Ciao,
Come stai? Che fine hai fatto?
Io sono esausta, ho studiao per quattro ore senza distrarmi, riempiendomi la testa di subordinate soggettive implicite ed esplicite, su cos'è lo Stato, sullo Statuto Albertino e di date importanti che conoscevo già, su cos'è la materia e cos'è una sostanza omogenea, su l'organizzazione dei viventi e la loro capacità di autoregolarsi; ho studiato tutto il giorno, per non pensare al fatto che, oggi, mentre quello di italiano diceva due parole sulla droga col resto della classe ed io mi mettevo avanti di geometria, mi sei venuto in mente nell'unico momento in cui ho messo davvero a fuoco le parole di quell'uomo tanto affascinante quanto stronzo.
Sono due giorni che bussi un po' più forte, ieri credevo di averti visto, ma era solo un ragazzo che assomigliava a te qualche anno fa. Sarebbe stato bello che fossi tu, che magari mi riconoscessi come ha fatto Ricky che mi ha fatto un enorme sorriso, l'altro giorno alla fermata dell'autobus. Sarebbe bello, everlo da te, un enorme sorriso, magari parlare, darti del coglione per la strada che hai preso e chiederti quell'abbraccio che avrei voluto anni fa -che vorrei tutt'ora- anche se non sei più il ragazzo coi capelli neri neri un po' lunghi. Dio, quei bei capelli tagliati a zero solo per chiedere attenzione.
Come stai? Ti sei rovinato sempre di più per chiedere solo un po' d'amore a chi t'ha messo al mondo? Ti sei o ti stai tirato fuori? Hai avuto un po' d'amore o ti sei trovato solo schifezze che t'hanno allontanato di più dalla vita?
Quanto vorrei farle a te, queste domande, e sentire che ti sei salvato, che la mia paura è solo dettata dall'ansia e dal fatto che nessuno sa più nulla di te. Vorrei solo sapere che tu stai bene, che ne sei uscito, che anziché bruciartelo quel cervello che hai, sei tornato ad usarlo come alle medie che quando in classe facevamo a gara a chi aveva preso il voto più alto di matematica, mi sorridevi e mi dicevi "distinto" ed io ti mandavo a cagare, perché m'avevi raggiunto, quando alle medie mi capitava di sederti accanto perché nessuno riusciva a sopportarti tranne me -chissà perché, a me, non hai mai dato noia- e mormoravi la risposta giusta, ma non la dicevi mai al prof., ma quando ti chiedevo perché non lo dicevi scrollavi le spalle ed io mi chiedevo cos'era tutta la tristezza che avevi negli occhi. Sai, ho paura per tutta quella tristezza, perché con la strada che hai preso finirà male ed io non voglio leggerti sul giornale; vorrei incontrarti per la strada, riconoscerti, guardarti e sperare che tu riconosca dietro all'eye-liner, i capelli molto più corti e il centimetro in più d'altezza la tua compagna delle medie e sentirti dire "ciao", non trovarti sulla locandina del giornale mentre una mattina me ne vado a scuola. Vorrei vederti e parlare, chiederti com'è che ti sei lasciato andare, com'è che hai chiesto attenzione facendoti così male, ascoltarti per ore, se tu volessi, o limitarmi ad un ciao, se non volessi parlare.
Quest'anno dovrò rifare Benedetto da Norcia e i benedettini, mi ricorderò ancora una volta del nomignolo che ripetevi mentre io dovevo leggere, ma invece ridevo per colpa tua.
Ciao, lo so, ho scritto troppo, ma sai, non sono solo le parole che sto trattenendo da qualche settimana, sono le parole che trattengo dall'ultima volta che ho scritto per te, di te, a te ed è una volta che risale ad anni fa.
Ciao, mi piacerebbe incontrarti per caso, un giorno, e vedere che mi riconosci nonostante siamo cambiati tanto tutti e due.
