Oggi è il tuo compleanno ed io sono troppo orgogliosa per mettere da parte i saluti mancati, le tue scelte, il tuo crescere e dimenticarti di chi non ti ha mai preso in giro, di chi si è messo contro tutti, perché non ha mai accettato che ti prendessero in giro, per farti gli auguri per i tuoi diciotto anni.
Mamma ti ha fatto gli auguri, come le avevo chiesto non ha detto niente da parte mia, io e te abbiamo smesso di parlarci, di cercarci, di salutarci, di essere amici, no, non noi. Tu hai smesso di parlarmi, di cercami, di salutarmi, di essere amici. Io mi sono adeguata, alla fine. A cosa serve lottare per un’amicizia quando dall’altra parte si preferisce gente nuova e le ragazze che dopo un po’ lasci per passare ad un’altra?
Sai, queste parole sembrano quasi accusarti, in realtà non lo farei mai. Non ti accuserei mai, perché si cresce, le strade cambiano, però manchi comunque, questo lo ammetto.
Oggi è il giorno del tuo compleanno, il tuo diciottesimo compleanno e se cinque anni fa mi avessi chiesto come immaginavo questo giorno – o il giorno del mio diciottesimo compleanno – avrei detto che l’avrei immaginato a festeggiare insieme, ma invece sono stata troppo orgogliosa e non ho avuto neanche la forza – no, l’intelligenza, non la forza – di farti gli auguri.
Sai, “se tornerai magari poi noi riconquisteremo tutto come tanti anni fa quando per noi forse la vita era più facile”, Max ha sempre cantato la cosa giusta (per noi) e, infondo, noi l’abbiamo sempre cantato insieme, senza capire davvero quanto fosse adatto per noi.
Buon compleanno, N.
mercoledì 23 novembre 2011
giovedì 17 novembre 2011
Sono in casa da sola, finalmente posso scrivere, posso far scorrere le dita sui tasti della tastiera senza la paura che mia madre mi spunti alle spalle chiedendomi costa sto scrivendo, perché lei non ha ancora rinunciato a (ri)leggere qualcosa di mio, forse non ha ancora capito che qualcosa, quel qualcosa che da quando ho iniziato a scrivere mi dava la voglia ed il coraggio di fargli leggere le mie parole, si è rotto anni fa, quando quella promessa che mi aveva fatto mentre piangevo come non ricordo di aver fatto mai non è stata mantenuta. Posso mettere via il rancore, ma non il dolore… è dolore questo?
Fa freddissimo, nell’armadio ho una sciarpa enorme che, in tutta la mia vita, avrò usato si e no tre volte, mi ricorda tanto una goleador dai colori slavati. Tanto slavati. Ho quella sciarpa colorata –ma slavata- abbandonata nell’armadio e sto meditando di tirarla fuori da lì, alla mattina fa troppo freddo per non mettere qualcosa di caldo. In realtà il problema non è il freddo, ma è che ho iniziato a tossire che sembra quasi che da un momento all’altro io debba morire ed ho male al braccio destro, ma quella è la tendinite, non credo sia legato al freddo che ogni mattina mi attanaglia il collo scoperto come se volesse uccidermi. Penso seriamente che qualcuno mi voglia uccidere, in classe, per quella media perfetta –quasi perfetta, economia e francese sono drasticamente sotto, ma loro, quando lo faccio notare non mi sentono e copiano i miei compiti- che sto avendo, mentre loro non fanno un cazzo e si lamentano. Avrei voglia di andarmene da quella classe, odio la voglia di non essere me, di non avere un pensiero, che mi fanno nascere ogni volta che provo a parlare. Avrei voluto urlare in faccia alle due C. che, quando ho detto che volevo dare il tema al prof., mi hanno urlato di non farlo, costringendomi a consegnarglielo oggi, alla fine dell’ora, quando loro non c’erano, perché sono rimaste fuori.
Mi fa male la mano, si sta bloccando mentre scrivo e fa un male che non ha mai fatto, le possibilità sono due: o la tendinite è peggiorata o non è mai stata tendinite ed era qualcosa per cui non basta il tutore. Sono catastrofista, sono sempre più convinta della seconda e del fatto che, quando riesco a scrivere, deve esserci qualcosa che me lo impedisce e non è mai davvero una causa esterna, ammettiamolo.
