sabato 29 settembre 2018

A capire le persone me la cavo bene, me la cavo bene anche a scoprire gli altarini nascosti che detto in parole povere è che sono un'ottima investigatrice (qualcuno direbbe stalker, ma io sono cresciuta con Veronica Mars quindi è investigatrice), solo una volta ho toppato sullo stato sentimentale di una persona: parla di ex, la sua fidanzata la nascondeva meglio di come io nasconda i miei guilty pleasure.
Quella storia fu una facciata ai 130km/h contro un muro. Per mesi ci sono stata parecchio male sia per via che a me lui interessava sia perché mi sentivo in colpa verso la sconosciuta con cui stava, ad oggi ne rido e ogni volta che questo si rifa vivo per parlarmi di interessi comuni io medito di tuffarmi di testa in una piscina chiusa. La credevo, quindi, una storia superata, un errore di valutazione archiviato a storia su cui ridere. Stasera ho capito, però, che come ogni errore un segno lo lascia.
Lo hanno lasciato le bocciature.
Lo ha lasciato la più disastrosa delle mie cadute sugli scii.
Lo ha lasciato lo schianto in macchina.
Lo hanno lasciato le amicizie sbagliate, le parole pesanti che mi sono state dette litigando con alcune di esse.
Lo ha lasciato anche lui.
L'ho capito stasera quando una conoscente ragguagliata su Tizio che va e viene da Narnia se ne è uscita con un innocente "non è che è fidanzato?". Mi sono guardata con un'amica, "non sarebbe la prima volta". Era sorvolata. Ora nel silenzio di casa mia con indosso una vecchia felpa di mio padre fisso il soffitto di camera chiedendomi se non avesse ragione.
"nei tuoi giri di stalking lo avresti scoperto".
E se sbaglio di nuovo?
E se fosse davvero che scompare e ricompare a caso per una fidanzata ben nascosta?
E se fosse come l'altro con la sola differenza di nove anni in meno?   
E se fosse come l'amico di mio babbo con fidanzata, amante e amante dell'amante che sa gestire con una bravura fuori dal comune non facendosi scoprire?
E se lo scoprissi nuovamente troppo tardi?

Vorrei essere fuori così ubriaca da mandare un messaggio, probabilmente scritto malissimo, chiedendo "non è che sei morto per nascondere una fidanzata?". Invece sono a casa in un silenzio assordante, sobria e con troppo amor proprio per chiederlo in un messaggio scritto dal nulla.       

Ed è proprio vero che ogni sbaglio lascia un segno.

sabato 22 settembre 2018

It's a " I just wanted to listen to Taylor Swift alone" kind of day.

Non ha trovato il tempo di uscire, troppo preso dal trasloco e infondo va bene così, stamani ho reagito con la mia solita spocchia: "cvd, avevo ragione io" scritto a tutte le amiche che mi avevano detto che ci provava, di scrivergli.
Non è che io ce l'abbia con loro per avermi incoraggiata - se sono saltata, è perché lo volevo io -, non ci sono neanche particolarmente rimasta male perché stamani ho dovuto chiedergli delucidazioni, più perché le cose a metà non mi piace lasciarle che perché nutrissi delle speranze di uscire oggi pomeriggio, e mi sono sentita dire "credo di non riuscire". Ecco, magari vagamente infastidita dal "credo" sì, più che altro perché nella vita ho la tendenza a vedere tutto o bianco o nero, quindi o vuoi/puoi o non vuoi/puoi. Semplice. Chiaro.
No, in realtà ad avermi messo di cattivo umore è il fatto che ho nuovamente tentato e nuovamente sono finita a terra, come l'altra sera che cercavo di salire sul cerchio e non mi riusciva agganciare la gamba al cerchio. Continuo a ripetermi che se io ho agito è perché c'è stato un segnale dall'altra parte, che non sono una che agisce a caso, senza valutare, ma c'è una vocina fastidiosa nella mia testa che continua a darmi dell'illusa.
Come a marzo.
Come anni fa con M. o col Trentenne.
Ogni volta finisce sempre nello stesso identico modo e tutte le volte non è che io rimanga male per loro come persone, è che rimango male per me e per il fatto che inizio a pensare di non capire nulla o ancora meglio di non vale nulla, di non essere niente, di essere meno di zero. C'è quella vocina fastidiosa, che poi non è altro che la mia voce, che continua a ripetermi "vedi? Sei solo un'illusa, come potevi pensare che qualcuno ci stesse provando con te. Ti sei vista? Ti sei sentita parlare? Non sei carina, non sei intelligente, non hai successo, non sei neanche simpatica" e dopo l'ennesimo salto finito senza il benché minimo successo - o il benché minimo caffè, perché io il caffè me lo meritavo, giusto per dire eh - e con un atterraggio maldestro a terra, inizio seriamente a pensare che abbia ragione. Così ora mi ritrovo divisa tra quella parte di me che sta sottolineando l'ovvio e quella parte di me, che è quella che mi piace, che risponde che "chissene! Non hai bisogno di uno nella tua vita, non sei M. che senza una donna è nessuno! Dov'è quella che sogna il monolocale a Milano da condividere con Mr Banana, il gatto?".
La verità è che oggi non mi va di stare da sola, ma le amiche hanno da fare, e non mi va neanche di prepararmi per uscire né per andare a prendermi il caffè in solitudine né per andare dai cinesi alla ricerca di stronzate, vedendo questi posti, queste facce, per l'ennesima volta in solitudine. La verità è che oggi più che mai vorrei essere a Milano, vorrei prepararmi con il mio solito eyeliner spesso, il mascara che mi fa le ciglia lunghissime, mettermi persino il rossetto, guardarmi allo specchio e autoconvincermi che non sono male, ed uscire da sola per andarmene al bar dei gatti e sedermi lì a bere un caffè leggendo un libro e coccolando un gatto abbastanza temerario da avvicinarsi. Ecco, vorrei questo.
E invece sono bloccata come sempre in un posto che odio con il mio ennesimo fallimento personale in periodo ricco di fallimenti che mi convince che nella vita valgo quanto i sacchetti biodegradabili che si bucano subito.

