giovedì 22 settembre 2016

Il quattrocentonovantanovesimo post del blog sembra scritto dalla me di cinque anni (e questo è il titolo più brutto di sempre).

Questa prima settimana del secondo semestre è andata, io, tra mille disavventure, sono arrivata alla fine sorridendo rendendomi conto che mi era mancata la quotidianità delle lezioni e che non vedo l'ora di riprendere il ritmo, anche se questo vorrà dire puntare la sveglia prestissimo, prendere la macchina, arrivare in stazione, trovare un parcheggio (oggi ho girato a vuoto per mezz'ora, poi ho avuto la botta di culo, no, non ho trovato parcheggio, ho solo scoperto che mia madre era nelle vicinanze e le ho smollato la mia macchina facendomi venire a prendere oggi pomeriggio, sennò a quest'ora ero ancora a girare), andare in stazione per prendere un treno per Pisa. Mi mancava perché mi piace davvero, per me che ho vissuto male tutto il periodo delle superiori è una cosa nuova provare piacere per andare a seguire delle lezioni, anche quelle che magari sono più pallose (che impossibile che anche quelle che non ho iniziato siano tutte interessanti), perché mi piace dove sono, quello che faccio e le persone con cui sono. Già, le persone con cui sono.
Lunedì pomeriggio è stato il giorno del rivedersi, del ritrovarsi dopo l'estate, chi tornato a Pisa a fare la vita da fuori sede (l'amica siciliana continua a sembrare più irlandese che siciliana, mi consola solo lei per il mio essere bianco neve sotto al sole), chi a quella da fuori sede in versione light (quella de "il venerdì torno a casa") e chi, un po' più sfortunato, torna alla vita da pendolare. Non c'erano proprio tuttitutti quelli che potrei quasi definire amici anziché colleghi, una era chissà dove che è ricomparsa solo ieri, ovviamente in ritardo, e l'altro stufo di seguire la lezione in piedi, è andato via prima. Potrei stare qui a parlarne, fare un'infinità di righe, ma tanto il più grande momento di gioia è stato rivedere quell'amico che, per quasi tutto il secondo semestre, a mala pena mi salutava, dopo un vucumprà che aveva pure predetto il nostro matrimonio, ed esserci rimasta male, perché passare da parlare, passare del tempo assieme ad a mala pena salutarsi era deprimente, ma invece, dopo alcuni messaggi universitari quest'estate (eccezion fatta per correggere una svista su un mio stato whatsapp), appena ci siamo visti fuori da lezione mi ha abbracciato, con me che lo abbracciavo perplessa mentre parlavo al telefono. Ed è stato subito flashback due giorni dopo averlo accanto a lezione che ascolta giocando a Dio solo sa che gioco sul telefono. Che poi rileggo 'ste righe e sembra quasi che mi piaccia, come sospettava qualcuno l'inverno scorso, ma non c'è cosa più lontana... avete presente quelle persone che vi calmano solo a vederle? Ecco, lui è questo. Se lo vedo, anche solo da lontano, mi calma, sarà che lui è sempre così calmo e pacato.
Sono andata a fare il colloquio per la radio... come si è svolto, poteva essere tranquillamente il mio peggior incubo: in gruppo davanti a tre tizie sconosciute. E' andata, però, non so come (J. dice che sono andata bene, io non so neanche cosa abbia detto per rispondere alle domande), ma è andata nel senso che sono sopravvissuta. Ora sono due giorni che cerco di non pensarci e di non illudermi, né per un posto di speaker/collaboratrice ai programmi né per blogger, se vedrò arrivare una mail bene, sennò è stato solo un tentativo, un primo passo, e non mi scoraggerò, ma lo vedrò come un punto a favore anche se andrà male, della serie "è andata male, ma ci hai provato, cosa che non avresti mai fatto, sei riuscita a non andare in panico davanti a delle sconosciute e quindi è una tua vittoria".

Niente, questo doveva essere un post a modino, ma sembra scritto da una bimba di cinque anni, ma sono stanca, magari poi lo sistemerò... forse no, rimarrà così, in memoria della mia stanchezza ma del mio stupido buon umore.

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