolge lo stomaco a comunicare che "l'ho mandato in revisione". Ci sono giorni, settimane, periodi più o meno lunghi che va tutto male e fingo che vada benissimo, che reggo tutti senza far vedere come sto, ma alla fine me la cavo, non sempre bene, ma me la cavo.
E, Settembre, se dobbiamo parlare di cose leggere e farci anche una risata, sembra che tutto quello scritto sopra abbia effetti positivi: c'è chi c'ha provato, finendo generalmente in un nulla di fatto, ma è successo. Certo, poi c'è chi ti resta nelle canzoni costringendoti a sentire ridendo, ma questo è un discorso a sé.
Sai Settembre, stasera avrei voluto uscire, è sabato sera, ma invece a breve tornerò a studiare. Gli altri non gli ho sentiti, forse BFF è ancora impegnata a sistemare la casa in cui è ufficialmente andata a convivere, forse sono rimasti su o chi lo sa - se lasciassi parlare la vocina nella testa, direbbe che sono usciti senza di me perché non mi volevano -, ma vocina a parte è okay anche così e non lo dico come tempo fa perché dovevo autoconvincermene, va bene davvero. Sai, nonostante i mesi, mi fa ancora strano come io abbia imparato a non odiarmi, ma a convivere con me stessa e soprattutto come io passi periodi con me stessa perché mi va, non perché socializzare a forza mi ha messo ko - sì, certo, ci sono ancora sere in cui torno e mi fa male la testa per essere stata a contatto con gli altri, non perché io beva o altro, solo stare in mezzo alle persone.

Sai Settembre, ho passato così tanto tempo senza scrivere per non parlare con me stessa che ora faccio fatica a smettere, ci sono così tante cose che vorrei scrivere a te che non esiste per dirle a me che potrei scrivere in eterno, ma ci sarà tempo.
Cerca solo di essere più buono di altri anni, cerca solo di non darmi sfide troppo grandi, di non darmi troppo da affrontare.

venerdì 10 agosto 2018

I can’t sleep, I can’t scream, I can’t hit you in your face.

Fino ad un anno fa, per anni, M. non ha fatto che mettermi in croce e scherzare con cattiveria, dispensando commenti brutali sotto forma di consigli indesiderati, per via della mia pancia, del mio corpo, dei miei chili di troppo, del mio non essere femminile (non a caso mi chiama Mario). Tant'è che se c'era lui, a maggior ragione (non l'unica, ma un'aggiunta che più o meno consciamente consideravo spesso), giravo ad agosto con 35° gradi in jeans lunghi e in rari casi i leggins perché mi faceva sentire di merda. Quest'anno non sono sicura, non sono figa, ma vivo bene con me stessa. Le sue frasi mi toccano ben poco, gli rispondo ancora più a tono.
M. ha avuto una storia finita male - e se devo essere sincera neanche me la sento di dare torto a lei, ma questa è un'altra storia - così tutte le cose elencate sopra ora sono a tema “Mario è ora di trovarsi un fidanzato”.
E' vero, ho 24 anni, non ho mai avuto una storia, ci sono stati flirt, ci sono stati limoni più o meno cercati, ci sono state volte che mi hanno cercata e volte che ho fatto io il primo passo. La vivo bene? Sì. Ovvio, ci sono volte che mi sento indietro, ma nel 98% dei casi sto bene. Non sento il bisogno di un fidanzato, non sento la necessità di cercarlo, non mi sento neanche "for ever alone" come dice lui. Ho una famiglia, ho degli amici, ho dei conoscenti, ho i miei obiettivi, i miei hobby, le mie passioni. La mia vita è piena. E non vedo perché, se tu, coglione di turno che ti definisci mio amico e poi sei il primo stronzo che passa, ti ritieni “solo come un cane” (cit.) perché nella tua vita non c'è una donna, devi cagare il cazzo a me!?
E chi cazzo ti dà il diritto di dire, fintamente scherzando, davanti ad un altro amico e ad un conoscente “ma non c'è in comitiva un fidanzato per Mario?”!? Neanche fossi a piangere perché non ho un uomo nella mia vita o monopolizzassi i discorsi parlando di me e della mia vita sentimentale sfortunata e costringendomi a dover rispondere a questa finta battuta con sarcasmo ed una punta di acidità solo perché a casa di amici con altra gente presente per non creare casino.
No, che poi io sarò anche stronza, sarò acida, sarò anche quella che “rispondi proprio con cattiveria a M.” e che passa per permalosa (salvo poi che quando capiscono il perché dei miei comportamenti mi dicono “e te sopporti tutto questo da tutto questo tempo!?”), ma tu sei un emerito coglione che un giorno di questi si becca una piazzata in mezzo a tutti che se non ti sotterri da solo per l'umiliazione, ti sotterro io a parole e a suon di pattoni nei denti.

