martedì 26 aprile 2016
Storie di ordinaria odontoiatria.
Non riesco a scrivere, l'anestesia sta svanendo e inizio a sentire un dolore lancinante alla bocca (no, davvero, a confronto la gamba rotta era niente anche dopo l'operazione!), ma riassumo la mia vita con il chirurgo che deve togliermi il dente del giudizio che guarda la lastra, guarda la mia bocca, e dopo aver appurato che mi chiamo "Mara" decide di soprannominarmi "Mai 'na", come "Mai 'na gioia".
venerdì 22 aprile 2016
giovedì 14 aprile 2016
Sono stata via da casa per diversi giorni, avevo bisogno di staccare la spina da tutto, come avevo bisogno di sorrisi sinceri, di un concerto (e che concerto! Se amavo i The 1975 prima, ora è tutto amplificato!), di lunghi viaggi in treno, di abbracci, di tutte quelle cose belle che avevo bisogno di ricordarmi in questo periodo.
Oggi, però, sono tornata alla normalità: sveglia presto, pendolarità, Università, corse a casa per mangiare un boccone prima di andare a scuola guida, dieta ferrea da “dobbiamo capire che problemi hai”, biglietti sulla scrivania che ti avvertono di “estrazione chirurgica complessa”, persone a cui stare vicino e persone da cui vorrei solo stare lontana.
Tengo con me i sorrisi, anche se i ritorni non sono mai belli come le partenze.
Oggi, però, sono tornata alla normalità: sveglia presto, pendolarità, Università, corse a casa per mangiare un boccone prima di andare a scuola guida, dieta ferrea da “dobbiamo capire che problemi hai”, biglietti sulla scrivania che ti avvertono di “estrazione chirurgica complessa”, persone a cui stare vicino e persone da cui vorrei solo stare lontana.
Tengo con me i sorrisi, anche se i ritorni non sono mai belli come le partenze.
mercoledì 6 aprile 2016
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Non riesco a togliermi dalla testa il primo rintocco della campana, un vento fresco che inizia a soffiare leggero sulle persone rimaste fuori dalla chiesa, su quelle che stanno uscendo mentre le moto parcheggiate sul piazzale della chiesa vengono fatte rombare, qualcuno urla un ciao e dei palloncini salgono rapidi verso l'azzurro, tranne alcuni. Alcuni no, restanno introppalati in un albero, così mentre numerosi palloncini con le scritte delle persone più vicine salgono sempre di più, un cuore rosso insieme ad un numero ristretto di palloncini bianchi sono incastrati in un albero spoglio, ma pieno di grmme. La mamma della mia amica ha mormorato "non se ne vuole andare", io continuavo a guardarli pensando solo "che cosa ingiusta la vita", in testw quello successo poco prima. La mia amica, una delle poche cose buone degli anni delle superiori, si presenta composta, entta composta ed esce composta: è una roccia. E' una roccia, ma mi mormora che non si aspettava la nostra presenza, mormora che oggi non se l'è sentita di andare a vederlo, come darle torto!? Io non sarei andata neanche gli altri giorni. Scrivo tutto questo per bisogno di metabolizzare, perché io ho visto e assorbito il dolore altrui ascoltando le parole di un prete a cui avrei voluto rispondere che erano solo ciance, ma ora a casa da sola, con solo il telefono per scrivere (infatti non posso andare a capo) inizio a sentirmi veramente triste, vuota, anche un po' ij colpa con lui là dentro ed io viva e vegeta. Non la capisco questa cosa della morte, di un Dio misericordioso che porta a sé un ragazzo al fiore degli anni, uno che rendeva Felice una mia amica. Non si porta via unocosì giovane e così buona, a cui tanta gente voleva bene.
venerdì 1 aprile 2016
Ho ventidue anni, per me la morte dovrebbe essere un concetto astratto o qualcosa di legato a qualcuno di più avanti con l'età, invece stasera sono davanti ad un computer con gli occhi lucidi a cercare parole che non ci sono, che non so neanche se esitano. Volevo prendere una penna e scrivere a mano, ma le mie mani tremano, come buona parte del mio corpo, batto a computer per esorcizzare il dolore, lo shock.
