Ho capito una cosa: il dente del giudizio che mi infiamma mezza bocca, perché non ha spazio, è più doloroso di quando ho scoperto che tizio era sparito perché aveva preferito un’altra.
Dopo quasi una settimana di dolore, penso all'eutanasia, al mischiare antibiotico e alcol nella speranza di sentire meno dolore... in un modo o in un altro.
venerdì 29 gennaio 2016
martedì 26 gennaio 2016
Sono in treno a sperare di arrivare in tempo alla mia stazione senza perdere l'autobus. Ho passato l'esame, un venticinque per cui tutti si complimentano perché "è il primo, va benissimo", ma io sono una fottuta perfezionista e dentro di me soche, se non fosse stato per aver aspettato tre ore tra la fine dello scritto e il mio turno di far l'orale, tre ore dove ho sentito l'ansia crescere a dismisura e, in una situazione totalmente nuova e con accanto una che invece era già più pratica che, quindi, mi faceva sentire un'imbranata nel parlare, sono andata nel pallone e ho fatto casotto. Nonostante questo, io il venticinque l'ho accettato, me ne dico contenta, ma sotto sotto penso "avrei potuto fare meglio". Essere un'ambiziosa perfezionista sarà sempre la mia croce, come quando alle superiori prendevo nove e mezzo e pensavo "quel mezzo in più potevo prenderlo". Una croce bella pesante.
domenica 24 gennaio 2016
Ieri sera classico sabato sera fuori in compagnia che si parte in un numero di persona e poi si aggiungono amici di amici e così mi sono ritrovata a parlare di musica con un ragazzo, uno che finalmente mi tiene testa e capisce tutti i generi che butto lì, conosce i nomi che faccio e fa nomi che non conosco. Una di quelle conversazioni che mi piace fare, perché mi portano a tirar fuori la parte più brillante di me, quella che parla con passione di una cosa che ama e, insomma, suddetto ragazzo si è reso conto di questo e si è complimentato perché si nota che parlo per passione, perché si vede che mi piace.
Sì, poi tanti discorsi interessanti, oggi si è pure fatto sentire e io? E io penso solo all'esame di martedì, non sorrido più di tanto (anche se gli riconosco che il primo messaggio che ha mandato è stato particolarmente simpatico) e mi chiedo com'è che sono diventata così fredda, distacca e snob.
Sì, poi tanti discorsi interessanti, oggi si è pure fatto sentire e io? E io penso solo all'esame di martedì, non sorrido più di tanto (anche se gli riconosco che il primo messaggio che ha mandato è stato particolarmente simpatico) e mi chiedo com'è che sono diventata così fredda, distacca e snob.
martedì 19 gennaio 2016
Blue tuesday.
Stavo pensando ad un mesetto fa quando, in una sera come un'altra in cui ero presa malissimo e mi sono sfogata con Amico, al fatto che o ho sempre visto andare via tutti o mi hanno usata o hanno preferito un'altra ha sancito che ho sempre scelto le persone sbagliate. E' davvero così? Ho sempre scelto le persone sbagliate o sono semplicemente io ad essere sbagliata?
Dovrei essere a pensare a cosa mettere in valigia, a pensare dove siano i miei scarponi da sci e farmi prendere dal panico per non sapere una risposta, dovrei essere preoccupata a pensare "ma ci sarà la neve? Le piste saranno in buone condizioni?", dovrei essere a pensare a queste cose come l'anno scorso, l'anno prima e l'anno prima ancora, indietro così per molti anni, perché oggi dovrebbe essere la sera prima di partire per andare in montagna con papà, in quell'appartamento numero 44 al terzo piano della scala C, ma invece no. No, quest'anno ho scelto di non andare neanche un giorno per preparare un esame che ho paura di non passare, di deludere soprattutto mio padre a cui ho fatto rinunciare a stare con me in quel unico periodo dell'anno in cui, nonostante ci sia altra gente, siamo solo io e lui, lui ed io ed è nostro per non passare neanche l'esame. E sento la mancanza della neve, di sentirla sotto gli sci, di gustarmi la pista, la velocità, l'aria fredda in faccia. Sento la sua mancanza, perché da quando sei anni fa sono rovinosamente caduta rompendo malamente la gamba è diventata la mia migliore amica e la mia miglior nemica, quella che mi fa pensare, prima di iniziare a scendere giù da una pista "come andrà questa volta?" e poi arrivo giù sana e salva, la paura l'ho mollata nel esatto momento in cui ho spinto in avanti per iniziare a muovermi, a scivolare sul bianco che sa aggiustare tutto e ogni volta, quando tolgo gli sci a fine giornata mi ritrovo a pensare "dovrei vivere la vita così, come quando scio. Ho paura? Fanculo, io posso farcela".
E niente, stasera sono triste, non so se sono sbagliata io o se scelgo le persone sbagliate, sono triste che non potrò andare a sciare, non potrò litigare con mio babbo per cazzate, non potrò bisticciare con mio cugino come due bambini anche se nessuno dei due lo è più da un po' e come ogni volta che sono triste, scrivo a raffica, parole senza senso che non riesco neanche a rileggere, perché ho paura che quel groppo in gola diventi una pioggia di lacrime.
