mercoledì 26 dicembre 2012
venerdì 21 dicembre 2012
Going the distance.
Sì, io non sono Drew Barrymore, non ho il suo sorriso, il suo fascino e io se dormo su uno scalino da ubriaca non mi risveglio spettinata, col viso scarabocchiato da mia nipote ma ugualmente bella, mi sveglio uno schifo, ma anche se non sono lei, io e te potremmo essere in una stazione abbracciati... anche da amici, ma potremmo essere noi.”
mercoledì 5 dicembre 2012
Cose che ti fanno sorridere #7
Son giorni di sorrisi sinceri, sorrisi modesti, ma a volte enormi, come quando ieri, quel ragazzo che è un perfetto sconosciuto è tornato a passarmi davanti, girare il viso, sorridere e dire “ciao” a voce bassa ed io che invece son più sgraziata rispondo “ciao” ad alta voce, probabilmente diventando bordeaux ma sorridendo a mia volta o come quando oggi ci siamo incrociati a ricreazione, dove ha salutato con un gesto della testa e con un sorriso leggermente accennato. Lui sorride così, senza lasciare capire se sorride perché vuole sorridere o perché deve, ma a me va bene così, perché poi mi ritrovo sul viso dei sorrisi enormi per cui mi spavento un piccolopoco, ma che mi fanno anche tanto bene.
Sono giorni di sorrisi sinceri in mezzo ad uno schifo costante, ma va bene così, ho fatto una promessa a me stessa ed io, le promesse, tendo a mantenerle. Sempre.
domenica 2 dicembre 2012
Se tu tornassi dopo un numero preciso di ore, io inizierei ad essere felice da ventiquattro ore prima.
Mi piace il fatto che, nonostante io resti sulle mie, nonostante possa tirarti qualche frecciatina, io perda il conto delle ore della tua assenza. Tutte le volte che tu torni, dopo infinite ore, io, puntualmente, perdo il conto e non ricordo neanche se erano più vicine alle duecento o alle trecento ore.
E io vorrei dirti questo, ma solo dirti che il sentirsi domani dipende da te.
domenica 25 novembre 2012
Quale tipo d'estate c'è nel tuo cuore?
Vorrei sapere cosa ti passa ora per la testa, vorrei sapere chi confina con la tua tristezza, quella di quel vuoto che avevi dentro e di cui mi scrivevi alla sera – o forse, quel vuoto è stato riempito? – e che io capivo così bene perché era così simile alla mia, vorrei essere diventata un lago per riempire quel vuoto, ma io ero pioggia e la pioggia viene assorbita dal terreno e dimenticata, dimenticata.
Avrei voluto studiare la morfologia del tuo corpo con le dita, ad occhi chiusi, al buio senza poter vedere cos'era quella o quell'altra curva, studiarlo con le dita, intuirlo, ma non vederlo come se tu fossi una cartina muta, perché lo dice anche la prof. di geografia che anche le cartine mute parlano, basta solo saperle osservare e io, il tuo corpo, vorrei osservarlo ad occhi chiusi, con le dita, con le labbra. Vorrei assaporare il sapore delle tue labbra, sentire se sono salate come il mar Ionico o se son d’acqua dolce come l’acqua di un lago di origine glaciale.
Vorrei accarezzare i tuoi capelli che, sicuramente, strano ricrescendo dopo che gli hai tagliati. Vorrei studiare le valli delle tue guance, le fossette, più o meno marcate, che nascono quando uno sorride, come cambia il tuo viso quando ridi o quando pensi. Vorrei studiare i confini dei tuoi pensieri quando scrivi, quando ti addormenti, quando ti fai la tisana alla sera – mi pensi ancora, come mi dicesti quella sera quando ti augurai una buona tisana? – e soprattutto, vorrei studiare il confine della tua schiena con la mia, della mia mano nella tua, delle mie labbra sulle tue.
Vorrei studiare te, non questo mar Tirreno che diventa Ligure e che bagnia coste più vicine di quanto tu non sia mai stato.
lunedì 19 novembre 2012
Le parole e le paure a volte passano, ma le promesse e le canzoni quelle restano.
Venerdì.
Venerdì che sembra ieri, ma che sembra anche tanto.
Venerdì che è iniziato quando il sole si era alzato da poco e la mia sveglia suonava dopo troppe poche ore di sonno.
Venerdì che è stato una giornata di prepararsi per bene, controllare di avere tutto, uscire di casa ed imprecare, hai scelto il look sbagliato e fa troppo freddo alla mattina alle sette e dieci di novembre per uscire così, ma te ne freghi, saluti tua madre, che si è alzata solo per ricordati i panini e per non sentir sbattere la porta di casa, e te ne vai a prendere l’autobus. Autobus, bar, macchina con annesso giro con musica a tutto volume per cercare un parcheggio, bar, stazione, treno in ritardo che di ritardo ne guadagna ancora, treno che corre e recupera, altra stazione, altra corsa per i sottopassaggi per non rischiare di perderlo. Gente, tanta gente; gente che parte, gente che arriva, gente che aspetta qualcuno, gente che vuole solo andare, gente che vuole solo tornare. Gente che si incrocia per la prima volta tra una persona che mormora ad un’amica “ho capito che ho i pantaloncini corti, ma sotto ho le calze, cazzo!” ed un’altra che metri più in là dichiara che quelle due hanno la faccia da fan dei Finley e che si incontra con un “scusa sei Mara?” “Sì” “Sono Claudia”. Altro treno, chiacchiere, altra stazione, sguardo che cerca un’amica, abbracci. Abbracci, ma non di quelli a caso, ma quelli che aspetti da mesi, quelli che si danno nelle stazioni quando ci si rivede dopo mesi di lontananza, quelli che se non si ha un’amica lontana non si possono capire, immaginare, comprendere.
Bagni in cui si entra in due di nascosto per non pagare, persone che ti chiedo venti volte se hai degli spiccioli per il biglietto, sole, risate, parrucche azzurre, foto senza senso, altri arrivi, altre conoscenze e di nuovo sali e scendi dagli autobus per arrivare in mezzo al nulla per guardarsi con uno sguardo da “e adesso?” cercando di fermare un signore che parte in scooter per poi ritrovarsi a ringraziare un vecchietto che passava di lì per caso.
Il nulla, un posto in mezzo agli ulivi su una strada in salita che se guardi in lontananza vedi il mare al limite dell’orizzonte, oltre i palazzi di Livorno. Il nulla che diventa un po’ casa e allora inizi a sistemarti su un muretto dove persone nuove – e persone che ti sono accanto da più o meno tempo – vedono un lato di te che chi ti vede tutti i giorni, forse, non riuscirà a vedere mai. E allora ridi con tutta l’allegria che avevi dimenticato, sorridi con tutta la leggerezza e la serenità che potrebbe metterci un bambino. E allora, in mezzo al nulla con persone che son vecchie compagnie di strada e insieme a nuove compagne di avventure sfidi i tuoi polmoni marci gonfiando palloncini che poi, in serata, si perderanno con una folata di vento, e sfidi anche il tempo che deve passare e il freddo che inizia ad arrivare stando su un marciapiede a giocare a Nomi, cose e città ridendo a crepapelle.
