martedì 28 febbraio 2012

Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #2

Odio il mio compleanno e credo di averlo messo in chiaro - anche usando toni abbastanza acidi - con tutte le persone che, al contrario di me, si scaldano a ricordarsi che è alle porte, ma c'è A. che da due mattine, dopo avermi salutato sempre con un sorriso enorme sulle labbra, mi informa di quanto manca a quel giorno infausto. Qualsiasi altra persona sarebbe già morta, forse anche in maniera piuttosto dolorosa, ma a lui perdono tutto perché è l'unico che poi mi abbraccia.

domenica 26 febbraio 2012

Domani riapre la scuola, mentre sono tutti tristi, io ne sono assolutamente ed irrimediabilmente sollevata. Io sono un alieno o una persona fondamentalmente triste da trovare sollievo nella riapertura della scuola o semplicemente ho bisogno di distrazione, però l'opzione giusta tra le tre la devo ancora capire.

giovedì 23 febbraio 2012

E mischiare le lacrime con l'inchiostro.

Vorrei essere una di quelle persone emotive, di quelle che le loro emozioni le lasciano uscire e non le lasciano marcire dentro fino a farle imputridire.
Vorrei essere capace di spegnere la luce, di mettermi le cuffie, quelle piccole di cui ne funziona solo una, mettere una canzone strappa lacrime in ripetizioni continua e piangere, piangere senza freni, piangere così tanto da non riuscire a dormire, piangere fino a bagnare tutto il cuscino. Vorrei essere capace di piangere, perché così tirerei fuori tutto quello che non so tirare fuori. Vorrei essere capace di piangere, di piangere tutta notte, di piangere fino a domandarmi se queste lacrime potranno mai finire, di piangere e scrivere allo stesso tempo, vorrei essere capace di piangere mentre scrivo con la lampada sul comodino accesa e mischiare le lacrime con l'inchiostro.

mercoledì 22 febbraio 2012

"Tra poco sarai grande" (cit.)

“Tra poco sarai grande”.
Tra poco sarò grande, così dice papà.
Tra poco sarò grande, lo dice anche mamma e mi chiedo com’è che per la prima volta dopo anni, si ritrovino d’accordo su qualcosa che io trovo totalmente ed incondizionatamente sbagliato. Non sarò grande, non cambierà nulla dal giovedì al venerdì o dal sabato alla domenica o dal giorno alla notte, sarà tutto uguale, io sarò uguale.
Non sarò grande solo perché arriva quel fatidico diciotto, non sarò grande solo perché arriva la maggiore età, io sarò sempre la stessa. La solita ragazzina dai capelli orribili, dalle crisi di pianto alle quattro del mattino e che non si riaddormenta fino alle sei, quando suona la sveglia. Sarò sempre la solita che non sa cosa vuole essere “da grande”, che non sa cosa farà quando riuscirà a finire la scuola. Sarò sempre la solita che quando pensa al domani le viene l’ansia, perché le sarebbe piaciuto che andasse tutto come voleva lei. Io sarò sempre la solita ragazzina dai tremila file di word salvati, in buona parte con una storia dentro, una storia che è una via d’uscita ma che non finisce mai. Sarò sempre la solita ragazzina che ha una foto di nonno attaccata in camera e quando la guarda le vengono le lacrime agli occhi e allora canta Bella Ciao per calmarsi, sarò la solita ragazzina con un giacchetto di lana addosso che più che pararla dal freddo la para dalla solitudine.
Sarò sempre la solita ragazzina che vorrebbe trovare la fortuna nei biscotti della fortuna, che vorrebbe rivedere gli occhi di J. Per vedere Central Park un’altra volta, che vorrebbe rivedere quel ragazzo che non vede da anni ma che quando lo pensa si scatena una guerra. Sarò sempre la solita ragazzina con domande assurde per la testa, ma ben poca gente che vorrà provare a darle una risposta.