Dovrei essere a pensare a cosa mettere in valigia, a pensare dove siano i miei scarponi da sci e farmi prendere dal panico per non sapere una risposta, dovrei essere preoccupata a pensare "ma ci sarà la neve? Le piste saranno in buone condizioni?", dovrei essere a pensare a queste cose come l'anno scorso, l'anno prima e l'anno prima ancora, indietro così per molti anni, perché oggi dovrebbe essere la sera prima di partire per andare in montagna con papà, in quell'appartamento numero 44 al terzo piano della scala C, ma invece no. No, quest'anno ho scelto di non andare neanche un giorno per preparare un esame che ho paura di non passare, di deludere soprattutto mio padre a cui ho fatto rinunciare a stare con me in quel unico periodo dell'anno in cui, nonostante ci sia altra gente, siamo solo io e lui, lui ed io ed è nostro per non passare neanche l'esame. E sento la mancanza della neve, di sentirla sotto gli sci, di gustarmi la pista, la velocità, l'aria fredda in faccia. Sento la sua mancanza, perché da quando sei anni fa sono rovinosamente caduta rompendo malamente la gamba è diventata la mia migliore amica e la mia miglior nemica, quella che mi fa pensare, prima di iniziare a scendere giù da una pista "come andrà questa volta?" e poi arrivo giù sana e salva, la paura l'ho mollata nel esatto momento in cui ho spinto in avanti per iniziare a muovermi, a scivolare sul bianco che sa aggiustare tutto e ogni volta, quando tolgo gli sci a fine giornata mi ritrovo a pensare "dovrei vivere la vita così, come quando scio. Ho paura? Fanculo, io posso farcela".
E niente, stasera sono triste, non so se sono sbagliata io o se scelgo le persone sbagliate, sono triste che non potrò andare a sciare, non potrò litigare con mio babbo per cazzate, non potrò bisticciare con mio cugino come due bambini anche se nessuno dei due lo è più da un po' e come ogni volta che sono triste, scrivo a raffica, parole senza senso che non riesco neanche a rileggere, perché ho paura che quel groppo in gola diventi una pioggia di lacrime.
domenica 17 gennaio 2016
Ho fatto l’abbonamento alla sfiga pensando fosse quello per la pizzeria #3.
Ieri era un sabato sera come un altro: la mia amica in ritardo, io che mi sono dovuta preparare di corsa, perché sapendo che sarebbe stata in ritardo me la sono presa con troppa calma. Solito parcheggione occupato da un parco giochi pressoché inutile, visto che c'è quello permanente dall'altra parte della strada, un freddo becco che ci porta al solito pub perché "fuori neanche morta!" e, quindi, solito pub con la cameriera che ci conosce, chiacchiere tra amiche aspettando l'ora giusta per andare a ballare nel solito posto che, oramai, è diventato un posto famigliare.
Ieri c'era una serata trashissima, non mi riferisco al fatto che il sottotitolo del programma del sabato è sempre "80 90 trash pop" con un finale con i cartoni, mi riferisco invece al fatto che ieri sera c'era il Limone Party, quindi era pieno di queste persone con attaccato sulla maglia un cartellino adesivo con su scritto un nome e vagava alla ricerca della sua metà (tipo c'era un Mirko dei Beehive che è stato avvicinato da una Licia, la quale si è sentita in dovere di dirgli che era meglio evitare, perché il suo ex era il butta fuori). Nonostante questo, a cui mi sono rifiutata di partecipare snobbando la pesca del nome prima di entrare, è stata una di quelle serata in cui arrivi lì pensando "non sarà niente di che", invece ridi, scherzi con le persone che sono con te, balli. Balli senza aspettative, senza tante pretesi di essere bella e brava come Uma Thurman in Pulp Fiction; balli e ti diverti per tutta notte, letteralmente tutta la notte. Alle quattro, forse qualche minuto prima, annunciano l'ultima canzone, la solita sigla di Lupin III nella nuova versione che risulta, quindi, un lento, la mia amica viene presa a ballarla da un ragazzo che era con noi, io stanca e solitaria mi accingevo a spostarmi dalla pista che, dai, posso ballare di tutto da sola, ma non un lento, e mi ritrovo davanti questa specie di visione di un ragazzo, alto (che poi ad essere più alto di me poco ci vuole), biondo, maglietta nera attillata su un fisico che non era troppo in nessun senso, che con un sorriso carinissimo mi tende una mano e mi invita a ballare. Certo, la scena era imbarazzate, noi non sapevamo ballare, per poco nel farmi fare un giro mi faceva scivolare in terra e sul finale mi ha fatto fare un casqué inaspettato sul finale che mi ha fatto pensare "ecco, ora 'sto tizio mi bacia e che cazzo faccio!? Non ho mai baciato uno sconosciuto!" e invece no! Ha ritirato fuori sto sorriso mozzafiato e tempo di sbattere le palpebre non c'era più. Okay, avevo bevuto, ma non ero così concia male. Grazie al cielo è arrivata il commento della mia amica a farmi capire che era successo tutto davvero. Usciamo, lei torna al bagno, io fuori a fumare alle quattro di notte e rieccolo Lupin III/Cenerentolo! Si avvicina, due baci sulla guancia "grazie per il ballo!" e si allontana prima che io potessi finire di dire "grazie a te, piacere Mara!".
Riassunto? La mia solita sfiga mi ha fatto incontrare uno che non so se soprannominare Lupin III o Cenerentolo, che non si era mai visto prima in quel locale e che non rivedrò mai più.
