giovedì 31 marzo 2011

E oggi è uno di quei giorni in cui mi viene tristezza persino perché c'è il sole.

Oggi è uno di quei giorni in cui mi viene tristezza con niente. Alla radio ho sentito i Blink e loro, alle 07.35 del mattino mi mettono sempre di buon umore, ma la voce di Tom Delonge che diceva “carry me home” mi ha ricordato che per gli inglesi “home” è la casa in senso emotivo ed io mi sono ritrovata a pensare a New York, Milano ed Amsterdam. Stamattina mi sentivo crollare a pezzi, mi sentivo come un piatto di fettuccine e mi sono ritrovata a pensare quando sentirsi un piatto di fettuccine era una cosa normale e tu eri in corridoio, dall’altra parte del banco, a parlare col tuo amico e io avrei voluto chiederti “scusa, mi puoi abbracciare stretta stretta come hai abbracciato la tua compagnia di classe l’altro giorno? Sai, ho bisogno che qualcuno contenga la mia l’esplosione”. Che poi, secondo me abbraccia meglio Teddy Bear, il tuo amico cicciotto con una faccia simpatica, ma tu hai quel dannato profumo di vita e il tuo abbraccio avrebbe funzionato meglio, lo so, me lo sento dentro. Stamattina mi sono pure sentita dire che dovrei farmi una visita dal dottore per questa appendice perché rischio che vada in peritonite e da una semplice pasticchina devo passare ad un operazione d’urgenza; un anno fa – o forse un anno e qualcosa di più – avrei detto una cosa tipo “magari ci resto pure e sarebbe un bene per tutti”, invece ora mi s’è annodato lo stomaco perché un po’ di paura c'è. Ma l’appendice infiammata me la tengo, evito di mangiare schifezza e si sfiamma da sola tanto. O al massimo finisce in peritonite. E in entrambi i casi passa, voglio dire. Oggi mi hanno fatto venire il dubbio se io sia realmente io, anagraficamente parlando. Certe volte me lo chiedo già di mio, giusto perché mi chiamano e mi sembra quasi che chiamino qualcuno che non sia io, ma non per il nome, per qualcosa di diverso. Prima mamma mi ha ricordato che da piccola sognavo di fare la scaricatrice di porto - alla faccia di chi sognava di diventare una principessa -, ma papà a sei anni ha deciso di spezzare il mio sogno facendomi capire che è un lavoro per uomini. A giugno probabilmente andrò a lavorare nei loro uffici e mi viene in mente quando la Porto Authority era Compagnia Lavoratori Portuali e nonno era lì quando è diventata grande e ora è ‘na mezza ciofeca, da come ne parla papà. E mi ricordo quando stavo nell’altra casa ed eravamo una famiglia e con papà andavamo a vedere se era a lavorare in biciclette e cantavamo, perché eravamo stonati ma ci rendeva felici cantare Nel Blu Dipinto Di Blu mentre andavamo in bicicletta. Ora la sede della Compagnia Lavoratori Portuali l’hanno demolita e c’è un cantiere di lavori in corso per un albergo, ovviamente lavori che sono fermi e la Porto Authority è in un palazzo moderno col tetto piatto che secondo me quando piove c’hanno la piscina sul tetto. E oggi è uno di quei giorni in cui mi viene tristezza persino perché c'è il sole anziché esserci un bel cielo nero carico di pioggia.

martedì 29 marzo 2011

Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi.

Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi, potresti accorgerti che:
• Le tue (maledette) lentiggini sono sempre lì.
• Il tuo naso è sempre più orrido.
• I tuoi occhi oggi hanno un colore più orribile che mai.
• Le tue labbra hanno un colore simile a quelle di una tua vecchia Barbie, che le aveva di un rosa osceno, e che odiavi profondamente a differenza delle altre.
• Il tuo taglio di capelli, oramai da aggiustare, non ti convince più e, quindi, ti viene la voglia di tagliarli ancora più corti.
• Ti accorgi che il colore dei tuoi capelli è più scuro, anziché essere di un castano più chiaro come succede ogni santissima primavera e che di questo colore ti fanno schifo, tanto da farti pensare di farti una tinta rosso o arancio, nonostante tu la tinta non te la vuoi fare perché oramai anche i cani si tingono.
• Ti accorgi, soprattutto, che è una pessima giornata perché tu davanti allo specchio per più di dieci secondi non ci stai mai e quando ci stai sei impegnata a cercare di far dritta la riga con l'eye-liner e, quindi non hai il tempo di osservarti.

Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi, soprattutto in giornate in cui, nel giro di neanche dieci minuti e prima di entrare a scuola, ti sei già fumata due Benson e, se avessi potuto e voluto, te ne saresti fumata anche una terza. E tutte fino a poca distanza dal filtro, cosa che fai solo nelle pessime giornate. Devo imparare a guardare i segnali che mi lancio inconsciamente, cavolo.

sabato 26 marzo 2011

In milk and mint I trust.

Mi fa male il ginocchio sinistro e mi fanno male gli addominali a forza di ridire; ho una paralisi alle labbra, tendono inesorabilmente verso l’alto e sto ancora giocando col mio Buzz Lightyear, che fa tanto bambina piccola, ma mi diverto.
Ho bevuto latte e menta, dopo aver fatto la spesa – o forse era meglio dire “tentato di fare la spessa seriamente”? – all’Esselunga, perché al latte e menta c’avevamo fatto la bocca. Ho una Wiston chiusa nella Moleskine, che lo so, è uno spreco ma è un ricordo e resta lì.
Sto sorridendo in un modo che non ricordo di aver mai fatto o forse l’ultima volta che ho sorriso così ero a qualche concerto o era una vita fa.
Mi stanno mandando a cagare – no, in realtà dire che mi mandano a cagare è un eufemismo, ché mi hanno detto “ucciditi”, ma vabbè – solo perché stasera non esco. Scusatemi tanto se di farmi nascere le fisime e di rovinarmi un umore praticamente ad un passo dalla perfezione – mia perfezione, ovvio – non ne ho voglia.
Dove le trovo altre due sonate che alle cinque del pomeriggio si mettono a mangiare le carote tagliate alla julienne bevendo latte e menta fatto con le proprie mani e rendendomi praticamente felice?

mercoledì 23 marzo 2011

Riesco a vedere me e te, dentro ad altri corpi, a camminare per un viale alberato di Central Park in una primavera dei primi anni del '900.


- Farsi schifo da sole? Lo sto facendo bene. -

Say "thank you" to Dev Pascal.

program JohnnyBGoodeAndSlashFinallyMet;
uses wincrt;
var Slash,JohnnyBGoode:real:
begin
clrscrn;
writeln ('Introduci Slash');
readln (Slash);
if (Slash*(Slash-4))<>0
then
begin
JohnnyBGoode:=(Slash-2)/(Slash*(Slash-4));
writeln('JhonnyBGoode è',JhonnyBGoode:10:2);
end
else
writeln('Frazione impossibile');
readln
end.




Presente quando passi quasi un'intera giornata a studiare per circa tre interrogazioni di recupero e poi non ti ricordi 'na cippa e sai che una, quella di latino, andrà male? Ecco. Oggi era una giornata di quelle, una di quelle dove ti fai il thé caldo con i Pan di Stelle solo per sopravvivere e poi, apri la mail e ti ritrovi davanti questo e sorridi come una cretina, perché certe cazzate vengono fuori solo con certe persone.
Ma voglio dire, non sarà grande il Dev Pascal? Ha fatto incontare Jhonny B Goode e Slash! Prossima volta, però, Slash lo incontro io. Abbiamo un appuntamento,ecchecarciofoimpanatoefritto.
Ma poi, voglio dire, certa gente è proprio “adorabile” - J. docet! -, no anzi dire che è “adorabile” non rende bene. E' un po' come il thé caldo che sa di limone con i Pan di Stelle.

martedì 22 marzo 2011

Un cuore anatomico finto per non sentir più il vuoto all'altezza del torace.

