L'autobus che dovevo prendere per tornare a casa era in ritardo, un ragazzo è salito sbuffando e s'è seduto davanti a me scusandosi perché credeva di aver colpito la mia gamba. Aveva gli occhi verdi, così verdi da sembrare verde speranza, ma sul suo viso c'era solo tanta ansia e tanto qualcosa perché l'autobus era in ritardo; sbuffava, guardava fuori, incontrava gli occhi di qualcuno e accennava un sorriso gentile e si lamentava tra se e se del suo cappello (che, Dio, sembrava un preservativo).
Aveva gli occhi verdi, così verdi da sembrare verde speranza e quando ha avuto un momento di smarrimento ed ha chiesto se l'autobus passase da Lerici, gli ha sgranati e sembravano ancora più verdi. Aveva gli occhi verdi, così verdi da sembrare verde speranza, ma aveva una cosa ancora più bella da guardare: le fossette che gli si sono disegnate sul suo viso quando ci siamo guardati e, senza un motivo, senza esserci mai visti prima e con la consapevolezza (mia) di non rivederci più, siamo scoppiati in un misto tra un sorriso e una risata come se non ci fosse niente di più normale.
Aveva gli occhi verdi, così verdi da sembrare verde speranza e mi ha dato un momento di assoluta e trascurabile felicità, un momento che a descriverlo sembra quasi scolorire.
venerdì 23 dicembre 2011
martedì 20 dicembre 2011
vorrei essere il tuo cd preferito o la tua canzone preferita, quella che ascolti quando la giornata gira male, quando ti senti scivolare verso il baratro, vorrei essere il tuo punto di riferimento in una vita che ha giocato sporco con te, vorrei essere quella canzone che resta, quella che sai non ti lascerà mai.
vorrei solo ricordarmi quel tuo accento che mi faceva sorridere anni fa.
vorrei solo ricordarmi quel tuo accento che mi faceva sorridere anni fa.
lunedì 19 dicembre 2011
e mi chiedo se pensi mai cose strane e ridi dei tuoi pensieri come di una battuta divertente.
ho la moleskine nello zaino che è abbandonato sul tavolo mentre io sto al computer a fingere di svolgere il patrimonio dell'azienda "scotti al tempo x" e non posso alzarmi, perché di sentirmi urlare contro non ho voglia, mi sento urlare già addosso da dentro.
avrei voglia di scriverti come se tu potessi leggere, un giorno, ma la decisione è stata chiara: richiuderti in quella stanza tutta tua che ho dentro al cuore e non farti riuscire... che senso avrebbe pensarti ancora? chiedermi ancora come stai? sentire l'ansia farmi battere il cuore a tremila insieme al respiro che si spezza perché c'è quella domanda che mi rimbomba in testa, quella domanda alla quale, persone come m., risponderebbero di sì, ma io quel sì non lo voglio e allora mi sale l'ansia e pensarti non mi strappa un sorriso, ma una risata amara.
sabato guardavo le luci sui monti e le stelle sul cielo, i monti e il cielo erano dello stesso colore e le luci sui monti mi sembravano stelle cadute che non potevano volare, mi sono messa a ridere da sola, mamma pensava stessi ridendo per quello che ha detto. ti capita mai di farlo?
forse è meglio che vada, forse dopo ti scrivo, magari smetto di scriverti dal primo dell'anno.
martedì 6 dicembre 2011
mercoledì 23 novembre 2011
Poi le strade piano piano ci hanno fatto allontanare e il motivo sembra strano, non lo saprei neanche dire.
Oggi è il tuo compleanno ed io sono troppo orgogliosa per mettere da parte i saluti mancati, le tue scelte, il tuo crescere e dimenticarti di chi non ti ha mai preso in giro, di chi si è messo contro tutti, perché non ha mai accettato che ti prendessero in giro, per farti gli auguri per i tuoi diciotto anni.
Mamma ti ha fatto gli auguri, come le avevo chiesto non ha detto niente da parte mia, io e te abbiamo smesso di parlarci, di cercarci, di salutarci, di essere amici, no, non noi. Tu hai smesso di parlarmi, di cercami, di salutarmi, di essere amici. Io mi sono adeguata, alla fine. A cosa serve lottare per un’amicizia quando dall’altra parte si preferisce gente nuova e le ragazze che dopo un po’ lasci per passare ad un’altra?
Sai, queste parole sembrano quasi accusarti, in realtà non lo farei mai. Non ti accuserei mai, perché si cresce, le strade cambiano, però manchi comunque, questo lo ammetto.
Oggi è il giorno del tuo compleanno, il tuo diciottesimo compleanno e se cinque anni fa mi avessi chiesto come immaginavo questo giorno – o il giorno del mio diciottesimo compleanno – avrei detto che l’avrei immaginato a festeggiare insieme, ma invece sono stata troppo orgogliosa e non ho avuto neanche la forza – no, l’intelligenza, non la forza – di farti gli auguri.
Sai, “se tornerai magari poi noi riconquisteremo tutto come tanti anni fa quando per noi forse la vita era più facile”, Max ha sempre cantato la cosa giusta (per noi) e, infondo, noi l’abbiamo sempre cantato insieme, senza capire davvero quanto fosse adatto per noi.
Buon compleanno, N.
Mamma ti ha fatto gli auguri, come le avevo chiesto non ha detto niente da parte mia, io e te abbiamo smesso di parlarci, di cercarci, di salutarci, di essere amici, no, non noi. Tu hai smesso di parlarmi, di cercami, di salutarmi, di essere amici. Io mi sono adeguata, alla fine. A cosa serve lottare per un’amicizia quando dall’altra parte si preferisce gente nuova e le ragazze che dopo un po’ lasci per passare ad un’altra?
Sai, queste parole sembrano quasi accusarti, in realtà non lo farei mai. Non ti accuserei mai, perché si cresce, le strade cambiano, però manchi comunque, questo lo ammetto.
Oggi è il giorno del tuo compleanno, il tuo diciottesimo compleanno e se cinque anni fa mi avessi chiesto come immaginavo questo giorno – o il giorno del mio diciottesimo compleanno – avrei detto che l’avrei immaginato a festeggiare insieme, ma invece sono stata troppo orgogliosa e non ho avuto neanche la forza – no, l’intelligenza, non la forza – di farti gli auguri.
Sai, “se tornerai magari poi noi riconquisteremo tutto come tanti anni fa quando per noi forse la vita era più facile”, Max ha sempre cantato la cosa giusta (per noi) e, infondo, noi l’abbiamo sempre cantato insieme, senza capire davvero quanto fosse adatto per noi.
Buon compleanno, N.
giovedì 17 novembre 2011
Sono in casa da sola, finalmente posso scrivere, posso far scorrere le dita sui tasti della tastiera senza la paura che mia madre mi spunti alle spalle chiedendomi costa sto scrivendo, perché lei non ha ancora rinunciato a (ri)leggere qualcosa di mio, forse non ha ancora capito che qualcosa, quel qualcosa che da quando ho iniziato a scrivere mi dava la voglia ed il coraggio di fargli leggere le mie parole, si è rotto anni fa, quando quella promessa che mi aveva fatto mentre piangevo come non ricordo di aver fatto mai non è stata mantenuta. Posso mettere via il rancore, ma non il dolore… è dolore questo?
Fa freddissimo, nell’armadio ho una sciarpa enorme che, in tutta la mia vita, avrò usato si e no tre volte, mi ricorda tanto una goleador dai colori slavati. Tanto slavati. Ho quella sciarpa colorata –ma slavata- abbandonata nell’armadio e sto meditando di tirarla fuori da lì, alla mattina fa troppo freddo per non mettere qualcosa di caldo. In realtà il problema non è il freddo, ma è che ho iniziato a tossire che sembra quasi che da un momento all’altro io debba morire ed ho male al braccio destro, ma quella è la tendinite, non credo sia legato al freddo che ogni mattina mi attanaglia il collo scoperto come se volesse uccidermi. Penso seriamente che qualcuno mi voglia uccidere, in classe, per quella media perfetta –quasi perfetta, economia e francese sono drasticamente sotto, ma loro, quando lo faccio notare non mi sentono e copiano i miei compiti- che sto avendo, mentre loro non fanno un cazzo e si lamentano. Avrei voglia di andarmene da quella classe, odio la voglia di non essere me, di non avere un pensiero, che mi fanno nascere ogni volta che provo a parlare. Avrei voluto urlare in faccia alle due C. che, quando ho detto che volevo dare il tema al prof., mi hanno urlato di non farlo, costringendomi a consegnarglielo oggi, alla fine dell’ora, quando loro non c’erano, perché sono rimaste fuori.
Mi fa male la mano, si sta bloccando mentre scrivo e fa un male che non ha mai fatto, le possibilità sono due: o la tendinite è peggiorata o non è mai stata tendinite ed era qualcosa per cui non basta il tutore. Sono catastrofista, sono sempre più convinta della seconda e del fatto che, quando riesco a scrivere, deve esserci qualcosa che me lo impedisce e non è mai davvero una causa esterna, ammettiamolo.
Fa freddissimo, nell’armadio ho una sciarpa enorme che, in tutta la mia vita, avrò usato si e no tre volte, mi ricorda tanto una goleador dai colori slavati. Tanto slavati. Ho quella sciarpa colorata –ma slavata- abbandonata nell’armadio e sto meditando di tirarla fuori da lì, alla mattina fa troppo freddo per non mettere qualcosa di caldo. In realtà il problema non è il freddo, ma è che ho iniziato a tossire che sembra quasi che da un momento all’altro io debba morire ed ho male al braccio destro, ma quella è la tendinite, non credo sia legato al freddo che ogni mattina mi attanaglia il collo scoperto come se volesse uccidermi. Penso seriamente che qualcuno mi voglia uccidere, in classe, per quella media perfetta –quasi perfetta, economia e francese sono drasticamente sotto, ma loro, quando lo faccio notare non mi sentono e copiano i miei compiti- che sto avendo, mentre loro non fanno un cazzo e si lamentano. Avrei voglia di andarmene da quella classe, odio la voglia di non essere me, di non avere un pensiero, che mi fanno nascere ogni volta che provo a parlare. Avrei voluto urlare in faccia alle due C. che, quando ho detto che volevo dare il tema al prof., mi hanno urlato di non farlo, costringendomi a consegnarglielo oggi, alla fine dell’ora, quando loro non c’erano, perché sono rimaste fuori.
Mi fa male la mano, si sta bloccando mentre scrivo e fa un male che non ha mai fatto, le possibilità sono due: o la tendinite è peggiorata o non è mai stata tendinite ed era qualcosa per cui non basta il tutore. Sono catastrofista, sono sempre più convinta della seconda e del fatto che, quando riesco a scrivere, deve esserci qualcosa che me lo impedisce e non è mai davvero una causa esterna, ammettiamolo.
domenica 13 novembre 2011
Di te (mi) rimane solo il profumo attaccato alla lana.
Ciao nonna, come stai?
E' così tanto tempo che non ti scrivo, che mi sembra quasi la prima volta. Oggi hanno buttato fuori da casa tua e di nonno i miei ricordi, mettendoli in un sacchetto insieme alla mia vecchia carrozzina ed altre cose. Mi sento troppo piena di ricordi, come se li avessero sfrattati e loro sono tornati tutti insieme da me dicendomi "hey, non sappiamo dove andare, possiamo tornare da te?" ed io vorrei dirgli di no, di rimanere là o, almeno, di tornare un po' alla volta, ma non posso.
Ho preso una boccetta di uno dei tuoi profumi ed il tuo giacchetto di lana, quello marroncino chiaro-beige, spero non ti dispiaccia, ma mi ricorda così tanto quando, d'inverno, venivo da te, che non potevo farne a meno. La lana ha tenuto un po' del tuo profumo, ma non so se è davvero lì o sono io che avrei così tanto bisogno di sentirlo, dopo tutto questo tempo, che me ne sono convinta, ma infondo anche Dody e zia hanno detto che sì, sa ancora un po' di te; io, che devo sempre chiedermi il perché di tutto, mi chiedo come fa, questo giacchetto di lana un po' infeltrita, ma sempre caldo e morbido, ad avere il tuo profumo se tu te ne sei andata da più di un anno, ma mi va bene, benissimo, mentre scrivo lo annuso un po' e mi sembra di essere meno sola di quanto mi sia sentita negli ultimi due mesi.
Il tuo giacchetto mi va, nonostante tu fossi così piccolina, le maniche le ho tenute risvoltolate come le avesi messe tu, nonostante vorrei tirarle fin sopra le dita, ma non voglio cambiare nulla.