- 09 agosto 2018, notte.

domenica 8 luglio 2018

Cose positive in ordine sparso #2.

Riassunto semi-ordinato di cose da ricordare.
Giovedì
"Ti passiamo a prendere".
Luna Park.
Uscire in gonna senza paranoie.
Diti medi ricevuti a gratis, ma senza cattiveria.
Calci-in-culo in gonna.
"Vieni alla notte bianca sabato?".
Ricevere in regalo uno Steve Rogers parlante in peluche.
Bomboloni finti ripieni.
Regalare un Olaf ad un bambino.
Essere invitate ad una grigliata.

Venerdì
Amicizia e disagio.
Contemporaneamente insieme anche d'estate.
Dente dal vivo.
Le disavventure per trovare la cena.
Mangiare sedute su degli scalini.
Due pizze margherite schifose ad un prezzo vergognosamente alto.
Guido Catalano e Dente insieme.
Rendersi conto che sei la versione poké-evoluta della wannabe punk-rocker che ero.
Il poliziotto della municipale che augura "buon appetito".
Dediche d'amore su cartoline lanciate per aria.
Poesie che parlano di me.
Il portachiavi di Virgin Radio.
Ancora Dente con la sua camicia trash.
La spilletta di Buttercup delle Super chicche.

Sabato.
Non sbagliare lo svincolo per la casa della tua amica e del suo ragazzo.
Uscire di casa vestita come se avessi un funerale grunge in un pub irlandese alle 18 e una grigliata alle 19.
I cani che ti fanno le feste.
Ridere.
Essere tirate dentro in una foto di gruppo da cui pensavi di essere esclusa.
Grigliata di carne buona.
Sentirsi a proprio agio.
Doppio osso della bistecca.
Queen che cresce a vista d'occhio.
Ridere ancora.
"Vieni anche te? Bello, ci sta!".
Riuscire ad essere una persona che socializza con le persone.
I meli che ti ricordano Lo Stato Sociale.
Parlare senza vergognarsi.

I wish you well until we meet again, my little thirteen year old me.