Ciao, mi piacerebbe che quel giorno in cui ci incontriamo per caso e in cui tu mi riconosci, finiamo a parlare.
Ciao, mi piacerebbe che quel giorno in cui ci incontriamo per caso, in cui tu mi riconosci e finiamo a parlare, mi abbracciassi, perché io e te ridevamo, parlavamo, vedevamo la tristezza negli occhi dell'altro, ma non ci siamo mai abbracciati.
Ciao, mi piacerebbe abbracciarti, anche di corsa prima di scappare su un autobus.
Ciao, mi piacerebbe non avere paura di trovarti sulla locandina del giornale o sulla prima pagina della cronaca locale.
Ciao, credo di volerti ancora bene (o forse un po' di più).
Cia'.
mercoledì 28 settembre 2011
martedì 27 settembre 2011
Cinque ottimi motivi per non fare (mai più) educazione fisica.
1. Mette in mostra il lato imbranato che uno cerca di nascondere.
2. Ti diventa la faccia rossa, a chiazze, e ti senti in imbarazzo quando la prof. ti costringe a fermarti, perché capisce che stai per stramazzare a terra mentre tu cercavi di nasconderlo.
3. Ti fanno male tutti i muscoli, compresi quelli che non sapevi di poter avere o che potessero far male.
4. Per evitare una pallonata in faccia ti si spezza un'unghia che manda a puttana i mesi di sforzi per non mangiarle ed averle lunghe.
5 . Si suda.
2. Ti diventa la faccia rossa, a chiazze, e ti senti in imbarazzo quando la prof. ti costringe a fermarti, perché capisce che stai per stramazzare a terra mentre tu cercavi di nasconderlo.
3. Ti fanno male tutti i muscoli, compresi quelli che non sapevi di poter avere o che potessero far male.
4. Per evitare una pallonata in faccia ti si spezza un'unghia che manda a puttana i mesi di sforzi per non mangiarle ed averle lunghe.
5 . Si suda.
sabato 24 settembre 2011
Keep calm (even if it's hard).
Mia madre è convinta che io sia più rilassata e a mio agio nella nuova scuola, mentre mio padre da per scontato che io, quest'anno, passerò senza problemi dimenticandosi che, io, economia aziendale non l'ho mai fatta prima d'ora e francese non lo faccio dalle medie. Io, invece, mi sento solo più apatica degli altri anni, così anziché scrivere a D. se oggi ha da fare o se mi fa compagnia a mangiarci una crepes come l'altra volta, mi ritrovo a meditare di studiare tutto diritto per la prova che mi vuole far fare la prof. e non si sa neanche quando per di più, in classe, son passata da essere quella che copia i compiti dalla compagnia di banco a quella che fa copiare i compiti di qualsiasi materia alle altre e, anziché farmi piacere, mi fa sentire stressata. E, in tutto questo, io non so più neanche come sto, non ho tempo per scrivere tra una compagnia di banco che si fa i cazzi miei tutte le sante volte che inizio a scrivere e volermi togliere i compiti, vado a letto tutte le sere col mal di testa e non so se sono gli occhiali da cambiare o lo stress che mia madre non nota. Per di più son senza sigaretta e la mia tendinite sarebbe da far controllare insieme alle analisi del sangue da fare.
Ho voglia di andare in montagna, mettermi gli scii e buttarmi giù da una montagna col freddo che fa diventare rosso rosso il mio naso. Ho biosogno di star calma, ecco.
Ho voglia di andare in montagna, mettermi gli scii e buttarmi giù da una montagna col freddo che fa diventare rosso rosso il mio naso. Ho biosogno di star calma, ecco.
giovedì 22 settembre 2011
"Quando l'ho vista la prima volta, pensavo fosse una dura, una persona sicura di sé, poi l'ho conosciuto e ho capito che è sensibile e molto disponibile. E' davvero una bella persona".
Cit.
E, okay, sentirsi dire che sembri una persona colta ed intelligente è meglio, però lui mi ha fatto sorriddere nonostante l'imbarazzo.
