venerdì 20 ottobre 2017

Quanta strada abbiamo fatto da quelle briciole d'estate per sei corde arrugginite e per un pizzico di libertà.

La verità è che non sono mai stati “la mia band preferita”, perché sono sempre stati qualcosa di più. Sono stati il mio porto sicuro nel bel mezzo di ogni tempesta in cui sono finita, in cui mi ritrovo.
Ripensandosi a giorni di distanza, penso che abbia davvero ragione mia madre quando dice che “ti hanno vista crescere, tu hai visto crescere loro“. Infondo, è vero perché gli ho visti cambiare, passare da essere idolatrati dalle ragazzine a doversi sentire dire “ah, quindi siete ancora vivi!?“; gli hon visti sorridere di cuore a chi c'è sempre stato e a chi è arrivato dopo; ho visto cambiare il loro modo di approcciarsi alla musica, di farla, sperimentare, rischiare di sbagliare e parlarne con i fan a cuor leggere, accettando ogni parere con un sorriso sul viso anche quando ammettono che, sulle prime, ci sono anche rimasti male per alcuni commenti, ma che è un album da ascoltare, perché il cambiamento c'è, si sente e può spaventare, non piacere (anche se, per qualcuno, era più scontato che non piacesse l'album di cinque anni fa). Loro mi hanno visto crescere attraverso undici anni della mia vita, mi hanno sentito ammettere che li devo molto, sanno quanto ci sia dietro a quel "siete il mio porto sicuro", dietro a un tatuaggio che ogni tanto brucia per il significato che ha; mi hanno vista ridere e piangere dalla transenna.
L'ultimo album ha preso diverse critiche senza meritarle, ma è stato bello parlarne con loro come tra vecchi amici. Non sono fiera di nessun musicista come lo sono di questi quattro ragazzi.



"il tempo cambia il modo di guardare, ma le cose belle restano".

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