Grazie Sfiga, sempre dolce a non lasciarmi mai.
Ieri c'era una serata trashissima, non mi riferisco al fatto che il sottotitolo del programma del sabato è sempre "80 90 trash pop" con un finale con i cartoni, mi riferisco invece al fatto che ieri sera c'era il Limone Party, quindi era pieno di queste persone con attaccato sulla maglia un cartellino adesivo con su scritto un nome e vagava alla ricerca della sua metà (tipo c'era un Mirko dei Beehive che è stato avvicinato da una Licia, la quale si è sentita in dovere di dirgli che era meglio evitare, perché il suo ex era il butta fuori). Nonostante questo, a cui mi sono rifiutata di partecipare snobbando la pesca del nome prima di entrare, è stata una di quelle serata in cui arrivi lì pensando "non sarà niente di che", invece ridi, scherzi con le persone che sono con te, balli. Balli senza aspettative, senza tante pretesi di essere bella e brava come Uma Thurman in Pulp Fiction; balli e ti diverti per tutta notte, letteralmente tutta la notte. Alle quattro, forse qualche minuto prima, annunciano l'ultima canzone, la solita sigla di Lupin III nella nuova versione che risulta, quindi, un lento, la mia amica viene presa a ballarla da un ragazzo che era con noi, io stanca e solitaria mi accingevo a spostarmi dalla pista che, dai, posso ballare di tutto da sola, ma non un lento, e mi ritrovo davanti questa specie di visione di un ragazzo, alto (che poi ad essere più alto di me poco ci vuole), biondo, maglietta nera attillata su un fisico che non era troppo in nessun senso, che con un sorriso carinissimo mi tende una mano e mi invita a ballare. Certo, la scena era imbarazzate, noi non sapevamo ballare, per poco nel farmi fare un giro mi faceva scivolare in terra e sul finale mi ha fatto fare un casqué inaspettato sul finale che mi ha fatto pensare "ecco, ora 'sto tizio mi bacia e che cazzo faccio!? Non ho mai baciato uno sconosciuto!" e invece no! Ha ritirato fuori sto sorriso mozzafiato e tempo di sbattere le palpebre non c'era più. Okay, avevo bevuto, ma non ero così concia male. Grazie al cielo è arrivata il commento della mia amica a farmi capire che era successo tutto davvero. Usciamo, lei torna al bagno, io fuori a fumare alle quattro di notte e rieccolo Lupin III/Cenerentolo! Si avvicina, due baci sulla guancia "grazie per il ballo!" e si allontana prima che io potessi finire di dire "grazie a te, piacere Mara!".
Riassunto? La mia solita sfiga mi ha fatto incontrare uno che non so se soprannominare Lupin III o Cenerentolo, che non si era mai visto prima in quel locale e che non rivedrò mai più.
Grazie Sfiga, sempre dolce a non lasciarmi mai.
giovedì 14 gennaio 2016
Avete presente la prima cotta, quella che dura un sacco di anni e con cui non succede nulla (o perché non ti ricambia o semplicemente perché non c’hai neanche provato a metterti in gioco), che ad un certo punto smette di farti battere il cuore, ma che comunque ti porti dentro?
Ecco, la mia era un mezzo teppistello che negli anni ne ha combinati più di molta gente in tutta la vita, ma allo stesso tempo era un bravo ragazzo, era uno sveglio che però aveva imboccato la strada sbagliata. Per anni non ho più saputo più niente di lui, poi ho saputo che si è ripulito, che ha chiuso col passato, mi è capitato di scambiarci due parole, di intravederlo in giro (e, okay, mi hanno tremato le gambe), ma quando ci penso oramai mi sembra parte di un’altra vita, di un’altra me. Niente, ieri (o l’altro ieri?) è diventato padre. Padre.
Ci sono queste foto bellissime di lui sorridente, quel sorriso maledetto per cui la me di dodici/tredici/quattordici anni moriva, con in braccio questo scricciolo di bambina (con un nome, abbinato al cognome un po’ poco felice) e sono foto bellissime.
Nonostante tutto, se la merita un po’ di felicità.
(Certo che, però, poteva accorgersi che gli morivo dietro una dedica di anni fa!).
Ecco, la mia era un mezzo teppistello che negli anni ne ha combinati più di molta gente in tutta la vita, ma allo stesso tempo era un bravo ragazzo, era uno sveglio che però aveva imboccato la strada sbagliata. Per anni non ho più saputo più niente di lui, poi ho saputo che si è ripulito, che ha chiuso col passato, mi è capitato di scambiarci due parole, di intravederlo in giro (e, okay, mi hanno tremato le gambe), ma quando ci penso oramai mi sembra parte di un’altra vita, di un’altra me. Niente, ieri (o l’altro ieri?) è diventato padre. Padre.
Ci sono queste foto bellissime di lui sorridente, quel sorriso maledetto per cui la me di dodici/tredici/quattordici anni moriva, con in braccio questo scricciolo di bambina (con un nome, abbinato al cognome un po’ poco felice) e sono foto bellissime.
Nonostante tutto, se la merita un po’ di felicità.
(Certo che, però, poteva accorgersi che gli morivo dietro una dedica di anni fa!).