Fa freddissimo, nell’armadio ho una sciarpa enorme che, in tutta la mia vita, avrò usato si e no tre volte, mi ricorda tanto una goleador dai colori slavati. Tanto slavati. Ho quella sciarpa colorata –ma slavata- abbandonata nell’armadio e sto meditando di tirarla fuori da lì, alla mattina fa troppo freddo per non mettere qualcosa di caldo. In realtà il problema non è il freddo, ma è che ho iniziato a tossire che sembra quasi che da un momento all’altro io debba morire ed ho male al braccio destro, ma quella è la tendinite, non credo sia legato al freddo che ogni mattina mi attanaglia il collo scoperto come se volesse uccidermi. Penso seriamente che qualcuno mi voglia uccidere, in classe, per quella media perfetta –quasi perfetta, economia e francese sono drasticamente sotto, ma loro, quando lo faccio notare non mi sentono e copiano i miei compiti- che sto avendo, mentre loro non fanno un cazzo e si lamentano. Avrei voglia di andarmene da quella classe, odio la voglia di non essere me, di non avere un pensiero, che mi fanno nascere ogni volta che provo a parlare. Avrei voluto urlare in faccia alle due C. che, quando ho detto che volevo dare il tema al prof., mi hanno urlato di non farlo, costringendomi a consegnarglielo oggi, alla fine dell’ora, quando loro non c’erano, perché sono rimaste fuori.
Mi fa male la mano, si sta bloccando mentre scrivo e fa un male che non ha mai fatto, le possibilità sono due: o la tendinite è peggiorata o non è mai stata tendinite ed era qualcosa per cui non basta il tutore. Sono catastrofista, sono sempre più convinta della seconda e del fatto che, quando riesco a scrivere, deve esserci qualcosa che me lo impedisce e non è mai davvero una causa esterna, ammettiamolo.
domenica 13 novembre 2011
Di te (mi) rimane solo il profumo attaccato alla lana.
Ciao nonna, come stai?
E' così tanto tempo che non ti scrivo, che mi sembra quasi la prima volta. Oggi hanno buttato fuori da casa tua e di nonno i miei ricordi, mettendoli in un sacchetto insieme alla mia vecchia carrozzina ed altre cose. Mi sento troppo piena di ricordi, come se li avessero sfrattati e loro sono tornati tutti insieme da me dicendomi "hey, non sappiamo dove andare, possiamo tornare da te?" ed io vorrei dirgli di no, di rimanere là o, almeno, di tornare un po' alla volta, ma non posso.
Ho preso una boccetta di uno dei tuoi profumi ed il tuo giacchetto di lana, quello marroncino chiaro-beige, spero non ti dispiaccia, ma mi ricorda così tanto quando, d'inverno, venivo da te, che non potevo farne a meno. La lana ha tenuto un po' del tuo profumo, ma non so se è davvero lì o sono io che avrei così tanto bisogno di sentirlo, dopo tutto questo tempo, che me ne sono convinta, ma infondo anche Dody e zia hanno detto che sì, sa ancora un po' di te; io, che devo sempre chiedermi il perché di tutto, mi chiedo come fa, questo giacchetto di lana un po' infeltrita, ma sempre caldo e morbido, ad avere il tuo profumo se tu te ne sei andata da più di un anno, ma mi va bene, benissimo, mentre scrivo lo annuso un po' e mi sembra di essere meno sola di quanto mi sia sentita negli ultimi due mesi.
Il tuo giacchetto mi va, nonostante tu fossi così piccolina, le maniche le ho tenute risvoltolate come le avesi messe tu, nonostante vorrei tirarle fin sopra le dita, ma non voglio cambiare nulla.
Scusa nonna, vorrei scriverti qualcosa di meglio, ma io e le parole abbiamo litigato, io le ho in testa -avrei così tante cose da raccontarti, da volerti dire, nonostante il fatto che tu non potrai mai dirmi la tua- ma loro non voglio uscire.
Nonna mi manchi, mi manchi così tanto che sentire il tuo profumo è l'unica ragione per cui, stasera, non mi senta così sola da avere un buco nero al posto dello stomaco.
Salutami il nonno, abbraccialo da parte mia, perché io e lui ci siamo sempre detti "ti voglio bene" con gli sguardi e mai con un abbraccio.
Ti voglio bene.