Scusa nonna, vorrei scriverti qualcosa di meglio, ma io e le parole abbiamo litigato, io le ho in testa -avrei così tante cose da raccontarti, da volerti dire, nonostante il fatto che tu non potrai mai dirmi la tua- ma loro non voglio uscire.
Nonna mi manchi, mi manchi così tanto che sentire il tuo profumo è l'unica ragione per cui, stasera, non mi senta così sola da avere un buco nero al posto dello stomaco.
Salutami il nonno, abbraccialo da parte mia, perché io e lui ci siamo sempre detti "ti voglio bene" con gli sguardi e mai con un abbraccio.
Ti voglio bene.
E' così tanto tempo che non ti scrivo, che mi sembra quasi la prima volta. Oggi hanno buttato fuori da casa tua e di nonno i miei ricordi, mettendoli in un sacchetto insieme alla mia vecchia carrozzina ed altre cose. Mi sento troppo piena di ricordi, come se li avessero sfrattati e loro sono tornati tutti insieme da me dicendomi "hey, non sappiamo dove andare, possiamo tornare da te?" ed io vorrei dirgli di no, di rimanere là o, almeno, di tornare un po' alla volta, ma non posso.
Ho preso una boccetta di uno dei tuoi profumi ed il tuo giacchetto di lana, quello marroncino chiaro-beige, spero non ti dispiaccia, ma mi ricorda così tanto quando, d'inverno, venivo da te, che non potevo farne a meno. La lana ha tenuto un po' del tuo profumo, ma non so se è davvero lì o sono io che avrei così tanto bisogno di sentirlo, dopo tutto questo tempo, che me ne sono convinta, ma infondo anche Dody e zia hanno detto che sì, sa ancora un po' di te; io, che devo sempre chiedermi il perché di tutto, mi chiedo come fa, questo giacchetto di lana un po' infeltrita, ma sempre caldo e morbido, ad avere il tuo profumo se tu te ne sei andata da più di un anno, ma mi va bene, benissimo, mentre scrivo lo annuso un po' e mi sembra di essere meno sola di quanto mi sia sentita negli ultimi due mesi.
Il tuo giacchetto mi va, nonostante tu fossi così piccolina, le maniche le ho tenute risvoltolate come le avesi messe tu, nonostante vorrei tirarle fin sopra le dita, ma non voglio cambiare nulla.
Scusa nonna, vorrei scriverti qualcosa di meglio, ma io e le parole abbiamo litigato, io le ho in testa -avrei così tante cose da raccontarti, da volerti dire, nonostante il fatto che tu non potrai mai dirmi la tua- ma loro non voglio uscire.
Nonna mi manchi, mi manchi così tanto che sentire il tuo profumo è l'unica ragione per cui, stasera, non mi senta così sola da avere un buco nero al posto dello stomaco.
Salutami il nonno, abbraccialo da parte mia, perché io e lui ci siamo sempre detti "ti voglio bene" con gli sguardi e mai con un abbraccio.
Ti voglio bene.
venerdì 11 novembre 2011
Have some chocolate and feel better.
Mi sento solo un po’ più vuota, un po’ più sola, un po’ più malinconica per cose mai successe, un po’ più sbagliata, un po’ più persa, un po’ più estranea a me stessa, un po’ più invisibile. Vado avanti a bugie e mezze verità, ai “come stai?” rispondo “bene”, senza menzionare né che fisicamente né che emotivamente non sto poi così bene, alla domanda “stai riuscendo a smettere di fumare?” oggi ho detto di sì, senza menzionare che in realtà mi risulta un po’ difficile non avere niente tra le mani, non avere niente da rigirarmi tra le dita per farmi sciogliere il nervoso, l’ansia e qualsiasi altra cosa.
Ho chiesto alla prof. di inglese se uscita da un IPSCT potrei andare all’università a fare Scienze del mare o Lettere e Filosofia, o dovrei rinunciare già da ora ai miei sogni –obbiettivi?-, questo non gliel’ho detto, ma era sotto inteso, e come risposta mi sono sentita dire che, alla fine, l’università è tutta questione di testa, di impegno, di metodo e costanza, condito dal racconto della sua vita, dove lei è uscita dalle magistrali ed ha finito l’università, mentre sua cugina ha fatto lo scientifico, ha finito l’università con molta calma. Non so se l’ha detto perché sul mio viso ha letto il bisogno di dirmi che all’università potrò andarci o perché in quelle parole che ha detto ci crede davvero.
Mi hanno portato un pacchetto da due di Kinder Bueno ed una tavoletta di Lindt ai cereali dicendomi “non ti voglio tutta ciccia e brufoli!”; ho già mangiato tutti e due i Kinder Bueno, giusto perché Remus Lupin diceva che mangiare un po' di cioccolata farà bene.
Mi sento solo un po’ più vuota, un po’ più sola, un po’ più malinconica per cose mai successe, un po’ più sbagliata, un po’ più persa, un po’ più estranea a me stessa, un po’ più invisibile, ecco tutto.
Ho chiesto alla prof. di inglese se uscita da un IPSCT potrei andare all’università a fare Scienze del mare o Lettere e Filosofia, o dovrei rinunciare già da ora ai miei sogni –obbiettivi?-, questo non gliel’ho detto, ma era sotto inteso, e come risposta mi sono sentita dire che, alla fine, l’università è tutta questione di testa, di impegno, di metodo e costanza, condito dal racconto della sua vita, dove lei è uscita dalle magistrali ed ha finito l’università, mentre sua cugina ha fatto lo scientifico, ha finito l’università con molta calma. Non so se l’ha detto perché sul mio viso ha letto il bisogno di dirmi che all’università potrò andarci o perché in quelle parole che ha detto ci crede davvero.
Mi hanno portato un pacchetto da due di Kinder Bueno ed una tavoletta di Lindt ai cereali dicendomi “non ti voglio tutta ciccia e brufoli!”; ho già mangiato tutti e due i Kinder Bueno, giusto perché Remus Lupin diceva che mangiare un po' di cioccolata farà bene.
Mi sento solo un po’ più vuota, un po’ più sola, un po’ più malinconica per cose mai successe, un po’ più sbagliata, un po’ più persa, un po’ più estranea a me stessa, un po’ più invisibile, ecco tutto.
mercoledì 9 novembre 2011
Sono solo una dannata cagasotto di merda.
Dovrei mettermi a scrivere, ho troppe cose che mi stanno spaccando la testa. La moleskine è sotto il cuscino insieme ad una penna, ma mi manca la forza ed il coraggio di vomitare fuori tutti questi pensieri.
lunedì 7 novembre 2011
"Amaro del campo" "No, Amaro del capo" "Campo!" "Capo, Olli!"
Sono a scuola, mi sono fatta coraggio rischiando che qualcuno scopra che ho un blog, ché sinceramente, loro, li voglio tenere fuori da questa parte di me, non mi fido ancora abbastanza, infondo neanche alcune amiche di vecchia data non hanno mai letto questo blog.
Stanno parlando della nuova allerta, io sarei anche stufe di allerte meteo, però vorrei un'allerta al cuore perché qualcuno s'è avvicinato troppo, ma sospetto di aver chiuso (di nuovo) il cuore in cantina, perché non l'ho sentito battere neanche quando A. mi ha sorriso stamani e, diciamocelo, io quando la gente mi sorride come dire "hey, ben tornata!" sorrido sempre e sento il cuore battere, ma invece non ho sentito un cazzo, il che mi ha messo tristezza.
Torno alle fatture, forse è meglio, la mia compagna di banco baffuta inizia a sbirciare e ore le sbatto la testa sulla tastiera, lo giuro su Slash nudo.
Stanno parlando della nuova allerta, io sarei anche stufe di allerte meteo, però vorrei un'allerta al cuore perché qualcuno s'è avvicinato troppo, ma sospetto di aver chiuso (di nuovo) il cuore in cantina, perché non l'ho sentito battere neanche quando A. mi ha sorriso stamani e, diciamocelo, io quando la gente mi sorride come dire "hey, ben tornata!" sorrido sempre e sento il cuore battere, ma invece non ho sentito un cazzo, il che mi ha messo tristezza.
Torno alle fatture, forse è meglio, la mia compagna di banco baffuta inizia a sbirciare e ore le sbatto la testa sulla tastiera, lo giuro su Slash nudo.
venerdì 4 novembre 2011
I hate.
- Odio che mi chiami "piccola" e "cucciola", soprattutto seguito da "mia", perché io non sono di nessuno, tantomeno tua.
- Odio che mi dici "ti voglio bene" e "ti adoro" dopo neanche una settimana.
- Odio che mi dici che ti manco, come cazzo faccio a mancarti se ci conosciamo da una settimana e non ci siamo neanche ancora incontrati!?
- Odio che mi dici cose dolci, perché la dolcezza mi schifa a non so cosa dire.
- Odio che mi dici che sono bella, soprattutto quando ti dico che in questo momento sono bianca come un cadavere col naso rosso e gli occhi lucidi e tu dici "sei ancora più bella".
- Odio che abbrevi e non usi i punti, ma porca miseria, cosa cazzo ha di male la parola "perché" scritta intera? E i punti? E le virgole? E i punti di domanda?
- Odio che mi fai sentire una stronza perché dici che inizio a piacerti davvero, che inizio a piacerti per quella che sono -come sono?- e io non so cosa dirti, perché per me non è proprio la stessa cosa.
martedì 1 novembre 2011
There's a heaven above you baby and don't you cry tonight.
Ciao Amy, come stai?
E’ una parte di te stessa che ti scrive, perché, questa parte di te la conosci anche senza che nessuno te la faccia notare, riesci a capire le cose solo quando le vedi scritte, così eccomi qua che scrivo alla te più esterna – o interna? – perché abbiamo bisogno di chiarire un po’ di cose, di parlare un po’.
Cosa ti prende ultimamente? Non sei mai stata una persona coraggiosa, infondo se sei piena di così tanti rimpianti è proprio per questa tua mancanza di coraggio, ma non hai mai avuto né paura né vergogna a parlare delle tue passioni o nel dire che tu ami leggere, a parlare di scrittori che gli adolescenti tipo di questa generazione conoscono solo per le frasi su Facebook, ma ora invece ti vergogni persino a dire che Dostoevskij lo conoscevi già da prima dell’arrivo del prof., ti vergogni a dire che studi perché studiare ti piace e perché saresti anche stufa di ripetere la seconda e così lasci mormorare le ultime file e passi i tuoi compiti come se niente fosse, senza neanche curarti se ti dicono un misero grazie.
Cosa ti prende ultimamente? Le tue emozioni si sono sempre annidate sotto pelle, ma ora sembrano sparite più affondo, così affondo che anch’io che faccio parte di te non riesco a vederle. Dove le hai nascoste? Stai davvero diventando così apatica da non sentire niente? No, sennò io che sono una parte di te non starei scrivendo a te che sei una parte di me, ma allora dove sono tutte le tue emozioni? Dove le hai messe? Le hai chiuse davvero in una parte di te così nascosta che neanche io le posso vedere? E dove hai messo la chiave? Ti ricordi cos’ha detto una volta qualcuno? Che ora, quando provi delle emozioni e non sei proprio tanto sicura di quello che dici e non riesci a razionalizzare tutto, sei meglio di quando eri un androide e allora, perché stai sprofondando nell’essere un androide? Cos’è successo?
Cosa ti prende ultimamente? Ti stai abbandonando alla corrente, non ti stai opponendo alla tua paura di rimanere sola, ti stai tramutando in un fantasma perché divisa tra il voler essere te stessa e il voler diventare come loro per sentirti accettata; tu, noi, non siamo così, noi siamo quelle che si sono sempre opposte,che hanno sempre seguito le proprie idee, passioni, modi di vestire e di essere, non ti è mai importato delle prese in giro, no, anzi, te n’è sempre importato, ma non lo davi a vedere. Ti hanno preso in giro per i tuoi capelli, perché eri una bambina un po’ in carne, perché piangevi facilmente, perché portavi l’apparecchio e parlavi come Duffy Duck, ma non hai mai dato a vedere che te ne importava, se non quando ti portavano al limite. Hai sempre sofferto in silenzio per le loro prese in giro, non hai mai abbassato la testa ed ora invece ti pesa sapere le cose, ti pesa mettere la tua tanto amata maglia con Slash in versione scheletro, ti pesa avere delle idea, ti pesa scrivere, ti pesa leggere, ti pesa sentire i Guns N’Roses e non Lady Gaga.