Mi concedo una pausa dal libro di storia dell'arte, dai ciuccio-frizz alla frutta e da tutte quelle cose che mi tengono lontana da me. Mi concedo un secondo per far correre la mani sulla tastiera, come se stessi suonando un pianoforte, nella speranza di riuscire a ritrovare il punto dove mi sono persa, perché nelle ultime sere mi sento come se non ci fossi, come se avessi voltato le spalle a me stessa. Dove sono finita?
E' che ultimamente affronto le cose in maniera diversa, a volte penso migliore e a volte peggiore, nonostante mi senta più forte e combattiva che mai, mi sento dannatamente persa e non so neanche cosa fare per aiutare me stessa o a chi dirlo, ma più che "a chi" il problema è "cosa".
E allora scrivo, scrivo con la dannata sensazione di girare intorno alle cose senza raggiungerle mai, nonostante stia provando ad arrivarci.
Niente, torno a tutto quello che mi tiene impegnata, forse è meglio.
E' che ultimamente affronto le cose in maniera diversa, a volte penso migliore e a volte peggiore, nonostante mi senta più forte e combattiva che mai, mi sento dannatamente persa e non so neanche cosa fare per aiutare me stessa o a chi dirlo, ma più che "a chi" il problema è "cosa".
E allora scrivo, scrivo con la dannata sensazione di girare intorno alle cose senza raggiungerle mai, nonostante stia provando ad arrivarci.
Niente, torno a tutto quello che mi tiene impegnata, forse è meglio.
lunedì 11 gennaio 2016
There's a starman waiting in the sky, he's told us not to blow it, 'cause he knows it's all worthwhile.
E' la terza volta che inizio a scrivere questo post, perché non riesco a raccontare quanto un'artista musicale sia stato importante per me senza far tornare alla mente anche i ricordi tristi, senza farmi prendere da un senso di smarrimento che conosce solo chi alla musica ci ha legato alla sua vita.
Stamani ero in un'aula universitaria quando mi sono vista arrivare un messaggio che recitava solo "E' morto Bowie.", perché non c'era altro modo di dirlo, non c'erano modi per essere più delicati. Ho avuto gli occhi lucidi per i due minuti successivi, due minuti in cui ho rivisto la me stessa degli ultimi nove anni scorrermi davanti insieme a tutti i ricordi che avevo davanti. David Bowie è stato uno di quelli artisti che non ho mai e poi mai mollato, neanche per un attimo, in qualsiasi periodo musicale o della mia vita mi trovassi.
E' stato capace di farmi scoprire l'altro lato del genere che più amo, di farmi scoprire che il Rock aveva un lato camaleontico, colorato, mai uguale, mai ripetitivo, mai banale nei suoi, nelle sue manifestazioni, nei suoi testi. E' stato capace di addolcire quella me di quattordici anni che si stava avvicinando velocemente e totalmente al Punk, al Rock più grezzo e casinista, ma è stato capace anche di guidarla attraverso i cocci di casa mia, di una pre-adolescenza e di un'adolescenza tutto tranne che rosea. E' stato capace di accompagnarmi nel tentare di scrivere quelle infinite storie che non sono mai riuscita a concludere, mi ha fatto da sotto fondo tante di quelle volte che se mai ne avessi finita una il primissimo ringraziamento avrebbe dovuto essere "Grazie a David Bowie, perché senza la sua compagnia io non avrei finito neanche una frase minima".Oltre a questo, mi ha accompagnato in tanti piccoli momenti di gioia, con canzoni più spensierate, ma anche momenti più tristi, perché solo io e il mio cuscino sappiamo quante lacrime ho versato sentendo "Letter To Hermione" (e non si può spiegare il magone che ho, oggi, a risentirla dopo averla sentita solo pochi giorni fa perché mi faceva sentire capita, ora mi fa sentire sola), quanti ricordi vengono fuori quando sento "Rebel Rebel": il ritornello scritto su un foglio di carta con un disegno di David con la saetta fatto da un'amica una molti anni fa e che dalla parete di camera mia è stato staccato solo nel momento del trasloco, per essere messo al sicuro. Non fece scelta più azzeccata, per quello che significa per me quella canzone, per l'amore che ho (la prima canzone non si scorda mai, no?), la gioia che mi mette in corpo.
Dopo il concerto di Patti Smith confessai a mia madre "dopo aver visto Patti Smith, posso sperare di vedere anche David Bowie"... resterà solo un sogno.
So che se posso sentirmi capita dalla musica è anche merito suo, come so che se molte notti di molti anni fa ho smesso di piangere prima di addormentarmi era perché in cuffia c'era David che (mi) cantava "Just turn on with me and you're not alone / Let's turn on with me and you're not alone / Let's turn on and be not alone / Gimme your hands cause you're wonderful".
So che io cambio sempre, non riesco mai ad essere uguale a me stessa, non a caso la cosa che mi sento dire spesso è "sei diversa, sei cambiata tanto", pensavo di avere qualcosa di strano, ma poi un giorno trovai una sua intervista in cui diceva
Ogni cosa che potrei continuare a dire sarebbe banale.
Grazie. Grazie come si può dire solo ad un'artista che ha dato tanto con la sua musica, che continuerà a dar(mi) tanto anche senza poter(mi) regalare altre canzoni.
