giovedì 31 dicembre 2015

Ci arrivo col sorriso, perché io ce l'ho fatta.

Non ho tempo di fare un riassunto di questo duemilaquindici, sono in ritardo, devo finire di prepararmi e preparare le ultime cose prima di prendere l'ennesimo treno di quest'anno per andare a festeggiare.
E' stato un anno duro, durissimo, maturità, nonna che ha rischiato di lasciarmi, io che tento di mettermi in gioco e mi spacco la faccia sull'asfalto, litigate, persone che mi hanno visto sparire per affrontare i miei problemi e poi tornare, io che sfido me stessa, le mie paure, le mie debolezze, le mie ansie e i miei mille demoni. Io, mamma e papà che diciamo addio all'unica cosa, la vecchia casa, che ci teneva uniti a tutti quei casini, a quei piatti volati, alle ferite, ai pianti, agli urli di una vita che ora sembra da tutti e tre così lontana: io ne porto i segni, ma riesco a passarci sopra senza farle diventare di nuovo ferite aperte, mamma è più tranquilla, papà è sollevato come se gli avessero tolto un peso.
Io sono sulla strada dei miei obbiettivi, ora so che dovrò cadere tante volte, ma che, sia da sola sia con le persone che mi sono accanto, sono in grado di rialzarmi, che nessuno mi distrarrà dal mio obbiettivo.
Alla fine di quest'anno, ho ginocchia sbucciate, qualche cicatrice in più, ma ci arrivo col sorriso, perché io ce l'ho fatta.
Buon fine anno, brindate, sorridete, ridete, vivete fino all'ultimo secondo.
Buon 2016, sia migliore.

domenica 27 dicembre 2015

P. Sherman,42 Wallaby Way - Sydney.

Quando uscì "Alla ricerca di Nemo" al cinema i miei genitori erano già in quella fase che posso tranquillamente definire "guerra" senza essere esagerata e, quando andai a vederlo al cinema, era proprio a causa di un loro litigio. L'ennesimo, fatto dei soliti urli, della solita roba rotta, il solito fatto di mamma che esce di casa, io che piango, papà che cerca di farmi capire che né lui né mamma sono dei mostri, di calmarmi per farmi dormire quella notte; papà che il giorno dopo mi porta al cinema prima di andare a casa dei miei zii a parlare con mamma mentre io me ne sto al piano di sopra coi miei nonni, ancora vivi, ancora in gamba, ancora in grado di tenermi su in mezzo a tutto quello schifo.
Al cinema c'era "Alla ricerca di Nemo" e c'ero io con papà. Io mi sentivo tanto Nemo, quel pesciolino che va a toccare il motoschifo e finisce per essere catturato mentre in Marlin ci rivedevo mio padre. Mio padre che, a suo modo, stava cercando di salvarmi, come Marlin con Nemo. C'eravamo solo noi quel giorno, non c'era mamma, certo era viva, ma non c'era. Certo, questa sensazione di similitudine l'ho ben compresa un paio d'anni dopo (e, quindi, un paio di visioni dopo) e forse è proprio per questa sensazione, ma anche per quel piccolo ricordo felice in mezzo a tutto quello schifo, che "Alla ricerca di Nemo" è uno dei miei cartoni animati preferiti.
Stasera è in tv, ma la tv è occupata e allora io l'ho messo a caricare in streaming, in una giornata di afonia e tristezza, per rivedermelo da sola, perché ora, circa dodici anni dopo, sono abbastanza forte per affrontare tutti i miei cattivi ricordi.

venerdì 25 dicembre 2015

Coriandoli a Natale.