E' così tanto tempo che non ti scrivo, che mi sembra quasi la prima volta. Oggi hanno buttato fuori da casa tua e di nonno i miei ricordi, mettendoli in un sacchetto insieme alla mia vecchia carrozzina ed altre cose. Mi sento troppo piena di ricordi, come se li avessero sfrattati e loro sono tornati tutti insieme da me dicendomi "hey, non sappiamo dove andare, possiamo tornare da te?" ed io vorrei dirgli di no, di rimanere là o, almeno, di tornare un po' alla volta, ma non posso.
Ho preso una boccetta di uno dei tuoi profumi ed il tuo giacchetto di lana, quello marroncino chiaro-beige, spero non ti dispiaccia, ma mi ricorda così tanto quando, d'inverno, venivo da te, che non potevo farne a meno. La lana ha tenuto un po' del tuo profumo, ma non so se è davvero lì o sono io che avrei così tanto bisogno di sentirlo, dopo tutto questo tempo, che me ne sono convinta, ma infondo anche Dody e zia hanno detto che sì, sa ancora un po' di te; io, che devo sempre chiedermi il perché di tutto, mi chiedo come fa, questo giacchetto di lana un po' infeltrita, ma sempre caldo e morbido, ad avere il tuo profumo se tu te ne sei andata da più di un anno, ma mi va bene, benissimo, mentre scrivo lo annuso un po' e mi sembra di essere meno sola di quanto mi sia sentita negli ultimi due mesi.
Il tuo giacchetto mi va, nonostante tu fossi così piccolina, le maniche le ho tenute risvoltolate come le avesi messe tu, nonostante vorrei tirarle fin sopra le dita, ma non voglio cambiare nulla.
Scusa nonna, vorrei scriverti qualcosa di meglio, ma io e le parole abbiamo litigato, io le ho in testa -avrei così tante cose da raccontarti, da volerti dire, nonostante il fatto che tu non potrai mai dirmi la tua- ma loro non voglio uscire.
Nonna mi manchi, mi manchi così tanto che sentire il tuo profumo è l'unica ragione per cui, stasera, non mi senta così sola da avere un buco nero al posto dello stomaco.
Salutami il nonno, abbraccialo da parte mia, perché io e lui ci siamo sempre detti "ti voglio bene" con gli sguardi e mai con un abbraccio.
Ti voglio bene.
venerdì 11 novembre 2011
Have some chocolate and feel better.
Mi sento solo un po’ più vuota, un po’ più sola, un po’ più malinconica per cose mai successe, un po’ più sbagliata, un po’ più persa, un po’ più estranea a me stessa, un po’ più invisibile. Vado avanti a bugie e mezze verità, ai “come stai?” rispondo “bene”, senza menzionare né che fisicamente né che emotivamente non sto poi così bene, alla domanda “stai riuscendo a smettere di fumare?” oggi ho detto di sì, senza menzionare che in realtà mi risulta un po’ difficile non avere niente tra le mani, non avere niente da rigirarmi tra le dita per farmi sciogliere il nervoso, l’ansia e qualsiasi altra cosa.
Ho chiesto alla prof. di inglese se uscita da un IPSCT potrei andare all’università a fare Scienze del mare o Lettere e Filosofia, o dovrei rinunciare già da ora ai miei sogni –obbiettivi?-, questo non gliel’ho detto, ma era sotto inteso, e come risposta mi sono sentita dire che, alla fine, l’università è tutta questione di testa, di impegno, di metodo e costanza, condito dal racconto della sua vita, dove lei è uscita dalle magistrali ed ha finito l’università, mentre sua cugina ha fatto lo scientifico, ha finito l’università con molta calma. Non so se l’ha detto perché sul mio viso ha letto il bisogno di dirmi che all’università potrò andarci o perché in quelle parole che ha detto ci crede davvero.
Mi hanno portato un pacchetto da due di Kinder Bueno ed una tavoletta di Lindt ai cereali dicendomi “non ti voglio tutta ciccia e brufoli!”; ho già mangiato tutti e due i Kinder Bueno, giusto perché Remus Lupin diceva che mangiare un po' di cioccolata farà bene.
Mi sento solo un po’ più vuota, un po’ più sola, un po’ più malinconica per cose mai successe, un po’ più sbagliata, un po’ più persa, un po’ più estranea a me stessa, un po’ più invisibile, ecco tutto.
