lunedì 27 luglio 2015
L'ultimo biglietto di compleanno.
L'ultimo biglietto di una lunga serie; molti sono andati persi, alcuni sono ancora integri in una scatola piena di lettere. Questo è l'ultimo, il vero ultimo. Non ci sono più stati compleanni, Natali o promozioni da festeggiare. Non ci sono stati altri avvenimenti per cui lui si sentisse in dovere di darmi la “bustina”, del cui contenuto monetario non mi è mai fregato nulla, mi sono sempre bastate quelle poche parole tremolanti.
Avrei voluto un altro compleanno, avrei voluto vedere cosa avrebbe scritto lui per i miei diciotto anni, ma del compleanno dell'anno dopo ho la lettera di un'amica e gli auguri scritti dai miei zii, ma non i suoi. Se gli altri mi ringraziavano di esserci sempre stata, mi incitavano a rimanere me stessa, quello che poteva dirmi lui sarà sempre un mistero.
L'ultimo biglietto, intanto, è chiuso in una scatola, al sicuro, tenuto come ultimo ricordo importante di una persona che mi porto in ogni cellula e su inchiostro nero su pelle bianca insieme a tante altre cose che mi rendono quella che sono, ma, oggi, quattro anni dopo, mi rendo conto che fisicamente di lui resta solo questo biglietto e tante parole mai dette.
E' o non è?
Continuo a non capire niente. C'è, non c'è, fa il carino, non risponde neanche, compare in piena notte a scrivermi, mi dice il programma della sua settimana, mi dice che ha aggiunto una mia amica.
Gli interesso? Non gli interesso? Vuole provarci con lei? Non vuole? Posso mettermi l'anima in pace? Posso sperare e rischiare qualcosa?
Cerco di capirci qualcosa, ma più penso, più analizzo, più mi perdo finendo a perdere quel briciolo di sonno che avevo e di calma che ultimamente mi ero faticosamente conquistata.
Ho delle scatole da fare, delle cose da decidere se tenere o meno, ma riesco solo ad ascoltare una canzone cercando di convincermi che se la canto più forte, posso fingere che sia tutto ok, ma in realtà ho la testa in confusione, un campanello di allarme che risuona incessante per dirmi che sta per andare a finire come al solito, che un'amica fa più colpo di me.
Non sarebbe la prima volta, perché mi sto preoccupando del dolore che causerà questa cosa allora? Perché ho paura che davvero vada a finire come altre volte? Infondo, questa volta sarebbe anche più che comprensibile che lei fa più colpo di me: più bella, più spigliata, più in gamba, più esperienza, più fascino, più carisma. Non dovrei neanche stupirmi, non dovrei farmi tutte queste domande, non dovrei avere dubbi eppure una stramaledetta parte di me sta ancora sperando che io mi stia sbagliando, che sia l'insicurezza a parlare, e che possa aver visto qualcosa in me.
Dio, quanto vorrei chiudere tutti questi maledetti pensieri in uno scatolone su cui scrivere "da buttare".
Gli interesso? Non gli interesso? Vuole provarci con lei? Non vuole? Posso mettermi l'anima in pace? Posso sperare e rischiare qualcosa?
Cerco di capirci qualcosa, ma più penso, più analizzo, più mi perdo finendo a perdere quel briciolo di sonno che avevo e di calma che ultimamente mi ero faticosamente conquistata.
Ho delle scatole da fare, delle cose da decidere se tenere o meno, ma riesco solo ad ascoltare una canzone cercando di convincermi che se la canto più forte, posso fingere che sia tutto ok, ma in realtà ho la testa in confusione, un campanello di allarme che risuona incessante per dirmi che sta per andare a finire come al solito, che un'amica fa più colpo di me.
Non sarebbe la prima volta, perché mi sto preoccupando del dolore che causerà questa cosa allora? Perché ho paura che davvero vada a finire come altre volte? Infondo, questa volta sarebbe anche più che comprensibile che lei fa più colpo di me: più bella, più spigliata, più in gamba, più esperienza, più fascino, più carisma. Non dovrei neanche stupirmi, non dovrei farmi tutte queste domande, non dovrei avere dubbi eppure una stramaledetta parte di me sta ancora sperando che io mi stia sbagliando, che sia l'insicurezza a parlare, e che possa aver visto qualcosa in me.
Dio, quanto vorrei chiudere tutti questi maledetti pensieri in uno scatolone su cui scrivere "da buttare".
mercoledì 22 luglio 2015
Ho scoperto che iniziare a svuotare camera - e casa - dai miei cd, di cui alcuni mix di un'illegalità allucinante che, davvero, mi chiedo quale turbe avessi tra gli undici e i tredici anni, ha i suoi lati positivi. Non sto pensando, ho smesso di pormi qualsiasi tipo di domanda sulla mancata risposta, sul perché attiro persone che prima fanno di tutto per vederti, che ti mandano messaggi gentilissimi in piena notte dove ti informano di non averti più trovata e ti propongono bagni di notte, ti salutano educatissimi e poi non si degnano neanche di darti una risposta. Ho smesso di farmi ogni domanda, di colpevolizzarmi, è tutto un "cd da tenere, cd da buttare".
