venerdì 1 agosto 2014

Anche se lo so, mi convinco che forse piangere laverà via la rabbia.

Quando i miei si sono separati, per qualche anno, ho sofferto di attacchi d'ira - esistono? - dove il cervello si spegneva e per me non c'era altro che il nervoso, la rabbia, la voglia di urlare, di rompere tutto e nel farlo magari di fare male, più che altro era rivolto verso me stessa quel istinto di voler far male. Perché me lo sono ricordata solo oggi a distanza di tanti anni? Perché la rabbia che ho dentro sta montando come all'ora, solo che anziché uscire come faceva prima, mi incazzo per niente, col computer che non va, con mia madre che mi dice mezza parola storta, e bestemmio come il peggior scaricatore di porto e tiro pugni contro la scrivania, facendomi male alla mano pensando "ma chissene, tanto passa e se non passa neanche questa, pace. Sopravvivo". Sono ritornata apatica, non faccio nulla, mi rompo il cazzo a non far nulla, ma pace, continuo a non far nulla, se non guardare film e telefilm a sfare e leggere libri che mi fanno ripensare alla morte di nonno, senza dirlo a nessuno, e continuo a leggere.
Non tocco una sigaretta da settimane, domani sera magari riesco ad uscire, le compro e ne faccio fuori almeno un paio, forse la rabbia passa, ma non credo. Quel gesto è parte della rabbia, la rabbia autodistruttiva, non costruttiva, come Alaska di "Cercando Alaska" di J. Green che fuma per ammazzarsi. Un qualcosa del genere.
In tutti questi anni, la cosa che non ho mai e poi mai fatto era smetterci di esserci per gli altri, anche per chi non c'era per me, io c'ero. C'ero in qualsiasi circostanza, anche quando avrei voluto urlare "ma mi vedi!? Sono a pezzi, sto crollando da mesi e tu non ci sei mai stato per me, perché dovrei esserci io!?" e invece stavo lì, ascoltavo e davo consigli, perché dicono che quelli li so dare, me la cavo bene. Bella merda avere come talento quello di saper dar consigli e mettersi nei panni degli altri, perché nei miei chi ci si mette? Io. E mi è sempre andato bene, mi piaceva cavarmela da sola, essere in grado di stare bene o male in piedi da sola, essere forte o almeno farlo credere a quasi tutti. Mi è sempre andato bene essere nata per ascoltare gli altri, col tempo ho anche smesso di essere logorroica per imparare ad ascoltare anche i silenzi, ma ora credo di essere arrivata al limite massimo. Sono stufa di ascoltare chi non c'è poi quando non dormo alla notte e sento che sto per piangere, prendo il telefono, ma poi lo rimetto giù senza aver detto a nessuno di come sto. Sono arcistufa di sentire chi fa la vittima, come se al mondo soffrissero solo loro, che stanno male solo loro, che poi nel 90% dei casi la colpa è loro e il concetto "chi è causa del suo male pianga se stesso" non è neanche tanto chiaro; gente che non fa scriverti quando stanno male, ma poi se sei tu a scrivere che non dormi, che ti svegli in piena notte con l'ansia e non riesci a dormire, ti lasciano nella tua merda come hanno sempre fatto, ma con l'estrema pretesa che poi tu sia sempre buona e cara quando hanno i loro momenti no. Forse è vero, "non c'è peggior cattivo di un buono che si incazza", perché ora le cose non le dico più con calma, le dico con rabbia, se tu fai la vittima io ti lascio nel tuo brodo, com'è stato fatto con me quando mentivo sul "io non piango mai", "sto bene", "nono, l'ansia m'è passata" e si fingeva che fossi brava a mentire.
Sto male, lo riconosco da tutta la rabbia che porto dentro, che più che con gli altri poi è con me stessa, con quella stupida che si fa il sangue marcio per tutti, per quella stupida che non fa che pensare che forse, se si fosse impegnata, due anni non li avrebbe persi, è tutta rabbia contro di me che sto dritta davanti a me, riflessa nello specchio, e l'unico istinto che ho è tirare un cazzotto contro quell'immagine e sentire il vetro che si rompe, che taglia e fa male. E' contro di me che non so come tirarmi fuori, ma che a volte ammetto di star male, ma tra chi non c'è e a chi non voglio chiedere aiuto, resto in piedi da sola su due gambe instabili.
Ho un groppo in gola, gli occhi lucidi che minacciano di piangere come i cieli grigi delle foto che ha messo un'amica dalla sua vacanza in Puglia.
"Ora che sei forte, che se piangi ti si arrugginiscono le guance" canta Brondi, me l'hanno pure scritto, tempo fa, ma ora come ora non mi importa. Si vedesse pure la ruggine sulle guance, ma magari le lacrime lavano via la rabbia.
Anche se dubito.
Anche se so che non sarà così.
Anche se so che sta corrodendo le fondamenta.
Anche se lo so, mi convinco che forse piangere laverà via la rabbia.
Non piango, però, non piango di giorno, si noterebbe troppo.

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