lunedì 1 agosto 2011

Ciao J., non riesco più a evitare di scriverti come se tu potessi leggere quello che ti vorrei dire, così son qua che ti scrivo e mi detesto per aver ceduto, di nuovo.
Mi sento uno schifo, ma non nel senso che "sto a schifo", ma nel senso che "sono uno schifo". Ero così cieca, così bisognosa di qualcuno (per scacciarti via dalla mia cassa toracica) che non mi sono neanche resa conto di quanto fosse un quaquaraquà. E perché, alla fin fine, ammettiamolo, non volevo vedere. Mi piaceva l'idea di qualcuno che si renda conto di me in maniera diversa dalle attenzioni d'amico di D., ecco.
J., come stai? Sto imparando a pronunciare il tuo nome, magari così te ne vai dalla mia cassa toracica. Perché non dico cuore? Perché io, quell'organo (non) inutile, lo ignoro o, almeno, è quello che vorrei fare. Mi fa paura, non è che lo voglio ignorare, lo ammetto; perché se dico cuore si insinua nella testa la frase che ha detto mia cugina - e non solo lei - e tremo come l'altro giorno che c'era un ragno nel letto. Cassa toracica, poi, mi ricorda quant'era bello sentire i batticuore appollaiati sulle costole, come papagalli tropicali appollaiati sui rami di grandi alberi.
Come ti va l'estate? Sai, la mia non è poi tanto male. Mi diverto, mi sono rilassata così tanto che non mi mangio neanche più le unghie, però tutte le volte che sento Danza Kuduro ho istinti omicidi, ma chissà quante volte l'avrai ballata nelle tue notti postmaturità. Io, che a ballare mi ci vogliono portare ma non voglio andarci, me la ritrovo ogni giorno da qualche parte e persino da parte degli amici che ci sono fissati, un po' come l'anno scorso che eravamo in fissa con Alejandro.
Oggi tira vento e non so che fare, me ne vorrei stare tutto il giorno in camera, seduta con le spalle contro il letto e sperando in un fulmine che mi faccia continuare quella cosa che c'è scritta sul quadernino verde. Tu sarai al mare o magari sei in vacanza o, forse, sarai con una ragazza e sarai felice (e non sai quanto vorrei avere l'assoluta certezza che tu sia felice davvero). Io, invece non vorrei vedere il mio riflesso nello schermo del pc, ché mi disturba molto per il semplice fatto che non mi voglio vedere.
Sai cosa vorrei, ora, J.? Iniziare a scrivere una lettera, ma di quelle con un destinatario che possa leggere la mia orribile e spesso incomprensibile calligrafia e ricevere risposte, perché aspettare una lettera, trovarla nella cassetta e poi leggerla avidamente mi piacerebbe. Però non voglio un destinatario conosciuto, di cui conosco già il suo colore preferito, la sua data di nascita e come porta i capelli, vorrei un destinatario sconosciuto di cui scoprire tutto e che vuole scoprire tutto. Non so perché ho questa (strana?) voglia, ma ultimamente le parole mi sembrano l'unica cosa bella che ci sia al mondo, oltre il pezzo di cielo di Central Park che hai negli occhi.
Ho scritto troppo e non volevo neanche scrivere, forse cederò ancora a questo bisogno di scriverti che mi prende nei momenti di solitudine.
Ciao J.,
con tutto questo strano bisogno di te,
Amy.

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