Sfidi il freddo, l’ansia, quell’insieme di cose orrende che ti si sono attaccate addosso in tutti questi mesi per essere quella che sei, per ridere di gusto, per non fermarti davanti a nulla e allora ti senti parte di un gruppo, un gruppo che non è solo cinque, dieci, venti persone, no un gruppo che è diventato grande, grandissimo, un gruppo che non è solo canzoni, fan, sostegno ad un gruppo. No, un gruppo che è anche amicizia, chilometri fatti per essere sotto un palco a cantare, a perdere la voce, grazie urlati o detti sotto voce o scritti giorni dopo che fanno capire quanto sia grande e speciale questo gruppo. Un gruppo che ha un nome, un simbolo e che quando li vedi, li senti, li pensi capisci di non essere sola. Ecco, questo gruppo è così, è composto da persone che si vogliono bene, che si stimano ma anche che si detestano, che non si possono vedere e che si guardano male. E’ composto da persone che si trovano in sintonia e si ritrovano chiuse in un bagno a ridere e a ripararsi dal freddo mentre c’è chi sta fuori a far le oche giulive. E’ un gruppo così grande, così variopinto che a descriverlo a parole vien pure male. Gruppo Randa, solo chi c’è dentro può capirlo. E poi ci sono loro, non le amiche a cui ho già sviolinato per una pagina intera, loro quel gruppo grazie al quale è nato tutto questo, grazie al quale io – e tanta altra gente – ho incontrato alcune delle persone più speciali della mia vita, quelle persone che sono in grado di farmi da spalla in momenti in cui io non vorrei nessuno. Loro che mi hanno tenuto su con la musica, con le parole scritte in diari, detti nei video o scritti da qualche parte, loro che sono ragazzi come tanti che vivono il loro sogno, quel sogno che è diventato anche nostro. Loro che quando li incontri son così alla mano che ti dimentichi persino che loro sono il tuo gruppo preferito da sei anni ad ora, ti dimentichi di essere timida e ti ritrovi ad avere un abbraccio inaspettato perché tifi la stessa squadra di qualcuno, a chiedere ad un altro una cosa che non hai il coraggio di chiedere a nessun’altro e a ritrovarti una delle cose più importanti scritte sul diario, a ritrovarti a ridere per le cavolate di un altro e ad ascoltare la lunghissima disavventura del componente logorroico che te la racconta nei minimi particolari.
Loro che quando salgono sul palco ed iniziano a suonare ti fanno sentire a casa, perché quella è casa loro ed è anche casa nostra, casa mia.
Ed io alle ventitré e ventinove di lunedì diciannove novembre mi ritrovo ad aver scritto una pagina lunghissima ed aver iniziato la seconda, ma non sono neanche convinta di aver espresso tutto quello che ci sarebbe da dire.
E grazie a loro che sono la mia forza, la mia voglia costante di rialzarmi quando ogni cazzo di osso sembra essersi rotto dopo una caduta.
Grazie a loro per avermi fatto sentire, di nuovo, a casa, per avermi detto che prima o poi le cose andranno meglio.
Grazie a loro di avermi fatto incontrare persone fantastiche. E grazie soprattutto a queste persone fantastiche che sanno rendere una giornata già di per sé perfetta, in una cosa ancora più grande.
sabato 17 novembre 2012
"Vi aspettano al prossimo concerto, che è un po' casa loro e un po' casa vostra."
Ieri sera, era una di quelle serate ed io che ora mi fermo solo adesso, riguardo le foto, le catalogo per bene e mi rendo conto che quando urlo "grazie" non è solo per una bella serata, non è solo per loro.
"Insieme, fino alla fine".
giovedì 15 novembre 2012
Sono di legno secco che alla minima pressione si spezza
Se tu non ci sei, va tutto a rotoli, la mia concentrazione, la mia allegria, la mia autostima, la mia testardaggine. Sì, vanno via tutte le mie cose, a te, se non ci sei, mica manca qualcosa.
Se tu torni, torni spiazzando(mi), arrivando quando oramai nessuno se lo aspettava più e lo fai scrivendo cose che poi mi lasciano sulla poltrona a tremare, perché io non sono fatta di cemento armato, no son fatta di materia fragile, di legno secco che alla minima pressione si spezza e tu mi spezzi ogni volta.
Se tu torni e poi sparisci, resto solo un legno spezzato.
venerdì 9 novembre 2012
Cose che ti fanno sorridere #6
Ecco, io sono così. Sono invisibile e mi va bene, benissimo, perché così evito di ritrovarmi con le guance tinte di porpora e le parole balbettate e sempre sbagliate. Io sono così, capiamoci, perché io questo sorriso che ho sulla faccia, non lo capisco – e non ha neanche senso – perché se qualcuno mi ha notata, vuol dire che un giorno mi sono alzata ed ho dimenticato il mio mantello dell’invisibilità, un giorno ho camminato in mezzo alla gente scoperta, quasi senza difese.
C’è la E., che non mi sopporta più, che probabilmente a breve verrà a tirarmi in testa qualcosa, perché definirmi “un cancro”, se continuiamo la nostra discussione non le basta, che è convinta che quel ragazzo bassino, dagli occhi azzurri e l’aria un po’ sfatta - aria che, a me, fa pure un po’ di tenerezza – mi fissi quando lo incrociamo e che ci abbia pure indicate, che parlasse di me al suo amico.
C’è questo ragazzo di cui praticamente so solo che siamo nella stessa scuola e che ha spesso maglie di artisti che meritano una certa stima che un giorno mi ha parlato con quella che secondo la E. è una scusa per parlarmi, perché dal discorso che stavamo facendo era chiaro, secondo lei, che noi fossimo di quella scuola, mentre per me l’ha fatto solo perché era da solo alla fermata e ha detto quella frase tanto per, anche perché il discorso sarà stato composto sì e no da quattro frasi in totale. C’è questo ragazzo che non sa il mio nome, che non sa la mia classe, i miei anni o nient’altro che oggi è passato dicendomi “ciao”, così, dal nulla, quando da quando abbiamo parlato sono passate settimane e ci siamo incrociati più e più volte a scuola. C’è questo ragazzo per cui non trovo interesse o attrazione, che è solo un ragazzo carino che è a scuola lì, che mi ha fatto sorridere e infondo anche i discorsi della E. mi hanno fatto sorridere, nonostante l’idea che qualcuno possa avermi notato mi spaventa.
Io sorrido per tutto questo, sorrido, ma non è una contrazione più o meno volontaria dei muscoli facciali.
giovedì 8 novembre 2012
Ancora ci si ostina a credere che Milano è una città dove mancano i colori.
Avrei voluto dire che Milano, anche a passarci di sfuggita, a passarci una giornata, un paio di giorni per un concerto, mi ha fatto sentire a casa più di questo posto che potrà anche essere senza smog e nebbia, ma non sa nulla di cosa vuol dire far sentire vivo qualcuno.
lunedì 5 novembre 2012
Hic et nunc.
Qui ed ora vorrei F.
Qui ed ora vorrei il coraggio di sentire bene tutte le canzoni di cui fanno la cover, per vedere quali potrei riuscire a fare in due settimane.
