Ho ancora quattro minuti prima di dover correre a prepararmi, stamparmi un enorme sorriso falsissimo sul viso, allenarmi a farlo sembrar vero e a mantenerlo lì per tutta la sera. C’è Bublè che sta cantando Let It Snow, giusto per convincermi che è Natale, ed io preferirei sentirla cantare dal mio compagno di classe, ma “la base fa schifo ed ho cantato male, non la caricate!” e io non posso sentirla… mi devo accontentare di Bublè, insomma.
Io non ho neanche voglia di fingere, quest’anno, di dovermi vestir bene, di dover fingere la mia solita curiosità verso i regali, il mio odio per la zuppa (no, quello è vero!), di aver voglia di strafogarmi di dolci, di bisticciare per i video, perché “io non voglio essere ripresa!” e tutte quelle palle varie del cenone della vigilia.
Niente, tra qualche giorno salgo su un treno e non ho ancora fatto il biglietto del ritorno, magari mi faccio ospitare e non torno più giù che, tanto, io non sentirò di certo la mancanza di questo posto e questo posto non sentirà la mia mancanza. Non tornare, non sarebbe tanto male, no? E, oltre a mancare il biglietto di ritorno, manca anche di sapere cosa si fa il 31, non che io abbia chissà quale voglia di dire addio al duemilacredici e veder arrivare il duemilaquattordici, sarà che mi spaventa un altro anno (di merda) da affrontare, sarà che io i vent’anni non li voglio fare, ma il duemilacredici me lo terrei volentieri. Merda per merda, insomma.
Boh, qua il tempo è finito, mia madre mi ha già urlato che tra un’oretta arriverà mio padre e di prepararmi che non vuol sentir suonare il campanello venti volte.
Domani è Natale, no? E dicono sia buona educazione fare gli auguri, quindi boh, auguri eh, ingozzatevi di cibo, tanto il Natale è una volta all’anno.
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