Cosa ti prende ultimamente? Hai così tanta paura di non essere accettata, di rimanere da sola? Sei diventata così vulnerabile?
Io sono una parte di te, Amy, ma quando ci guardiamo allo specchio non ti vedo, dove sei finita? Sei lì, sei lì davanti allo specchio, ma non ti vedo, non ti riconosco, cosa ti è successo? Perché non scrivi più? Perché sto usando tutta la mia energia per arrivare in fondo a questa lettera?
Amy, ti chiamo come amiamo essere chiamate anche se sarei tentata di chiamarti per nome, ti stai arrendendo e tu non hai sempre detto di voler essere forte? Ti stai arrendendo e neanche te ne stai accorgendo veramente.
Amy, non ti arrendere, te lo chiedo una parte di te. Non ti arrendere, sii forte, sii positiva, sii te stessa.
E’ una parte di te stessa che ti scrive, perché, questa parte di te la conosci anche senza che nessuno te la faccia notare, riesci a capire le cose solo quando le vedi scritte, così eccomi qua che scrivo alla te più esterna – o interna? – perché abbiamo bisogno di chiarire un po’ di cose, di parlare un po’.
Cosa ti prende ultimamente? Non sei mai stata una persona coraggiosa, infondo se sei piena di così tanti rimpianti è proprio per questa tua mancanza di coraggio, ma non hai mai avuto né paura né vergogna a parlare delle tue passioni o nel dire che tu ami leggere, a parlare di scrittori che gli adolescenti tipo di questa generazione conoscono solo per le frasi su Facebook, ma ora invece ti vergogni persino a dire che Dostoevskij lo conoscevi già da prima dell’arrivo del prof., ti vergogni a dire che studi perché studiare ti piace e perché saresti anche stufa di ripetere la seconda e così lasci mormorare le ultime file e passi i tuoi compiti come se niente fosse, senza neanche curarti se ti dicono un misero grazie.
Cosa ti prende ultimamente? Le tue emozioni si sono sempre annidate sotto pelle, ma ora sembrano sparite più affondo, così affondo che anch’io che faccio parte di te non riesco a vederle. Dove le hai nascoste? Stai davvero diventando così apatica da non sentire niente? No, sennò io che sono una parte di te non starei scrivendo a te che sei una parte di me, ma allora dove sono tutte le tue emozioni? Dove le hai messe? Le hai chiuse davvero in una parte di te così nascosta che neanche io le posso vedere? E dove hai messo la chiave? Ti ricordi cos’ha detto una volta qualcuno? Che ora, quando provi delle emozioni e non sei proprio tanto sicura di quello che dici e non riesci a razionalizzare tutto, sei meglio di quando eri un androide e allora, perché stai sprofondando nell’essere un androide? Cos’è successo?
Cosa ti prende ultimamente? Ti stai abbandonando alla corrente, non ti stai opponendo alla tua paura di rimanere sola, ti stai tramutando in un fantasma perché divisa tra il voler essere te stessa e il voler diventare come loro per sentirti accettata; tu, noi, non siamo così, noi siamo quelle che si sono sempre opposte,che hanno sempre seguito le proprie idee, passioni, modi di vestire e di essere, non ti è mai importato delle prese in giro, no, anzi, te n’è sempre importato, ma non lo davi a vedere. Ti hanno preso in giro per i tuoi capelli, perché eri una bambina un po’ in carne, perché piangevi facilmente, perché portavi l’apparecchio e parlavi come Duffy Duck, ma non hai mai dato a vedere che te ne importava, se non quando ti portavano al limite. Hai sempre sofferto in silenzio per le loro prese in giro, non hai mai abbassato la testa ed ora invece ti pesa sapere le cose, ti pesa mettere la tua tanto amata maglia con Slash in versione scheletro, ti pesa avere delle idea, ti pesa scrivere, ti pesa leggere, ti pesa sentire i Guns N’Roses e non Lady Gaga.
Cosa ti prende ultimamente? Hai così tanta paura di non essere accettata, di rimanere da sola? Sei diventata così vulnerabile?
Io sono una parte di te, Amy, ma quando ci guardiamo allo specchio non ti vedo, dove sei finita? Sei lì, sei lì davanti allo specchio, ma non ti vedo, non ti riconosco, cosa ti è successo? Perché non scrivi più? Perché sto usando tutta la mia energia per arrivare in fondo a questa lettera?
Amy, ti chiamo come amiamo essere chiamate anche se sarei tentata di chiamarti per nome, ti stai arrendendo e tu non hai sempre detto di voler essere forte? Ti stai arrendendo e neanche te ne stai accorgendo veramente.
Amy, non ti arrendere, te lo chiedo una parte di te. Non ti arrendere, sii forte, sii positiva, sii te stessa.
Una parte di te.
"sei una strega" #1
Papà oggi ha detto che sono una strega, perché i suoi pantaloni rossi rossi rossi -ora, caro pa', detta seriamente, a quasi cinquantatre anni non puoi metterti dei pantaloni rosso fuoco!- che lui ama tanto e che io non posso vedere, si sono sporcati. Ha detto che io gli ho tirato qualche maledizione, tipo che sapevo di essere una strega perché stronza, non perché capace di fare incantesimi senza parlare.
domenica 30 ottobre 2011
Ho mangiato le Gelatine tutti i gusti + 1, ma non è stata una bella esperienza.
Ho mangiato cinque Gelatine tutti i gusti + 1, una peggio dell'altra, mi sono ritrovata a mangiare una gelatina al vomito, due al pannolino di bambino, una al dentifricio ed una ad un gusto simile al formaggio.
Ho mangiato le Gelatine tutti i gusti + 1, ma non è stata una bella esperienza, proprio per niente.
Ho mangiato le Gelatine tutti i gusti + 1, ma non è stata una bella esperienza, proprio per niente.
sabato 29 ottobre 2011
Le mie penne le riconosci, sono quelle col tappo smangiucchiato e che finiscono sempre per perdersi.
Ho un foglio a righe ed una penna col tappo smangiucchiato, una delle poche bic che hanno ancora dell’inchiostro e che non è andata persa, per scriverci sopra una lista di cose che devo ricordarmi di mettere in borsa per domani, ma è ancora bianco, mi manca la forza di scrivere, però se non faccio la lista, mi conosco, mi dimenticherò qualcosa e poi mi rovino la giornata, perché per essere tutto perfetto non devo dimenticarmi niente, tutto deve seguire quello che voglio io, quello che ho in testa e dimenticarmi le cose non mi aiuta. Sto riscoprendo quella parte di me così pignola da starmi antipatica, che poi, c’è una parte di me che non mi stia antipatica?
I film di Halloween non sono poi così male, anche se, diciamocelo, l’Università della Magia è la brutta copia di Hogwarts e forse avevano ragione le maestre alle elementari a dire che se continuavo a masticare il tappo delle penne avrei finito per prendere il vizio, ora le mie penne le riconosci, sono come marchiate.
Sto scrivendo dal computer di mamma, Word su Windows sette fa piuttosto schifo, Georgia in dimensione otto è grande quanto Georgia in dimensione dieci –se non undici- da Word da Windows XP e il che, per me che amo scrivere piccolo piccolo è snervante, ma poi uno si deve anche accontentare, perché se mi devo anche mettere a contestare sulle condizioni in cui riesco a scrivere faccio prima a spararmi, ecco. Sto scrivendo, perché ora che non ho niente che mi tenga impegnata le parole spingono un po’ troppo per uscire e se non escono mi fanno venire mal di testa ed il muso lungo, però non ho neanche voglia di vomitare fuori le parole che premono per uscire, perché le parole che uso iniziano a farmi paura, mi fanno tremare come non hanno mai fatto. Forse è meglio che trovi qualcosa da fare, infondo dovrei fare la lista, farmi la doccia, sistemare i capelli, preparare la borsa, ah, sì mangiare, così, forse, riesco a nascondere ancora per un po’ tutte queste parole che non piacciono per niente.
I film di Halloween non sono poi così male, anche se, diciamocelo, l’Università della Magia è la brutta copia di Hogwarts e forse avevano ragione le maestre alle elementari a dire che se continuavo a masticare il tappo delle penne avrei finito per prendere il vizio, ora le mie penne le riconosci, sono come marchiate.
Sto scrivendo dal computer di mamma, Word su Windows sette fa piuttosto schifo, Georgia in dimensione otto è grande quanto Georgia in dimensione dieci –se non undici- da Word da Windows XP e il che, per me che amo scrivere piccolo piccolo è snervante, ma poi uno si deve anche accontentare, perché se mi devo anche mettere a contestare sulle condizioni in cui riesco a scrivere faccio prima a spararmi, ecco. Sto scrivendo, perché ora che non ho niente che mi tenga impegnata le parole spingono un po’ troppo per uscire e se non escono mi fanno venire mal di testa ed il muso lungo, però non ho neanche voglia di vomitare fuori le parole che premono per uscire, perché le parole che uso iniziano a farmi paura, mi fanno tremare come non hanno mai fatto. Forse è meglio che trovi qualcosa da fare, infondo dovrei fare la lista, farmi la doccia, sistemare i capelli, preparare la borsa, ah, sì mangiare, così, forse, riesco a nascondere ancora per un po’ tutte queste parole che non piacciono per niente.
domenica 23 ottobre 2011
Ciao, dovrei essere a letto visto che domani ho la sveglia presto.
Ho un gran freddo, tanto da tremare forte forte e sono a sentire uno speciale del tg1 sul club dei 27, perché voglio vedere Kurt e Janis nei filmati datati, sono così belli i video d'epoca, un po' come il giacchetto vintage che a mio padre fa tanto schifo.
Ho deciso che tornerò a riempire i fogli di carta con l'inchiostro nero, perché convincermi che non scrivere sia meglio, è fondamentalmente sbagliato, lo so, ma ultimamente sono troppo stanca, troppo confuesa, troppo qualcosa per volermi leggere.
Parlano di Janis, vado a sentire parlare di lei, ché a me fa così tanta tenerezza da farmi venir voglia di prendere una macchina del tempo e abbracciarla forte forte.
Ho deciso che tornerò a riempire i fogli di carta con l'inchiostro nero, perché convincermi che non scrivere sia meglio, è fondamentalmente sbagliato, lo so, ma ultimamente sono troppo stanca, troppo confuesa, troppo qualcosa per volermi leggere.
Parlano di Janis, vado a sentire parlare di lei, ché a me fa così tanta tenerezza da farmi venir voglia di prendere una macchina del tempo e abbracciarla forte forte.
giovedì 20 ottobre 2011
"Grazie della bella notizia".
Non c'è di che, papà, ma scusa se è solo di una materia un po' così come informatica.
Non c'è di che, papà, ma scusa se ti ho nascosto che di economia , perché mi hanno chiamato di continuo, ho fatto un po' un disastro.
Non c'è di che, papà, ma scusa se ti ho nascosto che ho preso cinque di italiano.
"Grazie della bella notizia".
Non c'è di che, volevo solo dimostrarti che tua figlia può darti ancora qualche sorriso.
Non c'è di che, magari così smetti di nascondermi le cose.
Non c'è di che, papà, ma scusa se è solo di una materia un po' così come informatica.
Non c'è di che, papà, ma scusa se ti ho nascosto che di economia , perché mi hanno chiamato di continuo, ho fatto un po' un disastro.
Non c'è di che, papà, ma scusa se ti ho nascosto che ho preso cinque di italiano.
"Grazie della bella notizia".
Non c'è di che, volevo solo dimostrarti che tua figlia può darti ancora qualche sorriso.
Non c'è di che, magari così smetti di nascondermi le cose.
lunedì 17 ottobre 2011
E' che sto entrando nel mio periodo da serial killer.
Cara compagnia di banco, non mi stai simpatica e non siamo neanche amiche, quindi se smetti di sbirciare di continuo nei miei quaderni quando scrivo i cazzi miei e, possibilmente, se non sai le risposte chiedi come fanno tutte le altre, non sbirciare e per poi fare la saputella con le mie risposte che poi faccio la stronza, le scrivo sbagliate e sbagli te, okay? Okay.
E, già che ci sei, fatti i baffi che mi fai un po' impressione.
Cia'.
La tua compagnia di banco che non ci teneva ad esserlo.
E, già che ci sei, fatti i baffi che mi fai un po' impressione.
Cia'.
La tua compagnia di banco che non ci teneva ad esserlo.
venerdì 14 ottobre 2011
"Che frio!Che frio! Non dico per io, ma dico per tanti che son senza guanti!" cit.