Qui ed ora vorrei non essere sola quando mi dovrò sedere di nuovo dietro a quello strumento.
Qui ed ora vorrei non essere più considerata la “secchiona” della classe.
Qui ed ora vorrei non essere considerata quella “sempre responsabile”.
Qui ed ora vorrei non essere quella che dà sempre troppa considerazione alle parole altrui.
Qui ed ora vorrei essere forte.
martedì 30 ottobre 2012
Centosessantotto.
Le assenze andrebbero contate solo in giorni, così sembrerebbero più piccole.
lunedì 29 ottobre 2012
domenica 28 ottobre 2012
Si rincorrono i ricordi come cani nel cortile.
Quella volta del mio mento che viene preso tra le sue dita per alzarmi il viso.
Quella volta del “come lei ne salto due!”.
Quella del “con questi riccioli mi sembri Slash!”.
Quelle volte degli abbracci in mezzo al corridoio dove finivo contro al suo petto e pensavo che quello fosse il posto più bello del mondo.
Quelle volte del distacco, dove gli abbracci diminuivano, come i saluti e le chiacchiere ed i “vieni a fumare fuori, domani?”.
Quel giorno non meglio definito dove un amico diventa uno sconosciuto. Dove il tuo sole tramonta e i ricci neri spariscono.
E poi, così, per caso, te lo ritrovi davanti, niente riccioli, niente saluti, due sconosciuti nello stesso posto. E ti manca tutto a livello fisco e allora fumi per non crollare, ma poi in macchina guardi il cielo e ti chiedi perché tutti si allontano da te.
venerdì 19 ottobre 2012
Hic sunt leones.
Io, i miei leoni, li sposto sempre un po' più in là, ma ci sono sempre, così ho preso una penna e mi sono scritta "Hic sunt leones" sul braccio senza che nessuno capisse che senso abbia quella frase sulla mia pelle.
"Hic sunt leones".
Sono un territorio inesplorato, un territorio che deve essere ancora conquistato (da me).
"Hic sunt leones".
Qui, di leoni, ce ne sono tanti e finiranno col divorarmi.
lunedì 15 ottobre 2012
Black or white, no shades.
Senza sfumature, senza ritorni, senza nuove partenze.
Si va o si resta. Semplice, chiaro, senza fraintendimenti.
domenica 14 ottobre 2012
Me, I'm a part of your circle of friends and we notice you don't come around.
Fino alla fine d'agosto, pensavo che potevamo farcela, che se ci fossimo visti in giro tu mi avresti salutato ed io avrei fatto il passo avanti di chiedertelo se potevamo parlare, se potevamo chiarire e ti avrei vomitato addosso tutto, ti avrei detto a valanga che non pensavo tutte le cose che ti ho detto a ferragosto che sì, mi sono sentita tradita, abbandonata, ma che non è vero che me l'hai messo in culo, che sei un pessimo amico. No, quello mai. Ti direi che sei stato il migliore, che ci sei sempre stato, che sapevi sempre cosa fare, come prendermi, come stringermi e quando. Ti direi di trovare un modo per stare con lei e per essermi amico, perché io non posso stare senza di te senza guardarmi attorno e sentirmi affogare in un mare di gente senza poterti scrivere che ho bisogno di una crepes e di un abbraccio.
Fino a qualche tempo fa ad alta voce dicevo che a te, di quella promessa non fregava un cazzo, ma poi ripensavo a quella sera, al tuo bacio sulla fronte mentre mi dicevi "Mara, io sono sempre tuo amico" e dentro ci credevo, ci credevo che saremo rimasti amici, che forse avevi capito che io non avevo bisogno della tua felpa mentre tremavo di freddo, ma avevo bisogno di te quando mi cedevano le gambe e avevo bisogno di un abbraccio e di una crepes. Fino a qualche tempo fa ad alta voce dicevo tante cose, ma poi mi guardavo intorno e se non c'era nessuno davo un'occhiata alla nostra unica foto insieme, asciugavo una lacrima e mi dicevo che saresti tornato, ma oggi mi sei passato davanti in motorino, mi hai guardato e sei andato avanti senza salutare e l'ho capito che non c'è più posto per me, per noi, per la nostra amicizia.
Fa più male che gli sguardi incazzati, che gli sguardi vuoti, che le risposte acide, che la tua assenza in quel periodo in cui avevamo litigato Fa più male di tutto, perché quelli li superavo, erano parte di te, di me, dei nostri caratteri di merda, ma l'ignorarci mai.
giovedì 11 ottobre 2012
Chi sei? Da che pianeta vieni? Dove sei? Perché finisco sempre a tremare quando ci sei di mezzo tu?
Perché non può andare come nei libri, in un bel film dalla trama triste, ma dal finale felice?
mercoledì 3 ottobre 2012
venerdì 28 settembre 2012
E K. non era come D. che quando mi abbracciava sentivo i problemi andare via, ma quando ti abbracciava lui sentivi di non essere sola.
giovedì 27 settembre 2012
"Certe cose le DEVI dire" - cit.
martedì 25 settembre 2012
Pronti... a voi!
domenica 23 settembre 2012
Se puoi, se puoi non andar via resta.
Ciao F.,
ti sto scrivendo su un foglio di word iniziando una delle tante lettere che non consegnerò mai. Sai, mi piace pensare che un giorno qualcuno ritroverà queste lettere, magari quando io sarò vecchia, avrò l’Alzheimer come aveva nonna e non ricorderò nulla, neanche per chi le avessi scritte quelle lettera e allora, quel qualcuno sarà curioso di sapere, le leggerà tutta e penserà di consegnarle. Qualcuna, forse arriverà a destinazione grazie magari alla fortuna e a qualche anziana amica invecchiata abbastanza bene da ricordarsi chi era quello o quell’altro ragazzo per cui avevo scritto. Alla fine, i destinatari delle mie lettere sono pochi, sono tante le lettere.
Sai, non so neanche perché ho questo bisogno impellente di scriverti, perché oggi non ho bisogno di scrivere, ma ho bisogno di scrivere a te. Forse è perché non ti sento da giorni e quando voglio bene a qualcuno inizio a preoccuparmi troppo per lui o forse è perché mi piaci – cristo, se mi piaci! – e io so che, il giorno che riusciremo a vederci, non cambierebbe nulla, sarei solo più fottuta, perché tu farai qualcosa di indefinito per cui io mi perderò ancora di più per te. O sarà il tuo accento o qualche piccolo vizio, come J. che si stringeva con le mani le spalle. Vedi, il problema con te non è che fai dediche da mozzare il fiato dicendo poi che stavi scherzando per poi passare a chiedermi quando salgo, alla fine a non capirci nulla con te ci sono abituata, è da mesi che va così. No, il problema con te è che non sei uno stupido superficiale, perché se ti dico qualcosa che mi ronza per la testa non mi dici “passerà”, ma ti metti a parlare, se ti chiedo perché canti, mi dici che è per fare arrivare un tuo messaggio agli altri, se parli delle donne, sei così qualcosa che fai sciogliere anche me e questo mi ha letteralmente fottuto il cervello.