“Tra poco sarai grande”, no tra poco sarò solo me stessa con un grandissimo sorriso in faccia stampato in faccia con cui rispondere “ma grazie!” all’ennesima persona che oserà farmi gli auguri.
“Tra poco sarai grande”, no tra poco sarò solo me stessa che risponderà cordialmente alle chiamate dei parenti che non chiamano mai se non per Natale e compleanni e che mi terranno tre ore al telefono dicendo che si ricordano quando da bambina andavo a mangiare là e mangiavo solo pasta al pesto.
“Tra poco sarai grande”, no, papà, no. Tra poco sarò sempre al tua bambina che ogni tanto si chiede perché tu non capisca che lei non vuole essere considerata grande, perché quando la consideravi una bambina ti comportavi da super eroe e non da uomo qualunque che mente.
“Tra poco sarai grande”, no, mamma, no. Tra poco sarò sempre la solita bambina che ogni tanto si isola per casa a leggere un libro ed è come se non ci fosse.
No, tra poco sarò sempre me stessa con un anno in più e qualche speranza in meno. Vorrei che lo capissero tutti che io non voglio niente, se non il silenzio e la solitudine.

venerdì 17 febbraio 2012

Storm in a Teacup.

Sono qua da sola, in tv ci sono gli One Direction che cantano e mi verrebbe voglia di spegnere, solo che il telecomando è lontano e non voglio alzarmi. Mamma è già andata a letto e ora vado anch’io, però prima ho bisogno di svuotarmi un po’, perché quando andrò a letto, spegnerò la luce non voglio una marea di pensieri che esplode come una bomba atomica nella mia testa, voglio andare a letto, chiudere gli occhi e dormire.
Io, io che non sono mai stata brava a rialzarmi quando mi facevo male da sola al cuore, perché alla fine il cuore me lo sono rotta colpendomelo sempre da sola, io che non sono mai stata brava in queste cose, sono ad ascoltare tutte queste persone che chissà cosa cavolo vedono in me e mi parlano dei loro problemi di cuore e io ascolto, gli dico qualcosa e mi ringraziano, come se avessi fatto chissà cosa, ma in realtà riciclo solo cose che hanno detto a me, piccoli consigli che mi hanno dato una mano.
Scrivo e non seguo una logica, scrivo perché lo sento che stavo implodendo, perché leggere certe cose mi spiazza così tanto da dovermi fermare, perché se leggo ancora rischio di crollare. Scrivo, perché mi sono persa in una “storm in a teacup” e mi sento così dannatamente stupida. Scrivo, perché quando mi guardo allo specchio mi cerco nel mio riflesso, ma non mi trovo, non mi riconosco in quell’immagine che cammina a testa alta, nonostante ogni giorno, dentro, si senta sempre più persa. Scrivo, perché andare avanti da sola è impossibile e da qualche parte mi devo svuotare, ma anche ora non lo sto facendo, perché essere umana mi fa così paura, perché ad andare affondo rischio di trovare parti di me che non saprei controllare, non saprei rendere logiche, razionali come piacciono a me e allora sto qua e ci giro intorno.
Ma tu riesci ad immaginartela una tempesta in una tazza di tè?

lunedì 13 febbraio 2012

Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #1

il prof. di italiano tenta di uccidermi entrando nell'aula di informatica con aria affascinante, ma così affascinante che pensavo di essermi addormentata, mentre la mia compagna di banco mi è quasi venuta in braccio per vedere cosa scrivevo (sul blog) ed è una cosa che non tollero; A. mi ha confessato di farsi domande assurdo, tipo "come mai un albero si chiama albero e non pezzo di legno?" e io mi sono sentita meno sola e tipo sorrido, nonostante il dolore ai denti.

domenica 12 febbraio 2012

Tu mi scrivi, io sento le farfalle nello stomaco e questa cosa non mi piace per niente.

sabato 4 febbraio 2012

Before the end, I know I'll breathe again.

Quando ti penso, mi manca l'aria, perché sei un pensiero troppo grande.
Quando ti penso, mi manca l'aria, perché ho paura.
Quando ti penso, mi manca l'aria, perché sei troppo forte per una persona sola.
Quando ti penso, mi manca l'aria, perché ho paura per te.
Quando ti penso, mi manca l'aria, perché non so dove sei, come stai e se sorridi ancora come allora.
Quando ti penso, mi manca l'aria, perché trovare un senso a questo è troppo anche per me.

venerdì 3 febbraio 2012

Amy say she is all alone.

