lunedì 29 dicembre 2014
venerdì 26 dicembre 2014
E' Natale nelle piccole cose.
Per me il Natale non esiste, è solo un periodo dell'anno fatto per ricordarmi di essere figlia di genitori separati che si odiano e non ci può essere un rapporto civile neanche per tre giorni l'anno, o almeno lo vedo così fino a che non mi ritrovo tra le braccia di una zia che, purtroppo, vedo una volta all'anno e che mi ricorda quanto in quella scritta che porto sulla scapola destra ci sia anche lei.
La penso così fino a che una cugina di cinque anni e mezzo non mi si butta addosso per abbracciarmi e riempirmi la guancia di baci prima di andare via facendomi cadere ripetutamente interra ridendo.
Forse non è il Natale che vivevo quando avevo la sua età, ma nelle piccole cose ritrovo quella piccola grande gioia di quando si è bambini.
La penso così fino a che una cugina di cinque anni e mezzo non mi si butta addosso per abbracciarmi e riempirmi la guancia di baci prima di andare via facendomi cadere ripetutamente interra ridendo.
Forse non è il Natale che vivevo quando avevo la sua età, ma nelle piccole cose ritrovo quella piccola grande gioia di quando si è bambini.
martedì 23 dicembre 2014
"E se ti va, potresti abbracciarmi"
Presente quei film americani per adolescenti dove il protagonista vede la persona che ha per la testa e tutto quello che c'è intorno diventa solo rumore bianco? Vedere te è stato esattamente così.
Cosa stavano dicendo le ragazze che erano con me? Quali rumori c'erano per strada? e di canzoni di Natale in diffusione dai negozi c'era qualcosa?
Non riesco a ricordare, non ricordo neanche la tua voce che dice "ciao", mi torna in mente solo il rumore sordo del cuore che non ha corso ai duecentoventi, ma si è fermato di colpo, ha inchiodato ancora prima che le sinapsi del mio cervello capissero che quel ragazzo dal giacchetto azzurro e il cappello rosso (Dio, mi sto trattenendo dallo scriverti "quei colori insieme no!") eri tu. Tutto il corpo l'ha capito prima della razionalità.
"Ha abbassato lo sguardo" ha detto di te la mia amica, di me ha detto che ero rossa e sorridevo, e che qualcosa vorrà pur dire, ma è vero? Non che hai abbassato lo sguardo, quello l'ho visto, ma che vuol dire qualcosa intendo.
E' un loop continuo quel momento, lo è il sorriso sul tuo viso (il fatto che hai sorriso quando mi hai visto è una mia stupida speranza ed il sorriso in realtà era già lì?) che è mille volte meglio delle luci di Natale e di tutte queste decorazioni che una signora in autobus ha definito "belle".
C'è una canzone de L'orso che dice "e se ti va, potresti abbracciarmi" e porcogiudacristocane non riesco a pensarla separata dal tuo sorriso con le fossette.
"A lei piace, ma finge di no perché ha paura di perderlo come amico". Ha torto. Ha ragione. Non lo so più. Stamani eri mio "fratello", quell'amico che vorrei felice fosse anche con la ragazzina dai capelli rossi, ora sei quel sorriso che vorrei poter baciare.
(E non capisco perché di te finisco sempre a scrivere in seconda persona come se tu potessi leggere anche questo, ma questo non lo leggerai mai, non lo saprai mai).
Cosa stavano dicendo le ragazze che erano con me? Quali rumori c'erano per strada? e di canzoni di Natale in diffusione dai negozi c'era qualcosa?
Non riesco a ricordare, non ricordo neanche la tua voce che dice "ciao", mi torna in mente solo il rumore sordo del cuore che non ha corso ai duecentoventi, ma si è fermato di colpo, ha inchiodato ancora prima che le sinapsi del mio cervello capissero che quel ragazzo dal giacchetto azzurro e il cappello rosso (Dio, mi sto trattenendo dallo scriverti "quei colori insieme no!") eri tu. Tutto il corpo l'ha capito prima della razionalità.
"Ha abbassato lo sguardo" ha detto di te la mia amica, di me ha detto che ero rossa e sorridevo, e che qualcosa vorrà pur dire, ma è vero? Non che hai abbassato lo sguardo, quello l'ho visto, ma che vuol dire qualcosa intendo.
E' un loop continuo quel momento, lo è il sorriso sul tuo viso (il fatto che hai sorriso quando mi hai visto è una mia stupida speranza ed il sorriso in realtà era già lì?) che è mille volte meglio delle luci di Natale e di tutte queste decorazioni che una signora in autobus ha definito "belle".