Sai, F., normalmente avrei pensato “vaffanculo! Io e lui siamolo due amici! E anche se mi piace, che c’è di male a scrivergli? Vivo nel ventunesimo secolo, non nell’ottocento che era l’uomo a dover fare il primo passo. Fanculo a quelle dannate regole del non rispondergli subito, fatti desiderare, non cercarlo se non lo fa lui”, ma invece ora resto qua, a torturarmi perché non voglio disturbarti e però guardo la scritta “online” che diventa “visto l’ultima volta alle 19.28” e a fissare il puntino verde accanto alla tua foto. Il bello di te, F., è che mi hai fatto scoprire cose che di me ignoravo totalmente, mi ha fatto scoprire la gelosia, quella che ti fotte il cervello e che non mi fa dormire iniziando a domandarmi con chi hai parlato al giorno, perché hai taggato una mia amica – sì, sono stata gelosa di lei! Te ne rendi conto!? – e come cavolo va con la tua ex che ogni tanto ti ritorna in mente. Mi hai fatto scoprire che io sono umana più di quanto avessi mai pensato.
Sai F. quando abbiamo parlato delle nostre cotte delle medie che ti ho parlato di quel ragazzo? Ecco, ti ho mentito. Quando mi ha scritto “ti ci sarà voluto molto per dimenticarlo” ti ho risposto di sì, ma che poi ce l’ho fatta ecco… non è vero. Io quel ragazzo non l’ho dimenticato, se ora lo vedessi potrei cadere in ginocchio sotto al peso del cuore che mi esplode, se lo nominano io sento il cuore che si blocca e non riprende a battere fino a che non arriva qualcuno che mi distrae; io non riesco a parlare di lui, posso scriverne per ore, ma parlarne no, è troppo per me che in realtà son più piccola e debole di quanto sembra. Avrei voluto dirti tutto e forse ora te lo direi, sai? Ti direi “no, non l’ho dimenticato. Lui è ancora dentro di me, lui è ancora quello che mi sconvolge, quello che mi fa battere il cuore in una maniera così spaventosa che tutte le volte penso “oh cristo, ora muoio. Sta esplodendo”, ma poi non succede ed io sto bene a solo a vedere un suo sorriso su una foto” però aggiungerei che tu sei l’unico con cui riesco a non pensare a lui, sei l’unico di cui mi fido, l’unico a cui direi “okay, lui non so se potrò mai scordarlo, ma con te potrei anche riuscirci. Con te voglio andare avanti”.
(No, non lo scorderò, questo toglitelo dalla testa.)
Ora, in questo momento, vorrei che noi non fossimo solo amici, vorrei poterti dare questa lettera e non farla diventare l’ennesimo post di un blog perché non voglio farla andare persa, vorrei poter scriverti quelle frasi di canzoni dove ti sto trovando – sai che il cd di Nesli è pieno di te, tra una frase e l’altra? – e vorrei, non proprio per ultimo, poter salire su un treno, correre da te e guardarti mentre ti chiedo di abbracciarmi, di baciarmi. Vorrei che io e te non fossimo noi, non fossimo lontani, magari le cose sarebbero più chiare.
Ciao F.,
come stai?
E lo sciopero delle parole fa male solo a me.
(Perché non ce l'avevi con me).
martedì 18 settembre 2012
lunedì 17 settembre 2012
"Lei ci ha abbandonati!" #1.
Avevo imparato ad apprezzare le piccole cose di quella scuola, perché in sé mi fa sempre più schifo, e quelle piccole cose se ne sono andate allegramente a farsi inchiappettare da un unicorno venuto da Narnia. Avevo imparato ad apprezzarla per quei pochi professori che avevano voglia di fare, nonostante la classe pessima che eravamo, per quei professori che mi hanno (ri)caricato nonostante né loro né io, avevo stimoli positivi tra quelle quattro mura.
C’era di bello una classe con una ventina di iscritti e pochi frequentanti. C’era, perché ora siamo una di quelle classi fin troppo piene in cui ci sarà troppo casino e poca voglia di fare con un professore di italiano che non riesco a seguire perché oltre a ricordarmi Silente passa il tempo a gesticolare e finire le frasi con versi senza senso oppure “… eh? Sì, avete capito” mentre l’altro prof. ha già iniziato a lavorare nell’altra classe e io, fermandolo a ricreazione, che ci ha abbandonati gliel’ho detto che più che un noi era un io.
Siamo trentadue elementi e parlerò con quante? Dieci persone a dir tanto? Farò di A. la mia forza, il mio abbraccio alla mattina quando vorrei urlare alla C. di stare zitta che per sparar stronzate può star zitta, alla K. che se lei non vuole fare nulla se non casino, può uscire e ce n’è un po’ per tutti e forse sono io che son troppo acida, mi sa.
E io ho già voglia di nascondermi sotto le coperte e di non andarci più e non ho neanche finito la prima settimana. Tanto, se non vado, in una classe di trentadue elementi, chi si accorge che manco?
mercoledì 12 settembre 2012
martedì 11 settembre 2012
sabato 8 settembre 2012
mercoledì 5 settembre 2012
lunedì 3 settembre 2012
But I carry on.
Tutto quello che volevi va via, quello che evitavi ti arriva addosso a tutta velocità, ma (io) vado avanti, nonostante tutto, nonostante me stessa.
sabato 1 settembre 2012
In the middle of September we'd still play out in the rain.
Benvenuto Settembre, io inizio a scriverti alle tre di notte mentre Daughtry mi tiene compagnia e fuori tira vento.
Sei arrivato come ogni anno e quest’anno ti saluto più volentieri, perché ho tanto da aspettarmi da te, ma ho imparato a non aspettarmi tutto e tutto come voglio io, perché tu fai tutto a modo tuo, mio caro settembre. Guardami, quest’anno ho un concerto da aspettare, una persona da vedere – cosa porti quest’anno, Settembre? -, ho la scuola che mi aspetta, ho più forza e niente che può spezzarmi com’è successo l’anno scorso con nonno. Quest’anno, guardami e vedilo anche tu, perché me ne stupisco anch’io e forse è frutto dell’ora tarda, sono più decisa, pronta a tutto per non cadere. Ho deciso che è l’ora di corazzarsi, perché non posso tremare sempre per niente – per tutto(?).
Settembre, chissà perché tu sei (per me) il mese delle prove del nove, dei saluti, dei piccoli e grandi salti, ma soprattutto sei il mese delle decisioni. Chissà cosa vedo in te che non vedo negli altri undici mesi dell’anno.
Potrei farti una lunga lista di cose che vorrei che succedessero, ma quella la tengo per me – per noi? – però si buono quest’anno, non importa se con me non vuoi esserlo, ma sii buono con gli altri, magari con la prima pioggia, allevia qualche dispiacere, qualche dolore. Per me, basta solo un po’ di pioggia, poca, e sarò “felice”. Settembre, sii forte, bello e fiero come il mare in burrasca di questo fine agosto. Sii pronto o forse sono io che devo essere pronta?
Sono le tre e ventisei, fuori non si sente più il vento che soffia, ma una cicala continua a cantare, diglielo tu che l’estate sta finendo e per lei non è più tempo di cantare.Benvenuto Settembre, davvero, non sai quanto ti volevo. Tu dammi delle prove, io le affronterò e magari fammi imparare a non saltare di palo in frasca quando scrivo, sarebbe bello non avere una marea di pensieri che scalpitano per uscire.
