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domenica 3 febbraio 2019

You’re just another story I can’t tell anymore.

Non sapevo cosa mettermi domani, per una questione di sentirmi sempre inadatta tutto quello che avevo nell’armadio mi sembrava troppo o in un verso o in un altro. Volevo scegliere da sola, ma alla fine ho chiesto aiuto alle amiche lasciando scegliere loro tra due abbinamenti camicia+jeans, perché mi convincevano entrambi poco. Il voto ha unanimemente optato per una camicia blu con le ancore abbinata a dei jeans blu, quando ho scelto l’opzione non mi ero ricordata di una cosa: la camicia era quella del mio primo esame, quello dove mi feci volutamente bocciare allo scritto e ragazzo-xanax, il quale dava l’esame con me e ci eravamo sentiti quasi tutti i giorni mentre lo preparavamo (da cose serie a cagate pazzesche), si arrabbiò rompendo quella su aura di calma per la mia decisione di non rispondere o di sbagliare alcune risposte per non andare all’orale. Fu anche la volta in cui gli scrissi disperatamente di fermarsi a un tabacchino per prendermi le sigarette, arrivò e la prima cosa che mi disse, lo ricordo ancora, fu che non aveva trovato un tabacchino ma “ti faccio tutte quelle che vuoi”.
Questa camicia, alla sua discussione, mi sa di chiusura, del degno silenzioso addio che sarà (la tristezza la terrò per domani, quando finirò a scrivere su un treno di ritorno).

mercoledì 7 novembre 2018

Cose positive in ordine sparso #3.

Un ordine sparso così sparso che neanche lo dividerò per giorni:
la banda al completo (anche detta "la reunione del Marvel Bunch");
le amiche;
il funko pop di Arya Stark;
Lucca Comics;
Lucca Comics vestita da Winter Soldier sentendomi più me stessa di quando sono nei miei panni;
i mega abbracci di chi vedi di rado;
la graphic novel de Lo Stato Sociale;
una parte de Lo Stato Sociale che ti riconosce e ti saluta ore dopo;
"siamo riuscite a farti uscire in leggins!";
truccarsi per Halloween;
"il tuo braccio è bellissimo!";
lo shopping nerd;
Halloween;
Lucca Comics pt 2.;
cene al giappo-cinese finite in lacrime;
piangere dal ridere;
i sorrisi, i miei, quelli degli altri.

E tutto questo mi serve per ricordarmi che in giornate buie come quelle che ne sono seguite, c'è sempre un pensiero positivo.

venerdì 10 agosto 2018

I can’t sleep, I can’t scream, I can’t hit you in your face.

Fino ad un anno fa, per anni, M. non ha fatto che mettermi in croce e scherzare con cattiveria, dispensando commenti brutali sotto forma di consigli indesiderati, per via della mia pancia, del mio corpo, dei miei chili di troppo, del mio non essere femminile (non a caso mi chiama Mario). Tant'è che se c'era lui, a maggior ragione (non l'unica, ma un'aggiunta che più o meno consciamente consideravo spesso), giravo ad agosto con 35° gradi in jeans lunghi e in rari casi i leggins perché mi faceva sentire di merda. Quest'anno non sono sicura, non sono figa, ma vivo bene con me stessa. Le sue frasi mi toccano ben poco, gli rispondo ancora più a tono.
M. ha avuto una storia finita male - e se devo essere sincera neanche me la sento di dare torto a lei, ma questa è un'altra storia - così tutte le cose elencate sopra ora sono a tema “Mario è ora di trovarsi un fidanzato”.
E' vero, ho 24 anni, non ho mai avuto una storia, ci sono stati flirt, ci sono stati limoni più o meno cercati, ci sono state volte che mi hanno cercata e volte che ho fatto io il primo passo. La vivo bene? Sì. Ovvio, ci sono volte che mi sento indietro, ma nel 98% dei casi sto bene. Non sento il bisogno di un fidanzato, non sento la necessità di cercarlo, non mi sento neanche "for ever alone" come dice lui. Ho una famiglia, ho degli amici, ho dei conoscenti, ho i miei obiettivi, i miei hobby, le mie passioni. La mia vita è piena. E non vedo perché, se tu, coglione di turno che ti definisci mio amico e poi sei il primo stronzo che passa, ti ritieni “solo come un cane” (cit.) perché nella tua vita non c'è una donna, devi cagare il cazzo a me!?
E chi cazzo ti dà il diritto di dire, fintamente scherzando, davanti ad un altro amico e ad un conoscente “ma non c'è in comitiva un fidanzato per Mario?”!? Neanche fossi a piangere perché non ho un uomo nella mia vita o monopolizzassi i discorsi parlando di me e della mia vita sentimentale sfortunata e costringendomi a dover rispondere a questa finta battuta con sarcasmo ed una punta di acidità solo perché a casa di amici con altra gente presente per non creare casino.
No, che poi io sarò anche stronza, sarò acida, sarò anche quella che “rispondi proprio con cattiveria a M.” e che passa per permalosa (salvo poi che quando capiscono il perché dei miei comportamenti mi dicono “e te sopporti tutto questo da tutto questo tempo!?”), ma tu sei un emerito coglione che un giorno di questi si becca una piazzata in mezzo a tutti che se non ti sotterri da solo per l'umiliazione, ti sotterro io a parole e a suon di pattoni nei denti.