Mi manca, mi manca così tanto che prima, ho iniziato a dire "che frio! che frio! Ma non dico per io, ma dico per tanti che son senza guanti!" come mi diceva tutte le volte che da bambina mi lamentavo che faceva freddo, senza neanche accorgemene se non fosse stato per mamma che mi guardava come dire "sei scema?".
mercoledì 12 ottobre 2011
martedì 11 ottobre 2011
La mia classe non mi piace poi così tanto, sì, okay, mi ci trovo bene, però non mi piace.
Non mi piace, perché dicono che il prof. di italiano fa discorsi troppo complicati e "troppo pieni di filosofia" solo perché loro non hanno voglia di starlo a sentire e si nascondo dietro a quella maledetta frase, "ma prof., siamo ad un istituto tecnico". E allora!? Sì, okay, siamo all'istituto tecnico, ma puoi anche mettere in funzione quel cervellino che la natura t'ha messo dentro al cranio.
Non mi piace, perché sono l'esatto disegno di questa generazione, sanno parlare solo di cose materiali e io i discorsi materiali non li so fare, così mi ritrovo le ultime file che mi guardano come se fossi un marziano. O la versione adolescenziale e donna del prof. di italiano.
Non mi piace, perché non leggono, non ascoltano i gruppi fighi che esistono (spezziamo una lancia a favore della N. e della C. che loro, qualcosa di buono, lo ascoltano) e non capisco se dico "la colpa è dei nargilli!".
Non mi piace, perché dicono che il prof. di italiano fa discorsi troppo complicati e "troppo pieni di filosofia" solo perché loro non hanno voglia di starlo a sentire e si nascondo dietro a quella maledetta frase, "ma prof., siamo ad un istituto tecnico". E allora!? Sì, okay, siamo all'istituto tecnico, ma puoi anche mettere in funzione quel cervellino che la natura t'ha messo dentro al cranio.
Non mi piace, perché sono l'esatto disegno di questa generazione, sanno parlare solo di cose materiali e io i discorsi materiali non li so fare, così mi ritrovo le ultime file che mi guardano come se fossi un marziano. O la versione adolescenziale e donna del prof. di italiano.
Non mi piace, perché non leggono, non ascoltano i gruppi fighi che esistono (spezziamo una lancia a favore della N. e della C. che loro, qualcosa di buono, lo ascoltano) e non capisco se dico "la colpa è dei nargilli!".
sabato 1 ottobre 2011
E' già ottobre, ma non era ieri che è iniziato settembre?
Ciao, mi chiamo Mara, ma vorrei che imparassero a chiamarmi Amy, mamma mi ha proposto di andare in moto con l'uomo che ha il vizio di chiamarmi bimba, ma nonostante tutti i suoi vizi passati, vorrei fosse lui mio padre ed io ho detto "è uguale" ma invece non è uguale, mi vergogno e non vado in moto da quasi quattro anni, da quando lo scooter di papà è morto (e defunto, pace all'anima sua).
Ah, sì, avevo iniziato il post per dire che: mi chiamo Mara, ma vorrei che imparassero a chiamarmi Amy, perché io non sono né Pez né Mara, ma il punto è non so né chi sono né chi voglio essere ora o domani.
Cia'.
Ah, sì, avevo iniziato il post per dire che: mi chiamo Mara, ma vorrei che imparassero a chiamarmi Amy, perché io non sono né Pez né Mara, ma il punto è non so né chi sono né chi voglio essere ora o domani.
Cia'.
mercoledì 28 settembre 2011
Ciao,
Come stai? Che fine hai fatto?
Io sono esausta, ho studiao per quattro ore senza distrarmi, riempiendomi la testa di subordinate soggettive implicite ed esplicite, su cos'è lo Stato, sullo Statuto Albertino e di date importanti che conoscevo già, su cos'è la materia e cos'è una sostanza omogenea, su l'organizzazione dei viventi e la loro capacità di autoregolarsi; ho studiato tutto il giorno, per non pensare al fatto che, oggi, mentre quello di italiano diceva due parole sulla droga col resto della classe ed io mi mettevo avanti di geometria, mi sei venuto in mente nell'unico momento in cui ho messo davvero a fuoco le parole di quell'uomo tanto affascinante quanto stronzo.
Sono due giorni che bussi un po' più forte, ieri credevo di averti visto, ma era solo un ragazzo che assomigliava a te qualche anno fa. Sarebbe stato bello che fossi tu, che magari mi riconoscessi come ha fatto Ricky che mi ha fatto un enorme sorriso, l'altro giorno alla fermata dell'autobus. Sarebbe bello, everlo da te, un enorme sorriso, magari parlare, darti del coglione per la strada che hai preso e chiederti quell'abbraccio che avrei voluto anni fa -che vorrei tutt'ora- anche se non sei più il ragazzo coi capelli neri neri un po' lunghi. Dio, quei bei capelli tagliati a zero solo per chiedere attenzione.
Come stai? Ti sei rovinato sempre di più per chiedere solo un po' d'amore a chi t'ha messo al mondo? Ti sei o ti stai tirato fuori? Hai avuto un po' d'amore o ti sei trovato solo schifezze che t'hanno allontanato di più dalla vita?
Quanto vorrei farle a te, queste domande, e sentire che ti sei salvato, che la mia paura è solo dettata dall'ansia e dal fatto che nessuno sa più nulla di te. Vorrei solo sapere che tu stai bene, che ne sei uscito, che anziché bruciartelo quel cervello che hai, sei tornato ad usarlo come alle medie che quando in classe facevamo a gara a chi aveva preso il voto più alto di matematica, mi sorridevi e mi dicevi "distinto" ed io ti mandavo a cagare, perché m'avevi raggiunto, quando alle medie mi capitava di sederti accanto perché nessuno riusciva a sopportarti tranne me -chissà perché, a me, non hai mai dato noia- e mormoravi la risposta giusta, ma non la dicevi mai al prof., ma quando ti chiedevo perché non lo dicevi scrollavi le spalle ed io mi chiedevo cos'era tutta la tristezza che avevi negli occhi. Sai, ho paura per tutta quella tristezza, perché con la strada che hai preso finirà male ed io non voglio leggerti sul giornale; vorrei incontrarti per la strada, riconoscerti, guardarti e sperare che tu riconosca dietro all'eye-liner, i capelli molto più corti e il centimetro in più d'altezza la tua compagna delle medie e sentirti dire "ciao", non trovarti sulla locandina del giornale mentre una mattina me ne vado a scuola. Vorrei vederti e parlare, chiederti com'è che ti sei lasciato andare, com'è che hai chiesto attenzione facendoti così male, ascoltarti per ore, se tu volessi, o limitarmi ad un ciao, se non volessi parlare.
Quest'anno dovrò rifare Benedetto da Norcia e i benedettini, mi ricorderò ancora una volta del nomignolo che ripetevi mentre io dovevo leggere, ma invece ridevo per colpa tua.
Ciao, lo so, ho scritto troppo, ma sai, non sono solo le parole che sto trattenendo da qualche settimana, sono le parole che trattengo dall'ultima volta che ho scritto per te, di te, a te ed è una volta che risale ad anni fa.
Ciao, mi piacerebbe incontrarti per caso, un giorno, e vedere che mi riconosci nonostante siamo cambiati tanto tutti e due.
Ciao, mi piacerebbe che quel giorno in cui ci incontriamo per caso e in cui tu mi riconosci, finiamo a parlare.
Ciao, mi piacerebbe che quel giorno in cui ci incontriamo per caso, in cui tu mi riconosci e finiamo a parlare, mi abbracciassi, perché io e te ridevamo, parlavamo, vedevamo la tristezza negli occhi dell'altro, ma non ci siamo mai abbracciati.
Ciao, mi piacerebbe abbracciarti, anche di corsa prima di scappare su un autobus.
Ciao, mi piacerebbe non avere paura di trovarti sulla locandina del giornale o sulla prima pagina della cronaca locale.
Ciao, credo di volerti ancora bene (o forse un po' di più).
Cia'.
Come stai? Che fine hai fatto?
Io sono esausta, ho studiao per quattro ore senza distrarmi, riempiendomi la testa di subordinate soggettive implicite ed esplicite, su cos'è lo Stato, sullo Statuto Albertino e di date importanti che conoscevo già, su cos'è la materia e cos'è una sostanza omogenea, su l'organizzazione dei viventi e la loro capacità di autoregolarsi; ho studiato tutto il giorno, per non pensare al fatto che, oggi, mentre quello di italiano diceva due parole sulla droga col resto della classe ed io mi mettevo avanti di geometria, mi sei venuto in mente nell'unico momento in cui ho messo davvero a fuoco le parole di quell'uomo tanto affascinante quanto stronzo.
Sono due giorni che bussi un po' più forte, ieri credevo di averti visto, ma era solo un ragazzo che assomigliava a te qualche anno fa. Sarebbe stato bello che fossi tu, che magari mi riconoscessi come ha fatto Ricky che mi ha fatto un enorme sorriso, l'altro giorno alla fermata dell'autobus. Sarebbe bello, everlo da te, un enorme sorriso, magari parlare, darti del coglione per la strada che hai preso e chiederti quell'abbraccio che avrei voluto anni fa -che vorrei tutt'ora- anche se non sei più il ragazzo coi capelli neri neri un po' lunghi. Dio, quei bei capelli tagliati a zero solo per chiedere attenzione.
Come stai? Ti sei rovinato sempre di più per chiedere solo un po' d'amore a chi t'ha messo al mondo? Ti sei o ti stai tirato fuori? Hai avuto un po' d'amore o ti sei trovato solo schifezze che t'hanno allontanato di più dalla vita?
Quanto vorrei farle a te, queste domande, e sentire che ti sei salvato, che la mia paura è solo dettata dall'ansia e dal fatto che nessuno sa più nulla di te. Vorrei solo sapere che tu stai bene, che ne sei uscito, che anziché bruciartelo quel cervello che hai, sei tornato ad usarlo come alle medie che quando in classe facevamo a gara a chi aveva preso il voto più alto di matematica, mi sorridevi e mi dicevi "distinto" ed io ti mandavo a cagare, perché m'avevi raggiunto, quando alle medie mi capitava di sederti accanto perché nessuno riusciva a sopportarti tranne me -chissà perché, a me, non hai mai dato noia- e mormoravi la risposta giusta, ma non la dicevi mai al prof., ma quando ti chiedevo perché non lo dicevi scrollavi le spalle ed io mi chiedevo cos'era tutta la tristezza che avevi negli occhi. Sai, ho paura per tutta quella tristezza, perché con la strada che hai preso finirà male ed io non voglio leggerti sul giornale; vorrei incontrarti per la strada, riconoscerti, guardarti e sperare che tu riconosca dietro all'eye-liner, i capelli molto più corti e il centimetro in più d'altezza la tua compagna delle medie e sentirti dire "ciao", non trovarti sulla locandina del giornale mentre una mattina me ne vado a scuola. Vorrei vederti e parlare, chiederti com'è che ti sei lasciato andare, com'è che hai chiesto attenzione facendoti così male, ascoltarti per ore, se tu volessi, o limitarmi ad un ciao, se non volessi parlare.
Quest'anno dovrò rifare Benedetto da Norcia e i benedettini, mi ricorderò ancora una volta del nomignolo che ripetevi mentre io dovevo leggere, ma invece ridevo per colpa tua.
Ciao, lo so, ho scritto troppo, ma sai, non sono solo le parole che sto trattenendo da qualche settimana, sono le parole che trattengo dall'ultima volta che ho scritto per te, di te, a te ed è una volta che risale ad anni fa.
Ciao, mi piacerebbe incontrarti per caso, un giorno, e vedere che mi riconosci nonostante siamo cambiati tanto tutti e due.
Ciao, mi piacerebbe che quel giorno in cui ci incontriamo per caso e in cui tu mi riconosci, finiamo a parlare.
Ciao, mi piacerebbe che quel giorno in cui ci incontriamo per caso, in cui tu mi riconosci e finiamo a parlare, mi abbracciassi, perché io e te ridevamo, parlavamo, vedevamo la tristezza negli occhi dell'altro, ma non ci siamo mai abbracciati.
Ciao, mi piacerebbe abbracciarti, anche di corsa prima di scappare su un autobus.
Ciao, mi piacerebbe non avere paura di trovarti sulla locandina del giornale o sulla prima pagina della cronaca locale.
Ciao, credo di volerti ancora bene (o forse un po' di più).
Cia'.
martedì 27 settembre 2011
Cinque ottimi motivi per non fare (mai più) educazione fisica.