Amy.
(E scrivo di notte, poi al giorno le copio e mi perdo un po' tra gli spazi vuoti di cose che non (ti) ho scritto).
Buon settembre.
giovedì 30 agosto 2012
mercoledì 29 agosto 2012
Scelgo di andare avanti, di prendere la strada più facile, pur sempre non sicura, ma più facile. Metto il cuore su un'altra persona, perché a te non posso cantare di rimanere la notte, perché non voglio dirti addio.
martedì 28 agosto 2012
Più cerco di convivere con me stessa, più mi ritrovo ad annientarmi, a volerlo fare mentre qualcuno parla di argomenti da cui resto tagliata fuori.
Più cerco equilibrio, più cado rovinosamente al suolo.
lunedì 27 agosto 2012
I didn't hate it, but I didn't quite relate it.
Loro ripartono, tra poco arriva settembre ed io ho voglia di urlare che io, qua, non posso più starci. Qua, tutto, non ha senso, non ha ragione di esistere. Tutto è un circolo vizioso senza senso, senza una parte che mi calzi a pennello.
martedì 21 agosto 2012
I numeri dispari non mi ispirano fiducia.
I numeri dispari non mi ispirano fiducia. Mai.
lunedì 20 agosto 2012
Non è in scaletta, lasciamola fuori per quanto bella sia.
giovedì 16 agosto 2012
Forse, per una volta, dovrei anche saper mettere da parte l’orgoglio, perché di lui posso fidarmi più di quanto possa fare di me stessa e della capacità di fermarmi in tempo. Forse dovrei farlo, perché nonostante sia un coglione, uno stronzo, un deficiente, una testa di cazzo buona a nulla, è pur sempre l’unico che lì in mezzo ha sempre capito al volo cos’avevo.
Forse, non so neanche se questi ricordi son veri e intatti o se son io che ho esagerato col “colluttorio” alla menta.
mercoledì 15 agosto 2012
lunedì 13 agosto 2012
E' tua. Tua e basta.
So con assoluta certezza che ogni tanto tornerò in questi posti e ti penserò e mi chiederò dove sei, come stai, come faccio ora mentre tu ti ricorderai sempre più vagamente di me.
So con assoluta certezza che tu sei dentro di me, dentro fino alle ossa, alle cellule, al cuore.
E sopra tutte queste assolute certezze ce n'è una che è quella che una parte di questo cuore è tua. Tua e basta.
Poi, tra una parola e l'altra mi ripeto che io non amo.
mercoledì 8 agosto 2012
Aver paura fino a perdere il respiro.
F. vuole l'amore, io non voglio neanche sapere se esiste, dove sta di casa.
F. vuole trovare la persona giusta, io la persona giusta credo di averla persa di vista anni fa.
F. che vuole vedermi, che sta pensando a come fare a vederci a quel concerto, io che ho sempre più paura.
Io che non voglio rischiare nulla, io che voglio star sola perché (mi) fa meno male che giocarmi il cuore. Io che vorrei vederlo, abbracciarlo, vedere che succede. Io che non so più cosa voglio, dove voglio andare. Io che vorrei solo non aver paura fino a perdere il respiro.
sabato 4 agosto 2012
sabato 28 luglio 2012
venerdì 27 luglio 2012
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
Mi fai tremare il cuore.
E scriverlo non serve a farlo smettere.
Dove sei?
Ti prego, stringimi, baciami, aiutami a trovarmi, a trovarti.
giovedì 26 luglio 2012
Voglio sentire il nulla che mi circonda.
martedì 24 luglio 2012
Non dovrei avere paura di vedere F.
Quello che provo per lui, l'altro lui, è una cosa normale e non dovrebbe spaventarmi. Cercarlo è la cosa più facile del mondo.
Dalla bocca degli altri, tutto questo casino sembra facile.
Invece, per me, è la cosa più grande del mondo.
giovedì 19 luglio 2012
E tutti mi dicono che so servire, che non farò volare niente e io quello lo sa anche da me, io ho paura delle persone. Ho paura di parlare, di sbagliare, di non farmi capire.
Io voglio star nell'ombra, non a contatto con la gente.
domenica 15 luglio 2012
Un'amica mi sta chiedendo cosa abbiamo fatto di economia, io a mala pena ricordo come si calcolavano i costi ed i ricavi.
Sto guardando un'anime in giapponese, sottotitolato in italiano, ma il suono della lingua originale dei doppiatori mi distrae.
E tu dove sei?
venerdì 13 luglio 2012
Stavo pensando a me stessa che giro con un paio di poesie nel portafoglio.
Stavo pensando che se l'avessi detto a lei, lei avrebbe riso senza chiedermi perché giro con due poesie nel portafoglio.
Stavo pensando che questo passaggio a non capirci proprio più, non so neanche quando è avvenuto.
giovedì 12 luglio 2012
"Mi piacciono le persone che sanno cosa fare della loro vita."
domenica 8 luglio 2012
Quattromilionisettecentocinquantaduemila secondi.
Cinquantacinque giorni.
Milletrecentoventi ore.
Settantanovemiladuecento minuti.
Quattromilionisettecentocinquantaduemila secondi.
Qualche secondo se n'è andato, perso tra conti scritti in una grafia incomprensibile, tra seghe mentali, paure e pensieri negativi su un futuro lontano più di quattromilionisettecentocinquantaduemila secondi.
Mi devono concentrare sui numeri, dividerli sempre di più e farli diventare un numero enorme di secondi, per non pensare alla paura, perché ho ancora quattromilionisettecentocinquantaduemila secondi - meno tutti quelli che sto perdendo - per superare la paura di vederti, di salutarti, di parlarti faccia a faccia, di farti vedere che divento rossa davvero se mi dici qualcosa di carino o di imbarazzante, di abbracciarti.
giovedì 5 luglio 2012
16.16
E così mi ricordo perché tu mi fai (tanto) bene, nonostante fosse una settimana che non sapessi neanche come stavi.
mercoledì 4 luglio 2012
Do you see how much I need you right now?
lunedì 2 luglio 2012
E ora cosa devo pensare? Che io e te ci siamo persi per timidezza, per orgoglio, per demenza, per debolezza, per la strada che è cambiata sotto i nostri piedi, per mille altre cazzate? Che devo pensare? Che doveva morire una persona a te cara per farti vedere che io sono ancora qua, con la mano tesa se hai bisogno? Che cosa devo pensare, io?
(e mi manca correrti dietro mentre vai sulla bmx sorridendo dicendo che son lenta e mentre ridi ti vengono fuori i buchi sulle guance).
venerdì 29 giugno 2012
giovedì 28 giugno 2012
mercoledì 20 giugno 2012
martedì 19 giugno 2012
domenica 17 giugno 2012
Nonostante so di averlo dimenticato, lui era lì, tra gli occhi lucidi, tra la voglio di non essere più quella ragazzina, tra gli occhi lucidi e il labbro inferiore rosso per averlo morso troppo forte un paio di volte. Era lì, tra un sguardo triste, un sorriso, una voglia di chiuderlo di nuovo nella scatola dei ricordi e la consapevolezza che dire "morirgli dietro" era la frase più esatta, ma anche quella che dopo son rinata.
giovedì 14 giugno 2012
postinutiliscrittiinpredaall'ansia!