Stamani ero in un'aula universitaria quando mi sono vista arrivare un messaggio che recitava solo "E' morto Bowie.", perché non c'era altro modo di dirlo, non c'erano modi per essere più delicati. Ho avuto gli occhi lucidi per i due minuti successivi, due minuti in cui ho rivisto la me stessa degli ultimi nove anni scorrermi davanti insieme a tutti i ricordi che avevo davanti. David Bowie è stato uno di quelli artisti che non ho mai e poi mai mollato, neanche per un attimo, in qualsiasi periodo musicale o della mia vita mi trovassi.
E' stato capace di farmi scoprire l'altro lato del genere che più amo, di farmi scoprire che il Rock aveva un lato camaleontico, colorato, mai uguale, mai ripetitivo, mai banale nei suoi, nelle sue manifestazioni, nei suoi testi. E' stato capace di addolcire quella me di quattordici anni che si stava avvicinando velocemente e totalmente al Punk, al Rock più grezzo e casinista, ma è stato capace anche di guidarla attraverso i cocci di casa mia, di una pre-adolescenza e di un'adolescenza tutto tranne che rosea. E' stato capace di accompagnarmi nel tentare di scrivere quelle infinite storie che non sono mai riuscita a concludere, mi ha fatto da sotto fondo tante di quelle volte che se mai ne avessi finita una il primissimo ringraziamento avrebbe dovuto essere "Grazie a David Bowie, perché senza la sua compagnia io non avrei finito neanche una frase minima".Oltre a questo, mi ha accompagnato in tanti piccoli momenti di gioia, con canzoni più spensierate, ma anche momenti più tristi, perché solo io e il mio cuscino sappiamo quante lacrime ho versato sentendo "Letter To Hermione" (e non si può spiegare il magone che ho, oggi, a risentirla dopo averla sentita solo pochi giorni fa perché mi faceva sentire capita, ora mi fa sentire sola), quanti ricordi vengono fuori quando sento "Rebel Rebel": il ritornello scritto su un foglio di carta con un disegno di David con la saetta fatto da un'amica una molti anni fa e che dalla parete di camera mia è stato staccato solo nel momento del trasloco, per essere messo al sicuro. Non fece scelta più azzeccata, per quello che significa per me quella canzone, per l'amore che ho (la prima canzone non si scorda mai, no?), la gioia che mi mette in corpo.
Dopo il concerto di Patti Smith confessai a mia madre "dopo aver visto Patti Smith, posso sperare di vedere anche David Bowie"... resterà solo un sogno.
So che se posso sentirmi capita dalla musica è anche merito suo, come so che se molte notti di molti anni fa ho smesso di piangere prima di addormentarmi era perché in cuffia c'era David che (mi) cantava "Just turn on with me and you're not alone / Let's turn on with me and you're not alone / Let's turn on and be not alone / Gimme your hands cause you're wonderful".
So che io cambio sempre, non riesco mai ad essere uguale a me stessa, non a caso la cosa che mi sento dire spesso è "sei diversa, sei cambiata tanto", pensavo di avere qualcosa di strano, ma poi un giorno trovai una sua intervista in cui diceva
"Non cambio per confondere le persone. Sto solo cercando. Questo causa i miei cambiamenti. Sto solo cercando me stesso."e allora ho capito che, molto prima della mia nascita, mi aveva già riassunto.
(David Bowie, intervista del 1978).
Ogni cosa che potrei continuare a dire sarebbe banale.
Grazie. Grazie come si può dire solo ad un'artista che ha dato tanto con la sua musica, che continuerà a dar(mi) tanto anche senza poter(mi) regalare altre canzoni.
giovedì 7 gennaio 2016
Sto cercando di scrivere dal telefono, in una pausa panettone-caramella all'arancio dal movimento Dada (che è uno di quei movimenti artistici di cui riconosco la portata innovativa e l'importanza per l'arte successiva, ma mi fa schifo. Letteralmente schifo).
Stamani mi sono svegliata con un ricordo in testa, forse a causa dei sogni di ieri notte e, soprattutto, di questa notte; un ricordo che mi martella nella testa ogni volta che, per caso, stacco gli occhi dal libro. Sarà che studio meglio alla notte, sarà che questa notte vorrei evitare altri sogni, ma mi sa che farò una maratona fino a domattina.
E' proprio vero che si resta intrappolati nelle cose non vissute, io sono rimasta intrappolata in un paio di occhi grigio-azzurri, ad esempio.
(E dovrò sistemarlo, prima o poi, questo post di cui vedo solo le parole centrali).
Stamani mi sono svegliata con un ricordo in testa, forse a causa dei sogni di ieri notte e, soprattutto, di questa notte; un ricordo che mi martella nella testa ogni volta che, per caso, stacco gli occhi dal libro. Sarà che studio meglio alla notte, sarà che questa notte vorrei evitare altri sogni, ma mi sa che farò una maratona fino a domattina.
E' proprio vero che si resta intrappolati nelle cose non vissute, io sono rimasta intrappolata in un paio di occhi grigio-azzurri, ad esempio.
(E dovrò sistemarlo, prima o poi, questo post di cui vedo solo le parole centrali).
mercoledì 6 gennaio 2016
Ho fatto l’abbonamento alla sfiga pensando fosse quello per la pizzeria #2.