Ho chiesto alla prof. di inglese se uscita da un IPSCT potrei andare all’università a fare Scienze del mare o Lettere e Filosofia, o dovrei rinunciare già da ora ai miei sogni –obbiettivi?-, questo non gliel’ho detto, ma era sotto inteso, e come risposta mi sono sentita dire che, alla fine, l’università è tutta questione di testa, di impegno, di metodo e costanza, condito dal racconto della sua vita, dove lei è uscita dalle magistrali ed ha finito l’università, mentre sua cugina ha fatto lo scientifico, ha finito l’università con molta calma. Non so se l’ha detto perché sul mio viso ha letto il bisogno di dirmi che all’università potrò andarci o perché in quelle parole che ha detto ci crede davvero.
Mi hanno portato un pacchetto da due di Kinder Bueno ed una tavoletta di Lindt ai cereali dicendomi “non ti voglio tutta ciccia e brufoli!”; ho già mangiato tutti e due i Kinder Bueno, giusto perché Remus Lupin diceva che mangiare un po' di cioccolata farà bene.
Mi sento solo un po’ più vuota, un po’ più sola, un po’ più malinconica per cose mai successe, un po’ più sbagliata, un po’ più persa, un po’ più estranea a me stessa, un po’ più invisibile, ecco tutto.
mercoledì 9 novembre 2011
Sono solo una dannata cagasotto di merda.
Dovrei mettermi a scrivere, ho troppe cose che mi stanno spaccando la testa. La moleskine è sotto il cuscino insieme ad una penna, ma mi manca la forza ed il coraggio di vomitare fuori tutti questi pensieri.
lunedì 7 novembre 2011
"Amaro del campo" "No, Amaro del capo" "Campo!" "Capo, Olli!"
Sono a scuola, mi sono fatta coraggio rischiando che qualcuno scopra che ho un blog, ché sinceramente, loro, li voglio tenere fuori da questa parte di me, non mi fido ancora abbastanza, infondo neanche alcune amiche di vecchia data non hanno mai letto questo blog.
Stanno parlando della nuova allerta, io sarei anche stufe di allerte meteo, però vorrei un'allerta al cuore perché qualcuno s'è avvicinato troppo, ma sospetto di aver chiuso (di nuovo) il cuore in cantina, perché non l'ho sentito battere neanche quando A. mi ha sorriso stamani e, diciamocelo, io quando la gente mi sorride come dire "hey, ben tornata!" sorrido sempre e sento il cuore battere, ma invece non ho sentito un cazzo, il che mi ha messo tristezza.
Torno alle fatture, forse è meglio, la mia compagna di banco baffuta inizia a sbirciare e ore le sbatto la testa sulla tastiera, lo giuro su Slash nudo.
Stanno parlando della nuova allerta, io sarei anche stufe di allerte meteo, però vorrei un'allerta al cuore perché qualcuno s'è avvicinato troppo, ma sospetto di aver chiuso (di nuovo) il cuore in cantina, perché non l'ho sentito battere neanche quando A. mi ha sorriso stamani e, diciamocelo, io quando la gente mi sorride come dire "hey, ben tornata!" sorrido sempre e sento il cuore battere, ma invece non ho sentito un cazzo, il che mi ha messo tristezza.
Torno alle fatture, forse è meglio, la mia compagna di banco baffuta inizia a sbirciare e ore le sbatto la testa sulla tastiera, lo giuro su Slash nudo.
venerdì 4 novembre 2011
I hate.
- Odio che mi chiami "piccola" e "cucciola", soprattutto seguito da "mia", perché io non sono di nessuno, tantomeno tua.
- Odio che mi dici "ti voglio bene" e "ti adoro" dopo neanche una settimana.
- Odio che mi dici che ti manco, come cazzo faccio a mancarti se ci conosciamo da una settimana e non ci siamo neanche ancora incontrati!?
- Odio che mi dici cose dolci, perché la dolcezza mi schifa a non so cosa dire.
- Odio che mi dici che sono bella, soprattutto quando ti dico che in questo momento sono bianca come un cadavere col naso rosso e gli occhi lucidi e tu dici "sei ancora più bella".
- Odio che abbrevi e non usi i punti, ma porca miseria, cosa cazzo ha di male la parola "perché" scritta intera? E i punti? E le virgole? E i punti di domanda?