1. Mette in mostra il lato imbranato che uno cerca di nascondere.
2. Ti diventa la faccia rossa, a chiazze, e ti senti in imbarazzo quando la prof. ti costringe a fermarti, perché capisce che stai per stramazzare a terra mentre tu cercavi di nasconderlo.
3. Ti fanno male tutti i muscoli, compresi quelli che non sapevi di poter avere o che potessero far male.
4. Per evitare una pallonata in faccia ti si spezza un'unghia che manda a puttana i mesi di sforzi per non mangiarle ed averle lunghe.
5 . Si suda.
2. Ti diventa la faccia rossa, a chiazze, e ti senti in imbarazzo quando la prof. ti costringe a fermarti, perché capisce che stai per stramazzare a terra mentre tu cercavi di nasconderlo.
3. Ti fanno male tutti i muscoli, compresi quelli che non sapevi di poter avere o che potessero far male.
4. Per evitare una pallonata in faccia ti si spezza un'unghia che manda a puttana i mesi di sforzi per non mangiarle ed averle lunghe.
5 . Si suda.
sabato 24 settembre 2011
Keep calm (even if it's hard).
Mia madre è convinta che io sia più rilassata e a mio agio nella nuova scuola, mentre mio padre da per scontato che io, quest'anno, passerò senza problemi dimenticandosi che, io, economia aziendale non l'ho mai fatta prima d'ora e francese non lo faccio dalle medie. Io, invece, mi sento solo più apatica degli altri anni, così anziché scrivere a D. se oggi ha da fare o se mi fa compagnia a mangiarci una crepes come l'altra volta, mi ritrovo a meditare di studiare tutto diritto per la prova che mi vuole far fare la prof. e non si sa neanche quando per di più, in classe, son passata da essere quella che copia i compiti dalla compagnia di banco a quella che fa copiare i compiti di qualsiasi materia alle altre e, anziché farmi piacere, mi fa sentire stressata. E, in tutto questo, io non so più neanche come sto, non ho tempo per scrivere tra una compagnia di banco che si fa i cazzi miei tutte le sante volte che inizio a scrivere e volermi togliere i compiti, vado a letto tutte le sere col mal di testa e non so se sono gli occhiali da cambiare o lo stress che mia madre non nota. Per di più son senza sigaretta e la mia tendinite sarebbe da far controllare insieme alle analisi del sangue da fare.
Ho voglia di andare in montagna, mettermi gli scii e buttarmi giù da una montagna col freddo che fa diventare rosso rosso il mio naso. Ho biosogno di star calma, ecco.
Ho voglia di andare in montagna, mettermi gli scii e buttarmi giù da una montagna col freddo che fa diventare rosso rosso il mio naso. Ho biosogno di star calma, ecco.
giovedì 22 settembre 2011
"Quando l'ho vista la prima volta, pensavo fosse una dura, una persona sicura di sé, poi l'ho conosciuto e ho capito che è sensibile e molto disponibile. E' davvero una bella persona".
Cit.
E, okay, sentirsi dire che sembri una persona colta ed intelligente è meglio, però lui mi ha fatto sorriddere nonostante l'imbarazzo.
Cit.
E, okay, sentirsi dire che sembri una persona colta ed intelligente è meglio, però lui mi ha fatto sorriddere nonostante l'imbarazzo.
mercoledì 21 settembre 2011
lunedì 19 settembre 2011
Mi sento a mio agio con le persone “strane”, i disadattati, gli “sfigati”, quelli che le persone considerate “normali” eviterebbero. Mi sento a mio agio con le persone che fanno discorsi astratti, che se nomino un'artista di 20 anni fa non mi guarda con “chi cazzo è?” stampato in faccia, che mi capiscono quando dico che in libreria o in un negozio di cd potrei morire. Mi sento a mio agio con le persone schiette, quelle che ogni tanto si spegono e sanno cosa vuol dire morire dentro, con le persone che sorridono con gli occhi e non solo con le labbra. Mi sento a mio agio con le persone che vorrebbero essere una drag queen, avere una laurea, girare il mondo o fare un bagno nell'oceano.
Mi sento a mio agio con le persone che mio padre considererebbe “diverse”.
Mi sento a mio agio con le persone che mio padre considererebbe “diverse”.
sabato 17 settembre 2011
Ho messo via un pò di consigli
dicono è più facile
li ho messi via perchè a sbagliare
sono bravissimo da me.
Mi sto facendo un pò di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel pò di cose
ma non mi spiego mai il perchè
io non riesca a metter via te.
- E okay, non ci riesco, ma non rinfacciatemelo incosapevolmente mentre cantate. Cazzo.
dicono è più facile
li ho messi via perchè a sbagliare
sono bravissimo da me.
Mi sto facendo un pò di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel pò di cose
ma non mi spiego mai il perchè
io non riesca a metter via te.
- E okay, non ci riesco, ma non rinfacciatemelo incosapevolmente mentre cantate. Cazzo.
giovedì 15 settembre 2011
"Non importa cosa ho scelto c'è chi pensa già per me e decide cosa è giusto e cosa è inutile".
Stamattina sono arrivata scuola in anticipo di quaranta minuti ed ero sola e mi sono resa conto quanto mi mancasse arrivare a scuola alle sette e quaranta del mattino e trovare qualcuno che si mette a ripassare il cuore con la mia collana. Mi sono accesa una sigaretta e mi sono ritrovata a chiamare M. mentre camminavo verso scuola guardando verso la stazione, perché avrei voluto vederla arrivare e dirle "toh! Sei puntuale!" così mi son fatta due sigarette una dietro all'altra, mentre qualcuno della nuova classe arrivava e si fermava con me a chiacchierare del più e del meno, a chiedermi come mai ieri non c'ero per poi raccontarmi cos'ha combinato quello stronzo -però affascinante!- del prof. d'italiano.
Avrei voluto essere di là, dove non ci sono gabbiani a cantare e una compaga di banco che se ti vede scrivere ti lascia fare, non si mette a parlarti per fare conoscenza facendoti perdere il fulmine che t'ha colpito -eccoperchém'eromessainbancodasola,puttanamadonnaladra!- e perché fumare col culo appoggiato su muretto un albero poco lontano e in uno spazio largo con qualcuno con cui stare in silenzio non è un problema era più facile che fare la socievole con tutti quelli che si mettono a parlare con te saltandosene su, poi, con "Maracaibo".
Avrei voluto essere di là, dove non ci sono gabbiani a cantare e una compaga di banco che se ti vede scrivere ti lascia fare, non si mette a parlarti per fare conoscenza facendoti perdere il fulmine che t'ha colpito -eccoperchém'eromessainbancodasola,puttanamadonnaladra!- e perché fumare col culo appoggiato su muretto un albero poco lontano e in uno spazio largo con qualcuno con cui stare in silenzio non è un problema era più facile che fare la socievole con tutti quelli che si mettono a parlare con te saltandosene su, poi, con "Maracaibo".
martedì 13 settembre 2011
domenica 11 settembre 2011
Soffro di:
- cervicale.
- tendinite.
- mal di schiena.
- claustrofobia.
- ansia per le minime cose.
- nausea da persone false.
E, ultimo, ma non per importanza: ho pure sbattuto il mignolo nell'angolo del tavolo.
Okay, è tutto un segno del destino... domani mi perderò con i cambi degli autobus, avrò una classe di merda, finirò in prima fila, non vedrò il prof. figo di Fisica (comeamareunamateriachealtrimentitifarebbedormire!) e non tornerò a casa. Me lo sento!
- cervicale.
- tendinite.
- mal di schiena.
- claustrofobia.
- ansia per le minime cose.
- nausea da persone false.
E, ultimo, ma non per importanza: ho pure sbattuto il mignolo nell'angolo del tavolo.
Okay, è tutto un segno del destino... domani mi perderò con i cambi degli autobus, avrò una classe di merda, finirò in prima fila, non vedrò il prof. figo di Fisica (comeamareunamateriachealtrimentitifarebbedormire!) e non tornerò a casa. Me lo sento!
sabato 10 settembre 2011
mercoledì 7 settembre 2011
Sono tipo ad ascoltare Hero dei Superchick dopo tipo due anni che non la sentivo, stasera m'è presa malinconica senza una ben chiara ragione, sarà che stamani ho messo Adrenalina 2 mentre andavo a scuola e mi sono ricordata dell'estate di tre anni fa quando con la D. - e anche la I., dopo - siamo andate a due concerti e lei, quel cd, me l'ha fatto autografare e tipo io ero la persona più felice del mondo. Mi accontento di poco.
Stamani ho fatto tipo amicizia con due che andranno in seconda, però all'aziendale, però almeno ora consoco qualcuno a scuola; al tg prima parlavano che i ragazzi e le ragazze si stanno preoccupando di cosa mettersi il primo giorno di scuola e io mi sento tanto un pesce fuor d'acqua, perché non mi sto preoccupando per niente di cosa mettermi, anche perché tutto quello che vorrei mettermi mi farebbe sentire sbagliata perché il problema sono io, non quello che metto. E poi, che mi metta la maglia di Slash o qualsiasi altra maglia non mi risolve il problema di essere in una classe di sconosciuti in una scuola dove conosco solo due persone. Vorrei scappare da lì e correre alla vecchia scuola che, per quanto ho detto che non ci metterò più piede, ci sono tante persone che mi rilassano solo a vederle (e mi fanno preoccupare a non vederle).
Dovrei iniziare a prepararmi per uscire, ma i Superchick e i Flyleaf mi tengono qua. Forse è che io a salutare la gente e non sapere quando li rivedrò mi fa venire mal di pancia. O forse è il libro. O forse che ho mangiato troppo.
Stamani ho fatto tipo amicizia con due che andranno in seconda, però all'aziendale, però almeno ora consoco qualcuno a scuola; al tg prima parlavano che i ragazzi e le ragazze si stanno preoccupando di cosa mettersi il primo giorno di scuola e io mi sento tanto un pesce fuor d'acqua, perché non mi sto preoccupando per niente di cosa mettermi, anche perché tutto quello che vorrei mettermi mi farebbe sentire sbagliata perché il problema sono io, non quello che metto. E poi, che mi metta la maglia di Slash o qualsiasi altra maglia non mi risolve il problema di essere in una classe di sconosciuti in una scuola dove conosco solo due persone. Vorrei scappare da lì e correre alla vecchia scuola che, per quanto ho detto che non ci metterò più piede, ci sono tante persone che mi rilassano solo a vederle (e mi fanno preoccupare a non vederle).
Dovrei iniziare a prepararmi per uscire, ma i Superchick e i Flyleaf mi tengono qua. Forse è che io a salutare la gente e non sapere quando li rivedrò mi fa venire mal di pancia. O forse è il libro. O forse che ho mangiato troppo.
lunedì 5 settembre 2011
domenica 4 settembre 2011
Lui non è così testa di cazzo come lo fai passare te a parole, stronzo e che sbaglia spesso, sì, ma non così fottutamente testa di cazzo.
Tu non sei Isabella Swan, quindi smettila di comportarti come se fossi sul punto di morire solo perché lui s'è trovato un'altra, dopo che l'hai fatto patire per due anni.
Io non sono Dottor Stranoamore né una spugna che assorbe tutto senza patire. Ho anch'io i miei cazzi, quindi se non vengo su perché ho bisogno di andare in mezzo alla gente per non pensare evita di dirmi "sto a deprimermi su". Eporcocazzocheinculaungatto.
Tu non sei Isabella Swan, quindi smettila di comportarti come se fossi sul punto di morire solo perché lui s'è trovato un'altra, dopo che l'hai fatto patire per due anni.
Io non sono Dottor Stranoamore né una spugna che assorbe tutto senza patire. Ho anch'io i miei cazzi, quindi se non vengo su perché ho bisogno di andare in mezzo alla gente per non pensare evita di dirmi "sto a deprimermi su". Eporcocazzocheinculaungatto.
venerdì 2 settembre 2011
Parlare tra i denti e sotto voce mentre tuo fratello ci ascolta e l’altro bimbetto ti dice “chiedile di Rh.”.
