sabato 13 settembre 2014

And I hear him singing while he sits there in his chair while these autumn leaves float around everywhere.

Sono le dieci e un quarto di sera del dodici settembre duemilaquattordici, sono esattamente tre anni da un po', ma non so perché io abbia ceduto solo ora a mettere una delle "tue" canzoni e scriverti, come ogni anno. Forse perché, per tutto il giorno, ho pensato che scriverti una lettere come se tu potessi leggere, alla mia età, fosse totalmente stupido, ma invece ho ceduto, perché ne ho bisogno e perché mi manchi da impazzire.

Ciao nonno,
ora inizio questa lettera come si deve, ma che senso ha? Tu non ci sei più e non puoi ritrovare da ridire su come ho iniziato questa lettera.
Ho pensato a cosa dirti tutto il giorno e di cose ce n'erano tante, ma adesso non ne ricordo quasi nessuna se non che mi fa male la tua mancanza. Male da ridurmi a pezzi.
Tre anni fa, quando te ne andasti, io ero a casa e stavo scrivendo una storia oramai gettata nel dimenticatoio, senza sapere che ti eri spento in un'anonima camera d'ospedale smisi di scrivere, non riuscivo più a farlo. Una mezz'ora dopo mi chiamò papà e mi disse testuali parole "dopo mi racconti del primo giorno di scuola, prima devo dirti una cosa... verso le 18:30 nonno se n'è andato". Le ricordo troppo bene. Di quei tre giorni ricordo il dolore, tutto il resto è troppo vago, troppo poco impresso nella mia memoria. Solo la promessa di diventare qualcuno di cui saresti stato fiero è chiara nella mia memoria, insieme al dolore.
Nonno, per queste poche parole ho impiegato un'ora, spero di finire prima di mezza notte. Non so perché, ma finire dopo mi sembrerebbe quasi di tradirti. Sono quasi certa che a te, però, del ritardo non importerebbe molto.
Ho ridotto il numero di amici, soprattutto quelli qua, tenendo solo le persone di cui mi posso davvero fidare. In certi casi, sai, ha fatto male, ma col senno di poi e per come si stanno dimostrando, è meglio sopportare quel po' di dolore e delusione che avere certa gente affianco. Esco meno, ma mi va bene, perché so che su quelli amici che ho posso davvero contare. Forse, questa decisione e questa accettazione sono date da aver imparato ad essere forte o ad aver scoperto di esserlo. Questo ha portato a tante cose, nonno, ma non ti annoio con un elenco infinito di cose su cui sto lavorando da quando so di potercela fare. Ti volevo solo dire che, sarà stupido e banale, ma io lo devo anche a te, perché il tuo ricordo, insieme a quello di nonna, mi salva più spesso di quanto ammetta. Sai qual è il problema? E' che con il tempo i ricordi si consumano, perdono un po' della loro chiarezza ogni giorno che passa ed io, ora, ricordo immagini che, per quanto a colori, appartengono ad un film muto, perché le voci sono oramai dimenticate. La tua, che ricordo così intonata quando cantavi e da un tono saggio, mi manca più di qualsiasi altra cosa. Mi bastava quella per sapere che c'era qualcosa di buono.
Purtroppo, il tempo passa e, anche senza malattie, i ricordi si perdono un po'.

Nonno, ti voglio scrivere le ultime cose con questa penna su cui è stampato il nome di un farmaco e che non mi piace per niente.
Sono arrivata all'ultimo anno di superiori, so di esserci arrivata tardi e che uscire da un istituto professionale non è la stessa cosa che uscire da un liceo, nonostante questo io cercherò di rendere fieri tutti, mamma, papà, mamma, l'unica nonna che mi resta, tutto il resto della famiglia ed anche me stessa, perché no?, ma soprattutto farò in modo di uscire bene, perché, nonostante tu non ci sia più, vorrei tanto che tu fossi fiero di me. Vorrei uscire da lì e pensare "nonno sarebbe fiero di avermi come nipote". Penso questo riferito a te e non a nonna perché so che a lei basterebbe sapermi felice per essere fiera. Forse sbaglio a puntare in alto, perché anche a te basterebbe la stessa cosa.
Dopo vorrei continuare, vorrei diventare giornalista, partire, andare lontano, ma questa è un'altra storia.
Poco tempo prima che ti allettassi, pochi mesi prima della tua morte mi dicesti, mentre ti accompagnavo in casa, "vai e sorridi". Lo sto facendo, sto andando per la mia strada e sorrido.
Sorrido un po' di più pensando che questa lettera di arrivi, chissà dove, in una casa uguale a quella che io amavo tanto e che non è più quella che era, con nonna che cucina, anziana, ma in sé e bellissima, e tu in salotto seduto sulla poltrona che ti dondoli piano. Canta ancora Bella Ciao, seduto su quella poltrona dondolandoti piano, pensandomi un po' che io penserò a te.

Nonno, ora, io la smetto con tutta questa marea infinita di parole, che non sono quelle che volevo dirti realmente, ma ti porto con me ogni giorno, tra i ricordi migliori, tra quelli che danno forza.
Vado e sorrido, te lo prometto.





(Solo ora che ho finito di batterla a computer mi rendo davvero conto di quante cose non ho detto neanche questa volta).

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