Cara me adolescente,
più passa il tempo, più siamo lontane, ma ogni tanto mi sembra ancora di sentirti. Ti sento quando devo presentarmi a gente che non conosco, nella voglia di scappare che ho anziché di dire "piacere" stringendo una mano, ti sento quando devo fare qualcosa di nuovo ed inizia a mancarmi l'aria. Ti sento quando mi diverto, ma inizio a chiedermi "cosa ci faccio qua? Mi hanno invitato per pietà, perché dovevano?" che è simile a quando ti sento quando parlo con qualcuno, ma le parole iniziano a sfuggirmi uscendo a pezzi e bocconi, perché ho paura che verrò giudicata. Ti sento quando trovo il coraggio di uscire in gonna, quando pur restando me stessa mi vesto stando più attenta, come ti sento quando tento di fare qualcosa. Ti sento quando ho voglia di fuggire, di isolarmi, di trovare un angolo nascosto mentre sono in presenza di tante persone.
Siamo diventate due entità distanti - per età e perché non sono più chi ero -, ma ogni tanto ti sento ancora, come un'ombra che mi segue senza andarsene, che è lì anche quando non la vedo.
E' per questo che ti scrivo queste righe, per parlare a te e per parlare a me. Non voglio parlarti del fatto che gli insuccessi che accumulerai negli anni te li lascerai alle spalle, troverai la forza di cercare di raggiungere gli obiettivi che vuoi e ti toglierai, anche se non proprio direttamente, qualche sassolino della scarpa. No, voglio parlarti di altro.
Hai presente quanto tu ti senta fuori posto dovunque andrai? Non sono i posti il problema. Non è che nel tempo amerai questa zone, no, la sentirai sempre limitata e soffocante, ma imparerai ad apprezzarla grazie alle persone che ti aiuteranno a sentirti meno soffocare. Non sono i posti dove vai, è con chi ci vai. Hai presente come non ti senti capita, ma ti senti piuttosto sempre giudicata? Bene, ti fortificherà, ti farà capire - non senza soffrire - che non puoi salvare ogni rapporto, che certe volte sarebbe meglio risparmiarsi numerosi tentativi di rimettere insieme le amicizie. Eravate amiche, le cose sono cambiate, non potete più esserlo. Non potete esserlo perché tu tieni i segreti, copri tutti, loro ingigantiscono cosa fai tu per pararsi il culo loro. Se potessi tornare indietro ed incontrarti, ti direi di non ridare continui tentativi alle medesime persone, non serve a nulla. Non è colpa tua, sai? Non è colpa tua se ti hanno sparlato dietro, se ti hanno messo in una situazione di merda con tua madre, se per anni ti hanno fatto sentire sbagliata per come parli, per cosa dici, per cosa ti piace, per cosa non ti piace, per come ti vesti, per come ti atteggi, per il tuo carattere, per quella che sei. Non è colpa tua, tu eri solo troppo buona - forse un po' fessa - per capire che non erano amiche. Stai tranquilla, negli anni troverai chi ti accetterà per quella che sei a volte condividendo i tuoi gusti, i tuoi pensieri, altre volte senza condividerli, ma accettandoli. A volte queste persone le perderai, a volte resteranno al tuo fianco, altre volte cambierete strada per un po' e poi vi ritroverete per puro caso.
Tornassi indietro, ti abbraccerei mentre stai piangendo chiusa in camera perché ti vedi brutta, perché ti ci fanno vedere, perché non riesci ad uscire di casa con un outfit che sia te ma non ti faccia neanche vergognare. Sai, a distanza di anni troverai uno sport da praticare due volte a settimana che ti farà acquistare quel minimo di sicurezza che ti farà dire "fanculo!" e ti farà comprare un body, ci uscirai e ci starai bene - sia con sia da quello che ti dicono. Imparerai, giorno dopo giorno, a fregartene e a ventiquattro anni riuscirai ad essere te stessa, ma anche ad essere vestita bene e, perché no, a volte anche femminile. Sai quando ci rimanevi male perché ti dicevano che eri sempre un maschiaccio, quando M. ti chiamava Mario, quando ti dicevano che eri un uomo mancato? Imparerai a conviverci. Certo, a volte ci rimarrai male, a volte M. lo vorrai ancora uccidere, ma ti affezionerai a sentirti chiamare Mario, come accetterai che non sei la persona più femminile del mondo, che ai film d'amore preferisci quelli di supereroi, che tra la proposta di andare a fare shopping e quella di softair ti ispira più la seconda, che hai tacchi preferisci gli anfibi. Accetterai il tuo non riuscire a tenere sempre a bada il tuo essere sboccata come uno scaricatore di porto, che a volte i rutti li lasci liberi come il peggio muratore in pausa pranzo, ma lo accetterai perché incontrerai persone a cui farai simpatia per questo. Incontrerai persone che ti proporranno di andare a giocare a softair con loro perché, diranno ad una terza persona presente, "lei ce la vedo!" e ti sentirai anche dire che "vieni anche te? Dai, bello!" senza che sia forzato. Farai simpatia perché ti diranno che non è come essere in giro con una che se la tira, ma con un  amico che se devi parlare di cazzate, ti dà corda. Imparerai ad accettare che a volte preferisci stare comoda con una felpa oversize e sembrare a mala pena una ragazza, per poi stupire tutti qualche giorno dopo. Troverai chi, oltre ad accettare questo lato di te, accetterà anche gli altri e tu riuscirai ad essere così libera di essere te stessa che tornerai sui calci in culo divertendoti più di quando eri piccola.