Nella vita ho incontrato tanta gente, ma è stata pochissima quella con cui sono andata oltre alla mia timidezza e oltre al mio non sapermi fidare in tempi brevi e sapete cosa c'ho guadagnato? Fregature. Una di queste era un ragazzo che era in classe con me in quarta superiore: bello, simpatico, intelligente, sensibile con cui nel giro di pochissimo mi sono ritrovata ad andare stra d'accordo. A fine scuola, ad agosto, mi chiamò per darmi la lieta novella che era riuscito ad accettarsi, dichiarandosi gay (cosa che, alla fine, tutti avevamo capito nonostante fosse "felicemente" fidanzato) e dicendomi che si trasferiva a Milano. Da lì sparito. Scomparso. Questa cosa mi fece rimanere di merda, soprattutto ha fatto rimanere di merda una mia cara amica, non che una con cui lui era stralegato. Oramai è storia superata, a volte ci chiediamo se sia vivo, ma andiamo oltre.
Stasera, chiudo il libro in semidisperazione da "l'11 ho un esame e devo ancora finire di studiare" e mi ritrovo quarantacinque "mi piace" da lui. Mando lo screen alla suddetta amica e poi gli scrivo un messaggio a presa di culo per sapere come mai di questa "ricomparsa", salvo ricordarmi di una cosa mezzo secondo dopo aver inviato: la sua ex è la ragazza scelta da Big Stronzo e per cui io non sono stata scelta, per cui Big S. mi ha fatto stare male e ora sono tipo "ma se gli dico "la tua ex si tromba il ragazzo che io non riesco a non pensare", tu sei gay quindi manco ti posso usare per farla rosicare che sei decisamente meglio di lui (e c'avete pure le stesso nome!), ho un esame e sto alla merda e non vedo niente di ottimistico, come vuoi che stia?".
Non potevo essere a parlare, con che cazzo ne so, il cameriere carino di quel pub dove fanno un Irish Coffee da paura? No?
(Concedetemi un post stupido e delirante. Studio da stamani, sono stanca e ho un turbinio di pensieri assurdi).
Stasera, chiudo il libro in semidisperazione da "l'11 ho un esame e devo ancora finire di studiare" e mi ritrovo quarantacinque "mi piace" da lui. Mando lo screen alla suddetta amica e poi gli scrivo un messaggio a presa di culo per sapere come mai di questa "ricomparsa", salvo ricordarmi di una cosa mezzo secondo dopo aver inviato: la sua ex è la ragazza scelta da Big Stronzo e per cui io non sono stata scelta, per cui Big S. mi ha fatto stare male e ora sono tipo "ma se gli dico "la tua ex si tromba il ragazzo che io non riesco a non pensare", tu sei gay quindi manco ti posso usare per farla rosicare che sei decisamente meglio di lui (e c'avete pure le stesso nome!), ho un esame e sto alla merda e non vedo niente di ottimistico, come vuoi che stia?".
Non potevo essere a parlare, con che cazzo ne so, il cameriere carino di quel pub dove fanno un Irish Coffee da paura? No?
(Concedetemi un post stupido e delirante. Studio da stamani, sono stanca e ho un turbinio di pensieri assurdi).
domenica 3 gennaio 2016
Give me love like never before, 'cause lately I’ve been craving more.
Non mi sono mai definita romantica, ma forse lo sono a modo mio, perché odio tutto quello che amano gli altri, ma ci sono cose che mi fanno (mi farebbero) sciogliere. Forse, sono così romantica che resterò per sempre single, cinica e alla ricerca di un rapporto utopico con un'altra persona.
Io non voglio un rapporto perfetto, non voglio un rapporto dove non si discute mai, dove si condivide tutto, dove si esclude il mondo, dove si vive in simbiosi. Non voglio un rapporto dove io primeggio su di lui o dove lui primeggia su di me, come non voglio un rapporto fatto di bei ristoranti, serate di lusso da ostentare, come non voglio un rapporto che mi faccio faticare per raggiungere le aspettative altrui o uno dove tutti vedono ciò che siamo.
Io voglio un rapporto che mi faccia sentire me, ma che mi faccia venir voglia di rischiare, che mi dia modo di fidarmi sia di lui sia di quello che siamo, perché ci vuole doppia fiducia: nelle persone e nel rapporto che sia con essa. Voglio una persona che sia umana, non l'uomo perfetto, perché so che non esiste, come so che non esistono i "e vissero felici e contenti" (e lo sapevo già da piccola quando dicevo a mamma "cambia i finali, non può sempre finire bene!"); non voglio e non pretendo una persona che, all'inizio, senta e veda solo me, senti quante ragazze vuoi, ma voglio uno che poi scelga me. Non voglio uno geloso delle mie amicizie, perché quelle vengono prima di chiunque altro, ma non voglio neanche uno totalmente indifferente: voglio uno che, se mi va di andare a ballare, mi lasci andare a ballare il venerdì con le mie amiche, che mi lasci bere, che mi lasci fare senza tante storie e problemi, ma che poi si interessi di com'è andata, preoccupato che ci abbia provato qualcuno. Voglio qualcuno che mi accetti, ma non necessariamente che sia uguale a me, mi vanno bene le idee ed i gusti diversi, ma purché non mi si impongano a forza quelli altrui: io accetto i tuoi, tu accetti i miei. Voglio poter uscire, ma anche stare a casa; voglio la pizza, il kebab, le crêpes dal pentito, non posti chic con porzioni da fame, però il cinese/giapponese (va bene pure l'All you can eat) va bene. Voglio il divano, il letto, un film, il tè caldo da condividere. Voglio un viaggio insieme, Londra, Vienna (a vedere L'abbraccio di Egon Schiel con il mio monologo su di esso da sopportare), Amsterdam, ma va bene anche Firenze andata e ritorno in giornata (magari perché sono una che pensa sempre a mangiare e ho una voglia matta di schiacciata con la porchetta in quel posto vicino al Duomo). Voglio una persona che mi accetti per come sono, con le mie maniglie, la mia pancia, le mie cosce e la mia incapacità a portare i capelli medio/lunghi, ma che sia uno sprone a migliorarmi, sempre che io ne abbia voglia; una persona che accetti il mio carattere, il mio incazzarmi prendendo fuoco in un attimo, le mie ansie, le mie paure, il mio essere sempre in ritardo (con i tempi e nella vita), i miei momenti di tristezza totale e i miei momenti di esuberanza, come i miei mille altri lati che non so vedere da sola. Deve accettare anche quel casino che è la mia vita, come lo è la mia famiglia. Deve sapere accettare che io ascolto tutta la musica, che amo i tatuaggi e mi riempirei dalla testa ai piedi, che amo l'arte (soprattutto per la Pop Art). Voglio le liti, voglio mandarlo a fanculo per andarlo a riprendere, come voglio doversi andare io con la speranza di essere ripresa. Voglio qualcuno che mi baci con foga, con dolcezza, con passione, che mi dia i miei tempi per imparare a dargli il mio corpo, oltre che il mio tempo, la mia mente e i miei pensieri.
