lunedì 23 maggio 2016

In questi giorni cadrebbe il compleanno di nonno, se fosse ancora vivo, forse è per questo che lo penso più del solito o forse perché ritrovandomi l'ascesa del Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale pensarlo è un atto naturale, con tutte le cose che mi raccontava da piccola, con tutte le canzoni che mi cantava. Nonno non era di certo uno da mettersi a cantare "Nel blu dipinto di blu", no, era più uno da "Bella Ciao", ma per parcondicio e per cultura mi ha cantanto anche "Faccetta nera", me lo ricordo ancora quell'omone che io vedevo gigante spiegarmi che le conosceva perché a scuola non le poteva evitare. Me le cantava tutte, di sinistra e di destra, ma poi io crescendo gli chiedevo solo "Bella ciao", mi piaceva il sentimento con cui la cantava, forse perché la sentiva sua, questo l'ho pensato dopo, ma troppo tardi per poterglielo chiedere. Oggi l'ho pensato a cantare, perché ho letto "abisinia" sul libro, allora ho chiesto a mio padre in quale canzone fosse e mi ha guardata stupito, ché mi ricoravo le canzoni che mi cantava suo padre, non gliel'ho mica detto che nei momenti d'ansia di cui non sa niente ripenso proprio a lui che canta in poltrona. Io nonno me lo ricordo così, come me lo ricordo bellissimo nonostante gli anni e una malattia della pelle antiestetica; me lo ricordo con quei capelli neri che hanno perso colore solo nell'ultimo anno, diventando un nero/grigio, in totale contrasto con gli occhi chiari, che nessuno ha ereditato in casa o meglio, nessuno li ha esattamente di quel colore che non ho mai ritrovato. Me lo ricordo gigante, anche se, forse, era nella medie ed io lo vedevo gigante, perché per me era un uomo grande e forte in tanti sensi, mi piacerebbe avere la sua forza, in tanti campi. Me lo ricordo anche piccolissimo e fragile, come nell'anno dopo che se n'è andata nonna: a starle dietro ha perso smalto, ma senza di lei ha perso una fiamma che si è spenta con lei, ha lasciato un po' di brace, ma poi si è spenta anche quella; me lo ricordo nel letto che divideva con nonna, io che mi ostinavo a parlargli della scuola, di qualcosa di me, per farlo stare acceso, per farlo parlre, a volte vorrei sapere se è servito a qualcosa, se gli faceva piacere, ma soprattuttp me lo ricordo in una camera d'ospedale in cui non mi ha riconosciuto ed ha fatto male, malissimo, così male da non rimetterci più piede e io sola so quanti di sensi di colpa ho per non aver più accompagnato mio padre, per non essere stata forte abbastanza da stare fino all'ultimo con la mia ancora. Nonno aveva i suoi difetti, non era perfetto, come tutti in casa era testardo, orgoglioso, non mostrava le emozioni e l'affetto, o meglio lo faceva a modo suo, ma con tutta la situazione che c'è in casa, mi piacerebbe che fosse ancora qui, perché forse almeno lui riuscirebbe a fare qualcosa per far ragionare mia cugina, per far si che almeno ogni tanto si possa vedere quello scricciolino che cresce e io non so come. Oggi sono nostalgica, fragile, mi manca quell'uomo forse che oramai avrebbe raggiunto i novantuno, gli avrei chiesto di cantarmi ancora una volta "Bella ciao", l'avrei osservato cantarla ad occhi chiusi mentre io sorridevo, perché accanto a lui andava tutto bene, anche quando niente andava bene. "I feel you in the wind, you guide me constantly". (Quanto è brutto scrivere dal cellulare che non a capo e si blocca ogni tre parole.)

2 commenti:

  1. la musica ci parla...
    anche quando le canzoni sono brutte come "Bella Ciao"... scherzo naturalmente...

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    1. Pata ti avrei perdonato anche se non scherzassi, giusto perché sei te! ahah

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