venerdì 21 settembre 2018

AAA cercasi manuale per capire i peni-muniti.

C'è questo ragazzo secondo le amiche ci prova, secondo altre vuole conoscermi meglio, per un'altra è timido.
Per un po' abbiamo creduto che il mio "no, non ci prova" e il loro sì fossero due fazioni opposte, praticamente ero io che sembra mi stessi sbagliando.
Dopo un messaggio poco fraintendibile, l'ho invitato per un caffè.
Domani non ci sono.
Sparito.
"Facciamo sabato".
"Va bene".
Sparito.

Io non ho capito, se domani ho da uscire con uno che non ho capito se ci prova davvero o meno - io, i miei dubbi, continuo ad averli - o se posso andare a comprare un chilo di gelato e chiedere rifugio a casa della mia amica per vedere Il matrimonio del mio migliore amico.

sabato 1 settembre 2018

Pale September, I wore the time like a dress that year.

Ciao Settembre,
ben arrivato.
Prima di scrivere, come ogni anno, sono andata a rileggere cosa scrivevo un anno prima e mi sono stupita del fatto che un anno fa non avessi niente da dire, niente da augurarmi, niente da voler cambiare, niente da volermi ricordare. Sinceramente, provo a ripensarci e non riesco a ricordare molto di un anno fa. Sì, ricordo qualcosa - alcune cose meno carine altre più carine -, ma niente di chi, niente di memorabile, tutte cose tra qualche anno penserò "ma che anno era?". Non era un bel periodo, proprio per niente.
E quest'anno?
Quest'anno non lo so. Va ad alti e bassi, come va un po' a tutti del resto.
Cos'è cambiato nell'ultimo anno?
Tutto e niente.
Cos'è successo?
E' successo che un anno fa mi sono iscritta a un corso di danza aerea per principianti. Dovevano essere due lezioni di prova, si è trasformato in un appuntamento fisso due volte a settimana. Non sono brava, sono quella che ci mette più tempo a imparare le figure, quella che per andare in pallina ci ha messo una vita - "eri totalmente non allenata e ti scoraggiavi, non ti poteva venire no!" - e che ancora si domanda perché continua, ma sono anche quella che ci ha preso gusto a tornare a casa con un segno rosso o un livido. Mi piace, mi fa sentire leggera, mi fa spegnere la testa per un'ora. Perché ho iniziato a parlare di questo? Perché più i muscoli delle mie braccia di rinforzavano, più imparavo a staccare i piedi da terra, più capivo come andare a testa in giù senza essere convinta che sarei caduta, più imparavo a stare been con me stessa, più mi liberavo di tutte quelle sicurezze che mi facevano evitare tante cose. Le prime lezioni erano per me odi et amo: odiavo socializzare, odiavo dover andare in tshirt e leggins - e sappiamo che a dire la verità sono gli ubriachi, i bambini e i leggins -, odiavo tentare di fare qualcosa e non riuscirci, odiavo quello che per altri era normale. Amavo, però, quella sensazione bellissima quando ti riusciva qualcosa - e poco importa se è il primo o il decimo tentativo -, amavo la sensazione di libertà che cresceva giorno dopo giorno.
Imparare a stare sui tessuti era una rivoluzione. Una rivoluzione che non so quando sia iniziata, non ha una data precisa, non c'è stato un giorno o un'ora, è stato un lento inesorabile percorso di cambiato. Ho smesso di preoccuparmi del giudizio degli altri, di entrare in un negozio e di negarmi anche il solo provare qualcosa perché "sarei ridicola", ho smesso di guardarmi allo specchio e vedermi come un insieme di difetti. E' successo che così imparassi ad alternare i jeans a delle gonne, a stare a scegliere con cura cosa mettermi prima di uscire con un'amica anziché optare subito per i jeans e felpa - o, se ero in buona, per la camicia - come ho smesso di dovermi preparare psicologicamente con giorni di anticipo prima di mettermi una gonna. E non so neanche quando è successo che gli altri hanno iniziato ad accorgersene, a dirmi che mi vedevano cambiata, che mi vedevano bene. E' successo addirittura che un'amica mi confessasse di essersi quasi emozionata quando mi ha vista uscire da Tezenis con un costume dopo anni che per convincermi a fare una mezza giornata di mare dovevano piangere in turco: io che odiavo mettermi in costume ne avevo comprato uno (quando questo discorso è uscito davanti al suo ragazzo si è stupito, non gli sembravo il tipo da farsi problemi).