Cit.
E, okay, sentirsi dire che sembri una persona colta ed intelligente è meglio, però lui mi ha fatto sorriddere nonostante l'imbarazzo.
mercoledì 21 settembre 2011
lunedì 19 settembre 2011
Mi sento a mio agio con le persone “strane”, i disadattati, gli “sfigati”, quelli che le persone considerate “normali” eviterebbero. Mi sento a mio agio con le persone che fanno discorsi astratti, che se nomino un'artista di 20 anni fa non mi guarda con “chi cazzo è?” stampato in faccia, che mi capiscono quando dico che in libreria o in un negozio di cd potrei morire. Mi sento a mio agio con le persone schiette, quelle che ogni tanto si spegono e sanno cosa vuol dire morire dentro, con le persone che sorridono con gli occhi e non solo con le labbra. Mi sento a mio agio con le persone che vorrebbero essere una drag queen, avere una laurea, girare il mondo o fare un bagno nell'oceano.
Mi sento a mio agio con le persone che mio padre considererebbe “diverse”.
Mi sento a mio agio con le persone che mio padre considererebbe “diverse”.
sabato 17 settembre 2011
Ho messo via un pò di consigli
dicono è più facile
li ho messi via perchè a sbagliare
sono bravissimo da me.
Mi sto facendo un pò di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel pò di cose
ma non mi spiego mai il perchè
io non riesca a metter via te.
- E okay, non ci riesco, ma non rinfacciatemelo incosapevolmente mentre cantate. Cazzo.
dicono è più facile
li ho messi via perchè a sbagliare
sono bravissimo da me.
Mi sto facendo un pò di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel pò di cose
ma non mi spiego mai il perchè
io non riesca a metter via te.
- E okay, non ci riesco, ma non rinfacciatemelo incosapevolmente mentre cantate. Cazzo.
giovedì 15 settembre 2011
"Non importa cosa ho scelto c'è chi pensa già per me e decide cosa è giusto e cosa è inutile".
Stamattina sono arrivata scuola in anticipo di quaranta minuti ed ero sola e mi sono resa conto quanto mi mancasse arrivare a scuola alle sette e quaranta del mattino e trovare qualcuno che si mette a ripassare il cuore con la mia collana. Mi sono accesa una sigaretta e mi sono ritrovata a chiamare M. mentre camminavo verso scuola guardando verso la stazione, perché avrei voluto vederla arrivare e dirle "toh! Sei puntuale!" così mi son fatta due sigarette una dietro all'altra, mentre qualcuno della nuova classe arrivava e si fermava con me a chiacchierare del più e del meno, a chiedermi come mai ieri non c'ero per poi raccontarmi cos'ha combinato quello stronzo -però affascinante!- del prof. d'italiano.
Avrei voluto essere di là, dove non ci sono gabbiani a cantare e una compaga di banco che se ti vede scrivere ti lascia fare, non si mette a parlarti per fare conoscenza facendoti perdere il fulmine che t'ha colpito -eccoperchém'eromessainbancodasola,puttanamadonnaladra!- e perché fumare col culo appoggiato su muretto un albero poco lontano e in uno spazio largo con qualcuno con cui stare in silenzio non è un problema era più facile che fare la socievole con tutti quelli che si mettono a parlare con te saltandosene su, poi, con "Maracaibo".
Avrei voluto essere di là, dove non ci sono gabbiani a cantare e una compaga di banco che se ti vede scrivere ti lascia fare, non si mette a parlarti per fare conoscenza facendoti perdere il fulmine che t'ha colpito -eccoperchém'eromessainbancodasola,puttanamadonnaladra!- e perché fumare col culo appoggiato su muretto un albero poco lontano e in uno spazio largo con qualcuno con cui stare in silenzio non è un problema era più facile che fare la socievole con tutti quelli che si mettono a parlare con te saltandosene su, poi, con "Maracaibo".
martedì 13 settembre 2011
domenica 11 settembre 2011
Soffro di:
- cervicale.
