Venerdì mattina Milano mi aspettava e siccome avevo una proclamazione di laurea poco meno di un'ora dopo il mio arrivo in Centrale, sono partita già vestita per la laurea, questo voleva dire partire già con il vestito addosso. Io con un vestito. Io che con suddetto vestito faccio un viaggio in treno, cammino per le strade di una città, mi perdo per l'università, e per giorni sono stata in panico per questo, avevo voglia di sedermi in un angolo buio per la paura di dover uscire con un vestito, ma mi sono ripetuta "la tua amica si laurea. La tua amica di cui sei fiera da morire si laurea e tu vuoi andarci in jeans? Vuoi andarci senza essere adatta alla situazione? Col piffero, tira fuori le palle". E le ho tirare fuori. Sono andata in giro, le prime ore ero a disagio, mi sentivo osservata, giudicata, a muovermi in treno avevo voglia di sotterrarmi, poi la paura è passata e, sapete una cosa? Sono sopravvissuta godendomi il momento di gloria di un'amica con tutta la gioia di cui ero capace.
E sono sopravvissuta così tanto che ogni tanto ieri e oggi ci ripensavo tra me e me dicendomi "toh, guarda che hai fatto. Chi l'avrebbe detto, anche solo un anno fa, che saresti andata in giro per Milano con un vestito?".
Ieri ero ancora a Milano, mi sono buttata nel caos del sabato di Piazza Duomo durante la fashion week e, per la prima volta dopo non so più quanto tempo, io stavo bene. Ero in mezzo alle persone, a tante persone, e non mi sentivo in trappola come invece spesso mi capita quando sono a "casa", dove la tranquillità oscilla tra essere una parentesi riferita a poche ore in qualche posto che considero "sicuro" con persone che mi conosco abbastanza da saper leggere le mie espressioni o una maschera che uso per non far preoccupare nessuno (sia mai che io, orgogliosa come sono, ammetta di avere dei problemi a stare in mezzo alle persone, che ultimamente basta che siano due e io mi senta a disagio), ma invece a Milano stavo bene, ma bene davvero. Non avevo l'ansia a camminare tra la folla, non mi sentivo sbagliata in nessuno dei modi in cui mi sono sempre sentita qua. Ero libera, da cosa? Da me stessa, dalle mie ansia, dalle mie insicure, dai giudizi che mi hanno segnato per tutta l'adolescenza. Ed è stata un'avventura.
Ho trovato una statua di Francesco Hayez, sono entrata nel cortile della Pinacoteca di Brera, ho camminato sotto gli ombrelli con le copertine di Elle - disposti sopra una via a festeggiare i trent'anni della celebre rivista di moda - e mi sono fatta fotografare di spalle da un'amica, io piccola piccola sotto quel mare di colori. Io e la mia amica abbiamo fatto l'aperitivo in un localino nel quadrilatero della moda finendo per fare amicizia con due ragazze norvegesi con cui poi siamo andate a bere in un'altra parte di Milano, parlando in un inglese zoppicante - Odino benedetto, perché devo capirlo meglio di quanto riuscirò mai a parlarlo? - con cui però riuscivamo a capirci e a ridere un sacco. Erano così simpatiche che io e Amica volevamo adottarle. Davvero. "Come to Oslo!" mi ha quasi sciolto per come ce l'hanno detto.
Stasera sono tornata a casa e, per quanto sorridente e gioiosa dopo questi tre giorni altro, è tornato tutto come prima. Sono di nuovo chiusa in camera mia con la copertina degli Avengers sulle spalle, copertina che oramai è la mia copertina di Linus, a cercare di non pensare che mercoledì inizia marzo e non ho più scuse per non andare a Pisa, per non stare in mezzo alla gente. Certo, ora so che potrò andarci pensando ai momenti belli quando starò pensando "ma perché sono uscita di casa stamani?", che da qualche parte neanche tanto lontano c'è un posto che mi fa stare bene, che per un po' mi fa dimenticare le lotte che faccio contro me stessa ogni santo giorno per essere sempre all'altezza delle mie stesse aspettative, per essere sempre quella che vorrei essere, ma che forse non sono; è rassicurante sapere che, da qualche parte, c'è un posto che ha persone che ti permettono per ventiquattro ore continue di dimenticarti completamente delle cose che non vuoi affrontare, è come se quelle che qua sono parentesi, là fossero quotidianità.
E' bello sentirsi bene:
Ora, però, guardo la valigia e sento già la mancanza delle persone che conosco, della città. Mi aggrappo alle piccole gioie di "casa", dei progetti per i prossimi giorni, ma la malinconia c'è.
In lontananza, si vede anche il Duomo di cui, davvero, sono incondizionatamente innamorata. |
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