- 09 agosto 2018, notte.

domenica 8 luglio 2018

Cose positive in ordine sparso #2.

Riassunto semi-ordinato di cose da ricordare.
Giovedì
"Ti passiamo a prendere".
Luna Park.
Uscire in gonna senza paranoie.
Diti medi ricevuti a gratis, ma senza cattiveria.
Calci-in-culo in gonna.
"Vieni alla notte bianca sabato?".
Ricevere in regalo uno Steve Rogers parlante in peluche.
Bomboloni finti ripieni.
Regalare un Olaf ad un bambino.
Essere invitate ad una grigliata.

Venerdì
Amicizia e disagio.
Contemporaneamente insieme anche d'estate.
Dente dal vivo.
Le disavventure per trovare la cena.
Mangiare sedute su degli scalini.
Due pizze margherite schifose ad un prezzo vergognosamente alto.
Guido Catalano e Dente insieme.
Rendersi conto che sei la versione poké-evoluta della wannabe punk-rocker che ero.
Il poliziotto della municipale che augura "buon appetito".
Dediche d'amore su cartoline lanciate per aria.
Poesie che parlano di me.
Il portachiavi di Virgin Radio.
Ancora Dente con la sua camicia trash.
La spilletta di Buttercup delle Super chicche.

Sabato.
Non sbagliare lo svincolo per la casa della tua amica e del suo ragazzo.
Uscire di casa vestita come se avessi un funerale grunge in un pub irlandese alle 18 e una grigliata alle 19.
I cani che ti fanno le feste.
Ridere.
Essere tirate dentro in una foto di gruppo da cui pensavi di essere esclusa.
Grigliata di carne buona.
Sentirsi a proprio agio.
Doppio osso della bistecca.
Queen che cresce a vista d'occhio.
Ridere ancora.
"Vieni anche te? Bello, ci sta!".
Riuscire ad essere una persona che socializza con le persone.
I meli che ti ricordano Lo Stato Sociale.
Parlare senza vergognarsi.

domenica 6 maggio 2018

Stare in posti affollati, stare a contatto con le persone, ma soprattutto socializzare con loro, mi stanca. Anzi, mi sfinisce. Mi sfinisce così tanto che mi ritrovo alla sera stanca come se avessi corso la maratona di Boston, avessi frequentato 12 ore di lezione senza pause non avendo chiuso occhio. E ho anche mal di testa, male a tutto.

Mi sembra di essere a combattere una guerra che non posso vincere.

lunedì 5 marzo 2018

Avrei voluto nascere con il coraggio di buttarmi, non con quello di nuotare tra gli squali.

Tiratela un po’, se non ti scrive, scrivigli tu tra qualche giorno”.

Quanto sono “qualche giorno”? Come faccio a capire che sono “pochi giorni” o “troppi giorni”?
Come si scrive ad una persona? Come si inizia una conversazione? Cosa si scrive? Cosa è concesso e cosa no?
Perché sarei in grado di dire “ti va di vederci per un caffè?” e non di iniziare una conversazione?
Speravo che mi scrivesse lui, dopo la vacanza, dopo i comportamenti e le frasi ambigue, ma niente, il nulla e per una volta nella mia vita sto seriamente pensando che rischiare è meglio del rimpianto di non averci provato. Avrei voluto scrivesse lui per primo, perché non so iniziare a ballare, ma so buttarmi in pista se qualcun'altro apre le danze. E invece no, qua mi rendo conto che il primo passo è nelle mie scarpe. Dove sta il problema? Sta che dopo una vita a sfuggire da ogni rischio, tuffarsi è la cosa più difficile che nuotare.

martedì 19 dicembre 2017

"F for friends, F for family".

E' uno di quei periodi brutti dove mi sembra che dopo il temporale, anziché arrivare il sole, arriva solo un altro temporale e poi pure le inondazioni. E' uno di quei periodi dove cerco di essere una brava persona, una brava studentessa, una brava figlia, una brava amica, ma mi sembra sempre di fallire in tutto, di non azzeccare nulla. E' uno di quei periodi dove se mi dicono che sono una merda ci credo, senza farmi dubbi su come e chi l'ha detto.
Mi sembrava che le cose andassero meglio, ma piano piano sono scivolata sempre più giù, la mia ansia, i miei dubbi, la mia fatica e poi le litigate con chi credevo amica, l'incidente, la macchina che forse è andata a puttane e io che mi sento un disastro in tutto, che torno a dipendere dagli autobus, dagli altri, dal non poter chiedere all'unica amica vicina di vederci per qualche sigaretta al "nostro pub perché non so più come muovermi. Cerco un appiglio in me e non trovo che un muro senza appigli. Mi risento come anni fa, come quando era tutto buio. Poi mi siedo e anziché vedere solo il buio vedo qualche luce, non tanto nella mia famiglia che più che mai sembra uscita da una canzone di Eminem, ma nelle amiche. Poche, pochissime, spesso lontane, ma sono lì e allora basta poco e anche se gli occhi pizzicano e faccio fatica a respirare almeno mi ricordo che non sono sola. Almeno c'è qualcuno e se urlo, questa volta non si perde nel buio. Qualcuno sente.
E' una consolazione forse da poco, ma che ora come ora è l'unica certezza che mi resta insieme alla musica. Tutto il resto frana, queste due cose no.
"Guarda chi resta", ha detto qualcuno e aveva ragione