- tendinite.
- mal di schiena.
- claustrofobia.
- ansia per le minime cose.
- nausea da persone false.
E, ultimo, ma non per importanza: ho pure sbattuto il mignolo nell'angolo del tavolo.
Okay, è tutto un segno del destino... domani mi perderò con i cambi degli autobus, avrò una classe di merda, finirò in prima fila, non vedrò il prof. figo di Fisica (comeamareunamateriachealtrimentitifarebbedormire!) e non tornerò a casa. Me lo sento!
- cervicale.
- tendinite.
- mal di schiena.
- claustrofobia.
- ansia per le minime cose.
- nausea da persone false.
E, ultimo, ma non per importanza: ho pure sbattuto il mignolo nell'angolo del tavolo.
Okay, è tutto un segno del destino... domani mi perderò con i cambi degli autobus, avrò una classe di merda, finirò in prima fila, non vedrò il prof. figo di Fisica (comeamareunamateriachealtrimentitifarebbedormire!) e non tornerò a casa. Me lo sento!
sabato 10 settembre 2011
mercoledì 7 settembre 2011
Sono tipo ad ascoltare Hero dei Superchick dopo tipo due anni che non la sentivo, stasera m'è presa malinconica senza una ben chiara ragione, sarà che stamani ho messo Adrenalina 2 mentre andavo a scuola e mi sono ricordata dell'estate di tre anni fa quando con la D. - e anche la I., dopo - siamo andate a due concerti e lei, quel cd, me l'ha fatto autografare e tipo io ero la persona più felice del mondo. Mi accontento di poco.
Stamani ho fatto tipo amicizia con due che andranno in seconda, però all'aziendale, però almeno ora consoco qualcuno a scuola; al tg prima parlavano che i ragazzi e le ragazze si stanno preoccupando di cosa mettersi il primo giorno di scuola e io mi sento tanto un pesce fuor d'acqua, perché non mi sto preoccupando per niente di cosa mettermi, anche perché tutto quello che vorrei mettermi mi farebbe sentire sbagliata perché il problema sono io, non quello che metto. E poi, che mi metta la maglia di Slash o qualsiasi altra maglia non mi risolve il problema di essere in una classe di sconosciuti in una scuola dove conosco solo due persone. Vorrei scappare da lì e correre alla vecchia scuola che, per quanto ho detto che non ci metterò più piede, ci sono tante persone che mi rilassano solo a vederle (e mi fanno preoccupare a non vederle).
Dovrei iniziare a prepararmi per uscire, ma i Superchick e i Flyleaf mi tengono qua. Forse è che io a salutare la gente e non sapere quando li rivedrò mi fa venire mal di pancia. O forse è il libro. O forse che ho mangiato troppo.
Stamani ho fatto tipo amicizia con due che andranno in seconda, però all'aziendale, però almeno ora consoco qualcuno a scuola; al tg prima parlavano che i ragazzi e le ragazze si stanno preoccupando di cosa mettersi il primo giorno di scuola e io mi sento tanto un pesce fuor d'acqua, perché non mi sto preoccupando per niente di cosa mettermi, anche perché tutto quello che vorrei mettermi mi farebbe sentire sbagliata perché il problema sono io, non quello che metto. E poi, che mi metta la maglia di Slash o qualsiasi altra maglia non mi risolve il problema di essere in una classe di sconosciuti in una scuola dove conosco solo due persone. Vorrei scappare da lì e correre alla vecchia scuola che, per quanto ho detto che non ci metterò più piede, ci sono tante persone che mi rilassano solo a vederle (e mi fanno preoccupare a non vederle).
Dovrei iniziare a prepararmi per uscire, ma i Superchick e i Flyleaf mi tengono qua. Forse è che io a salutare la gente e non sapere quando li rivedrò mi fa venire mal di pancia. O forse è il libro. O forse che ho mangiato troppo.
lunedì 5 settembre 2011
domenica 4 settembre 2011
Lui non è così testa di cazzo come lo fai passare te a parole, stronzo e che sbaglia spesso, sì, ma non così fottutamente testa di cazzo.