A ventidue anni non si può morire, tanto più su una strada per uno sbaglio, per una distrazione, che sia proprio o di un altro poco importa, non si può proprio morire. A ventidue anni non si può morire e basta.
Chi era? Uno sconosciuto per me, il ragazzo di un'amica - una cara amica - visto forse un paio di volte. Un ragazzo okay, uno che si presenta sorridendo educatamente, come è raro vedere in una generazione di arroganti che devono per forza fare i duri. Uno che non era una testa di cazzo fattone che te lo aspetti possa succedergli qualcosa, era uno okay.
Lei chi è? Lei è una persona stupenda, una di quelle che mi ritengo fortunata a conoscere, una di quelle per cui stavo già cercando le parole per il suo compleanno che è tra due giorni.
Io? Io sono qua, scrivo parole a caso, perché ho ventidue anni, un'amica a pezzi che non riesco a contattare, perché - giustamente - non risponde a nessuno, perché al suo posto lo farei anch'io, da cui non posso andare, perché sono a piedi, perché devo aspettare domani che io ed un'amica troviamo la forza di andare a tenere uniti i pezzi di una persona che è finita in un miliardo di pezzi. Ho un dolore sordo dentro al petto, non capisco cosa fare, come si reagisce ad un coetaneo che se ne va così, da un momento all'altro.
Io che dicono tutti che con le parole ci so fare, io che sono quella che sa esserci per tutti, io non so cosa cazzo devo fare o cosa cazzo devo dire.
E Dio santo, come cazzo si fa a morire a ventidue anni? No, io non lo accetto, non ci riesco.
E come si fa a dirmi da una vita che devo per forza credere in qualcosa quando succedono 'ste cose a chi non se lo merita proprio per niente? Io credo solo che tutto questo non può essere davvero reale.
A ventidue anni non si può morire, tanto più su una strada per uno sbaglio, per una distrazione, che sia proprio o di un altro poco importa, non si può proprio morire. A ventidue anni non si può morire e basta.
Chi era? Uno sconosciuto per me, il ragazzo di un'amica - una cara amica - visto forse un paio di volte. Un ragazzo okay, uno che si presenta sorridendo educatamente, come è raro vedere in una generazione di arroganti che devono per forza fare i duri. Uno che non era una testa di cazzo fattone che te lo aspetti possa succedergli qualcosa, era uno okay.
Lei chi è? Lei è una persona stupenda, una di quelle che mi ritengo fortunata a conoscere, una di quelle per cui stavo già cercando le parole per il suo compleanno che è tra due giorni.
Io? Io sono qua, scrivo parole a caso, perché ho ventidue anni, un'amica a pezzi che non riesco a contattare, perché - giustamente - non risponde a nessuno, perché al suo posto lo farei anch'io, da cui non posso andare, perché sono a piedi, perché devo aspettare domani che io ed un'amica troviamo la forza di andare a tenere uniti i pezzi di una persona che è finita in un miliardo di pezzi. Ho un dolore sordo dentro al petto, non capisco cosa fare, come si reagisce ad un coetaneo che se ne va così, da un momento all'altro.
Io che dicono tutti che con le parole ci so fare, io che sono quella che sa esserci per tutti, io non so cosa cazzo devo fare o cosa cazzo devo dire.
E Dio santo, come cazzo si fa a morire a ventidue anni? No, io non lo accetto, non ci riesco.
E come si fa a dirmi da una vita che devo per forza credere in qualcosa quando succedono 'ste cose a chi non se lo merita proprio per niente? Io credo solo che tutto questo non può essere davvero reale.
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