A fingere che io e te non ci parliamo più, non siamo bravi. Tu (mi) fai sorrisi a culo per questa situazione orribile mentre scherzi con tuo fratello (e lei cerca di scherzare con te) e io ti rispondo con sorrisi ancora più a culo per ritrovarci, poi, con lei che cammina avanti di cinque metri e tu che tra i denti mi chiedi “cosa t’ha detto?” e io che ti rispondo che m’ha raccontato tutto e m’ha fatto leggere i messaggi mentre tuo fratello ci guarda e il bimbetto cagacazzi ti stressa dicendo a ripetizione “chiedile di Rh.” E tu lo metti a tacere dicendo “poi” e poi non sarà mai, perché tu non tocchi mai i tasti dolenti. E poi ci salutiamo sfruttando il muro che c’è tra me e lei per fare gli amici e tu che capisci meglio di lei che ho qualcosa per la testa mi fai segno che mi chiami, però non dici quando e oggi sto attenta al fatto che il telefono prenda sempre, ché non si sa mai quando riesci a chiamare e tanto, lo sai, per me puoi chiamare anche alle tre di notte che ti rispondo sempre sorridendo per quel “Mara banana” che mi dici tutte le volte che possiamo essere normali amici.
giovedì 1 settembre 2011
Dear September, I'm not sure if I love you.
Caro settembre, sei arrivato puntuale come tutti gli anni. Ieri speravo che piovesse, che mi salutassi come due anni fa con una bella pioggia di quelle attese da un po’, quelle che riempiono l’aria di quel buon profumo di terra e asfalto bagnato. Avrei voluto che piovesse, mentre camminavo sotto quel cielo stellato male.
Non so se sono felice del tuo arrivo, però. L’anno scorso lo ero, lo ero anche tanto, ma quest’anno non lo so. Non ho niente da aspettare, non ho nessuna prova da superare superando un cancello di una scuola che oramai non è più la mia, non ho nessuno ad aspettarmi e a tenermi il posto accanto a se a scuola, non ho chi vedendomi arrivare con lo zaino mi saluterà dopo tre mesi che non ci si vede. Quest’anno non so se son felice del tuo arrivo, perché non ho niente da aspettare e, alla fine, a me piace aspettare le cose. Quest’anno m’hai messo l’ansia, settembre, perché tra undici giorni dovrò andare in mezzo a gente sconosciuta ed io che, come dice M., sono sociofobica e tu che sei un mese intelligente due più due lo sai fare, quindi sai cosa vuol dire per me andare in un posto del genere. Mi risento un po’ come la bambina che doveva andare in prima media, quella che non vedeva l’ora che iniziasse la scuola nonostante il giorno prima si fosse messa l’apparecchio e parlava malissimo, ma era felice di tornare a scuola anche se a correrle in contro dicendo “tu ti siedi vicino a me!” non c’era nessuno; mi sento così, felice di ricominciare la scuola e spaesata da un posto nuovo.
Non so se sono felice e se ti amo come l’anno scorso, settembre, perché quest’anno non ho prove del nove, non ho concerti da aspettare e non ho eventi da segnare da qualche parte. Sei solo un altro mese, come agosto o ottobre. Non sono felice né triste del tuo arrivo, perché la partenza degli amici quest’anno non mi mette poi tanta tristezza, sarà che di stare in mezzo a Beautiful non è l’obbiettivo della mia vita, sarà che sentirmi rinfacciare i miei errori e il fatto che non vado a ballare non sono il mio divertimento preferito. Però tu sei un mese fatto così, uno si aspetta le cose e te ne stai nella media dei mesi non bellissimi, ma almeno buoni, magari quest’anno che m’aspetto il peggio da te tu mi porti tante buone cose. “Chi vivrà, vedrà”, dicono.
Ultimamente, caro settembre, non riesco più a scrivere a computer e tantomeno se non è il mio, quindi mi ritrovo a pensare alle parole che voglio usare e quando faccio così mi detesto sempre un po’, ché a me le parole piacciono quando escono di getto e magari non suonano benissimo, però son più sincere di quando ci stai a pensare delle ore e, poi, non mi piacciono più di tanto le parole scritte a computer, ho riscoperto che le parole fatte di inchiostro e un po’ storpie son più belle. Ultimamente, se è per questo, le parole che uso non mi piacciono mai, infatti scrivo e non voglio che nessuno legga, perché mi vergogno di come due parole stanno insieme.
Caro settembre, quest’anno mi piaci poco perché mi metti paura, perché io non so affrontare le sfide che mi trovo davanti, se una volta ci provavo, ora ho deciso di evitarle, però voglio anche dimostrare – dimostrarmi - che io non sono poi tanto fifona e quindi, forse, ci proverò ad affrontarle. Ma poi mi conosco, al primo ostacolo che mi fa cadere, non riuscirò ad andare avanti e mi siederò in un angolo e aspetterò che la sfida passi da sé. Ecco, settembre, ho trovato il nostro obbiettivo per quest’anno. Tu mi insegnerai a tirare fuori le palle, a cercare di superare le sfide e rialzarmi e io cercherò di affrontarle, di non girarci intorno o sedermi ad aspettare che la sfida se ne vada. Alla fine, di sfide, a settembre ne ho superate un po’, che siano esami di scuola o che siano prove del nove per salvarsi il cuore da cotte tossiche, quindi potrei anche riuscirci a superare anche questa. Forse, credo, non lo so.
Caro settembre, potresti far piovere un po’, perché l’odore di terra e asfalto bagnato son così buoni e fanno così bene. Potresti far piovere, perché ho voglia di sentire l’acqua che mi cade addosso, entra dentro le ossa e bagna anche il cuore. Potresti far piovere, così potrei sedermi in terrazzo e guardare la pioggia, senza pensare a niente se non a quel buon odore che impregna l’aria.
Caro settembre, si buono come l’anno scorso e se devi portare qualche novità, portala piccola o che non faccia male. Non ho la forza necessaria a superare qualcosa di grande.
Con affetto,
Amy.
Non so se sono felice del tuo arrivo, però. L’anno scorso lo ero, lo ero anche tanto, ma quest’anno non lo so. Non ho niente da aspettare, non ho nessuna prova da superare superando un cancello di una scuola che oramai non è più la mia, non ho nessuno ad aspettarmi e a tenermi il posto accanto a se a scuola, non ho chi vedendomi arrivare con lo zaino mi saluterà dopo tre mesi che non ci si vede. Quest’anno non so se son felice del tuo arrivo, perché non ho niente da aspettare e, alla fine, a me piace aspettare le cose. Quest’anno m’hai messo l’ansia, settembre, perché tra undici giorni dovrò andare in mezzo a gente sconosciuta ed io che, come dice M., sono sociofobica e tu che sei un mese intelligente due più due lo sai fare, quindi sai cosa vuol dire per me andare in un posto del genere. Mi risento un po’ come la bambina che doveva andare in prima media, quella che non vedeva l’ora che iniziasse la scuola nonostante il giorno prima si fosse messa l’apparecchio e parlava malissimo, ma era felice di tornare a scuola anche se a correrle in contro dicendo “tu ti siedi vicino a me!” non c’era nessuno; mi sento così, felice di ricominciare la scuola e spaesata da un posto nuovo.
Non so se sono felice e se ti amo come l’anno scorso, settembre, perché quest’anno non ho prove del nove, non ho concerti da aspettare e non ho eventi da segnare da qualche parte. Sei solo un altro mese, come agosto o ottobre. Non sono felice né triste del tuo arrivo, perché la partenza degli amici quest’anno non mi mette poi tanta tristezza, sarà che di stare in mezzo a Beautiful non è l’obbiettivo della mia vita, sarà che sentirmi rinfacciare i miei errori e il fatto che non vado a ballare non sono il mio divertimento preferito. Però tu sei un mese fatto così, uno si aspetta le cose e te ne stai nella media dei mesi non bellissimi, ma almeno buoni, magari quest’anno che m’aspetto il peggio da te tu mi porti tante buone cose. “Chi vivrà, vedrà”, dicono.
Ultimamente, caro settembre, non riesco più a scrivere a computer e tantomeno se non è il mio, quindi mi ritrovo a pensare alle parole che voglio usare e quando faccio così mi detesto sempre un po’, ché a me le parole piacciono quando escono di getto e magari non suonano benissimo, però son più sincere di quando ci stai a pensare delle ore e, poi, non mi piacciono più di tanto le parole scritte a computer, ho riscoperto che le parole fatte di inchiostro e un po’ storpie son più belle. Ultimamente, se è per questo, le parole che uso non mi piacciono mai, infatti scrivo e non voglio che nessuno legga, perché mi vergogno di come due parole stanno insieme.
Caro settembre, quest’anno mi piaci poco perché mi metti paura, perché io non so affrontare le sfide che mi trovo davanti, se una volta ci provavo, ora ho deciso di evitarle, però voglio anche dimostrare – dimostrarmi - che io non sono poi tanto fifona e quindi, forse, ci proverò ad affrontarle. Ma poi mi conosco, al primo ostacolo che mi fa cadere, non riuscirò ad andare avanti e mi siederò in un angolo e aspetterò che la sfida passi da sé. Ecco, settembre, ho trovato il nostro obbiettivo per quest’anno. Tu mi insegnerai a tirare fuori le palle, a cercare di superare le sfide e rialzarmi e io cercherò di affrontarle, di non girarci intorno o sedermi ad aspettare che la sfida se ne vada. Alla fine, di sfide, a settembre ne ho superate un po’, che siano esami di scuola o che siano prove del nove per salvarsi il cuore da cotte tossiche, quindi potrei anche riuscirci a superare anche questa. Forse, credo, non lo so.
Caro settembre, potresti far piovere un po’, perché l’odore di terra e asfalto bagnato son così buoni e fanno così bene. Potresti far piovere, perché ho voglia di sentire l’acqua che mi cade addosso, entra dentro le ossa e bagna anche il cuore. Potresti far piovere, così potrei sedermi in terrazzo e guardare la pioggia, senza pensare a niente se non a quel buon odore che impregna l’aria.
Caro settembre, si buono come l’anno scorso e se devi portare qualche novità, portala piccola o che non faccia male. Non ho la forza necessaria a superare qualcosa di grande.
Con affetto,
Amy.
mercoledì 31 agosto 2011
Domani è già settembre ed io sorrido un po'.
Sono stata un quarto d'ora ferma a guardare il cartoncino bianco che era l'invito al matrimonio dei miei genitori, oggi sarebbero vent'anni. Sono arrivati a festeggiarne qualcuno in meno, poi si son mandati a fanculo allegramente. Son stata lì a guardarlo per un quarto d'ora mentre mamma era a letto a riposare, non so neanche perché lo stavo osservando con tutta la concentrazione del mondo, come se dovesse svelarmi qualche segreto.
Papà sta facendo lavoro-ospedale-lavoro-ospedale-casa, almeno ieri son sicura, oggi credo abbia saltato il primo lavoro; nonno sta sempre uguale, non ho chiesto a papà se mi passa a prendere per andarlo a trovare e papà non ha chiesto di venirmi a prendere, forse ha capito che almeno nonno lo voglio ricordare l'uomo che era, non quello che è ora. O forse sta semplicemente aspettando che sia domenica e sono da lui per portarmi in ospedale. In stanza con nonno c'è un signore che mi ha chiamato "il barbiere" che abita poco lontano di dove abita nonno ed ha dei baffi buffi e sarei curiosa di vederlo, perché secondo lei l'ho visto almeno una volta, ma io l'unica persona coi baffi buffi che ho visto in vita mia era in Val Folgaria cinque anni fa; quello aveva dei baffi buffissimi, lunghissimi ed arrotolati. Erano belli, peccato non abbia pensato di fargli una foto.
M'hanno chiesto di andare su, me l'hanno chiesto per favore e che io sia cogliona si sa, così ho detto di sì anche se non avevo voglia e ora dovrei tipo salire in camera per prendere i vestiti, prepararmi e andare su.
Ho ancora delle sigarette? Sì, allora posso andare.
Papà sta facendo lavoro-ospedale-lavoro-ospedale-casa, almeno ieri son sicura, oggi credo abbia saltato il primo lavoro; nonno sta sempre uguale, non ho chiesto a papà se mi passa a prendere per andarlo a trovare e papà non ha chiesto di venirmi a prendere, forse ha capito che almeno nonno lo voglio ricordare l'uomo che era, non quello che è ora. O forse sta semplicemente aspettando che sia domenica e sono da lui per portarmi in ospedale. In stanza con nonno c'è un signore che mi ha chiamato "il barbiere" che abita poco lontano di dove abita nonno ed ha dei baffi buffi e sarei curiosa di vederlo, perché secondo lei l'ho visto almeno una volta, ma io l'unica persona coi baffi buffi che ho visto in vita mia era in Val Folgaria cinque anni fa; quello aveva dei baffi buffissimi, lunghissimi ed arrotolati. Erano belli, peccato non abbia pensato di fargli una foto.