Imparerai, negli anni, a capire chi è ti è amico, chi ti accetta così come sei, che sa capire i tuoi periodi no, il tuo sparire, il tuo alzare i muri e, se non riuscirai a scavalcarli, si metterà comodo ad aspettare che sia tu a mettere una scala e superarlo. Imparerai che le distanze sono relative, che non è sentirsi sempre a fare un'amicizia. Imparerai cosa conta, chi conta, chi ci tiene.
Imparerai che, anche se con enorme difficoltà che ti causerà stanchezza e mal di testa quando rientrerai, sarai anche in grado di socializzare. Non ti nasconderai più in un angolo durante cene con poche persone a te conosciute, non ti isolerai alle grigliate, ma parlerai, ascolterai, interagirai anche con chi non conosci, anche quando non sei in un ambiente neutrale o a te favorevole. Imparerai a stare in compagnia, a ridere, a lasciarti andare, tanto da far vedere che dopo quasi un anno di danza aerea hai imparato a muovere il tuo corpo senza sembrare un tronco - no, non sarai mai brava a ballare, ma migliorerai - e a cantare una canzone in compagnia in macchina anche se sei stonata. Imparerai a viaggiare da sola, ma anche in macchina per due ore e mezza con una persona vista dieci volte lasciando l'imbarazzo lungo il cammino. Imparerai, soprattutto, che sono le persone che meno ti aspetti quelle che ti faranno sentire più accettata come sei. Loro, oltre quelle poche amiche fidate che ti porti dietro da anni.
Imparerai, non senza ginocchia sbucciate e lividi, che è meglio scrivere a quel ragazzo che in vacanza ci provava e trovavi carino, anziché pensare "ma se ...?", perché ti dirai che è meglio così anziché il dubbio. Imparerai a non fidarti del primo che passa e ti dà attenzione, imparerai ad essere vigile, perché capirai che quello che pensi - che sarebbe meglio chiunque anziché quella sempre invisibile - è sbagliato. Non è un ragazzo o l'attenzione di più ragazzi a renderti qualcuno. Tu sei già qualcuno e ti importerà poco di loro, anche se a volte ci starai male, tanto, perché la tua indipendenza ti farà sentire dolorosamente sola. Di te, sul piano dei ragazzi, avrai un'amica che dirà fieramente "lei non giudica mai, dà la possibilità di farsi conoscere" e tu sorriderai, perché sai che è vero, perché hai capito quanto ti abbia fatto male negli anni non avere avuto questa possibilità.
Imparerai ad andare d'accordo con i tuoi, non litigherai più fino a perdere il fiato con tua madre e instaurerai un bel rapporto con tuo padre. Certo, continuerai a nascondere che fumi e che bevi, del primo faranno finta di crederci, del secondo mai lo capirai, non parlerai mai di come stai, di cosa pensi di determinate situazioni, ma imparerai comunque a renderli parte della tua vita, come quando in vacanza racconterai al telefono a tua madre di aver diviso una rissa. "No, tranquilla, ma', non mi sono fatta male.".
Sai, a volte ti sentirai ancora persa, ti sentirai ancora soffocare, ti sentirai ancora sola, ti sentirai come se volessi distruggere quell'immagine nello specchio, ti sentirai come uno zero, ti sentirai che vuoi solo raggomitolarti e piangere, ma poi ti renderai conto che, nonostante molte delle cose negative siano forse vere, imparerai che non è sempre tutto vero quello che senti. Arriverai alla quasi metà dei tuoi vent'anni che saprai accettare quello che sei, i tuoi gusti, il tuo modo di essere, di porti, inizierai a costruire - mattoncino dopo mattoncino -, con qualche inciampo qua e là, una tua sicurezza, un tuo volerti bene e saprai anche che non sei sola, che hai delle amiche, che non tutti sono persone giudicanti, che non sempre chi ti fa una battuta te la fa con il doppio fine di deriderti, a volte è solo per scherzare. Alla quasi metà dei tuoi vent'anni ci saranno tre giorni di fila fatti di gonne, di vestirsi, pettinarsi e truccarsi con cura, di scegliere il rossetto che si abbina meglio e che ti fa sentire meglio, che sono anche tre giorni di risate, amicizia, grigliate - con tanto di osso di bistecca ripulito con cura in mezzo a quasi sconosciuti -, di chiacchiere con sconosciuti e di un sacco di cose che tu, piccola adolescente che non riesce né a trovarsi né a farsi accettare, penserai impossibili e ti sentirai fiera di te.
Ci saranno ancora giorni difficili, giorni di ansia, di sprofondare. Giorni dove tu ti farai sentire, ma passeranno senza spezzare né te né me.
Ci allontaneremo sempre più, ogni tanto ti sentirò ancora, ma sarai sempre più debole, ma tranquilla che ogni tanto quando mi farai venire voglia di correre via da qualche situazione ti dirò "andrà bene, sopravviveremo. Andrà bene, possiamo farcela".
Andrà bene, sopravviverò.
Andrà bene, posso farcela.