Ero a scuola totalmente sola, classe mia non è entrata ed io sono sempre la solita cogliona a cui queste cose non vengono dette, così si ritrova ad entrare alle nove e a trovare la classe vuota e la scritta sul registro "tutti assenti". Non mi avrebbe dato poi così tanta noia se non fosse che non posso andarmene a casa, perché minorenne -mapotevatefarmiusciremancaunmeseaidiciotto!- e una madre convinta che abbia fatto troppe assenze per meritarmi di uscire prima.
Non è stato tanto male essere soli, voglio dire, togli che avevo la classe in vasa da un'altra classe in cui conosco solo una tizia ed hanno la prof. che avevo addosso delle orribili scarpe molto tirolesi, togli che mi hanno interrogato e non sapevo un tubo - la divina provvidenza ha colpito ancora col miracolo della botta di culo chiamata "argomento a piacere"- e togli, in fine, che non avevo la mia valvola di sfogo a cui rispondere male se diceva mezza cazzata ed è stata una bella giornata.
Avevo iniziato a scrivere a scuola, quando avevo finito la verifica di informatica - "puoi non farla, ma almeno fai qualcosa!" potevo starmene a cazzeggiare su internet, tipo eh! - e mi avanzava una mezz'ora in cui non avevo niente da fare se non crogiolarmi nell'ansia di passare due ore da sola con quello di italiano, ma alla fine è suonata la campana e io sono rimasta col post troncato a metà e tipo avevo ancora più ansia perché non potevo scrivere avendo dimenticato l'agendina nel cassetto del comodino. Alla fine ho capito di avere l'ansia per niente, lui non è cannibale ed è ancora più gentile del solito se quando sta entrando in classe, dopo che è stato cinque minuti al telefono con la moglie e tu avresti voluto urlargli "me lo può gentilmente lasciare per due cazzo di ore!? lei può averlo tutta la vita, cavolo!", che sei solo tu.
Era bellissimo, oggi, con quel maglioncino blu e i capelli che iniziano a ricrescergli ed erano tutti spettinati e quel sorriso un po' amaro sulle labbra quando parlavamo del andamento della classe e io mi sentivo messa al suo pari e avevo sulle labbra quella domanda che non ho fatto, perché io mica lo capisco quando mi tratta come un'adulta, un'adulta con cui parlare di libri in sala insegnanti fino a che una collega non gli chiede qualcosa per gli scrutini, un'adulta... non come mi parla mio padre, che mi considera ancora una stupida bambina, ma io non ho mica il coraggio di chiederglielo come mai lui mi parla così, mentre gli altri non lo fanno mai. Era bellissimo, ma non perché lui sia bello oggettivamente, ha quel naso un po' così che sembra quasi che da giovane abbia fatto a boxe, era bellissimo perché oggi aveva più fascino che mai, o forse sono solo io che non lo vedo da dieci giorni. Era bellissimo con quella sciarpina beige a quadri sullo stile di Burberry e che, forse forse era davvero di Burberry, che gli dava quel non so che.
Però, me lo faccia dire, lei gioca scorretto, perché lei mi loda, mi parla come se fossi una sua pari e non una sua alunna, mi chiede della classe e mi dice che lei non lo capisce come faccio, io, a non essere riuscita al liceo quando ne ho tutte le capacità, lei gioca scorretto perché già io ho un debole per lei come professore (voglio dire, lei riesce a farmi andare bene di grammatica di cui, ci sono i testimoni, non ho mai capito un cazzo!) e per i suoi discorsi, perché lei crede nelle parole che dice e le brillano gli occhi quando fa quei discorsi un po' filosofici, un po' più seri e in classe riesco a seguirla solo io e mi sento un po' fuori posto e lei, invece, mi chiede un parere e io mi sento una normale, poi mi tratta così bene e mi chiama per nome e non per cognome e io, per poco, mi dimentico che lei è un mio professore, che lei ha vent'anni più di me e che è felicemente sposato con due figli, ma poi suona la campana e non si preoccupi, mi ricordo di tutto questo.