Avevo iniziato a scrivere, ma erano parole troppo confuse, così confuse che è venuto mal di testa persino a me.
Io odio il Natale, perché mi mette una tristezza così enorme addosso che fingermi felice e sorridente è uno sforzo fisico non indifferente. Mi fa quest'effetto perché è passato così tanto tempo dall'ultima volta che ho sentito il suo spirito che neanche ricordo cosa si prova. Mi fa quest'effetto perché ho il ricordo di mio nonno che viene portato via proprio nei giorni di Natale e come glielo spieghi ad una bambina di cinque/sei anni che suo nonno sta correndo in ospedale in sospeso tra la vita e la morte proprio durante il periodo più magico dell'anno? E come le spieghi, alla stessa bambina, qualche anno dopo che mentre tutti i suoi amichetti passano il Natale in famiglia, lei di famiglia ne vede solo una parte o se vede entrambi le parti, le vede senza uno dei genitori perché odia l'altra famiglia? Come le spieghi, alla stessa identica bambina, parecchi anni dopo che il Natale per lei è solo un "vigilia con uno, Natale con l'altro, Santo Stefano di nuovo con uno a fare il giro dei parenti"? E quella bambina sono io, anche se oramai bambina non lo sono più, ma certe ferite a Natale hanno la strana capacità di farsi sentire anche quando non le senti più da molto tempo. Sono io che sotto Natale devo buttare giù bocconi amari, fingendo che non mi faccia nessun effetto passare da una casa all'altra e rispondere alle stesse identiche domande per sapere cos'è stato fatto con e dall'altra parte. Sono io che arrivo dai miei zii e sento l'enorme mancanza dei miei nonni, di mia nonna in cucina, di mio nonno in poltrona, di quando ero bambina e Natale lo facevamo su da loro, quando quella casa era piena di gente ed io non ero in grado di capire che quella era solo una parte della mia famiglia... era bella quell'inconsapevolezza ed erano belli loro, ero bella io quando avevo a che fare con loro, perché ero felice. Felice da fare schifo.
Quest'anno siamo tutti più a pezzi che mai, almeno da una parte di famiglia, e ognuno l'ha dimostrato a modo suo, mio zio con frasi cattive, mio babbo con una frase a brucia pelo che andava letta tra le righe, mia zia nel dire "se ci fosse stata anche lei, avrebbe vinto la zuppa", mio cugino nel consegnare i regali da parte di sua sorella. E io? Io fingo, faccio finta di niente e mi chiedo se qualcuno abbia notato qualcosa nel mio non togliere gli occhi di dosso da quello scricciolo di due anni nel poco tempo che ci è concesso di vederla, nella mia gioia di sapere che le ho regalato la bambola-peluches della Principessa Disney che le piace che poi è l'unica che io ho mai apprezzato, se qualcuno l'ha vista quella mia gioia di trovarmi davanti mia cugina e quella mia voglia matta di essere di nuovo una bambina solare che abbracciava tutti, perché avrei voluto correre da lei, abbracciarla e iniziare a vomitare tutto quello che mi trattengo dallo scrivere, per non rischiare di mandarlo come contenuto di una mail (che poi che male ci sarebbe, non lo so), che poi è la stessa gioia con cui, senza pregiudizi, ho guardato anche suo marito pensando "ma io glielo vorrei dire che mi piacerebbe davvero essere intelligente e acculturata come lui". Mi domando se qualcuno ha visto qualcosa quando quello scricciolo mi ha avvicinato la guancia per farsi dare un bacino, guardandomi scettica perché è timida e non mi riconosce, non si fida, dopo tutti questi mesi, e io avevo il cuore che esplodeva perché, nonostante questo, lei si è fatta dare un bacio.
Quest'anno il Natale mi pesa più che mai, domani è un altro giorno di parenti, di persone che non mi vedono se non una volta all'anno, di una zia che amo e che è l'ultimo ponte con la mia infanzia felice e beata. La amo, ma so che mi chiederà cosa faccio nella vita, mi dirà che sono sempre più bella (ma dove zia? Sei sicura di vedermi con gli occhi e non col cuore?), che assomiglio a mia mamma, "ma ti ricordi...?" e soprattutto "e il ragazzo? Ricordati che m'hai promesso di dirmelo quando lo avrai trovato" e io vorrei dirle "Zia, lascia stare. Vuoi sapere com'è andata la mia vita? Ho sempre guardato gli altri vivere, quest'anno ho rischiato due volte, una m'ha un po' ferito, ma è passata, ora ci rido su. L'altra volta... l'altra volta è stata un pugno nello stomaco, una di quelle dove fingi di riderci su per non ammettere quanti danni ti ha fatto, dove fingi che ti è passata, ma non ti è passata proprio un cazzo, ma soprattutto dove nascondi al mondo intero quanta maledetta speranza avessi risposto in due occhi grigi e in due labbra che ti sapevano togliere il fiato più di una corsa e si sa che io non ho fiato per correre", ma anziché dire tutto questo, dirai solo "Zia no, te lo dirò quando ci sarà" mentre sarai tutta rossa in viso.
E niente, io ho ancora fame, tra qualche ora mi sa che mi concedo di uscire con le amiche, magari con lo sciarpone nuovo, su cui non lascerò impresso l'odore delle sigarette, perché ho una tosse così brutta che se fumassi potrei soffocare in un colpo di tosse in tempo zero, e ho ricevuto gli auguri da gente improbabile, ma meno che da chi speravo. Vado a cercare la gioia nelle lasagne, forse è meglio.

