sabato 1 settembre 2018

Pale September, I wore the time like a dress that year.

Ciao Settembre,
ben arrivato.
Prima di scrivere, come ogni anno, sono andata a rileggere cosa scrivevo un anno prima e mi sono stupita del fatto che un anno fa non avessi niente da dire, niente da augurarmi, niente da voler cambiare, niente da volermi ricordare. Sinceramente, provo a ripensarci e non riesco a ricordare molto di un anno fa. Sì, ricordo qualcosa - alcune cose meno carine altre più carine -, ma niente di chi, niente di memorabile, tutte cose tra qualche anno penserò "ma che anno era?". Non era un bel periodo, proprio per niente.
E quest'anno?
Quest'anno non lo so. Va ad alti e bassi, come va un po' a tutti del resto.
Cos'è cambiato nell'ultimo anno?
Tutto e niente.
Cos'è successo?
E' successo che un anno fa mi sono iscritta a un corso di danza aerea per principianti. Dovevano essere due lezioni di prova, si è trasformato in un appuntamento fisso due volte a settimana. Non sono brava, sono quella che ci mette più tempo a imparare le figure, quella che per andare in pallina ci ha messo una vita - "eri totalmente non allenata e ti scoraggiavi, non ti poteva venire no!" - e che ancora si domanda perché continua, ma sono anche quella che ci ha preso gusto a tornare a casa con un segno rosso o un livido. Mi piace, mi fa sentire leggera, mi fa spegnere la testa per un'ora. Perché ho iniziato a parlare di questo? Perché più i muscoli delle mie braccia di rinforzavano, più imparavo a staccare i piedi da terra, più capivo come andare a testa in giù senza essere convinta che sarei caduta, più imparavo a stare been con me stessa, più mi liberavo di tutte quelle sicurezze che mi facevano evitare tante cose. Le prime lezioni erano per me odi et amo: odiavo socializzare, odiavo dover andare in tshirt e leggins - e sappiamo che a dire la verità sono gli ubriachi, i bambini e i leggins -, odiavo tentare di fare qualcosa e non riuscirci, odiavo quello che per altri era normale. Amavo, però, quella sensazione bellissima quando ti riusciva qualcosa - e poco importa se è il primo o il decimo tentativo -, amavo la sensazione di libertà che cresceva giorno dopo giorno.
Imparare a stare sui tessuti era una rivoluzione. Una rivoluzione che non so quando sia iniziata, non ha una data precisa, non c'è stato un giorno o un'ora, è stato un lento inesorabile percorso di cambiato. Ho smesso di preoccuparmi del giudizio degli altri, di entrare in un negozio e di negarmi anche il solo provare qualcosa perché "sarei ridicola", ho smesso di guardarmi allo specchio e vedermi come un insieme di difetti. E' successo che così imparassi ad alternare i jeans a delle gonne, a stare a scegliere con cura cosa mettermi prima di uscire con un'amica anziché optare subito per i jeans e felpa - o, se ero in buona, per la camicia - come ho smesso di dovermi preparare psicologicamente con giorni di anticipo prima di mettermi una gonna. E non so neanche quando è successo che gli altri hanno iniziato ad accorgersene, a dirmi che mi vedevano cambiata, che mi vedevano bene. E' successo addirittura che un'amica mi confessasse di essersi quasi emozionata quando mi ha vista uscire da Tezenis con un costume dopo anni che per convincermi a fare una mezza giornata di mare dovevano piangere in turco: io che odiavo mettermi in costume ne avevo comprato uno (quando questo discorso è uscito davanti al suo ragazzo si è stupito, non gli sembravo il tipo da farsi problemi).
La cosa più bella di questo cambiamento non è che ogni tanto esco vestita "da femmina" - come ha detto qualcuno -, ma è che esco come mi piace, esco essendo me stessa: un giorno sembro una piccola wannabe punk girl, il giorno dopo sembro quasi femminile fino a che non apro la bocca, il giorno dopo sono coi miei jeans preferiti e una tshirt enorme. Non penso più a cosa diranno gli altri, faccio quello che voglio anche mettermi un bellissimo costume intero di Wonder Woman regalatomi dalle amiche.
