domenica 18 dicembre 2016

Giovedì ho finito le lezioni del primo semestre, devo ancora staccare dalla parete di camera l'orario delle lezioni e quello dei treni (ho un grande rapporto con la tecnologia, ma su certe cose resto analogica), quindi in vista delle vacanze di Natale dove praticamente quasi tutto il gruppo migra al sud (tranne due, una migra a Nord e l'altra semplicemente fa ciao alla pendolarità, come me), abbiamo deciso che venerdì dovevamo salutarci come si deve. In sintesi, abbiamo tirato le cinque di mattina tutte insieme ed è stato coniato l'acronimo BAE (che non è né l'abbreviazione di Babe né Before Anyone Else o ancora Bitches Always Eating... anche se quest'ultimo, potrebbe pure andarci vicino), ma per una serie infinita di motivi, BAE resterà per tutti BAE, tranne per noi che eravamo insieme quella sera. Fatto sta che è stato un bel modo di salutarsi, in allegria, tra risate fino alle lacrime, cibo spazzatura e giochi trash.
Poi sono tornata a casa e mi sono ricordata che la prossima settimana è Natale e mi è presa la solita tristezza che mi prende tutti gli anni. Sono più di dieci anni che faccio fatica ad apprezzare pienamente il Natale, purtroppo sono i giorni in cui, da molti anni, mi rendo conto che la mia famiglia è solo un'accozzaglia di persone e tutte queste rimpatriate generali degli altri mi fanno un sacco di invidia. Non ho mai festeggiato un Natale con tutta la mia famiglia unita, non è mai stato possibile a causa di tutti i casini che ci sono sempre stati, ma negli anni sono arrivata ad un equilibrio abbastanza stabile che mi metteva meno tristezza (no, mettermi gioia no, troppo arduo), ma è andato a puttane. O meglio, è stato sbriciolato. Zia mia ha confermato quello che temevo: la vigilia e il "secondo giorno" (Santo Stefano, ndA) saremo solo io, lei, zio e padre. Basta. Tutti gli altri o saranno altrove o saranno ad evitare una o più persone, così del Natale di quando ero piccola resterà solo la zuppa nera per la Vigilia, ma tutte le persone presenti intorno al tavolo dei miei nonni non è rimasto quasi nessuno. La verità è che critico l'ipocrisia del Natale, ma mi piacerebbe tanto che la mia famiglia fosse ipocrita stringendosi intorno ad un tavolo, ma invece no. Siamo troppo onesti per buttare giù qualcosa anche solo per Natale.
Nota positiva, la madre di mia zia mi ha regalato due paia di calzini fatti a maglia dopo aver saputo che sono freddolosa. Teoricamente, dovevano essere il regalo di Natale, ma sono arrivata mentre zia li incartava, così sono già qua scartati. Sono la mia nuova gioia.

2 commenti:

  1. Quanto ti capisco sai... noi una volta (circa 15 anni fa, quindi quando ero piccina piccina) facevamo le cene e i pranzi di natale/santo Stefano/ vigilia tutti insieme, poi negli anni sono aumentati gli screzi, mio padre che odia la famiglia di mia madre e viceversa, che ora le feste sono una vera tristezza. Se posso vado fuori con amici, ma quest'anno ho bisogno di godermi casa. Fidati però, presto dovremo pensare solo agli esami e il Natale sarà un vago ricordo u.u

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    1. Io non posso neanche proporre alla mia amica di uscire perché da lei Natale è sacro e la incastrano a casa. Non ho vie di fuga!
      Io mi concedo di pausa dallo studio solo Vigilia e Santo Stefano, perché materialmente fuori casa (il 26 con due pesti che stanno già chiedendo di me. Aiuto!). Per una volta, ringrazio la sessione v.v

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