mercoledì 17 agosto 2011

Ecco, di te mi innamorerei mille volte (ancora), Buk.

Stasera mi sento intossicato, scazzato, usato, logoro fino al midollo. Non sarà tutta colpa della vecchiaia, ma qualcosa c'entrerà anche lei. Penso che la gente, quella gente, l'Umanità che per me è sempre stata difficile, quella gente alla fine stia vincendo. Penso che il problema grosso sia che per loro è tutto quanto una replica. Nessuna freschezza. Non un minimo prodigio. Semplicemente, continuano a macinarmi.
Se un giorno vedessi anche una sola persona che fa o dice qualcosa di insolito, mi aiuterebbe a tirare avanti. Invece sono stantii, grigi. Non c'è slancio. Occhi, orecchie, gambe, voci ma... niente. Rinchiusi dentro se stessi, si prendono in giro, fingendo di essere vivi.

Quando ero giovane era meglio, cercavo ancora. Vagavo per le strade di notte cercando, cercando... socializzando, litigando, frugando... Non trovavo niente. Ma la scena totale, la nullità, non aveva ancora preso piede del tutto. Non ho mai trovato un vero amico. Con le donne, ogni volta era una nuova speranza, ma quello succedeva i primi tempi. Lo capii subito, smisi di cercare la "ragazza dei sogni"; me ne bastava una che non fosse un incubo.
Nella gente, i vivi li trovavo solo fra quelli che ormai erano morti: nei libri, nella musica classica.

Il capitano è fuori a pranzo, C. Bukowski.
(Peccato che eri finito, avevo voglia - bisogno - di leggerti).

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