Tu non sei Isabella Swan, quindi smettila di comportarti come se fossi sul punto di morire solo perché lui s'è trovato un'altra, dopo che l'hai fatto patire per due anni.
Io non sono Dottor Stranoamore né una spugna che assorbe tutto senza patire. Ho anch'io i miei cazzi, quindi se non vengo su perché ho bisogno di andare in mezzo alla gente per non pensare evita di dirmi "sto a deprimermi su". Eporcocazzocheinculaungatto.
Tu non sei Isabella Swan, quindi smettila di comportarti come se fossi sul punto di morire solo perché lui s'è trovato un'altra, dopo che l'hai fatto patire per due anni.
Io non sono Dottor Stranoamore né una spugna che assorbe tutto senza patire. Ho anch'io i miei cazzi, quindi se non vengo su perché ho bisogno di andare in mezzo alla gente per non pensare evita di dirmi "sto a deprimermi su". Eporcocazzocheinculaungatto.
venerdì 2 settembre 2011
Parlare tra i denti e sotto voce mentre tuo fratello ci ascolta e l’altro bimbetto ti dice “chiedile di Rh.”.
A fingere che io e te non ci parliamo più, non siamo bravi. Tu (mi) fai sorrisi a culo per questa situazione orribile mentre scherzi con tuo fratello (e lei cerca di scherzare con te) e io ti rispondo con sorrisi ancora più a culo per ritrovarci, poi, con lei che cammina avanti di cinque metri e tu che tra i denti mi chiedi “cosa t’ha detto?” e io che ti rispondo che m’ha raccontato tutto e m’ha fatto leggere i messaggi mentre tuo fratello ci guarda e il bimbetto cagacazzi ti stressa dicendo a ripetizione “chiedile di Rh.” E tu lo metti a tacere dicendo “poi” e poi non sarà mai, perché tu non tocchi mai i tasti dolenti. E poi ci salutiamo sfruttando il muro che c’è tra me e lei per fare gli amici e tu che capisci meglio di lei che ho qualcosa per la testa mi fai segno che mi chiami, però non dici quando e oggi sto attenta al fatto che il telefono prenda sempre, ché non si sa mai quando riesci a chiamare e tanto, lo sai, per me puoi chiamare anche alle tre di notte che ti rispondo sempre sorridendo per quel “Mara banana” che mi dici tutte le volte che possiamo essere normali amici.
giovedì 1 settembre 2011
Dear September, I'm not sure if I love you.
Caro settembre, sei arrivato puntuale come tutti gli anni. Ieri speravo che piovesse, che mi salutassi come due anni fa con una bella pioggia di quelle attese da un po’, quelle che riempiono l’aria di quel buon profumo di terra e asfalto bagnato. Avrei voluto che piovesse, mentre camminavo sotto quel cielo stellato male.
Non so se sono felice del tuo arrivo, però. L’anno scorso lo ero, lo ero anche tanto, ma quest’anno non lo so. Non ho niente da aspettare, non ho nessuna prova da superare superando un cancello di una scuola che oramai non è più la mia, non ho nessuno ad aspettarmi e a tenermi il posto accanto a se a scuola, non ho chi vedendomi arrivare con lo zaino mi saluterà dopo tre mesi che non ci si vede. Quest’anno non so se son felice del tuo arrivo, perché non ho niente da aspettare e, alla fine, a me piace aspettare le cose. Quest’anno m’hai messo l’ansia, settembre, perché tra undici giorni dovrò andare in mezzo a gente sconosciuta ed io che, come dice M., sono sociofobica e tu che sei un mese intelligente due più due lo sai fare, quindi sai cosa vuol dire per me andare in un posto del genere. Mi risento un po’ come la bambina che doveva andare in prima media, quella che non vedeva l’ora che iniziasse la scuola nonostante il giorno prima si fosse messa l’apparecchio e parlava malissimo, ma era felice di tornare a scuola anche se a correrle in contro dicendo “tu ti siedi vicino a me!” non c’era nessuno; mi sento così, felice di ricominciare la scuola e spaesata da un posto nuovo.