Ho un cuore anatomico (finto) che pende da una catenella che se ne sta intorno al mio collo. Ho un cuore anatomico (finto) come collana, per ricordarmi che sono un essere vivente e che, quindi dovrei vivere e non sopravvivere.
Ho un cuore anatomico (finto) attaccato al mio collo che mi serve da rimpiazzo per quello vero che - purtroppo o per fortuna? - se ne sta rinnegato nella sua prigione. E' piccolo e muto, questo, non come l'altro che urla un po' troppo.
Ho un cuore anatomico al mio collo, è finto ed è arrivato per posta, ma serve come surrogato di quello vero.
Un cuore anatomico finto per non sentir più il vuoto all'altezza del torace. Come se potesse funzionare.

domenica 20 marzo 2011

Ricetta per preparare un morso di felicità.

Ingredienti per un morso di felicità:
  • Pancake al moù.
  • Amiche.
  • Foto stupide.
  • Cazzate.
  • Benson blu.
  • Sorrisi veri q.b.

Preparazione:

Mescolare il tutto per un paio d'ore e otterrette un ottimo moros di feliticità per la serata e un sorriso vero prima di andare a letto.

venerdì 18 marzo 2011

Fai di me il tuo profumo preferito, te ne prego.

E’ che prima di incontrati vivevo solo di occhi e di vista, di orecchie e di suoni, di mano e di tatto. L’olfatto lo consideravo una cosa secondaria, un’inutile ninnolo, un giocattolo non abbastanza bello per essere considerato. E poi il tuo profumo che era come sentire il mondo, come stare al centro di uno dei tanti viali di Central Park a primavera con gli alberi in fiore e il loro profumo inebriante.
La primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno mischiati in una sola persona. Il profumo dei ciliegi in fiore, l’odore di salsedine e di crema solare, l’asfalto bagnato dalla pioggia lieve, l’odore della cioccolata calda e di un buon libro quando fuori fa freddo. E tutto mi ricorda il tuo profumo. E il tutto che è ricordato dal tuo profumo.
L’odore del mondo e della vita. L’odore del tuo profumo mischiato alla tua pelle. Il profumo dei Pancake e il profumo di pane in una piccola panetteria. L’aroma di caffè alla mattina e l’odore del thè alla sera prima di andare a letto. Il profumo di un libro nuovo, ma ancor di più l’odore dei vecchi libri.
E chiudo gli occhi ed ispiro il tuo profumo e mi ritrovo cieca, al buio davanti alla realtà ma mi spiazzi con il mondo che mi si apre davanti, e le farfalle nello stomaco e il sangue che guizza nelle venne e la vita che mi apre il cuore.
Giochiamo a scoprire la vita? Giochiamo a mischiare i nostri profumi?

mercoledì 16 marzo 2011

Just another begin.

E’ che persino le pagine dove ho lasciato me stessa iniziano a starmi strette, come la maggior parte delle mie cose e solo perché sto stretta nei miei panni. E c’ho messo un po’ a decidermi. Perché io le decisioni le prendo sempre quando è tardi e poi rifletto sempre troppo, come per scegliere un nome tra quei tre che erano disponibili e che poi la scelta è stata quasi facile mentre mi riducevo a fare testa o croce.
E’ che avevo bisogno di riniziare di nuovo, mettere via quel foglio consumato, stropicciato e coi segni delle cancellature e prendere un foglio nuovo per poter scrivere chiaramente.
E’ che avevo solamente bisogno di trovare (ri)cominciare in un posto che potesse essere adatto a me, senza tutto il passato attaccato alle pareti a ricordarmi chi è – o come appare? - la persona che sto imparando a conoscere.
E’ solo un altro inizio, niente di più e niente di meno.