lunedì 2 ottobre 2017

Ieri sera mi è arrivata una mail, mi hanno selezionato come membro della redazione dell'area musicale del blog affiliato alla radio dell'università. Era la domanda secondaria tra le due che avevo fatto, la prima era per speaker, ma, come ho detto alla ragazza al colloquio, se mi avessero preso come blogger sarei stata onorata comunque.
E mi hanno preso. Io che quest'anno sono andata fermamente convinta che non mi avrebbero presa, che ho detto all'amica che era con me "vabbe, che si fa, ci si riprova l'anno prossimo?" sono sta presa.
Quella mattina sono andata al colloquio scoglionata, mi sono messa in caffetteria ad aspettare un'amica leggendo Guida galattica per autostoppisti con un espresso in tazzina grigia pensando che la frase che descrisse meglio la mattina fosse "avrei voluto squagliarmela con il Dio del Tuono" (che poi, per inciso, è uno state of mind di tutta la mia vita) mentre tenevo le cuffie per evitare che qualcuno mi parlasse. La riproduzione non faceva che passare una canzone che recita se lo vuoi, tutto è possibile. Non ci ho mai creduto. Mi fido così tanto di quella band da essermi tatuata un'altra loro canzone, ma in questa canzone non ho mai creduto e non mi hai mai neanche portato fortuna, ma ero così scoraggiata, così convinta che non sarebbe andata che ho detto "lasciamola, che male può fare?". Non ha fatto male, mi ha solo convinta ad andare e tentare con tutta la voglia che avevo di convincere, poi come andava andava. Sono andata, ho dato il meglio, ma uscendo ero convinta che sarebbe stato un nulla di fatto. Invece, ieri, ho avuto un po' di senso di colpa per la mia amica, che poi ha lasciato il posto alla paura folle di non essere all'altezza, di non essere in grado e alla convinzione che farò una brutta figura. Oggi, invece, ne sorrido, tanto. L'ho detto mio padre, al telefono, che come prima cosa mi ha detto "non ti hanno preso come eri convinta?" e, poi, quando gli ho raccontato che sì mi hanno preso per scrivere, dopo che gli ho spiegato, tutto contento mi ha detto "poi mi spieghi come leggerlo" seguito da "a scrivere sei brava, te la caverai bene". Ho sorriso, tanto, ho anche sentito pizzicare il naso.
Ho fatto un primo passo verso quello che sogno di fare da grande. Non so come andrà, quanto spesso sbaglierò e quanto dovrò impegnarmi per essere all'altezza, ma l'ho fatto.

"Se lo vuoi, tutto è possibile"
"Avevi dubbi?", mi ha chiesto provocatoriamente qualcuno.

mercoledì 26 luglio 2017

Pensieri in ordine sparso e in disordine ordinato #1.

Quando prendi una certa consapevolezza delle persone che credevi amiche e poi tanto amiche non erano, non ti stupisci di nulla, a volte ci resti un po’ male, ma neanche tanto. Anzi, più che rimanerci male è più un “Dio, quanto ero ingenua a crederle amiche!”. Forse non ero neanche ingenua io, ma proprio loro delle stronze croniche, perché con me erano solo prese in giro, il peggio l’hanno fatto a un’altra del quartetto, ma queste sono storie loro.
A distanza di sei anni, grazie ai magici ricordi di FB e al genio di turno che li commenta, scopro che mi prendevano in giro per una cosa che avevo detto. Sotto un post pubblico, senza il nome, ma si capiva, si capiva perché quando si trattava di qualcosa che combinavo e che poteva mettermi in imbarazzo la raccontavano a cani e porci. A distanza di sei anni non fa male, da fastidio, ferisce un po’, ma oramai sono ferite rimarginate, anche se la pelle è rimasta più sensibile.
E per un momento ci penso a riprendermi la mia rivincita, infondo io con loro ero quella muta e tranquilla che però vedeva e sentiva tutto, ma alla fine mi guardo allo specchio e penso “ma che senso avrebbe scendere al loro livello?” e allora finisce che la vendetta la accantono. Alla fine anche loro hanno avuto i loro lati positivi nella vita, tipo insegnarmi che tipo di amiche non voglio più nella mia vita.