Certo, non va sempre bene. Ci sono giorni in cui sto male, in cui mi faccio schifo, in cui la sola idea di provarmi un vestito che un'amica non mette più e che so essere aperto sulla schiena mi fa stare malissimo, ma poi passa. Passa perché guardo le foto del saggio, la foto di fine luglio seduta su un cerchio a quella che solo un anno prima mi sembrava un'altezza impossibile - ed è ancora basso - e mi dico che "se ho fatto questo, posso farcela".
In tutto questo, ho anche imparato a socializzare, a relazionarmi con gli altri anche in situazioni dove conosco poco persone - se non proprio nessuno, come in vacanza - anziché mettermi in un angolo, ricordo ancora la sera che un'amica lontana mi ha raccontato che erano fieri del fatto che fossi a socializzare ad una grigliata. Rido, scherzo, parlo con gente mai vista seduta a tavolate piene, a volte mi sento ancora fuori posto, incapace di relazionarmi, ma poi passa.
E non è sempre tutto rosa e fiore, tutto facile. Ci sono ancora periodi in cui faccio fatica ad uscire di casa, in cui vorrei solo chiudere la porta di camera e fare finta che non esista niente se non il peso sul petto che non mi fa respirare; ci sono momenti in cui mi tremano le mani così forte che per non farlo notare devo stringerle a pugno così forte che poi mi fanno male, ci sono notti che le passo in preda agli incubi. Ci sono giornate come ieri, come oggi, che guardo i libri da studiare e non metto a fuoco niente o che mando un report per il blog della Radio dell'università dicendo a me stessa che fa schifo - e nessuno è d'accordo, non capisco chi sbaglia - e mi si capovolge lo stomaco a comunicare che "l'ho mandato in revisione". Ci sono giorni, settimane, periodi più o meno lunghi che va tutto male e fingo che vada benissimo, che reggo tutti senza far vedere come sto, ma alla fine me la cavo, non sempre bene, ma me la cavo.
E, Settembre, se dobbiamo parlare di cose leggere e farci anche una risata, sembra che tutto quello scritto sopra abbia effetti positivi: c'è chi c'ha provato, finendo generalmente in un nulla di fatto, ma è successo. Certo, poi c'è chi ti resta nelle canzoni costringendoti a sentire ridendo, ma questo è un discorso a sé.
Sai Settembre, stasera avrei voluto uscire, è sabato sera, ma invece a breve tornerò a studiare. Gli altri non gli ho sentiti, forse BFF è ancora impegnata a sistemare la casa in cui è ufficialmente andata a convivere, forse sono rimasti su o chi lo sa - se lasciassi parlare la vocina nella testa, direbbe che sono usciti senza di me perché non mi volevano -, ma vocina a parte è okay anche così e non lo dico come tempo fa perché dovevo autoconvincermene, va bene davvero. Sai, nonostante i mesi, mi fa ancora strano come io abbia imparato a non odiarmi, ma a convivere con me stessa e soprattutto come io passi periodi con me stessa perché mi va, non perché socializzare a forza mi ha messo ko - sì, certo, ci sono ancora sere in cui torno e mi fa male la testa per essere stata a contatto con gli altri, non perché io beva o altro, solo stare in mezzo alle persone.

Sai Settembre, ho passato così tanto tempo senza scrivere per non parlare con me stessa che ora faccio fatica a smettere, ci sono così tante cose che vorrei scrivere a te che non esiste per dirle a me che potrei scrivere in eterno, ma ci sarà tempo.
Cerca solo di essere più buono di altri anni, cerca solo di non darmi sfide troppo grandi, di non darmi troppo da affrontare.

1 commento:

  1. conosci antonia pozzi? ti lascio una sua poesia:

    La rampa
    Vidi un'altissima luna
    per dune di nebbia versarsi
    in limpidi laghi
    d'aria.
    E il tuo sorriso mi cadeva in volto,
    dall'alto,
    da fresche fontane
    dentro urne di pietra
    grondanti:
    mentre ai ginocchi ci serrava l'alito
    giovane
    dei sambuchi
    e profondavano nell'ombra
    lunghe scale
    di terra.
    14 maggio 1935

    RispondiElimina