Non so se quando parlo del rapporto che c'è tra noi cerco di convincere me stessa o chi mi conosce, perché a volte fai male, male da morire, in un punto non chiaro tra il cuore e la bocca dello stomaco che altro non è il punto dove sento sempre quella maledetta sensazione di incontrarti o anche solo di vederti da lontano e ci prende ogni cazzo di volta.
E non capisco perché quando si tratta di te, non riesco ad usare la terza persona quando scrivo, ma solo la seconda singolare e metto tutto sullo stesso piano con le coordinate non riuscendo ad usare le subordinate.
Sheryl Crow sta cantando che "the first cut is the deepest", ma il primo sarà anche il più profondo, ma a me anche gli altri ventordicimila fanno male, come tutti i se, i ma, i "perché cazzo deve rispondere scazzato quando sono io a dirgli di un altro quando siamo solo amici!", i "tu sei come me" e tutte quelle dannate cose che stanotte mi hanno fatto sognare un gatto di nome Banana, il mio lavoro da giornalista poco soddisfatta, tu che facevi il pizzaiolo con le braccia completamente tatuate come sogni e tutto questo a Firenze in un bilocale senza terrazzo, ma con un letto disfatto e un lavandino da dividere per lavarci i denti; tu cucinavi la pizza in un forno dall'aspetto vecchio, io scrivevo su un tavolo con la tovaglia con le ciliege lamentandomi del caro vita.
Sai, ora fossi un altro tipo di persona, piangerei, piangerei tantissimo, ma non piango, non piango mai, anche se dovrei, ma se piangessi, si scioglierebbe il trucco ed ho già messo i trucchi nello zaino.
venerdì 27 giugno 2014
venerdì 20 giugno 2014
Sono convinta che siamo solo amici, (finalmente) lo sono davvero, perché se non lo vedessi come tale, non avrei saputo raccontargli determinate cose, ma nonostante tutto, nonostante sia detto in amicizia, quando leggi determinati messaggi nel pieno della notte, lo stomaco non può non annodarsi, il cuore non può non tremare.
C'è. C'è. C'è.
C'è e non vuole andarsene.
C'è. C'è. C'è.
C'è e non vuole andarsene.
Non sto scrivendo, non mi sto confrontando con me stessa. In pratica, sto evitando di parlare, di sfogarmi, di dire esattamente cos'ho che non va, prima di tutto a me stessa, poi agli altri trovando scuse, sia con me che con loro, per non farlo. Invece dovrei farlo, dovrei parlare con qualcuno, dire tutto quello che non va o se proprio non ne voglio parlare, dovrei scrivere, come ho sempre fatto, ma non riesco a fare né una né l'altra cosa.
Vivo in bilico, come un'equilibrista che cammina su di un filo con sotto il vuoto, ma allo stesso tempo sono seduta in un vagoncino delle montagne russe. Un momento sono su e il momento sto "cadendo" nel vuoto.
Vivo in bilico, come un'equilibrista che cammina su di un filo con sotto il vuoto, ma allo stesso tempo sono seduta in un vagoncino delle montagne russe. Un momento sono su e il momento sto "cadendo" nel vuoto.
domenica 8 giugno 2014
Ieri sera mi sono concessa di essere me stessa, quella vera che tengo sempre un po' nascosta. Ho fumato qualche sigaretta in meno, ho riso per i motivi più stupidi, ho detto le prime cose che mi passavano per la testa, ho sorriso, ho corso ad abbracciare un amico e non mi sono chiusa a riccio davanti a nuove persone.
Forse, devo imparare ad accontentarmi dei piccoli passi avanti che faccio ogni giorno, senza guardare che per arrivare in cima alla montagna, c'è ancora troppa strada.
Forse, devo imparare ad accontentarmi dei piccoli passi avanti che faccio ogni giorno, senza guardare che per arrivare in cima alla montagna, c'è ancora troppa strada.
giovedì 5 giugno 2014
Prima o poi lo capirò perché quando mi sento dentro, in un punto non meglio identificato compreso tra il cuore e lo stomaco dove le farfalle annegano nei succhi gastrici, che ti incontro o anche solo che ti vedo da lontano, io ti incontro o ti vedo da lontano con il tuo stramaledetto cappello variopinto. Quel giorno capirò anche perché quando dico "oggi non lo vedremo in giro" ed è così.
Prima o poi lo capirò perché, ogni tanto, pizzichi un po', come la cicatrice che ho sotto al ginocchio che, nonostante siano passati quattro anni, quando cambia il tempo, se la sfioro, dà ancora fastidio.
Prima o poi lo capirò perché, ogni tanto, pizzichi un po', come la cicatrice che ho sotto al ginocchio che, nonostante siano passati quattro anni, quando cambia il tempo, se la sfioro, dà ancora fastidio.
Iscriviti a:
Post (Atom)