Forse è colpa mia, forse sono io che faccio scappare tutti, forse non vuol dire niente che non mi ha risposto, forse non lo so. Ora penso a quella scatola sul letto, a questo mix trashissimo con le peggio canzoni uscite tra il 2000 e il 2007, penso che stasera sono ad una serata con musica Reggae, Ska e compagnia bella dove butterò giù alcol e ballerò come se non ci fosse un domani, come se non rischiassi di incontrarlo.
Forse è colpa mia, forse sono io che faccio scappare tutti, forse non vuol dire niente che non mi ha risposto, forse non lo so. Ora penso a quella scatola sul letto, a questo mix trashissimo con le peggio canzoni uscite tra il 2000 e il 2007, penso che stasera sono ad una serata con musica Reggae, Ska e compagnia bella dove butterò giù alcol e ballerò come se non ci fosse un domani, come se non rischiassi di incontrarlo.
mercoledì 15 luglio 2015
Sindrome di Peter Pan #1.
A me questa cosa di entrare nel mondo dei grandi non mi piace affatto.
Chi l'ha detto che devo crescere? Che devo stare dietro io ai soldi, iscrizioni, patente, cazzi e mazzi?
Io voglio rimanere un'eterna bambina come Peter Pan, il mondo dei grandi ha troppi numeri, password, codici e tante cose brutte.
Chi l'ha detto che devo crescere? Che devo stare dietro io ai soldi, iscrizioni, patente, cazzi e mazzi?
Io voglio rimanere un'eterna bambina come Peter Pan, il mondo dei grandi ha troppi numeri, password, codici e tante cose brutte.
martedì 7 luglio 2015
"Fai ciò che ti piace e ricordati che sei ok".
Oggi, dopo aver ricevuto la foto dei quadri su whatsapp (fa troppo caldo per farmi tutti quei chilometri in autobus per leggere un voto), dopo aver avvertito un po' di persone, dopo aver iniziato a metabolizzare che con due anni di ritardo, un cambio di scuola, tanto sconforto e sudore ho ufficialmente finito la mia carriera da studentessa delle superiori, ho preso il telefono e mi sono tolta lo sfizio di ringraziare una professoressa.
Non una di quelle a caso, una di quelle che a volte sclera, ma che è in grado di appassionarti alla materia, ma che soprattutto ha saputo appassionare me alla sua materia. Inoltre, mi ha aiutato a ritrovare la voglia di studiare, di non fermarmi al diploma solo perché avevo perso due anni e che mi ha aiutato a capire tante cose di me, che mi ha dato più di semplici nozioni scolastiche.
Le ho mandato un messaggio dicendole tutte queste cose, senza pretendere risposta, semplicemente per informarla di quello che pensavo, per ringraziarla sperando di avere, un giorno, la possibilità di rivederla. Forse è per questo che, quando mi sono arrivate le sue risposte, mi sono sentita sul punto di commuovermi. Ha detto alcune belle cose, cose che sono importanti per me visto che sono dette da una persona per cui nutro stima.
Forse è davvero questo quello che contava per me, più di un voto discretamente alto. Contava la gioia di mia madre, lo stupore di mio padre, essere riuscita a dimostrare almeno ad un insegnante chi sono quanto valgo, sentendomelo ricordare spesso.
Me la porterò nel cuore, come professoressa e come persona, insieme a quell'abbraccio e quel pensiero per il mio compleanno, insieme alle sue parole.
Non una di quelle a caso, una di quelle che a volte sclera, ma che è in grado di appassionarti alla materia, ma che soprattutto ha saputo appassionare me alla sua materia. Inoltre, mi ha aiutato a ritrovare la voglia di studiare, di non fermarmi al diploma solo perché avevo perso due anni e che mi ha aiutato a capire tante cose di me, che mi ha dato più di semplici nozioni scolastiche.
Le ho mandato un messaggio dicendole tutte queste cose, senza pretendere risposta, semplicemente per informarla di quello che pensavo, per ringraziarla sperando di avere, un giorno, la possibilità di rivederla. Forse è per questo che, quando mi sono arrivate le sue risposte, mi sono sentita sul punto di commuovermi. Ha detto alcune belle cose, cose che sono importanti per me visto che sono dette da una persona per cui nutro stima.
Forse è davvero questo quello che contava per me, più di un voto discretamente alto. Contava la gioia di mia madre, lo stupore di mio padre, essere riuscita a dimostrare almeno ad un insegnante chi sono quanto valgo, sentendomelo ricordare spesso.
Me la porterò nel cuore, come professoressa e come persona, insieme a quell'abbraccio e quel pensiero per il mio compleanno, insieme alle sue parole.
giovedì 2 luglio 2015
"Fosse anche solo per non aver mai mollato".
E' finita, sono sopravvissuta, comunque vada ne esco da vincente.
