mercoledì 30 aprile 2014

I wanna see him happy.

Nonostante tutto, mi piace da matti che, di notte, abbia voglia di raccontarmi quelle "scene romantiche in stazione" con lei, di rendermi partecipe di quanto stia bene, di quanto sia felice ultimamente, perché, chissà poi come, mi mette una gran voglia di vivere.
Mi piace saperlo felice, felice più di me, più della gente triste e apatica che incontro ogni giorno sui mezzi pubblici, per la strada. Mi piace la sua felicità.
Lui non lo sa, però, che i suoi racconti mi fan venir voglia di scrivere brevi storie romantiche pieni di gente che vorrebbe saltellare in stazione dopo un bacio, ma si accontenta di sorridere come un ebete.
(Non sa neanche che nel ultimo e breve istante di lucidità prima di addormentarmi, son due notti che mi sfiora il pensiero che "sarebbe bello se, al posto di lei, ci fossi io"... ma poi, giuro, passa).

venerdì 25 aprile 2014

Mi riempio le giornate, esco, corro da una parte all'altra, mi fermo giusto il tempo di mangiare, di sistemarmi e correre di nuovo fuori e se non esco, mi riempio di serie tv, di film. Mi riempio le giornate con gli altri, con la gioia di un amico che, forse, ha trovato una con cui le cose promettono di andar bene, con la tristezza di un'amica che non lascio sola dopo una rottura, con i sorrisi di un'altra amica e le chiacchiere di altra gente.
Mi riempio di altri, di cose da fare, per non sentirmi, per non dover stare da sola con me stessa.
Ho capito che il problema non è il resto del mondo: il problema sono io.

mercoledì 23 aprile 2014

Quando ero piccola, amavo farmi raccontare storie da mio nonno che non era il tipo da raccontarmi storie senza una morale o senza un minimo di contenuto culturale; non mi ha mai raccontato le favole classiche come Biancaneve o Cenerentola, lui era più il tipo da raccontarmi la storia del pastore che gridava sempre "al lupo! Al lupo!". Tra le storie che amavo, non so bene neanche io perché, c'era la storia di Sansone.
Nonno me la raccontava perché Dalila era anche il nome di sua madre, che era battezzata con un altro nome, perché come Dalila, il prete, non la voleva mica battezzare ed io amavo questa storia di quest'uomo che come gli tagliavano i capelli perdeva la forza.
Oggi, dalla parrucchiera mi sono ricordata di nonno e di questa storia, perché più taglio i capelli, più guadagno forza. Sono tornata a casa coi capelli (di nuovo) tagliati cortissimi, per il disappunto di alcune persone, ma son più forte. Mi guardo allo specchio e ho gli occhi di chi vuole riprendere in mano se stessa e portarla in alto.

domenica 20 aprile 2014

Is there any hope for me?

Oggi sono debole: tutto mi ferisce, tutto mi brucia come alcol su una ferita fresca.

lunedì 14 aprile 2014

Some of us have to grow up sometimes.

Fino a qualche mese fa, se mi si chiedeva cosa volevo fare da grande rispondevo "non lo so, ma vorrei fare l'università", perché i miei piani, vaghi, mai ben delineati fino in fondo, si fermavano alla laurea. Ora, alla domanda "cosa farai in futuro?" rispondo con certezza, senza incertezze, spiegando un piano ben delineato, difficile, lungo, forse anche un po' troppo da sognatrice incallita quale sono, ma è lì, solido e, per certi versi, rassicurante
Tutto questo, mi spaventa, perché questo vuol dire che sto veramente crescendo, io che evito di prendere la patente perché, oltre ad aver paura di uccidere qualcuno, non voglio sentirmi parte del mondo dei "grandi", ho già deciso tutto, con gli ovvi piani b, c, d e tutto il resto dell'alfabeto, e penso più in là di domani o del fine settimana. E fa paura, ma fa sentire sicuri, come se si fosse in mezzo all'oceano e, oltre a sapere la meta da raggiungere, si sa con assoluta certezza la rotta e si sa di non poter sbagliare, nonostante le tempeste improvvise che potrebbero arrivare.

venerdì 11 aprile 2014

A smile is enough.

E’ buffo come un “venite a fare un giro con noi?” ricevuto da un’amica possa sconvolgerti non solo il pomeriggio, ma anche il metabolismo che chiede sigarette più di quanto richieda l’ossigeno.
Non riuscire a guardarlo in faccia, senza sapere se era per quelli occhiali che sembrano da donna o se è perché ti devi abituare, per poi finire a ridere, a parlare, a sorridere come se nulla fosse. Come se non fossi con due sconosciuti, oltre a lui che sconosciuto non è, ma neanche poi così conosciuto.
Sorridere come se foste solo tu e la amica ed è bello, a fine giornata, sorridere così. E’ bello, nonostante sull’indice desto ho una piccola vescica bianca causata dal nervoso giocherellare con l’accendino, che sembra ricordarmi che vederlo solo come un amico non sarà una strada facile, ma alla fine va bene così, anche la vescichetta ha smesso di far male, smetterà anche questo e a me resterà questo sorriso vero sulle labbra.
Sorrido, di gusto, non può essere la strada sbagliata, dopo tutto.

lunedì 7 aprile 2014

You had me at hello.

Esco da scuola a passo deciso di chi vuole andare a casa, di chi ha già deciso che al rientro non si presenterà.
Lui gira l’angolo, con gli occhiali più zarri che riesca ad immaginare e la maglia dei Bulls, ma se non avesse salutato, forse, io avrei tirato dritto, senza averlo visto, senza sentito la sua voce. Lui saluta, io vengo riportata alla realtà, le gambe rallentano, nella testa solo bestemmie per maledirmi.
Ho perso l’autobus, poco importa.

giovedì 3 aprile 2014

Ho sempre creduto che, tra ragione e sentimento, io fossi ragione. Purtroppo, mi sto rendendo conto di aver sempre sbagliato tutto.
Sono sentimento. Sono sempre e solo sentimento.