sabato 19 dicembre 2015

Oggi ho fatto tappa dalla parrucchiera ed i miei capelli hanno subito l'ennesimo taglio drastico. Infatti, la testa mezza rasata non mi bastava più, quel ciuffo che negli anni ha variato la lunghezza mi iniziava a stare stretto e così, presa da un coraggio che forse rimpiangerò a breve, ho parlato con la mia parrucchiera, abbiamo sistemato il taglio della foto e le ho lasciato carta bianca con macchinetta e forbici: "se pensi che vada fatto più corto, fai pure". Come ogni volta, ho visto cadere una quantità di capelli pari ad un cucciolo di volpino, ma sono uscita ancora una volta sorridendo, e anche ora, nonostante qualcuno mi abbia detto "stavi meglio prima" e "mi piacevano di più prima", mi guardo allo specchio, devo abituarmi, ma mi vedo okay.
Rinunciare a quel ciuffo, a quel qualcosa che frapponevo tra me e il mondo, lasciando la faccia scoperta (totalmente scoperta!) è, per me, una dichiarazione di guerra alle mie paure, è un giocare letteralmente a viso scoperto con tutti i miei punti deboli, è un prepararmi per combattere contro me stessa e nessuno l'ha capito. Peccato.

giovedì 17 dicembre 2015

E niente, m’ha suonato per strada, l’ho intravisto (manca l’assoluta certezza che fosse lui, ma penso proprio di non sbagliare) e sono tornata indietro di un mese, con lo stomaco sotto sopra, l’essere divisa tra il volergli spaccare tutti i denti  ed il volerlo (ri)baciare, tra il volergli urlare in faccia che è senza palle, perché poteva dirlo che preferiva un’altra ed il voler sussurrare “ma perché?”, ma soprattutto sono tornata indietro di un mese a quando avevo saputo di loro due, ma avevo ancora l’utopica speranza che mi scrivesse.
Poi perché devo avere questa falsa speranza? Perché, cazzo, ogni volta che si illumina il display del cellulare sto sperando che sia lui? Cosa ci guadagnerei, se non gli insulti delle amiche (e dell’amico-fratello, soprattutto!) se gli rispondessi e il rimpianto di non averlo fatto se io non gli rispondessi?
Cazzo, ma non poteva suonarmi un vecchio come succede a tutte? No, a me lo stronzo che mi ha rovinato gli ultimi mesi. Sempre e solo gioie.

mercoledì 16 dicembre 2015

Venerdì finisco anche l'ultimo corso in Università e non so se mi mancherà di più vivere più in treno che a casa (grazie Trenitalia per le fantastiche dormite che m'hai concesso di fare da settembre ad ora!), andare a Pisa, stare in un posto che non mi soffoca, il caffè con la panna post lezione, le amiche (le posso iniziare a chiamare così?) o quello stupido biondo che passa più tempo a giocare a Clash Of Clans che a stare attento.
Saranno le frasi delle altre, sarà che a passare tanto tempo con una persona finisci per vedere piccoli frammenti dell'io che sta sotto la prima impressione che dà una persona, sarà che con lui mi ci sono fatta delle belle risate, delle belle chiacchierate e ho passato dei bei momenti di normalità, sarà pure tante altre piccole cose, ma io davvero ho paura che sentirò la sua mancanza e non è una bella cosa. Non è neanche lontanamente una bella cosa.
("Preferisco soffrire tanto che non provare niente".)

lunedì 14 dicembre 2015

A bite of silly happiness #2

Oggi è stata una giornata buona: sono andata a Firenze, si è riunito il gruppo, ho incontrato Mengoni che è una persona adorabile (anche se sono rimasta spechless nel momento in cui l'ho avuto davanti), ho passato il tempo ridendo con un compagno di corso che, prima o poi, potrei considerare un amico, in treno ho incontrato un amico fraterno con cui ho fatto la prima e unica figura di merda della giornata (mai che io stia senza farne una!) e sono stata bene, ma bene davvero. Ora sorrido, sono stanca, ho sonno, ho il divano-letto da aprire e zero voglia di farlo, ma oggi sono felice.
(Domani si vedrà).

domenica 13 dicembre 2015

Ieri sono finita in un bar con gente che piangeva a turno per poi finire la nottata e iniziare il giorno bevendo e ballando da sola, con un'amica, con un tizio sconosciuto come quei bambini che ballano i lenti facendo solo una serie infinita di giravolte per poi guardarsi per poi ridere, ma ridere come per tante altre cose, come scene senza senso e incontri inaspettati, ma la cosa più importante è che sono tornata a casa all'alba sentendomi viva.
Oggi, però, mi sento completamente svuotata.