"Come over here and let me hold your hand and hug you darling

I promise you that it won't always feel this bad

There are so many things I want to say to you

You're the girl I used to be
You little heartbroken thirteen year old me
You're laughing

But you're hiding

God I know that trick too well

You forget
That I've been you

[...]
Everything will work out fine

Don't try to

Grow up yet

Oh just give it some time
The pain you feel is real you're not asleep but it's a nightmare

But you can wake up anytime

Oh don't lose your passion or the fighter that's inside of you

You're the girl I used to be
The pissed off complicated thirteen year old me"
- Conversation With My 13 Old Self, P!nk.

domenica 6 maggio 2018

Stare in posti affollati, stare a contatto con le persone, ma soprattutto socializzare con loro, mi stanca. Anzi, mi sfinisce. Mi sfinisce così tanto che mi ritrovo alla sera stanca come se avessi corso la maratona di Boston, avessi frequentato 12 ore di lezione senza pause non avendo chiuso occhio. E ho anche mal di testa, male a tutto.

Mi sembra di essere a combattere una guerra che non posso vincere.

lunedì 5 marzo 2018

Avrei voluto nascere con il coraggio di buttarmi, non con quello di nuotare tra gli squali.

Tiratela un po’, se non ti scrive, scrivigli tu tra qualche giorno”.

Quanto sono “qualche giorno”? Come faccio a capire che sono “pochi giorni” o “troppi giorni”?
Come si scrive ad una persona? Come si inizia una conversazione? Cosa si scrive? Cosa è concesso e cosa no?
Perché sarei in grado di dire “ti va di vederci per un caffè?” e non di iniziare una conversazione?
Speravo che mi scrivesse lui, dopo la vacanza, dopo i comportamenti e le frasi ambigue, ma niente, il nulla e per una volta nella mia vita sto seriamente pensando che rischiare è meglio del rimpianto di non averci provato. Avrei voluto scrivesse lui per primo, perché non so iniziare a ballare, ma so buttarmi in pista se qualcun'altro apre le danze. E invece no, qua mi rendo conto che il primo passo è nelle mie scarpe. Dove sta il problema? Sta che dopo una vita a sfuggire da ogni rischio, tuffarsi è la cosa più difficile che nuotare.

Appunti sparsi al rumore di neve sotto gli sci.

