Sto leggendo “Consigli a un aspirante scrittore” di Virginia Woolf, in maniera sofferente, perché essendo un PDF, non mi fa sottolineare le cose che vorrei poter ricordare e sono troppe pagine per poterle stampare, ma mi accontento, in versione cartacea sembra introvabile.
Leggo, sperando di imparare qualcosa, ma soprattutto di riprendere a scrivere, come facevo un tempo, senza paura del foglio bianco, senza paura dei miei personaggi, delle storie che mi ronzano in testa. Leggo, memorizzo mentalmente parti e penso che forse ha ragione un’amica con la sua teoria che ho paura dell’abbandono da parte dei miei personaggi una volta finita una storia, che cosa strana. Non che io sia mai stata normale. Leggo, ma faccio una pausa per vomitare queste parole e penso che tra un’ora ho l’autobus, sono ancora vestita con un paio di pantaloni vecchissimi, tagliati e logori e la maglia del pigiama, forse dovrò prepararmi di corsa.
Non so come sta andando, in realtà. Ho passato un weekend col sorriso in faccia, poco bisogno di fumare, senza maschere sul viso e una risata leggera sulle labbra, ora invece sono un po’ stranita, sarà che Virginia Woolf, in costante equilibrio tra benessere e depressione, mi fa tanta tenerezza o sarà lo stomaco che brontola, sarà che devo uscire, ma ho mille pensieri per la testa. Una volta scrivevo e parlavo molto, ora scrivo poco e parlo ancora meno. Ho fatto un passo avanti, però, ad un’amica che mi conosce da prima, prima di queste bonarie prese in giro sul fatto che sono una “vecchietta acida” perché non abbraccio le persone, ammettendo, con un non abbraccio più se non quando sono o tanto felice o tanto triste, che c’è qualcosa che non va
Ultimamente, ammetto solo ad un amico quando sono “presa male”, senza vergognarmene. Qualcuno punta ancora che tra noi, prima o poi, succederà qualcosa, io non ci credo né ci spero più. Il rapporto che c’è, mi va bene così, perché dovrei cambiare l’unico rapporto che mi permette di essere totalmente sincera con una persona, rischiando di rovinarlo o peggio perderlo? Non mi va e non per mancanza di coraggio, come nel caso delle storie che non scrivo neanche più per paura, ma perché mi va bene così.
Farnetico, forse troppo. Torno a Virginia ed ai suoi consigli, prima di prepararmi per un milkshake al cocco che forse metterà tutto apposto o almeno così sembrerà.
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