- Odio che mi fai sentire una stronza perché dici che inizio a piacerti davvero, che inizio a piacerti per quella che sono -come sono?- e io non so cosa dirti, perché per me non è proprio la stessa cosa.
martedì 1 novembre 2011
There's a heaven above you baby and don't you cry tonight.
Ciao Amy, come stai?
E’ una parte di te stessa che ti scrive, perché, questa parte di te la conosci anche senza che nessuno te la faccia notare, riesci a capire le cose solo quando le vedi scritte, così eccomi qua che scrivo alla te più esterna – o interna? – perché abbiamo bisogno di chiarire un po’ di cose, di parlare un po’.
Cosa ti prende ultimamente? Non sei mai stata una persona coraggiosa, infondo se sei piena di così tanti rimpianti è proprio per questa tua mancanza di coraggio, ma non hai mai avuto né paura né vergogna a parlare delle tue passioni o nel dire che tu ami leggere, a parlare di scrittori che gli adolescenti tipo di questa generazione conoscono solo per le frasi su Facebook, ma ora invece ti vergogni persino a dire che Dostoevskij lo conoscevi già da prima dell’arrivo del prof., ti vergogni a dire che studi perché studiare ti piace e perché saresti anche stufa di ripetere la seconda e così lasci mormorare le ultime file e passi i tuoi compiti come se niente fosse, senza neanche curarti se ti dicono un misero grazie.
Cosa ti prende ultimamente? Le tue emozioni si sono sempre annidate sotto pelle, ma ora sembrano sparite più affondo, così affondo che anch’io che faccio parte di te non riesco a vederle. Dove le hai nascoste? Stai davvero diventando così apatica da non sentire niente? No, sennò io che sono una parte di te non starei scrivendo a te che sei una parte di me, ma allora dove sono tutte le tue emozioni? Dove le hai messe? Le hai chiuse davvero in una parte di te così nascosta che neanche io le posso vedere? E dove hai messo la chiave? Ti ricordi cos’ha detto una volta qualcuno? Che ora, quando provi delle emozioni e non sei proprio tanto sicura di quello che dici e non riesci a razionalizzare tutto, sei meglio di quando eri un androide e allora, perché stai sprofondando nell’essere un androide? Cos’è successo?
Cosa ti prende ultimamente? Ti stai abbandonando alla corrente, non ti stai opponendo alla tua paura di rimanere sola, ti stai tramutando in un fantasma perché divisa tra il voler essere te stessa e il voler diventare come loro per sentirti accettata; tu, noi, non siamo così, noi siamo quelle che si sono sempre opposte,che hanno sempre seguito le proprie idee, passioni, modi di vestire e di essere, non ti è mai importato delle prese in giro, no, anzi, te n’è sempre importato, ma non lo davi a vedere. Ti hanno preso in giro per i tuoi capelli, perché eri una bambina un po’ in carne, perché piangevi facilmente, perché portavi l’apparecchio e parlavi come Duffy Duck, ma non hai mai dato a vedere che te ne importava, se non quando ti portavano al limite. Hai sempre sofferto in silenzio per le loro prese in giro, non hai mai abbassato la testa ed ora invece ti pesa sapere le cose, ti pesa mettere la tua tanto amata maglia con Slash in versione scheletro, ti pesa avere delle idea, ti pesa scrivere, ti pesa leggere, ti pesa sentire i Guns N’Roses e non Lady Gaga.
Cosa ti prende ultimamente? Hai così tanta paura di non essere accettata, di rimanere da sola? Sei diventata così vulnerabile?
Io sono una parte di te, Amy, ma quando ci guardiamo allo specchio non ti vedo, dove sei finita? Sei lì, sei lì davanti allo specchio, ma non ti vedo, non ti riconosco, cosa ti è successo? Perché non scrivi più? Perché sto usando tutta la mia energia per arrivare in fondo a questa lettera?
Amy, ti chiamo come amiamo essere chiamate anche se sarei tentata di chiamarti per nome, ti stai arrendendo e tu non hai sempre detto di voler essere forte? Ti stai arrendendo e neanche te ne stai accorgendo veramente.
Amy, non ti arrendere, te lo chiedo una parte di te. Non ti arrendere, sii forte, sii positiva, sii te stessa.