Non so se sono felice e se ti amo come l’anno scorso, settembre, perché quest’anno non ho prove del nove, non ho concerti da aspettare e non ho eventi da segnare da qualche parte. Sei solo un altro mese, come agosto o ottobre. Non sono felice né triste del tuo arrivo, perché la partenza degli amici quest’anno non mi mette poi tanta tristezza, sarà che di stare in mezzo a Beautiful non è l’obbiettivo della mia vita, sarà che sentirmi rinfacciare i miei errori e il fatto che non vado a ballare non sono il mio divertimento preferito. Però tu sei un mese fatto così, uno si aspetta le cose e te ne stai nella media dei mesi non bellissimi, ma almeno buoni, magari quest’anno che m’aspetto il peggio da te tu mi porti tante buone cose. “Chi vivrà, vedrà”, dicono.
Ultimamente, caro settembre, non riesco più a scrivere a computer e tantomeno se non è il mio, quindi mi ritrovo a pensare alle parole che voglio usare e quando faccio così mi detesto sempre un po’, ché a me le parole piacciono quando escono di getto e magari non suonano benissimo, però son più sincere di quando ci stai a pensare delle ore e, poi, non mi piacciono più di tanto le parole scritte a computer, ho riscoperto che le parole fatte di inchiostro e un po’ storpie son più belle. Ultimamente, se è per questo, le parole che uso non mi piacciono mai, infatti scrivo e non voglio che nessuno legga, perché mi vergogno di come due parole stanno insieme.
Caro settembre, quest’anno mi piaci poco perché mi metti paura, perché io non so affrontare le sfide che mi trovo davanti, se una volta ci provavo, ora ho deciso di evitarle, però voglio anche dimostrare – dimostrarmi - che io non sono poi tanto fifona e quindi, forse, ci proverò ad affrontarle. Ma poi mi conosco, al primo ostacolo che mi fa cadere, non riuscirò ad andare avanti e mi siederò in un angolo e aspetterò che la sfida passi da sé. Ecco, settembre, ho trovato il nostro obbiettivo per quest’anno. Tu mi insegnerai a tirare fuori le palle, a cercare di superare le sfide e rialzarmi e io cercherò di affrontarle, di non girarci intorno o sedermi ad aspettare che la sfida se ne vada. Alla fine, di sfide, a settembre ne ho superate un po’, che siano esami di scuola o che siano prove del nove per salvarsi il cuore da cotte tossiche, quindi potrei anche riuscirci a superare anche questa. Forse, credo, non lo so.
Caro settembre, potresti far piovere un po’, perché l’odore di terra e asfalto bagnato son così buoni e fanno così bene. Potresti far piovere, perché ho voglia di sentire l’acqua che mi cade addosso, entra dentro le ossa e bagna anche il cuore. Potresti far piovere, così potrei sedermi in terrazzo e guardare la pioggia, senza pensare a niente se non a quel buon odore che impregna l’aria.
Caro settembre, si buono come l’anno scorso e se devi portare qualche novità, portala piccola o che non faccia male. Non ho la forza necessaria a superare qualcosa di grande.
Con affetto,
Amy.