Voglio talmente tante cose che non riesco neanche a scriverle tutte, ma dico "voglio", ma non "vorrei", come dovrei dire, perché ho idee chiare, ma utopiche e irrealizzabili. Allora, io vorrei una persona che mi voglia così come sono e che mi faccia esplodere il cuore, che mi faccia ribollire ogni cellula del corpo, che faccia avere un gusto nuovo alle frasi dei libri, delle canzoni che sento e alle poesie che leggo.
Io non voglio un rapporto perfetto, non voglio un rapporto dove non si discute mai, dove si condivide tutto, dove si esclude il mondo, dove si vive in simbiosi. Non voglio un rapporto dove io primeggio su di lui o dove lui primeggia su di me, come non voglio un rapporto fatto di bei ristoranti, serate di lusso da ostentare, come non voglio un rapporto che mi faccio faticare per raggiungere le aspettative altrui o uno dove tutti vedono ciò che siamo.
Io voglio un rapporto che mi faccia sentire me, ma che mi faccia venir voglia di rischiare, che mi dia modo di fidarmi sia di lui sia di quello che siamo, perché ci vuole doppia fiducia: nelle persone e nel rapporto che sia con essa. Voglio una persona che sia umana, non l'uomo perfetto, perché so che non esiste, come so che non esistono i "e vissero felici e contenti" (e lo sapevo già da piccola quando dicevo a mamma "cambia i finali, non può sempre finire bene!"); non voglio e non pretendo una persona che, all'inizio, senta e veda solo me, senti quante ragazze vuoi, ma voglio uno che poi scelga me. Non voglio uno geloso delle mie amicizie, perché quelle vengono prima di chiunque altro, ma non voglio neanche uno totalmente indifferente: voglio uno che, se mi va di andare a ballare, mi lasci andare a ballare il venerdì con le mie amiche, che mi lasci bere, che mi lasci fare senza tante storie e problemi, ma che poi si interessi di com'è andata, preoccupato che ci abbia provato qualcuno. Voglio qualcuno che mi accetti, ma non necessariamente che sia uguale a me, mi vanno bene le idee ed i gusti diversi, ma purché non mi si impongano a forza quelli altrui: io accetto i tuoi, tu accetti i miei. Voglio poter uscire, ma anche stare a casa; voglio la pizza, il kebab, le crêpes dal pentito, non posti chic con porzioni da fame, però il cinese/giapponese (va bene pure l'All you can eat) va bene. Voglio il divano, il letto, un film, il tè caldo da condividere. Voglio un viaggio insieme, Londra, Vienna (a vedere L'abbraccio di Egon Schiel con il mio monologo su di esso da sopportare), Amsterdam, ma va bene anche Firenze andata e ritorno in giornata (magari perché sono una che pensa sempre a mangiare e ho una voglia matta di schiacciata con la porchetta in quel posto vicino al Duomo). Voglio una persona che mi accetti per come sono, con le mie maniglie, la mia pancia, le mie cosce e la mia incapacità a portare i capelli medio/lunghi, ma che sia uno sprone a migliorarmi, sempre che io ne abbia voglia; una persona che accetti il mio carattere, il mio incazzarmi prendendo fuoco in un attimo, le mie ansie, le mie paure, il mio essere sempre in ritardo (con i tempi e nella vita), i miei momenti di tristezza totale e i miei momenti di esuberanza, come i miei mille altri lati che non so vedere da sola. Deve accettare anche quel casino che è la mia vita, come lo è la mia famiglia. Deve sapere accettare che io ascolto tutta la musica, che amo i tatuaggi e mi riempirei dalla testa ai piedi, che amo l'arte (soprattutto per la Pop Art). Voglio le liti, voglio mandarlo a fanculo per andarlo a riprendere, come voglio doversi andare io con la speranza di essere ripresa. Voglio qualcuno che mi baci con foga, con dolcezza, con passione, che mi dia i miei tempi per imparare a dargli il mio corpo, oltre che il mio tempo, la mia mente e i miei pensieri.