25 febbraio, notte.
Siamo dieci giovani, due soli sono apparentemente single, carini ed etero.
Uno dei due ha detto, testuale, “se tuo padre non ti apre la camera, puoi dormire da me”. Ecco. Magari anche no.

Sul cucuzzolo della montagna con la neve alta così. - Day 1, parte 1. (25 febbraio).
Ieri ho fatto otto ore di viaggio.
Ho fatto lo sforzo psicofisico di socializzare.
Sono uscita, mi hanno offerto da bere, e sono rientrata tardi.
Mi sono svegliata prima delle 7.
Tra un'ora devo trovarmi giù con gli altri per andare a sciare.
In realtà vorrei solo andare a dormire.

25 febbraio, 11:40pm.
Nella comitiva in vacanza c'è un ragazzo che mi affascina, quindi non mi piace, ma a quel qualcosa che mi fa venire voglia di conoscerlo, più di quanto non vorrei conoscere bene anche gli altri che, alla fine, sembrano tutti okay. Avrei davvero voglia di scoprire di più su di lui, per qualche secondo credo di aver pensato anche di volerci provare, salvo ricordarmi che non sarei capace.
E non è qualcosa legato a come appare, fosse così lo penserei di S. che rientra perfettamente nel mio prototipo, ma è qualcosa che non ho ancora capito e mi infastidisce non aver capito.
Tornando in camera dopo aver passato la serata a giocare a Uno in albergo ho realizzato che, comunque, finita la vacanza ci perderemo di vista, soprattutto ho capito di non avere speranze per come sono fuori, per come sono dentro. E mi è presa un po’ di tristezza.

Sul cucuzzolo della montagna con la neve alta così. Day 2, tarda notte feat. Day 3, parte 1. (27 febbraio).
E’ già la seconda volta che quando rientriamo ci mettiamo a parlare con F., il ragazzo del turno di notte, e tiriamo tardi nella hall. Cip - si, oramai per me i due fratelli sono Cip e Ciop - sotto effetto dell'alcol è passato da semi-muto a parlarmi, a percularmi, a dirmi che scherzava convinto me la fossi presa, a farsi sistemare i capelli finendo a fare una battuta non meglio chiara.
Stamani eravamo tutti in coma, a colazione.
E andando a sciare Cip è passato alla nuova fase del post sbornia: proporsi di aiutarmi con i miei scii. Odio portarli, ma non mi farò mai aiutare. Mai.

2 marzo, 3:30am.
Una delle cose più carine che mi siano state dette è che sono tra le tre cose più piacevoli successe in questa settimana bianca.

Tornando a casa. (3 marzo).
Sono in macchina che guardo fuori dal finestrino, esausta dal lungo viaggio e triste che non c'è più neve, di colpo. Fino a poco fa era ancora tutto bianco.
Sono in macchina che guardo fuori dal finestrino, esausta dal lungo viaggio e triste che non c'è più neve ed ho avuto un flash dell'altra notte, una cosa che avevo totalmente rimosso. Cercando di calmare CCC, dopo la rissa in piena notte in una strada di Livigno, ho preso il suo viso tra le mani guardandolo negli occhi ripetendogli di calmarsi e, ora, mi sono resa conto di una cosa: in sette giorni non ho ancora capito di che colore ha gli occhi.



Copiando qua degli appunti sparsi della scorsa settimana, mi sono resa conto di non essermi appuntata nulla e, comunque, di aver appuntato tutto. Non ho scritto del freddo, della neve fantastica, delle risate, delle chiacchiere in sala fumatori, degli sguardi assonati di prima mattina, di io che rimorchio nella notte del mio compleanno - uno era un ragazzino(?) straniero che ha detto a una nella comitiva di volermi conoscere per poi presentarsi dicendomi "I'm Malvin, but you can call me Bellissimo"... anche no -, di Cip/CCC che tira un cazzotto ad un tizio per strada ed io che me lo porto dietro fino in albergo, non ho scritto questo e tante altre cose e mi rendo conto che una settimana che presagivo come opprimente perché non sapevo socializzare è finita ad andare meglio del previsto.