C'è una canzone de L'orso che dice "e se ti va, potresti abbracciarmi" e porcogiudacristocane non riesco a pensarla separata dal tuo sorriso con le fossette.
"A lei piace, ma finge di no perché ha paura di perderlo come amico". Ha torto. Ha ragione. Non lo so più. Stamani eri mio "fratello", quell'amico che vorrei felice fosse anche con la ragazzina dai capelli rossi, ora sei quel sorriso che vorrei poter baciare.
(E non capisco perché di te finisco sempre a scrivere in seconda persona come se tu potessi leggere anche questo, ma questo non lo leggerai mai, non lo saprai mai).
Oggi è un giorno buono.
E' il primo giorno di vacanza, mi sto preparando per uscire con tutta la calma del mondo di chi, per una volta, è in perfetto orario, lo specchio oggi non è il mio peggior nemico e la giornata promette sorrisi.
Oggi è un giorno buono.
Oggi è un giorno buono.
sabato 20 dicembre 2014
La doppia faccia di una perdita.
"Però ti sei anche resa conto che da quando non esci più con lei, stai meglio"
(Ed io che, a volte, ancora ci penso che vorrei tornare indietro e aggiustare quell'amicizia unidirezionale che solo in certe giornate di sole mi manca un po', quando mi sento dire così che è come dire "io me ne sono accorto da un po', manchi solo tu a capirlo", mi rendo conto di quanto ogni perdita abbia due facce. Una triste, di dolore, di malinconia e rimorsi, di voglia di tornare indietro e poi c'è l'altra faccia, quella dello stare bene, del sorridere, di scegliere di mettere prima gli altri senza dover essere costrette a farlo. Certe perdite coincidono con delle conquiste).
mercoledì 17 dicembre 2014
Home is a place in my heart.
Firenze l’è piccina e l’è anche casa mia,Non necessariamente devi vivere o aver vissuto in un posto per considerarlo casa. Secondo alcuni casa è, banalmente, “dov’è il tuo cuore”. Altrettanto banalmente, per me casa è quel posto che ti porti nel cuore, che è diverso dal dire “dove si trova il tuo cuore”, perché potrei anche dimenticarcelo per sbaglio da qualche parte, mentre mettere un posto nel proprio cuore, costruirli un suo spazio, è una scelta. Casa è, per me, quel posto che mi permette di sorridere con poco, nonostante io mi trovi lì con la scuola e classe mia sa solo combinare casini, è dove ho qualcuno che mi accoglie a braccia aperte. Casa è, per me, quel posto che nonostante io non c’abbia mai abitato, abbia in sé buona parte delle mie radici, ma anche ricordi, belli ma anche meno belli. Casa non è per me quel posto “dov’è il mio cuore”, casa è quel posto che anche se non vedo da tempo, il giorno in cui ci rimetto piede non mi farà mai sentire un estranea, perché riconoscerò sempre il suo aspetto, quell’aria diversa che solo lì trovi, quell’accento che in autobus tentavano tutti di imitare, ma nessuno ci riesce. Casa è per me Firenze che ogni volta sa sempre abbracciarmi in un abbraccio calco anche quando la temperatura è bassa e gelano le mani.
ce l’ho sempre davanti anche quando vado via.
Firenze non cambiare che dopo non ci piaci,
rimani piccolina noi ti si porta i baci
domenica 14 dicembre 2014
Trecentosessantatré.
Un anno fa, anzi trecentosessantatré giorni fa si avviava a spaccarmi il cuore come nessun'altro prima di lui.
Trecentosessantatré giorni dopo, quel taglio sul cuore me lo sono ricucita da sola, lui ha cucito tutti gli altri e non m'importa se quella cicatrice a volte mi dà ancora fastidio. E' guarita, lui è rimasto nella mia vita in modo diverso e inaspettatamente fondamentale mentre io sorrido, perché nonostante tutto, sono fortunata.
Trecentosessantatré giorni dopo, quel taglio sul cuore me lo sono ricucita da sola, lui ha cucito tutti gli altri e non m'importa se quella cicatrice a volte mi dà ancora fastidio. E' guarita, lui è rimasto nella mia vita in modo diverso e inaspettatamente fondamentale mentre io sorrido, perché nonostante tutto, sono fortunata.
domenica 7 dicembre 2014
Un mare di guai, un bel mare di guai.
E' quasi una settimana che cerco di evitate di scrivere quello che ho per la testa, che mi sta facendo uscire scema, perché se una cosa la pensi, se la dici ad alta c'è, ma non è tangibile, però se la scrivi è tangibile, reale, inevitabile.
"L'amore non c'è, non ti interessa nessuno, ma sei divisa tra due persone".