M'hanno chiesto di andare su, me l'hanno chiesto per favore e che io sia cogliona si sa, così ho detto di sì anche se non avevo voglia e ora dovrei tipo salire in camera per prendere i vestiti, prepararmi e andare su.
Ho ancora delle sigarette? Sì, allora posso andare.
giovedì 25 agosto 2011
martedì 23 agosto 2011
"Dove cazzo siamo, nell'Unione Sovietica?!"
Io non sono nata per le guerre fredde, per amicizie segrete post amori andati a male. Io non sono nata con la capacità di stare in mezzo al rischio di perdere qualcuno solo perché si vuole troppo bene ad un'altra persona per smettere di essere sua amica. Io non sono nata per le guerre fredde del XXI secolo, fatte di stati e link su facebook riferiti a lui che s'è innamorato di un'altra, ma lui lo conosci e sai che per lui tutto questo non è facile. Ma a chi interessa, di lui? Solo a te, che fai l'amica di nascosto, perché sennò lei, la ex, la ferita, una delle tue amiche più care, smetterebbe di parlarti e lui, che di bene me ne vuole, non vuole mettermi in ulteriori casini. Incontri clandestini, che mi fanno pure schifo, perché sanno di cosa malvagia, ma cosa c'è di male nel voler bene ad una persona e non saper rinunciare ai suoi abbracci improvvisi mentre dice che sei bella e tu non ci credi, ma è bello quando te lo dice con quel fare fraterno che ha?
Lui, ora, ha quella luce felice negli occhi, quando parla dell'altra che mi ricorda tanto quella di due anni fa quando con quegli stessi occhi ci guardava lei; lei, ora piange, sta male perché lo ama, ma come glielo dice che alla fine è meglio così? Lei non riusciva a prenderlo com'era, coi suoi scazzi né i piercing, l'altra se lo è preso così e lo sta facendo sorridere, ma lui che non è un duro, per lei ha pianto tutto il giorno, ché non voleva ferirla. Ed io sono in mezzo al triangolo, alla guerra fredda, tra lei che vuole chiamare me e lui che qua non ha quasi nessuno. Ed io che mi chiudo a riccio sui loro problemi, con la voglia di pulire con l'alcol le loro ferite, lascio in putrefazione le mie e qualcuno dice che non è giusto, che dovrei liberarmi un po' del peso, almeno quello di questa guerra fredda, ma me lo tengo stretto il mio carico pesante anche se le spalle fanno male.
Io non sono nata con la pelle dura come la roccia, queste guerre d(e)i (loro) amori finiti male colpiscono me come rami secchi mentre corri disperate per un bosco pieno di rovi. Io non sono nata per le guerre fredde post amori scaduti come il latte non a lunga conservazione.
Lui, ora, ha quella luce felice negli occhi, quando parla dell'altra che mi ricorda tanto quella di due anni fa quando con quegli stessi occhi ci guardava lei; lei, ora piange, sta male perché lo ama, ma come glielo dice che alla fine è meglio così? Lei non riusciva a prenderlo com'era, coi suoi scazzi né i piercing, l'altra se lo è preso così e lo sta facendo sorridere, ma lui che non è un duro, per lei ha pianto tutto il giorno, ché non voleva ferirla. Ed io sono in mezzo al triangolo, alla guerra fredda, tra lei che vuole chiamare me e lui che qua non ha quasi nessuno. Ed io che mi chiudo a riccio sui loro problemi, con la voglia di pulire con l'alcol le loro ferite, lascio in putrefazione le mie e qualcuno dice che non è giusto, che dovrei liberarmi un po' del peso, almeno quello di questa guerra fredda, ma me lo tengo stretto il mio carico pesante anche se le spalle fanno male.
Io non sono nata con la pelle dura come la roccia, queste guerre d(e)i (loro) amori finiti male colpiscono me come rami secchi mentre corri disperate per un bosco pieno di rovi. Io non sono nata per le guerre fredde post amori scaduti come il latte non a lunga conservazione.
lunedì 22 agosto 2011
Amo le stazioni ed amo stare seduta in treno con Pink che canta Just Like A Pill mentre il pannorama scorre.
Oggi era una giornata calda, il mio treno delle 11.53 era in ritardo di cinquantacinque minuti - che sono diventati settanta quando sono arrivata dalla D. - e ho avuto il tempo di osservare la stazione, la gente che, per quanto mi faccia schifo, nelle stazioni è più bella.
Nelle stazioni la gente va di corsa, chiede informazioni fermandosi un attimo. Va in vacanza, o torno da una vacanza. Va via per lavoro o solo per qualche ora. Ci sono visi che ti sembrano famigliari e altri che lo sono -e non vorresti- e quelli sconosciuti, ma che hanno qualcosa di così bello che ti viene voglia di cercare nella borsa la macchina fotografica per fare una foto a un piccolo particolare.
Mi piacciono le stazioni, perché le persone grigie mi sembrano a colori, sembrano piene di vita anche a me che la vita, tra la gete, non la vedo mai.
(Avevo voglia di scrivere, non ci riesco. La fiducia altrui mi distrugge).
Nelle stazioni la gente va di corsa, chiede informazioni fermandosi un attimo. Va in vacanza, o torno da una vacanza. Va via per lavoro o solo per qualche ora. Ci sono visi che ti sembrano famigliari e altri che lo sono -e non vorresti- e quelli sconosciuti, ma che hanno qualcosa di così bello che ti viene voglia di cercare nella borsa la macchina fotografica per fare una foto a un piccolo particolare.
Mi piacciono le stazioni, perché le persone grigie mi sembrano a colori, sembrano piene di vita anche a me che la vita, tra la gete, non la vedo mai.
(Avevo voglia di scrivere, non ci riesco. La fiducia altrui mi distrugge).
mercoledì 17 agosto 2011
Ecco, di te mi innamorerei mille volte (ancora), Buk.
Stasera mi sento intossicato, scazzato, usato, logoro fino al midollo. Non sarà tutta colpa della vecchiaia, ma qualcosa c'entrerà anche lei. Penso che la gente, quella gente, l'Umanità che per me è sempre stata difficile, quella gente alla fine stia vincendo. Penso che il problema grosso sia che per loro è tutto quanto una replica. Nessuna freschezza. Non un minimo prodigio. Semplicemente, continuano a macinarmi.
Se un giorno vedessi anche una sola persona che fa o dice qualcosa di insolito, mi aiuterebbe a tirare avanti. Invece sono stantii, grigi. Non c'è slancio. Occhi, orecchie, gambe, voci ma... niente. Rinchiusi dentro se stessi, si prendono in giro, fingendo di essere vivi.
Quando ero giovane era meglio, cercavo ancora. Vagavo per le strade di notte cercando, cercando... socializzando, litigando, frugando... Non trovavo niente. Ma la scena totale, la nullità, non aveva ancora preso piede del tutto. Non ho mai trovato un vero amico. Con le donne, ogni volta era una nuova speranza, ma quello succedeva i primi tempi. Lo capii subito, smisi di cercare la "ragazza dei sogni"; me ne bastava una che non fosse un incubo.
Nella gente, i vivi li trovavo solo fra quelli che ormai erano morti: nei libri, nella musica classica.
Il capitano è fuori a pranzo, C. Bukowski.
Se un giorno vedessi anche una sola persona che fa o dice qualcosa di insolito, mi aiuterebbe a tirare avanti. Invece sono stantii, grigi. Non c'è slancio. Occhi, orecchie, gambe, voci ma... niente. Rinchiusi dentro se stessi, si prendono in giro, fingendo di essere vivi.
Quando ero giovane era meglio, cercavo ancora. Vagavo per le strade di notte cercando, cercando... socializzando, litigando, frugando... Non trovavo niente. Ma la scena totale, la nullità, non aveva ancora preso piede del tutto. Non ho mai trovato un vero amico. Con le donne, ogni volta era una nuova speranza, ma quello succedeva i primi tempi. Lo capii subito, smisi di cercare la "ragazza dei sogni"; me ne bastava una che non fosse un incubo.
Nella gente, i vivi li trovavo solo fra quelli che ormai erano morti: nei libri, nella musica classica.
Il capitano è fuori a pranzo, C. Bukowski.
(Peccato che eri finito, avevo voglia - bisogno - di leggerti).
sabato 13 agosto 2011
martedì 9 agosto 2011
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"Non me ne frega niente del per sempre o del per quanto, ma io ho voglia di innamorarmi".
Cit.
A me non frega niente del per sempre, del per quanto, della paura, del come andrà e di quanto male farà, ma io ho voglia di innamorarmi.
lunedì 8 agosto 2011
lunedì 1 agosto 2011
Ciao J., non riesco più a evitare di scriverti come se tu potessi leggere quello che ti vorrei dire, così son qua che ti scrivo e mi detesto per aver ceduto, di nuovo.
Mi sento uno schifo, ma non nel senso che "sto a schifo", ma nel senso che "sono uno schifo". Ero così cieca, così bisognosa di qualcuno (per scacciarti via dalla mia cassa toracica) che non mi sono neanche resa conto di quanto fosse un quaquaraquà. E perché, alla fin fine, ammettiamolo, non volevo vedere. Mi piaceva l'idea di qualcuno che si renda conto di me in maniera diversa dalle attenzioni d'amico di D., ecco.
J., come stai? Sto imparando a pronunciare il tuo nome, magari così te ne vai dalla mia cassa toracica. Perché non dico cuore? Perché io, quell'organo (non) inutile, lo ignoro o, almeno, è quello che vorrei fare. Mi fa paura, non è che lo voglio ignorare, lo ammetto; perché se dico cuore si insinua nella testa la frase che ha detto mia cugina - e non solo lei - e tremo come l'altro giorno che c'era un ragno nel letto. Cassa toracica, poi, mi ricorda quant'era bello sentire i batticuore appollaiati sulle costole, come papagalli tropicali appollaiati sui rami di grandi alberi.
Come ti va l'estate? Sai, la mia non è poi tanto male. Mi diverto, mi sono rilassata così tanto che non mi mangio neanche più le unghie, però tutte le volte che sento Danza Kuduro ho istinti omicidi, ma chissà quante volte l'avrai ballata nelle tue notti postmaturità. Io, che a ballare mi ci vogliono portare ma non voglio andarci, me la ritrovo ogni giorno da qualche parte e persino da parte degli amici che ci sono fissati, un po' come l'anno scorso che eravamo in fissa con Alejandro.
Oggi tira vento e non so che fare, me ne vorrei stare tutto il giorno in camera, seduta con le spalle contro il letto e sperando in un fulmine che mi faccia continuare quella cosa che c'è scritta sul quadernino verde. Tu sarai al mare o magari sei in vacanza o, forse, sarai con una ragazza e sarai felice (e non sai quanto vorrei avere l'assoluta certezza che tu sia felice davvero). Io, invece non vorrei vedere il mio riflesso nello schermo del pc, ché mi disturba molto per il semplice fatto che non mi voglio vedere.
Sai cosa vorrei, ora, J.? Iniziare a scrivere una lettera, ma di quelle con un destinatario che possa leggere la mia orribile e spesso incomprensibile calligrafia e ricevere risposte, perché aspettare una lettera, trovarla nella cassetta e poi leggerla avidamente mi piacerebbe. Però non voglio un destinatario conosciuto, di cui conosco già il suo colore preferito, la sua data di nascita e come porta i capelli, vorrei un destinatario sconosciuto di cui scoprire tutto e che vuole scoprire tutto. Non so perché ho questa (strana?) voglia, ma ultimamente le parole mi sembrano l'unica cosa bella che ci sia al mondo, oltre il pezzo di cielo di Central Park che hai negli occhi.
Ho scritto troppo e non volevo neanche scrivere, forse cederò ancora a questo bisogno di scriverti che mi prende nei momenti di solitudine.
Ciao J.,
con tutto questo strano bisogno di te,
Amy.
Mi sento uno schifo, ma non nel senso che "sto a schifo", ma nel senso che "sono uno schifo". Ero così cieca, così bisognosa di qualcuno (per scacciarti via dalla mia cassa toracica) che non mi sono neanche resa conto di quanto fosse un quaquaraquà. E perché, alla fin fine, ammettiamolo, non volevo vedere. Mi piaceva l'idea di qualcuno che si renda conto di me in maniera diversa dalle attenzioni d'amico di D., ecco.