E’ una parte di te stessa che ti scrive, perché, questa parte di te la conosci anche senza che nessuno te la faccia notare, riesci a capire le cose solo quando le vedi scritte, così eccomi qua che scrivo alla te più esterna – o interna? – perché abbiamo bisogno di chiarire un po’ di cose, di parlare un po’.
Cosa ti prende ultimamente? Non sei mai stata una persona coraggiosa, infondo se sei piena di così tanti rimpianti è proprio per questa tua mancanza di coraggio, ma non hai mai avuto né paura né vergogna a parlare delle tue passioni o nel dire che tu ami leggere, a parlare di scrittori che gli adolescenti tipo di questa generazione conoscono solo per le frasi su Facebook, ma ora invece ti vergogni persino a dire che Dostoevskij lo conoscevi già da prima dell’arrivo del prof., ti vergogni a dire che studi perché studiare ti piace e perché saresti anche stufa di ripetere la seconda e così lasci mormorare le ultime file e passi i tuoi compiti come se niente fosse, senza neanche curarti se ti dicono un misero grazie.
Cosa ti prende ultimamente? Le tue emozioni si sono sempre annidate sotto pelle, ma ora sembrano sparite più affondo, così affondo che anch’io che faccio parte di te non riesco a vederle. Dove le hai nascoste? Stai davvero diventando così apatica da non sentire niente? No, sennò io che sono una parte di te non starei scrivendo a te che sei una parte di me, ma allora dove sono tutte le tue emozioni? Dove le hai messe? Le hai chiuse davvero in una parte di te così nascosta che neanche io le posso vedere? E dove hai messo la chiave? Ti ricordi cos’ha detto una volta qualcuno? Che ora, quando provi delle emozioni e non sei proprio tanto sicura di quello che dici e non riesci a razionalizzare tutto, sei meglio di quando eri un androide e allora, perché stai sprofondando nell’essere un androide? Cos’è successo?
Cosa ti prende ultimamente? Ti stai abbandonando alla corrente, non ti stai opponendo alla tua paura di rimanere sola, ti stai tramutando in un fantasma perché divisa tra il voler essere te stessa e il voler diventare come loro per sentirti accettata; tu, noi, non siamo così, noi siamo quelle che si sono sempre opposte,che hanno sempre seguito le proprie idee, passioni, modi di vestire e di essere, non ti è mai importato delle prese in giro, no, anzi, te n’è sempre importato, ma non lo davi a vedere. Ti hanno preso in giro per i tuoi capelli, perché eri una bambina un po’ in carne, perché piangevi facilmente, perché portavi l’apparecchio e parlavi come Duffy Duck, ma non hai mai dato a vedere che te ne importava, se non quando ti portavano al limite. Hai sempre sofferto in silenzio per le loro prese in giro, non hai mai abbassato la testa ed ora invece ti pesa sapere le cose, ti pesa mettere la tua tanto amata maglia con Slash in versione scheletro, ti pesa avere delle idea, ti pesa scrivere, ti pesa leggere, ti pesa sentire i Guns N’Roses e non Lady Gaga.
Cosa ti prende ultimamente? Hai così tanta paura di non essere accettata, di rimanere da sola? Sei diventata così vulnerabile?
Io sono una parte di te, Amy, ma quando ci guardiamo allo specchio non ti vedo, dove sei finita? Sei lì, sei lì davanti allo specchio, ma non ti vedo, non ti riconosco, cosa ti è successo? Perché non scrivi più? Perché sto usando tutta la mia energia per arrivare in fondo a questa lettera?
Amy, ti chiamo come amiamo essere chiamate anche se sarei tentata di chiamarti per nome, ti stai arrendendo e tu non hai sempre detto di voler essere forte? Ti stai arrendendo e neanche te ne stai accorgendo veramente.
Amy, non ti arrendere, te lo chiedo una parte di te. Non ti arrendere, sii forte, sii positiva, sii te stessa.
Una parte di te.
"sei una strega" #1
Papà oggi ha detto che sono una strega, perché i suoi pantaloni rossi rossi rossi -ora, caro pa', detta seriamente, a quasi cinquantatre anni non puoi metterti dei pantaloni rosso fuoco!- che lui ama tanto e che io non posso vedere, si sono sporcati. Ha detto che io gli ho tirato qualche maledizione, tipo che sapevo di essere una strega perché stronza, non perché capace di fare incantesimi senza parlare.
Iscriviti a:
Post (Atom)