Sento ancora la professore di psicologia che parla mentre mi osserva, sento ancora i commenti delle compagne di classe farsi lontani mentre dentro sento un boato simile a quello che sentii anni fa quando il ponte crollò. Era una verità che avevo tenuto nascosta a tutti, compresa me stessa. Forse, qualcuno l'aveva intravista attraverso le crepe dei miei muri, ma io no, avevo chiuso gli occhi e non vedevo niente, neanche le ombre.
Ora, le ombre, mi stanno inghiottendo.
Se avesse ragione quell'amica che mi dice che "ti convinci di vederlo così per non star male" ed ho torto io a essere convinta delle cose, nel dire "ogni tanto ci penso che le cose potevano essere diverse, ma solo perché è passato un anno esatto da quando le cose promettevano di essere diverse"?
Se l'altro, anche se non lo penso tutti i giorni, anche se non lo sento e non lo vedo da troppo, me lo portassi dentro, in quei posti che ho sfiorato sulla sua schiena? Se io provassi davvero "qualcosa di più", perché mi "piacciono aspetti diversi di uno e dell'altro"? Cosa dovrei fare?
Per uno tremo, tremo quando lo intravedo da lontano, tremo così tanto da cambiare strada per non incrociarlo, per non tremare come la California.
Per l'altro... per l'altro scalerei le montagne, supererei la distanza come ho superato l'odio per il contatto fisico finendo a fargli i grattini standogli abbracciata ad ogni occasione, come ho pedalato sotto il sole solo perché lui mi aveva chiesto di andare.
Per uno ho affrontato un salto, mi sono rotta qualche osso, ma son guarita, c'è voluto tempo, ma sono guarita e credevo di stare bene prima che dicessero determinate cose.
Per l'altro faccio finta di non ricordare ogni minimo dettaglio, di non pensarlo quando l'ansia si mangia il mio ossigeno.
Cosa dovrei fare se quella professoressa tanto geniale avesse ragione, se fossi divisa tra due persone che in me non vedono lo stesso? Cosa dovrei fare per tornare a non sentire, a non pensare che forse ha ragione ed io sto come ha detto lei?
Vorrei silenzio, quiete, com'era prima, quando ero bendata e le cose le vedevano solo gli altri, perché tornare ad aver bisogno di chi non sente lo stesso fa male, male da far mancare l'aria.
"L'amore non c'è, non ti interessa nessuno, ma sei divisa tra due persone".
Sento ancora la professore di psicologia che parla mentre mi osserva, sento ancora i commenti delle compagne di classe farsi lontani mentre dentro sento un boato simile a quello che sentii anni fa quando il ponte crollò. Era una verità che avevo tenuto nascosta a tutti, compresa me stessa. Forse, qualcuno l'aveva intravista attraverso le crepe dei miei muri, ma io no, avevo chiuso gli occhi e non vedevo niente, neanche le ombre.
Ora, le ombre, mi stanno inghiottendo.
Se avesse ragione quell'amica che mi dice che "ti convinci di vederlo così per non star male" ed ho torto io a essere convinta delle cose, nel dire "ogni tanto ci penso che le cose potevano essere diverse, ma solo perché è passato un anno esatto da quando le cose promettevano di essere diverse"?
Se l'altro, anche se non lo penso tutti i giorni, anche se non lo sento e non lo vedo da troppo, me lo portassi dentro, in quei posti che ho sfiorato sulla sua schiena? Se io provassi davvero "qualcosa di più", perché mi "piacciono aspetti diversi di uno e dell'altro"? Cosa dovrei fare?
Per uno tremo, tremo quando lo intravedo da lontano, tremo così tanto da cambiare strada per non incrociarlo, per non tremare come la California.
Per l'altro... per l'altro scalerei le montagne, supererei la distanza come ho superato l'odio per il contatto fisico finendo a fargli i grattini standogli abbracciata ad ogni occasione, come ho pedalato sotto il sole solo perché lui mi aveva chiesto di andare.
Per uno ho affrontato un salto, mi sono rotta qualche osso, ma son guarita, c'è voluto tempo, ma sono guarita e credevo di stare bene prima che dicessero determinate cose.
Per l'altro faccio finta di non ricordare ogni minimo dettaglio, di non pensarlo quando l'ansia si mangia il mio ossigeno.
Cosa dovrei fare se quella professoressa tanto geniale avesse ragione, se fossi divisa tra due persone che in me non vedono lo stesso? Cosa dovrei fare per tornare a non sentire, a non pensare che forse ha ragione ed io sto come ha detto lei?
Vorrei silenzio, quiete, com'era prima, quando ero bendata e le cose le vedevano solo gli altri, perché tornare ad aver bisogno di chi non sente lo stesso fa male, male da far mancare l'aria.
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