giovedì 14 gennaio 2016

Avete presente la prima cotta, quella che dura un sacco di anni e con cui non succede nulla (o perché non ti ricambia o semplicemente perché non c’hai neanche provato a metterti in gioco), che ad un certo punto smette di farti battere il cuore, ma che comunque ti porti dentro?
Ecco, la mia era un mezzo teppistello che negli anni ne ha combinati più di molta gente in tutta la vita, ma allo stesso tempo era un bravo ragazzo, era uno sveglio che però aveva imboccato la strada sbagliata. Per anni non ho più saputo più niente di lui, poi ho saputo che si è ripulito, che ha chiuso col passato, mi è capitato di scambiarci due parole, di intravederlo in giro (e, okay, mi hanno tremato le gambe), ma quando ci penso oramai mi sembra parte di un’altra vita, di un’altra me. Niente, ieri (o l’altro ieri?) è diventato padre. Padre.
Ci sono queste foto bellissime di lui sorridente, quel sorriso maledetto per cui la me di dodici/tredici/quattordici anni moriva, con in braccio questo scricciolo di bambina (con un nome, abbinato al cognome un po’ poco felice) e sono foto bellissime.
Nonostante tutto, se la merita un po’ di felicità.
(Certo che, però, poteva accorgersi che gli morivo dietro una dedica di anni fa!).

2 commenti:

  1. Io penso che queste cotte ce le ricorderemo per sempre proprio perché restano lì, nel cassetto dei "non si è mai accorto di me"... e non ti chiedi mai se qualcuno ci tiene in uno stesso cassetto? Chissà... ;-)

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    1. Ogni tanto me lo chiedo davvero, sai? Sarebbe bello poterlo scoprire!

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