Non so se sono felice del tuo arrivo, però. L’anno scorso lo ero, lo ero anche tanto, ma quest’anno non lo so. Non ho niente da aspettare, non ho nessuna prova da superare superando un cancello di una scuola che oramai non è più la mia, non ho nessuno ad aspettarmi e a tenermi il posto accanto a se a scuola, non ho chi vedendomi arrivare con lo zaino mi saluterà dopo tre mesi che non ci si vede. Quest’anno non so se son felice del tuo arrivo, perché non ho niente da aspettare e, alla fine, a me piace aspettare le cose. Quest’anno m’hai messo l’ansia, settembre, perché tra undici giorni dovrò andare in mezzo a gente sconosciuta ed io che, come dice M., sono sociofobica e tu che sei un mese intelligente due più due lo sai fare, quindi sai cosa vuol dire per me andare in un posto del genere. Mi risento un po’ come la bambina che doveva andare in prima media, quella che non vedeva l’ora che iniziasse la scuola nonostante il giorno prima si fosse messa l’apparecchio e parlava malissimo, ma era felice di tornare a scuola anche se a correrle in contro dicendo “tu ti siedi vicino a me!” non c’era nessuno; mi sento così, felice di ricominciare la scuola e spaesata da un posto nuovo.
Non so se sono felice e se ti amo come l’anno scorso, settembre, perché quest’anno non ho prove del nove, non ho concerti da aspettare e non ho eventi da segnare da qualche parte. Sei solo un altro mese, come agosto o ottobre. Non sono felice né triste del tuo arrivo, perché la partenza degli amici quest’anno non mi mette poi tanta tristezza, sarà che di stare in mezzo a Beautiful non è l’obbiettivo della mia vita, sarà che sentirmi rinfacciare i miei errori e il fatto che non vado a ballare non sono il mio divertimento preferito. Però tu sei un mese fatto così, uno si aspetta le cose e te ne stai nella media dei mesi non bellissimi, ma almeno buoni, magari quest’anno che m’aspetto il peggio da te tu mi porti tante buone cose. “Chi vivrà, vedrà”, dicono.
Ultimamente, caro settembre, non riesco più a scrivere a computer e tantomeno se non è il mio, quindi mi ritrovo a pensare alle parole che voglio usare e quando faccio così mi detesto sempre un po’, ché a me le parole piacciono quando escono di getto e magari non suonano benissimo, però son più sincere di quando ci stai a pensare delle ore e, poi, non mi piacciono più di tanto le parole scritte a computer, ho riscoperto che le parole fatte di inchiostro e un po’ storpie son più belle. Ultimamente, se è per questo, le parole che uso non mi piacciono mai, infatti scrivo e non voglio che nessuno legga, perché mi vergogno di come due parole stanno insieme.
Caro settembre, quest’anno mi piaci poco perché mi metti paura, perché io non so affrontare le sfide che mi trovo davanti, se una volta ci provavo, ora ho deciso di evitarle, però voglio anche dimostrare – dimostrarmi - che io non sono poi tanto fifona e quindi, forse, ci proverò ad affrontarle. Ma poi mi conosco, al primo ostacolo che mi fa cadere, non riuscirò ad andare avanti e mi siederò in un angolo e aspetterò che la sfida passi da sé. Ecco, settembre, ho trovato il nostro obbiettivo per quest’anno. Tu mi insegnerai a tirare fuori le palle, a cercare di superare le sfide e rialzarmi e io cercherò di affrontarle, di non girarci intorno o sedermi ad aspettare che la sfida se ne vada. Alla fine, di sfide, a settembre ne ho superate un po’, che siano esami di scuola o che siano prove del nove per salvarsi il cuore da cotte tossiche, quindi potrei anche riuscirci a superare anche questa. Forse, credo, non lo so.
Caro settembre, potresti far piovere un po’, perché l’odore di terra e asfalto bagnato son così buoni e fanno così bene. Potresti far piovere, perché ho voglia di sentire l’acqua che mi cade addosso, entra dentro le ossa e bagna anche il cuore. Potresti far piovere, così potrei sedermi in terrazzo e guardare la pioggia, senza pensare a niente se non a quel buon odore che impregna l’aria.
Caro settembre, si buono come l’anno scorso e se devi portare qualche novità, portala piccola o che non faccia male. Non ho la forza necessaria a superare qualcosa di grande.
Con affetto,
Amy.
Iscriviti a:
Post (Atom)