Voglio talmente tante cose che non riesco neanche a scriverle tutte, ma dico "voglio", ma non "vorrei", come dovrei dire, perché ho idee chiare, ma utopiche e irrealizzabili. Allora, io vorrei una persona che mi voglia così come sono e che mi faccia esplodere il cuore, che mi faccia ribollire ogni cellula del corpo, che faccia avere un gusto nuovo alle frasi dei libri, delle canzoni che sento e alle poesie che leggo.
venerdì 1 gennaio 2016
Inside my heart is breaking, my make-up may be flaking, but my smile still stays on.
I festeggiamenti non sono andati come speravo, abbiamo scazzato tra di noi, ci sono stati fraintendimenti uno dietro all'altro e musi lunghi in una notte in cui si dovrebbe solo essere felici. Ci sono stata io che nell'ultimo tratto della strada ho sentito le lacrime scorrermi sul viso, ci sono stata io che sono entrata in casa e sono andata diretta in bagno, mi sono seduta in terra per piangere come una fontana perché sotto quei dannati fuochi d'artificio, belli da mozzare il fiato, il mio primo fottuto pensiero dell'anno è stato ad una persona che, invece, era a chilometri da me, a lavorare o a baciare la sua ragazza, una che ho incontrato in giro prima di partire per Pisa. Ho dedicato a lui il mio primo fottuto pensiero dell'anno, perché sotto a quello spettacolo pirotecnico, in quella città a cui sto iniziando a voler bene, mi è stato impossibile non pensare "quanto vorrei dover litigare con il telefono per riuscire a mandargli almeno un messaggio, nonostante le linee intasate" e invece non posso, lui ha fatto la sua scelta e insomma, "the show must go on".
Mi sono ritrovata in bagno a piangere, una delle mie più care amiche che mi diceva "scrivigli" ed io che ribadivo che no, io non potevo scrivergli... che senso avrebbe? Nessuno. E poi con che diritto? E allora ho pianto, ho pianto per tutte le parole che non posso dire, per quanto mi ero sentita bene, bella quando avevo a che fare con lui e quanto invece la realtà sia differente e, in fondo, per quanto lei non sia bella - è tutto tranne che bella - sia migliore di me, almeno ai suoi dannati occhi. Ho pianto in terra, ma non ero sola, non lo ero neanche quando sono entrata in camera e mi son buttata sul letto ed è arrivata un'amica ad abbracciarmi, a scusarsi per gli scazzi di prima. Non sono sola, nonostante non ho l'unica persona che io ora vorrei, anche solo per cinque minuti di totale verità, giusto per non sprecare tutte queste parole facendole piovere sulle mie guance.
Io ieri sera ero truccata bene, i capelli messi a modino, avevo un vestito scollato e delle scarpe un po' più alte del solito. Ero quella che molti vorrebbero che io fossi più spesso: femminile. Ero me, ma tenuta e sistemata, lo ero per me stessa, per ricordarmi che io sono okay, che non sono meno di nessuno, ma poi non è servito molto quanto tante cose hanno iniziato ad andare male.
Oggi è andata meglio, perché ho messo la penna sulla nuova agenda, ho visto il mare, mi hanno fatto commuovere con un messaggio e mi sento meglio.
L'anno scorso l'anno è iniziato nei migliori dei modi, ma non è stato proprio l'anno migliore della mia vita.
Quest'anno è iniziato di merda, ma magari porta bene.
(Chissà cosa dice Paolo Fox quest'anno).
Mi sono ritrovata in bagno a piangere, una delle mie più care amiche che mi diceva "scrivigli" ed io che ribadivo che no, io non potevo scrivergli... che senso avrebbe? Nessuno. E poi con che diritto? E allora ho pianto, ho pianto per tutte le parole che non posso dire, per quanto mi ero sentita bene, bella quando avevo a che fare con lui e quanto invece la realtà sia differente e, in fondo, per quanto lei non sia bella - è tutto tranne che bella - sia migliore di me, almeno ai suoi dannati occhi. Ho pianto in terra, ma non ero sola, non lo ero neanche quando sono entrata in camera e mi son buttata sul letto ed è arrivata un'amica ad abbracciarmi, a scusarsi per gli scazzi di prima. Non sono sola, nonostante non ho l'unica persona che io ora vorrei, anche solo per cinque minuti di totale verità, giusto per non sprecare tutte queste parole facendole piovere sulle mie guance.
Io ieri sera ero truccata bene, i capelli messi a modino, avevo un vestito scollato e delle scarpe un po' più alte del solito. Ero quella che molti vorrebbero che io fossi più spesso: femminile. Ero me, ma tenuta e sistemata, lo ero per me stessa, per ricordarmi che io sono okay, che non sono meno di nessuno, ma poi non è servito molto quanto tante cose hanno iniziato ad andare male.
Oggi è andata meglio, perché ho messo la penna sulla nuova agenda, ho visto il mare, mi hanno fatto commuovere con un messaggio e mi sento meglio.
L'anno scorso l'anno è iniziato nei migliori dei modi, ma non è stato proprio l'anno migliore della mia vita.
Quest'anno è iniziato di merda, ma magari porta bene.
(Chissà cosa dice Paolo Fox quest'anno).
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