domenica 7 dicembre 2014

Un mare di guai, un bel mare di guai.

E' quasi una settimana che cerco di evitate di scrivere quello che ho per la testa, che mi sta facendo uscire scema, perché se una cosa la pensi, se la dici ad alta c'è, ma non è tangibile, però se la scrivi è tangibile, reale, inevitabile.
"L'amore non c'è, non ti interessa nessuno, ma sei divisa tra due persone".
Sento ancora la professore di psicologia che parla mentre mi osserva, sento ancora i commenti delle compagne di classe farsi lontani mentre dentro sento un boato simile a quello che sentii anni fa quando il ponte crollò. Era una verità che avevo tenuto nascosta a tutti, compresa me stessa. Forse, qualcuno l'aveva intravista attraverso le crepe dei miei muri, ma io no, avevo chiuso gli occhi e non vedevo niente, neanche le ombre.
Ora, le ombre, mi stanno inghiottendo.
Se avesse ragione quell'amica che mi dice che "ti convinci di vederlo così per non star male" ed ho torto io a essere convinta delle cose, nel dire "ogni tanto ci penso che le cose potevano essere diverse, ma solo perché è passato un anno esatto da quando le cose promettevano di essere diverse"?
Se l'altro, anche se non lo penso tutti i giorni, anche se non lo sento e non lo vedo da troppo, me lo portassi dentro, in quei posti che ho sfiorato sulla sua schiena? Se io provassi davvero "qualcosa di più", perché mi "piacciono aspetti diversi di uno e dell'altro"? Cosa dovrei fare?
Per uno tremo, tremo quando lo intravedo da lontano, tremo così tanto da cambiare strada per non incrociarlo, per non tremare come la California.
Per l'altro... per l'altro scalerei le montagne, supererei la distanza come ho superato l'odio per il contatto fisico finendo a fargli i grattini standogli abbracciata ad ogni occasione, come ho pedalato sotto il sole solo perché lui mi aveva chiesto di andare.
Per uno ho affrontato un salto, mi sono rotta qualche osso, ma son guarita, c'è voluto tempo, ma sono guarita e credevo di stare bene prima che dicessero determinate cose.
Per l'altro faccio finta di non ricordare ogni minimo dettaglio, di non pensarlo quando l'ansia si mangia il mio ossigeno.
Cosa dovrei fare se quella professoressa tanto geniale avesse ragione, se fossi divisa tra due persone che in me non vedono lo stesso? Cosa dovrei fare per tornare a non sentire, a non pensare che forse ha ragione ed io sto come ha detto lei?
Vorrei silenzio, quiete, com'era prima, quando ero bendata e le cose le vedevano solo gli altri, perché tornare ad aver bisogno di chi non sente lo stesso fa male, male da far mancare l'aria.

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