venerdì 20 ottobre 2017

Quanta strada abbiamo fatto da quelle briciole d'estate per sei corde arrugginite e per un pizzico di libertà.

La verità è che non sono mai stati “la mia band preferita”, perché sono sempre stati qualcosa di più. Sono stati il mio porto sicuro nel bel mezzo di ogni tempesta in cui sono finita, in cui mi ritrovo.
Ripensandosi a giorni di distanza, penso che abbia davvero ragione mia madre quando dice che “ti hanno vista crescere, tu hai visto crescere loro“. Infondo, è vero perché gli ho visti cambiare, passare da essere idolatrati dalle ragazzine a doversi sentire dire “ah, quindi siete ancora vivi!?“; gli hon visti sorridere di cuore a chi c'è sempre stato e a chi è arrivato dopo; ho visto cambiare il loro modo di approcciarsi alla musica, di farla, sperimentare, rischiare di sbagliare e parlarne con i fan a cuor leggere, accettando ogni parere con un sorriso sul viso anche quando ammettono che, sulle prime, ci sono anche rimasti male per alcuni commenti, ma che è un album da ascoltare, perché il cambiamento c'è, si sente e può spaventare, non piacere (anche se, per qualcuno, era più scontato che non piacesse l'album di cinque anni fa). Loro mi hanno visto crescere attraverso undici anni della mia vita, mi hanno sentito ammettere che li devo molto, sanno quanto ci sia dietro a quel "siete il mio porto sicuro", dietro a un tatuaggio che ogni tanto brucia per il significato che ha; mi hanno vista ridere e piangere dalla transenna.
L'ultimo album ha preso diverse critiche senza meritarle, ma è stato bello parlarne con loro come tra vecchi amici. Non sono fiera di nessun musicista come lo sono di questi quattro ragazzi.



"il tempo cambia il modo di guardare, ma le cose belle restano".

lunedì 9 ottobre 2017


entro le quattro devo mandare la recensione sul film di Patti Smith, sto aspettando che sia pronto il caffè mentre finisco di segnarmi i dettagli tecnici prima di mettermi a scrivere cercando di rimanere oggettiva, quando vorrei solo dire che tutti dovrebbero vedere "Patti Smith: dream of life".
E ringrazio il cielo per essermi segnata per fare questo articolo e non quello su "To stay alive: a method", perché una parte di me sta ancora ripensando allo sguardo di Iggy Pop e ha di nuovo voglia di piangere (come se non avessi pianto per tutto il film, io che non piango mai sui film).
Mi piacciono queste mattinate calme di ottobre. Hanno un sapore nuovo, ma sembra un buon sapore.

lunedì 2 ottobre 2017

Ieri sera mi è arrivata una mail, mi hanno selezionato come membro della redazione dell'area musicale del blog affiliato alla radio dell'università. Era la domanda secondaria tra le due che avevo fatto, la prima era per speaker, ma, come ho detto alla ragazza al colloquio, se mi avessero preso come blogger sarei stata onorata comunque.
E mi hanno preso. Io che quest'anno sono andata fermamente convinta che non mi avrebbero presa, che ho detto all'amica che era con me "vabbe, che si fa, ci si riprova l'anno prossimo?" sono sta presa.
Quella mattina sono andata al colloquio scoglionata, mi sono messa in caffetteria ad aspettare un'amica leggendo Guida galattica per autostoppisti con un espresso in tazzina grigia pensando che la frase che descrisse meglio la mattina fosse "avrei voluto squagliarmela con il Dio del Tuono" (che poi, per inciso, è uno state of mind di tutta la mia vita) mentre tenevo le cuffie per evitare che qualcuno mi parlasse. La riproduzione non faceva che passare una canzone che recita se lo vuoi, tutto è possibile. Non ci ho mai creduto. Mi fido così tanto di quella band da essermi tatuata un'altra loro canzone, ma in questa canzone non ho mai creduto e non mi hai mai neanche portato fortuna, ma ero così scoraggiata, così convinta che non sarebbe andata che ho detto "lasciamola, che male può fare?". Non ha fatto male, mi ha solo convinta ad andare e tentare con tutta la voglia che avevo di convincere, poi come andava andava. Sono andata, ho dato il meglio, ma uscendo ero convinta che sarebbe stato un nulla di fatto. Invece, ieri, ho avuto un po' di senso di colpa per la mia amica, che poi ha lasciato il posto alla paura folle di non essere all'altezza, di non essere in grado e alla convinzione che farò una brutta figura. Oggi, invece, ne sorrido, tanto. L'ho detto mio padre, al telefono, che come prima cosa mi ha detto "non ti hanno preso come eri convinta?" e, poi, quando gli ho raccontato che sì mi hanno preso per scrivere, dopo che gli ho spiegato, tutto contento mi ha detto "poi mi spieghi come leggerlo" seguito da "a scrivere sei brava, te la caverai bene". Ho sorriso, tanto, ho anche sentito pizzicare il naso.
Ho fatto un primo passo verso quello che sogno di fare da grande. Non so come andrà, quanto spesso sbaglierò e quanto dovrò impegnarmi per essere all'altezza, ma l'ho fatto.

"Se lo vuoi, tutto è possibile"
"Avevi dubbi?", mi ha chiesto provocatoriamente qualcuno.