O è un buon segno.
O è andata persa.
Sicuramente è andata persa.
Il Marconi aveva solo una cosa buona: ti chiamavano.
domenica 10 giugno 2012
E la pioggia di giugno che non porta via niente.
sabato 9 giugno 2012
Domani Bo viene portato dalla mamma di una tizia che ha un rifugio per cani, per vedere come sta, se ha il cip e quindi se si ritrovano i padroni, mentre io mi son già affezionata.
venerdì 8 giugno 2012
martedì 5 giugno 2012
Sono diventata questa senza neanche accorgermene.
Dov'ero io mentre cambiavo, mentre crescevo?
Chi è quella che mi guarda riflessa nello specchio?
domenica 3 giugno 2012
Firenze l'è piccina e l'è anche casa mia.
giovedì 31 maggio 2012
lunedì 28 maggio 2012
Cose che ti fanno sorridere #5
Alzarsi con gli incubi che ti offuscano la mente, le verifiche che minacciano di farti crollare, ma rientrare comunque a casa con la primavera nel cuore.
domenica 27 maggio 2012
lunedì 21 maggio 2012
Mavaffanculo.
Ho passato quasi metà della mia vita a riempirmi di sensi di colpa, ora che sono arrivata ad un compromesso instabile con me stessa voi vi rimettete a litigare con discorsi campati in aria e con al centro me per finire sempre a sfogarvi, a riempirvi reciprocamente di insulti più o meno nascosti, con me.
Sapete che c’è? C’è che quella mia ipotetica e futura casa su cui vi siete messi a litigare potete mettervela allegramente in quel posto, perché non la voglio visto su cosa si andrebbe a poggiare o se proprio dovrà esserci prendetemela il più lontano possibile così posso fingere di non essere in casa, di avere il cellulare non raggiungibile, la prossima volta che avete intenzione di usarmi come sacco per sfogarvi.
venerdì 18 maggio 2012
Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose belle #3
mercoledì 16 maggio 2012
martedì 15 maggio 2012
Cose che ti fanno sorridere #4
lunedì 14 maggio 2012
Scrivere a scuola, perché mi manca qualcosa da fare e l'interrogazione di economia fa dormire.
Economia dovrebbe interrogare, in pratica sta parlando con un tizio di cibo e a me sta venendo fame di dolci, ma devo aspettare un'altra ora prima di mangiare.
Sto scrivendo, perché devo far qualcosa, sennò potrei mettermi a sclerare come l'altro giorno uscita da scuola, ma non credo sia una cosa saggia da fare, però il quaderno e l'agenda sono nello zaino, troppo lontano da qua.
F. non risponde, sta male e io ho istinti da "mammina" a distanza. Mi (faccio) schifo e tanto, non mi piace quando nascono in me questi istinti.
(F. non è quello che voglio, ma sarebbe bello abbracciarlo all'infinito).
Google Maps ha una macchina e questa macchina girava in zona. Io ero convinta che le foto le facessero dal satellite, ci sono rimasta male. D. si vanta di essere rimasto su Google Maps, sta tranquillo, sei figo per questo. Mavaffanculopureate.
Quello di economia sta facendo cercare ad L. Springfield, non dovevi interrogare per fargli saldare il debito?
(Tanto non lo salvano, si arrampicano sugli specchi come facevo io tempo fa quando non sapevo le cose).
Voglio andare a casa e dormire, dormire tutto il giorno, fino a domani e saltarmi il lunedì che è pieno di lezioni di merda.
martedì 8 maggio 2012
Quanti vorrei che non ho detto e non dirò (mai).
Vorrei andare bene in tutto.
Vorrei un amico di penna, no, anzi vorrei uno sconosciuto di penna che diventa un amico. Uno sconosciuto che si raccontasse portandomi a raccontarmi.
lunedì 7 maggio 2012
venerdì 4 maggio 2012
Cose che ti fanno sorridere #3
I treni.
Le foto con espressioni sceme.
Le stazioni.
I baci sulla fronte.
I papaveri.
Camminare senza meta.
Le amiche.
Quelle “vecchie”.
Quelle “nuove”.
La paura di perdere il treno.
La stanchezza a fine giornata.
giovedì 3 maggio 2012
Quella che eri, quella che sei.
Quella che eri che ti saluta, stando in piedi fuori dalla porta, quella che eri che ti saluta mentre corre su per le scale con lo zaino dei pokémon, quella che eri che ti saluta mentre resta seduta su un mobiletto rosso con un grembiule rosa pieno di patacche colorate. Quella che eri che ti sorride come per dirti “okay, non stai andando proprio nella direzione che volevi, ma è okay”, quella che eri che è diversa da quella che sei, ma non poi così tanto.
venerdì 27 aprile 2012
Benson & Hedges.
Ci sono quelle giornate in cui le parole restano incastrate in gola, tra le ossa delle mani, tra l’inchiostro delle penne mezze scariche ed i fogli a righe che sembrano risucchiare tutta l’energia di cui hai bisogno per scrivere.
Ci sono quelle giornate in cui ti manca avere un pacchetto di Benson & Hedges blu nascosto nella borsa, ti manca l’estate per stare seduta sugli scogli vestita, mentre il resto delle persone prendono il sole, a guardare il fiume che sfocia nel mare con una sigaretta tra le labbra che sembra capire tutto senza farti parlare, senza domandare.
Ci sono quelle giornate in cui ti manca persino il fumo delle sigarette.
mercoledì 25 aprile 2012
Cose che ti fanno sorridere #2
lunedì 23 aprile 2012
domenica 22 aprile 2012
Al tre, allora.
Al tre, allora.
sabato 21 aprile 2012
Cose che ti fanno sorridere #1(bis)
Sei fuori coi tuoi amici - o sei fuori con la tua ragazza? - e trovi il tempo di rispondere ai miei messaggi (e capisci che sono incazzata e ti interessi al perché!).
C'è chi mi dice che non devo sorridere quando fai così, ma io lo faccio lo stesso e vaffanculo.
venerdì 20 aprile 2012
Teoria del cappuccino schifoso alle otto del mattino.
mercoledì 18 aprile 2012
Cose che ti fanno sorridere #1
Ti voglio un bene dell'anima, ma vaffanculo eh.
lunedì 16 aprile 2012
When the rain begins to fall.
Fuori sta diluviando, il suo rumore è meglio della musica, anche se poi, a sentirlo, ci si sente un po’ più sole o forse ci si sente sole come sempre, solo che nasconderlo quando senti l’acqua scrosciare fuori casa è più difficile.
Fuori diluvia e mi chiedo perché diluvi proprio ora, poteva farlo oggi quando sono uscita da scuola e darmi un po’ di sollievo, perché l’odore dell’asfalto bagnato o un diluvio sanno alleviare tutto, tutto.
