domenica 10 giugno 2012

E la pioggia di giugno che non porta via niente.


Il problema con te non è che mi mancano le cose da dirti, oh, quelle ne avrei a milioni. Ho anni di domande arretrate, di domande che mi verrebbero sul momento, elenchi di canzoni, di frasi e di libri dove ti ho ritrovato. Ho un’intera vita-non vita da raccontarti.
No, il problema con te è un altro, anzi è l’insieme di tante piccole cose sbagliate. E’ che io non riesco a parlarti attraverso un computer, perché quando provo a scriverti inizio a tremare, ad iperventilare e a non capire neanche dove siano i tasti giusti. Non riesco a parlarti, nonostante so che tu ti ricordi di me. Non riesco, perché tu sei un mondo lontano e io mica ho tutta questa forza e questo coraggio per prendere e iniziare a camminare, perché mi conosco, se cado o vedo un ragno o mi fermo o torno indietro di corsa. Non riesco, perché probabilmente non è come vorrei e lo so che devo imparare ad accontentarmi, ma io alla fin fine, sotto tutti questi strati di infinita cinicità (che mi sa che come parola non esiste neanche, sai?), sogno di incontrarti in giro, magari mentre corro alla fermata dell’autobus sotto il diluvio universale, senza ombrello come sempre e tu che mi vedi, senza ombrello anche te, e mi saluti ed inizi a parlarmi del più e del meno. O magari arrivi con l’ombrello e io non devo più correre, perché non devo arrivare alla pensilina per ripararmi e mi parli ed io, con il viso rosso rosso, un po’ come un pomodoro maturo, e le il mio solito vizio di balbettare quando sono in imbarazzo, ti risponderei.
Il problema è che son convinta che sia troppo tardi anche se non è né tardi né troppo tardi, anche se il tempo forse non è importante, anche se il tempo non esiste, anche se tu sei fuori da ogni tempo, da ogni luogo e da ogni logica (per me).

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