La cosa più bella di questo cambiamento non è che ogni tanto esco vestita "da femmina" - come ha detto qualcuno -, ma è che esco come mi piace, esco essendo me stessa: un giorno sembro una piccola wannabe punk girl, il giorno dopo sembro quasi femminile fino a che non apro la bocca, il giorno dopo sono coi miei jeans preferiti e una tshirt enorme. Non penso più a cosa diranno gli altri, faccio quello che voglio anche mettermi un bellissimo costume intero di Wonder Woman regalatomi dalle amiche.
Certo, non va sempre bene. Ci sono giorni in cui sto male, in cui mi faccio schifo, in cui la sola idea di provarmi un vestito che un'amica non mette più e che so essere aperto sulla schiena mi fa stare malissimo, ma poi passa. Passa perché guardo le foto del saggio, la foto di fine luglio seduta su un cerchio a quella che solo un anno prima mi sembrava un'altezza impossibile - ed è ancora basso - e mi dico che "se ho fatto questo, posso farcela".
In tutto questo, ho anche imparato a socializzare, a relazionarmi con gli altri anche in situazioni dove conosco poco persone - se non proprio nessuno, come in vacanza - anziché mettermi in un angolo, ricordo ancora la sera che un'amica lontana mi ha raccontato che erano fieri del fatto che fossi a socializzare ad una grigliata. Rido, scherzo, parlo con gente mai vista seduta a tavolate piene, a volte mi sento ancora fuori posto, incapace di relazionarmi, ma poi passa.
E non è sempre tutto rosa e fiore, tutto facile. Ci sono ancora periodi in cui faccio fatica ad uscire di casa, in cui vorrei solo chiudere la porta di camera e fare finta che non esista niente se non il peso sul petto che non mi fa respirare; ci sono momenti in cui mi tremano le mani così forte che per non farlo notare devo stringerle a pugno così forte che poi mi fanno male, ci sono notti che le passo in preda agli incubi. Ci sono giornate come ieri, come oggi, che guardo i libri da studiare e non metto a fuoco niente o che mando un report per il blog della Radio dell'università dicendo a me stessa che fa schifo - e nessuno è d'accordo, non capisco chi sbaglia - e mi si capovolge lo stomaco a comunicare che "l'ho mandato in revisione". Ci sono giorni, settimane, periodi più o meno lunghi che va tutto male e fingo che vada benissimo, che reggo tutti senza far vedere come sto, ma alla fine me la cavo, non sempre bene, ma me la cavo.
E, Settembre, se dobbiamo parlare di cose leggere e farci anche una risata, sembra che tutto quello scritto sopra abbia effetti positivi: c'è chi c'ha provato, finendo generalmente in un nulla di fatto, ma è successo. Certo, poi c'è chi ti resta nelle canzoni costringendoti a sentire ridendo, ma questo è un discorso a sé.
Sai Settembre, stasera avrei voluto uscire, è sabato sera, ma invece a breve tornerò a studiare. Gli altri non gli ho sentiti, forse BFF è ancora impegnata a sistemare la casa in cui è ufficialmente andata a convivere, forse sono rimasti su o chi lo sa - se lasciassi parlare la vocina nella testa, direbbe che sono usciti senza di me perché non mi volevano -, ma vocina a parte è okay anche così e non lo dico come tempo fa perché dovevo autoconvincermene, va bene davvero. Sai, nonostante i mesi, mi fa ancora strano come io abbia imparato a non odiarmi, ma a convivere con me stessa e soprattutto come io passi periodi con me stessa perché mi va, non perché socializzare a forza mi ha messo ko - sì, certo, ci sono ancora sere in cui torno e mi fa male la testa per essere stata a contatto con gli altri, non perché io beva o altro, solo stare in mezzo alle persone.

Sai Settembre, ho passato così tanto tempo senza scrivere per non parlare con me stessa che ora faccio fatica a smettere, ci sono così tante cose che vorrei scrivere a te che non esiste per dirle a me che potrei scrivere in eterno, ma ci sarà tempo.
Cerca solo di essere più buono di altri anni, cerca solo di non darmi sfide troppo grandi, di non darmi troppo da affrontare.