Fuori sta diluviando, no, anzi sta smettendo, ma io mi chiedo se tu sia al riparo da qualche parte – dove ti trovi, ora? – o se sei sotto l’acqua scrosciate, forse no. Forse da te c’è il sole, perché da questi posti di merda te sei andato e là c’è il sole, magari mentre inizia a farsi buio vorresti sentire il rumore della pioggia.
Fuori ha smesso di piovere, c’è troppo silenzio.
domenica 15 aprile 2012
mercoledì 11 aprile 2012
Random.
Penso a Leopardi, a quanto mi piacerebbe incontrarlo per parlarci. Mi piacerebbe sentire lui che espone lui il suo pensiero, scambiare con lui pareri sulle forme di pessimismo anziché pensarle o, al massimo, dirle al prof. mentre in classe mi guardano come una pazza.
domenica 8 aprile 2012
Non riesco più neanche a parlare con mia cugina senza sentire la mia voce che si incrina, soffoca in gola ancorandosi lì senza voler uscire, senza trovare né le parole giuste né la via d’uscita. Non riesco più a parlare con lei che è sempre stata una delle poche persone con cui non ho mai avuto paura di parlare, una delle poche persone a sapere davvero cos’ho per la testa.
Parlavo un po’ a caso, parlavo e le raccontavo di quel sabato sera in cui, davanti al mare, ho pianto come non facevo da chissà quanto tempo, di quella sera dove non so perché ho iniziato a piangere e non riuscivo a smettere. Le raccontavo di quello che ho per la testa senza parlare davvero e sentivo la voce incrinarsi, guardavo l’asfalto, la punta pulita da poco delle All Star, ma mai lei. Parlavo e volevo scappare a casa, in camera, sotto le coperte e rannicchiarmi in posizione fetale e lasciare andare avanti il mondo mentre io me ne rimanevo lì a recuperare le forze che non ho.
Parlavo e non parlavo davvero
Parlavo e mi rendevo conto di sbagliare una parola dietro l’altro, un verbo dietro l’altro e un aggettivo dietro l’altro.
Non so più parlare con le persone.
Non so più parlare con le persone di cui mi fido.
Non so più parlare di me con le persone di cui mi fido.
Soffocherò per le parole che mi si incastrano in gola e che l’inchiostro non riesce a far uscire.
mercoledì 4 aprile 2012
Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #4
Commessi estremamente attraenti che non solo sentono i tuoi commenti sul fatto che li trovi fighi, ma ad una settimana di distanza si ricordano di questo e mentre servono la tua amica ti guardano con un misto tra una risata ed un sorriso mentre tu stai tipo morendo di imbarazzo e la tua faccia è della stessa tonalità della divisa rossa che indossa, ma ti fanno anche andare direttamente al settimo cielo.
martedì 3 aprile 2012
Sìokayperò!
domenica 1 aprile 2012
martedì 27 marzo 2012
Can you stay strong? Can you go on?
Se tu fossi qui ti metterei le cuffie e ti farei sentire quella canzone che mi sta facendo compagnia da ieri sera, quella che una frase sì ed una no, mi ricorda te e se tu fossi qui correrei sulle scale a prendere l'astuccio, urlandoti di aspettare un attimo che dopo ti avrei lasciato in pace per sempre e che potevi andartene se volevi, ma prima volevo fare una cosa e questo te lo direi tornando giù di corsa, rischiando di cadere con la stessa facilità con cui cadevo anni fa, quando tu entravi in classe con la tua aria spavalda e i tuoi occhi che erano uno specchio. Mi sederei accanto a te, cercando di non tremare per paura - paura di cui, a te, non so se direi niente o se ti direi tutto, sai? - e ti scoprirei l'avambraccio, mentre tu ascolteresti quella canzone ti scriverei sul braccio "Can you stay strong? Can you go on? Kristy, are you doing okay?" e tirerei una riga sottile sul nome "Kristy" sostituendolo con il tuo.
Se tu fossi qui, prima di lasciarti andare ti chiederei se, quando eravamo ancora in classe insieme, ti fossi reso conto che io volevo esserti amica, che avrei voluto già allora un futuro migliore per te. Se tu fossi qui, se tu ti ricordassi di me, se io avessi quella dannata possibilità di passare anche solo un'ora, cinque minuti con te, probabilmente, non saprei parlare e ti chiederei di dire cose a caso, perché così, questa volta, oltre che il tuo sorriso, i tuoi occhi, il tuo accento, i tuoi scherzi e le tue cavolate, cercherei di ricordarmi esattamente il suono della tua voce.
sabato 24 marzo 2012
Da bambina, vedevo mio padre come un essere privo di imperfezioni.
giovedì 22 marzo 2012
lunedì 19 marzo 2012
Straziami, strappami l'anima.
Straziami, strappami l'anima ma non sparire e ritornare ogni volta che io inizio a trovare una stabilità con i miei pensieri senza i tuoi messaggi, i vuoti allo stomaco e i batticuore.
lunedì 12 marzo 2012
"sei umana, amy" (cit.)
venerdì 9 marzo 2012
Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #3
So I've been writing just for you.
lunedì 5 marzo 2012
martedì 28 febbraio 2012
Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #2
domenica 26 febbraio 2012
giovedì 23 febbraio 2012
E mischiare le lacrime con l'inchiostro.
mercoledì 22 febbraio 2012
"Tra poco sarai grande" (cit.)
“Tra poco sarai grande”.
Tra poco sarò grande, così dice papà.
Tra poco sarò grande, lo dice anche mamma e mi chiedo com’è che per la prima volta dopo anni, si ritrovino d’accordo su qualcosa che io trovo totalmente ed incondizionatamente sbagliato. Non sarò grande, non cambierà nulla dal giovedì al venerdì o dal sabato alla domenica o dal giorno alla notte, sarà tutto uguale, io sarò uguale.
Non sarò grande solo perché arriva quel fatidico diciotto, non sarò grande solo perché arriva la maggiore età, io sarò sempre la stessa. La solita ragazzina dai capelli orribili, dalle crisi di pianto alle quattro del mattino e che non si riaddormenta fino alle sei, quando suona la sveglia. Sarò sempre la solita che non sa cosa vuole essere “da grande”, che non sa cosa farà quando riuscirà a finire la scuola. Sarò sempre la solita che quando pensa al domani le viene l’ansia, perché le sarebbe piaciuto che andasse tutto come voleva lei. Io sarò sempre la solita ragazzina dai tremila file di word salvati, in buona parte con una storia dentro, una storia che è una via d’uscita ma che non finisce mai. Sarò sempre la solita ragazzina che ha una foto di nonno attaccata in camera e quando la guarda le vengono le lacrime agli occhi e allora canta Bella Ciao per calmarsi, sarò la solita ragazzina con un giacchetto di lana addosso che più che pararla dal freddo la para dalla solitudine.
Sarò sempre la solita ragazzina che vorrebbe trovare la fortuna nei biscotti della fortuna, che vorrebbe rivedere gli occhi di J. Per vedere Central Park un’altra volta, che vorrebbe rivedere quel ragazzo che non vede da anni ma che quando lo pensa si scatena una guerra. Sarò sempre la solita ragazzina con domande assurde per la testa, ma ben poca gente che vorrà provare a darle una risposta.