Sono rientrata a casa da poco, il sudore mi sta appiccicando addosso la maglia ed i pensieri e scrivere, con il caldo che fa, è uno sforzo fisico non da poco.
Ho dato l'orale della maturità o, per essere corretti, dell'esame di stato. Come mi sento? Sollevata, strana, esausta, pronta.
Non mi importa del voto, perché arrivare alla fine viva vale più di ogni voto in centesimi. Ho lottato nove mesi contro le mie mancanze, contro il peso di due anni persi, ho combattuto soprattutto contro me stessa, perché sono stata il mio peggiore ostacolo. Ho combattuto contro l'ansia, contro le mie insicurezze, contro i "non ce la faccio". C'è chi dice che ce l'avrei fatta anche senza la loro presenza, ma se ho vinto è anche merito delle amiche che ci sono state, oggi e sempre, dei messaggi senza senso a mie domande d'ansia fatte ad un amico fin troppo paziente.
Sono entrata l', cinque amiche e non so bene quanti compagni di classe a sentire, la paura che inizia a scemare quando vedi una professoressa a te sconosciuta illuminarsi al titolo della tesina, scema quando esponi e rispondi al massimo delle tue capacità.
E' vittoria quando rispondi a tutto, anche se a tentoni davanti ad una materia che proprio non riesci a comprendere. E' vittoria quando ti senti dire che "il compito non serve che te lo faccia vedere: è praticamente perfetto". E' vittoria quando ricevi i complimenti da tutti, ma non per i complimenti in sé, ma perché sai di avercela fatta.
Non sarò il voto d'uscita, sarò quella che è riuscita ad essere fiera di sé, a farcela, sarò quella dell'abbraccio pieno d'ansia alle amiche venute per lei, ma che ride e scherza per nascondere la paura che in realtà la sta divorando. Sarò i sacrifici fatti, le cadute e le soddisfazioni conquistate lottando nonostante di cadute, negli anni e negli ultimi mesi, ne abbia fatte tante. Sarò i complimenti ricevuti pensando "ma per cosa!?", ma soprattutto sarò il "voglio diventare una giornalista nel campo dello spettacolo" in riposta a cosa vorrò fare dopo, detto per la prima volta ad alta voce davanti a degli adulti senza doverci minimamente pensare, ricevendo in risposta "trova gli agganci giusti, le possibilità ci sono".
(ore fa erano parole sudate, parole fresche e calde, come il sole sulla pelle durante un pomeriggio fuori con le amiche. Adesso, qualche ora dopo, sono asciutte, meno fresche, ma sempre calde.)
Sono rientrata a casa da poco, il sudore mi sta appiccicando addosso la maglia ed i pensieri e scrivere, con il caldo che fa, è uno sforzo fisico non da poco.
Ho dato l'orale della maturità o, per essere corretti, dell'esame di stato. Come mi sento? Sollevata, strana, esausta, pronta.
Non mi importa del voto, perché arrivare alla fine viva vale più di ogni voto in centesimi. Ho lottato nove mesi contro le mie mancanze, contro il peso di due anni persi, ho combattuto soprattutto contro me stessa, perché sono stata il mio peggiore ostacolo. Ho combattuto contro l'ansia, contro le mie insicurezze, contro i "non ce la faccio". C'è chi dice che ce l'avrei fatta anche senza la loro presenza, ma se ho vinto è anche merito delle amiche che ci sono state, oggi e sempre, dei messaggi senza senso a mie domande d'ansia fatte ad un amico fin troppo paziente.
Sono entrata l', cinque amiche e non so bene quanti compagni di classe a sentire, la paura che inizia a scemare quando vedi una professoressa a te sconosciuta illuminarsi al titolo della tesina, scema quando esponi e rispondi al massimo delle tue capacità.
E' vittoria quando rispondi a tutto, anche se a tentoni davanti ad una materia che proprio non riesci a comprendere. E' vittoria quando ti senti dire che "il compito non serve che te lo faccia vedere: è praticamente perfetto". E' vittoria quando ricevi i complimenti da tutti, ma non per i complimenti in sé, ma perché sai di avercela fatta.
Non sarò il voto d'uscita, sarò quella che è riuscita ad essere fiera di sé, a farcela, sarò quella dell'abbraccio pieno d'ansia alle amiche venute per lei, ma che ride e scherza per nascondere la paura che in realtà la sta divorando. Sarò i sacrifici fatti, le cadute e le soddisfazioni conquistate lottando nonostante di cadute, negli anni e negli ultimi mesi, ne abbia fatte tante. Sarò i complimenti ricevuti pensando "ma per cosa!?", ma soprattutto sarò il "voglio diventare una giornalista nel campo dello spettacolo" in riposta a cosa vorrò fare dopo, detto per la prima volta ad alta voce davanti a degli adulti senza doverci minimamente pensare, ricevendo in risposta "trova gli agganci giusti, le possibilità ci sono".
(ore fa erano parole sudate, parole fresche e calde, come il sole sulla pelle durante un pomeriggio fuori con le amiche. Adesso, qualche ora dopo, sono asciutte, meno fresche, ma sempre calde.)
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