M'hanno chiesto d'uscire di nuovo, ma no, non esco stasera, c'è Dottor House e il vaffanculo me lo sono presa senza rispondere niente, tanto se uscivo ero più morta che viva e di farmi sballotare da D. non ne avevo voglia.
Ti sei sforzato di mangiare come ti ho supplicato di fare? No, me lo sento dentro e mi sento anche che domani papà non riuscirà a fare quello che deve fare. Mi sento lo stesso nodo allo stomaco che avevo poco più di un anno fa, quando nonna l'hanno portata in ospedale. Perché avete tutti questo stramaledetto vizio di non mangiare?
“Non supera l'estate”. Sentirselo dire è più duro di saperlo senza ammetterlo. Cerco di scrivere, ma mi sento la bambina di cinque anni che per la vigilia di Natale ti ha visto portar via d'urgenza in ambulanza, tu e questo maledetto vizio (di famiglia) di evitare sempre i medici, neanche con un infarto in corso lo volevi vedere. Più scrivo e più mi convico di essere quella stessa bambina di cinque anni, gli occhi bruciano uguale solo che a cinque anni sul mio viso pioveva fin troppo facilmente, ora resisto. Basta chiudere gli occhi e respirare profondamente.
Tu non mangi quasi più e sei diventato più magro di me, nonna almeno lo era sempre stata. Te ne stai andando come lei, è questo che fa l'amore?
Non te ne andare, non così. Torna in te, torna a sentire, a mangiare e bere vino perché l'acqua ti fa ruggine, a cantare quelle vecchie canzoni di guerra sulla poltrona e vattene nel sonno senza soffrire. Non andartene come lei, per favore. Non voglio sentire tutto quello un'altra volta, non ho le spalle abbastanza resistenti, io. Non sono un P. fino in fondo, lo sono solo nei difetti, mi spiace che la forza che hanno tutti a casa non è mia.
“Nonno, mi raccomando, sforzati di mangiare che non mangiare fa bene agli occhi. Ci vediamo domenica”. Ci vediamo domenica, vero?
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