“Tra poco sarai grande”, no tra poco sarò solo me stessa con un grandissimo sorriso in faccia stampato in faccia con cui rispondere “ma grazie!” all’ennesima persona che oserà farmi gli auguri.
“Tra poco sarai grande”, no tra poco sarò solo me stessa che risponderà cordialmente alle chiamate dei parenti che non chiamano mai se non per Natale e compleanni e che mi terranno tre ore al telefono dicendo che si ricordano quando da bambina andavo a mangiare là e mangiavo solo pasta al pesto.
“Tra poco sarai grande”, no, papà, no. Tra poco sarò sempre al tua bambina che ogni tanto si chiede perché tu non capisca che lei non vuole essere considerata grande, perché quando la consideravi una bambina ti comportavi da super eroe e non da uomo qualunque che mente.
“Tra poco sarai grande”, no, mamma, no. Tra poco sarò sempre la solita bambina che ogni tanto si isola per casa a leggere un libro ed è come se non ci fosse.
No, tra poco sarò sempre me stessa con un anno in più e qualche speranza in meno. Vorrei che lo capissero tutti che io non voglio niente, se non il silenzio e la solitudine.
venerdì 17 febbraio 2012
Storm in a Teacup.
Sono qua da sola, in tv ci sono gli One Direction che cantano e mi verrebbe voglia di spegnere, solo che il telecomando è lontano e non voglio alzarmi. Mamma è già andata a letto e ora vado anch’io, però prima ho bisogno di svuotarmi un po’, perché quando andrò a letto, spegnerò la luce non voglio una marea di pensieri che esplode come una bomba atomica nella mia testa, voglio andare a letto, chiudere gli occhi e dormire.
Io, io che non sono mai stata brava a rialzarmi quando mi facevo male da sola al cuore, perché alla fine il cuore me lo sono rotta colpendomelo sempre da sola, io che non sono mai stata brava in queste cose, sono ad ascoltare tutte queste persone che chissà cosa cavolo vedono in me e mi parlano dei loro problemi di cuore e io ascolto, gli dico qualcosa e mi ringraziano, come se avessi fatto chissà cosa, ma in realtà riciclo solo cose che hanno detto a me, piccoli consigli che mi hanno dato una mano.
Scrivo e non seguo una logica, scrivo perché lo sento che stavo implodendo, perché leggere certe cose mi spiazza così tanto da dovermi fermare, perché se leggo ancora rischio di crollare. Scrivo, perché mi sono persa in una “storm in a teacup” e mi sento così dannatamente stupida. Scrivo, perché quando mi guardo allo specchio mi cerco nel mio riflesso, ma non mi trovo, non mi riconosco in quell’immagine che cammina a testa alta, nonostante ogni giorno, dentro, si senta sempre più persa. Scrivo, perché andare avanti da sola è impossibile e da qualche parte mi devo svuotare, ma anche ora non lo sto facendo, perché essere umana mi fa così paura, perché ad andare affondo rischio di trovare parti di me che non saprei controllare, non saprei rendere logiche, razionali come piacciono a me e allora sto qua e ci giro intorno.
Ma tu riesci ad immaginartela una tempesta in una tazza di tè?
lunedì 13 febbraio 2012
Di belle visuali, gente che da te vuole farsi uccidere, domande senza senso e di altre cose #1
domenica 12 febbraio 2012
sabato 4 febbraio 2012
Before the end, I know I'll breathe again.
venerdì 3 febbraio 2012
Amy say she is all alone.
venerdì 20 gennaio 2012
"Sei sempre la solita esagerata"
Parto, domani, e io sto sperando di arrivare e vedere la neve, perché quel bianco è rassicurante nonostante le cadute e la paura, perché quel mare bianco e candido si ruba sempre i pensieri restituendomeli, poi, al ritorno senza che facciano male.
Domani parto ed ho una paura folle, perché la montagna mi spaventa, perché sa essere bella ed infame, ma io, alla fine, vorrei sempre rimanere a Sestiere a fare l'eremita in mezzo al nulla quasi totale.
domenica 15 gennaio 2012
giovedì 12 gennaio 2012
solo una stucchevole deriva criminale.
mercoledì 11 gennaio 2012
(non) gentile comunicazione di servizio.
lunedì 9 gennaio 2012
domenica 8 gennaio 2012
Non ho né la voglia né l'umore per rivedere certe facce di merda.
E sì i compiti sono fatti e finiti (emh, sì, tranne italiano, ammettiamolo) ma siccome erano vacanze anche per e mi sono messa lì e mi sono fatta tutta quella caterva di esercizi da quinta elementare di matematica e tutta biologia e tutto inglese e un quarto di italiano, potevi fartelo anche te, brutta faccia di merda che non sei altro.
Io a scuola non ci torno, cazzo.
venerdì 6 gennaio 2012
nonvogliopiùsentirelefarfallenellostomaco.
Scrivo su fogli di carta, mi sento un po' naufraga e il mondo va avanti anche senza di me.
Soffro il jet-lag da una parte all'altra dell'Italia, quelle tre ore di treno mi hanno scombussolato l'organismo, o forse non è il jet-lag ma è Milano che se mi saluta con il sole come a dirmi che mi aspetta col sorriso mi manda in crisi, convincendomi che quello è il mio posto, non questo. Forse non è neanche Milano, lo smog, la nebbia, i campi vicino a dove sta la D., forse non è il posto, forse sono le persone che riescono a farmi sorridere mentre sul mio viso scendo le lacrime per chi prende strade diverse promettendo di rimanere amici, forse non è neanche quello, forse è che la timidezza c'era, ma si faceva vincere facilmente, non come qua che mi fa balbettare e diventare rossa come un peperone senza darmi la capacità di fare una frase sensata o forse è semplicemente che io, qua, non mi sento a casa e là mi sentivo libera di essere me stessa, libera di sentirmi a casa.
Sorrido e sono tenace, l'ho promesso prima di tutto a me stessa, ma io ora come ora sono stufa di questa strana convinzione che solo io posso affrontare quella persona, che solo io sarò in grado di fargli una discorso per capire cosa cazzo ha, perché non ne sono convinta, io so che quando lo vedrò rischierò di balbettare e di farmi infinocchiare dai suoi "con lei sono felice" e vaffanculo persino al sorriso e alla tenacia. E vaffanculo anche a me che ieri sera mi sono addormentata ripensando a quanto era bello quel fottutissimo abbraccio, anche se veloce e se io sono affondata nel suo piumino, e vaffanculo che mi addormento pensando a quel "ci vediamo, magari a marzo se riusciamo a venire" che mi fa sorridere e venir voglia di sperare in qualche cosa, anche se di speranze (con lui) non ci saranno mai.
E inizio l'anno col sorriso, ma poi sono malinconica e poi rido e poi mi sento naufraga e poi rido di nuovo di gusto e poi mi chiedo se quell'abbraccio è piaciuto solo a me.
E io scrivo su fogli di carta volanti e mi sento naufraga, perché il mio porto sicuro devo ancora comprarlo e io mi sto forzando a scrivere qua, perché gli occhi degli altri mentre scrivo mi mettono in imbarazzo, tanto anche.