J., come stai? Sto imparando a pronunciare il tuo nome, magari così te ne vai dalla mia cassa toracica. Perché non dico cuore? Perché io, quell'organo (non) inutile, lo ignoro o, almeno, è quello che vorrei fare. Mi fa paura, non è che lo voglio ignorare, lo ammetto; perché se dico cuore si insinua nella testa la frase che ha detto mia cugina - e non solo lei - e tremo come l'altro giorno che c'era un ragno nel letto. Cassa toracica, poi, mi ricorda quant'era bello sentire i batticuore appollaiati sulle costole, come papagalli tropicali appollaiati sui rami di grandi alberi.
Come ti va l'estate? Sai, la mia non è poi tanto male. Mi diverto, mi sono rilassata così tanto che non mi mangio neanche più le unghie, però tutte le volte che sento Danza Kuduro ho istinti omicidi, ma chissà quante volte l'avrai ballata nelle tue notti postmaturità. Io, che a ballare mi ci vogliono portare ma non voglio andarci, me la ritrovo ogni giorno da qualche parte e persino da parte degli amici che ci sono fissati, un po' come l'anno scorso che eravamo in fissa con Alejandro.
Oggi tira vento e non so che fare, me ne vorrei stare tutto il giorno in camera, seduta con le spalle contro il letto e sperando in un fulmine che mi faccia continuare quella cosa che c'è scritta sul quadernino verde. Tu sarai al mare o magari sei in vacanza o, forse, sarai con una ragazza e sarai felice (e non sai quanto vorrei avere l'assoluta certezza che tu sia felice davvero). Io, invece non vorrei vedere il mio riflesso nello schermo del pc, ché mi disturba molto per il semplice fatto che non mi voglio vedere.
Sai cosa vorrei, ora, J.? Iniziare a scrivere una lettera, ma di quelle con un destinatario che possa leggere la mia orribile e spesso incomprensibile calligrafia e ricevere risposte, perché aspettare una lettera, trovarla nella cassetta e poi leggerla avidamente mi piacerebbe. Però non voglio un destinatario conosciuto, di cui conosco già il suo colore preferito, la sua data di nascita e come porta i capelli, vorrei un destinatario sconosciuto di cui scoprire tutto e che vuole scoprire tutto. Non so perché ho questa (strana?) voglia, ma ultimamente le parole mi sembrano l'unica cosa bella che ci sia al mondo, oltre il pezzo di cielo di Central Park che hai negli occhi.
Ho scritto troppo e non volevo neanche scrivere, forse cederò ancora a questo bisogno di scriverti che mi prende nei momenti di solitudine.
Ciao J.,
con tutto questo strano bisogno di te,
Amy.
venerdì 29 luglio 2011
Paradise city.
Amo Milano, perché non è vero né che al nord le persone sono fredde né che a Milano mancano i colori. Amo Milano, perché sentirsi al posto giusto tra la metro ed i palazzoni è una cosa quasi normale.
Amo Slash e Myles perché quei due non sono esseri umani, sono qualcosa di più. Amo quelle che riescono a darmi, soprattutto insieme. Amo la pioggia leggera che cade mentre tu stai per bagnarti il viso, perché quella canzone è quella canzone, insomma. Amo Slash e Myles perché sanno farmi anche ridere e devo ancora capire se M. ha detto "cazzo in culo" o "cazzo duro", ma vabbè.
Amo Milano perché è davvero Paradise city.
Amo Slash e Myles perché quei due non sono esseri umani, sono qualcosa di più. Amo quelle che riescono a darmi, soprattutto insieme. Amo la pioggia leggera che cade mentre tu stai per bagnarti il viso, perché quella canzone è quella canzone, insomma. Amo Slash e Myles perché sanno farmi anche ridere e devo ancora capire se M. ha detto "cazzo in culo" o "cazzo duro", ma vabbè.
Amo Milano perché è davvero Paradise city.
lunedì 25 luglio 2011
E cantare con tutta la voce che si ha in corpo fino a dimenticarsi di tutti i problemi.
Il vento che ti spettina i capelli tramutando una cresta in un ciuffo alla Elvis, la corsa fino a sentire a scoppiare la milza per raggiungere un albergo per capire, poi, che quella era l'entrata sbagliata e finire sedute su una panchina a dare inizio alle figure di merda. Staff che mantengono la loro promessa, facendoti entrare in un backstage dove, non hai incontrato tutto il gruppo, ma hai incontrato due di quelle persone che il cuore te l'hanno ricucito di colpo, ché potranno stare sul palco e far urlare una piazza, ma loro son pur sempre i soliti ragazzi acqua e sapone di sempre.
E sentirsi bene e cantare con tutta la voce che si ha in corpo fino a dimenticarsi di tutti i problemi, anche su quella canzone che ti ha sempre fatto stringere il cuore, lo stomaco e tutti gli organi possibili.
E sentirsi bene e cantare con tutta la voce che si ha in corpo fino a dimenticarsi di tutti i problemi, anche su quella canzone che ti ha sempre fatto stringere il cuore, lo stomaco e tutti gli organi possibili.
venerdì 22 luglio 2011
I feel so happy.
Mi sento felice, perché a Firenze possono cambiare i sensi delle strade ogni giorno, ma è sempre bellissima.
Mi sento felice, perché è bello correre ed abbracciare un'amica - e che amica! - dopo mesi e mesi che non ci si vedeva.
Mi sento felice, perché è bello sapere che qualcuno si ricorda che ami le maschere in stile veneziano.
Mi sento felice, perché ci sono persone che incontri per la prima volta, ma quando le abbraccia è come se le abbracciassi da sempre.
Mi sento felice, perché dopo aver visto Firenze e le amiche sentirsi felici è più che normale.
Mi sento felice, perché è bello correre ed abbracciare un'amica - e che amica! - dopo mesi e mesi che non ci si vedeva.
Mi sento felice, perché è bello sapere che qualcuno si ricorda che ami le maschere in stile veneziano.
Mi sento felice, perché ci sono persone che incontri per la prima volta, ma quando le abbraccia è come se le abbracciassi da sempre.
Mi sento felice, perché dopo aver visto Firenze e le amiche sentirsi felici è più che normale.
giovedì 21 luglio 2011
Ci sono cieli che sembrano più belli, solo perché il cuore si sente a casa.
Domani vado a Firenze e fanculo a tutti i casini che si creano a sto mondo. E fanculo pure a "zia Pina".
Vado a Firenze e solo a dirlo sorrido, perché quella città è così bella che mi fa apprezzare persino i luoghi affollati e l'odore di smog. Qualcuno ha detto che quando sono a Firenze sono diversa, chissà se è vero, infondo quel giorno avevo più motivi per sorridere nonostante una gamba rotta. Però mi piace credere che almeno quella volta, dopo tanto tempo, lei aveva ragione su di me.
Domani sono a Firenze e vedrò due di quelle persone che ti fanno sorridere sempre, anche quando è dura farlo.
Domani sono a Firenze e respirerò lo smog e guarderò quel cielo che è bello anche coperto da nuvole cariche di pioggia, come l'ultima volta.
Vado a Firenze e solo a dirlo sorrido, perché quella città è così bella che mi fa apprezzare persino i luoghi affollati e l'odore di smog. Qualcuno ha detto che quando sono a Firenze sono diversa, chissà se è vero, infondo quel giorno avevo più motivi per sorridere nonostante una gamba rotta. Però mi piace credere che almeno quella volta, dopo tanto tempo, lei aveva ragione su di me.
Domani sono a Firenze e vedrò due di quelle persone che ti fanno sorridere sempre, anche quando è dura farlo.
Domani sono a Firenze e respirerò lo smog e guarderò quel cielo che è bello anche coperto da nuvole cariche di pioggia, come l'ultima volta.
domenica 17 luglio 2011
Ciao. Scusa. Addio (?).
M'hanno chiesto d'uscire di nuovo, ma no, non esco stasera, c'è Dottor House e il vaffanculo me lo sono presa senza rispondere niente, tanto se uscivo ero più morta che viva e di farmi sballotare da D. non ne avevo voglia.
Ti sei sforzato di mangiare come ti ho supplicato di fare? No, me lo sento dentro e mi sento anche che domani papà non riuscirà a fare quello che deve fare. Mi sento lo stesso nodo allo stomaco che avevo poco più di un anno fa, quando nonna l'hanno portata in ospedale. Perché avete tutti questo stramaledetto vizio di non mangiare?
“Non supera l'estate”. Sentirselo dire è più duro di saperlo senza ammetterlo. Cerco di scrivere, ma mi sento la bambina di cinque anni che per la vigilia di Natale ti ha visto portar via d'urgenza in ambulanza, tu e questo maledetto vizio (di famiglia) di evitare sempre i medici, neanche con un infarto in corso lo volevi vedere. Più scrivo e più mi convico di essere quella stessa bambina di cinque anni, gli occhi bruciano uguale solo che a cinque anni sul mio viso pioveva fin troppo facilmente, ora resisto. Basta chiudere gli occhi e respirare profondamente.
Tu non mangi quasi più e sei diventato più magro di me, nonna almeno lo era sempre stata. Te ne stai andando come lei, è questo che fa l'amore?
Non te ne andare, non così. Torna in te, torna a sentire, a mangiare e bere vino perché l'acqua ti fa ruggine, a cantare quelle vecchie canzoni di guerra sulla poltrona e vattene nel sonno senza soffrire. Non andartene come lei, per favore. Non voglio sentire tutto quello un'altra volta, non ho le spalle abbastanza resistenti, io. Non sono un P. fino in fondo, lo sono solo nei difetti, mi spiace che la forza che hanno tutti a casa non è mia.
“Nonno, mi raccomando, sforzati di mangiare che non mangiare fa bene agli occhi. Ci vediamo domenica”. Ci vediamo domenica, vero?
Ti sei sforzato di mangiare come ti ho supplicato di fare? No, me lo sento dentro e mi sento anche che domani papà non riuscirà a fare quello che deve fare. Mi sento lo stesso nodo allo stomaco che avevo poco più di un anno fa, quando nonna l'hanno portata in ospedale. Perché avete tutti questo stramaledetto vizio di non mangiare?
“Non supera l'estate”. Sentirselo dire è più duro di saperlo senza ammetterlo. Cerco di scrivere, ma mi sento la bambina di cinque anni che per la vigilia di Natale ti ha visto portar via d'urgenza in ambulanza, tu e questo maledetto vizio (di famiglia) di evitare sempre i medici, neanche con un infarto in corso lo volevi vedere. Più scrivo e più mi convico di essere quella stessa bambina di cinque anni, gli occhi bruciano uguale solo che a cinque anni sul mio viso pioveva fin troppo facilmente, ora resisto. Basta chiudere gli occhi e respirare profondamente.
Tu non mangi quasi più e sei diventato più magro di me, nonna almeno lo era sempre stata. Te ne stai andando come lei, è questo che fa l'amore?
Non te ne andare, non così. Torna in te, torna a sentire, a mangiare e bere vino perché l'acqua ti fa ruggine, a cantare quelle vecchie canzoni di guerra sulla poltrona e vattene nel sonno senza soffrire. Non andartene come lei, per favore. Non voglio sentire tutto quello un'altra volta, non ho le spalle abbastanza resistenti, io. Non sono un P. fino in fondo, lo sono solo nei difetti, mi spiace che la forza che hanno tutti a casa non è mia.
“Nonno, mi raccomando, sforzati di mangiare che non mangiare fa bene agli occhi. Ci vediamo domenica”. Ci vediamo domenica, vero?
sabato 16 luglio 2011
venerdì 15 luglio 2011
lunedì 11 luglio 2011
Ci sono persone con cui bevi almeno un bicchiere di alcol, perché devi riempirti per sopportare il fatto di essere lì con loro.
Ci sono persone con cui non senti la necessità di bere alcol, perché con loro ti senti fottutamente okay.
Ci sono persone con cui ti senti fottutamente okay, ma senti la necessità di bere perché dentro s'è (due) pirati alcolizzati.
Ci sono persone con cui non senti la necessità di bere alcol, perché con loro ti senti fottutamente okay.
Ci sono persone con cui ti senti fottutamente okay, ma senti la necessità di bere perché dentro s'è (due) pirati alcolizzati.
venerdì 8 luglio 2011
mercoledì 6 luglio 2011
"Cazzo! E' più brutta del Marconi!" "Ma almeno non cade a pezzi".
Stamani mi sono alzata presto, ché devo vedere dove (cazzo) è la nuova scuola, tanto mi perderò uguale anche se è facile capire dove (cazzo) devo scendere. Il gps ha avuto la brillante idea di farmi fare un "giro pesca" di quella città tanto orribile che quasi quasi batte la mia (non) cara Borgo Cinghiale; era semplice arrivarci, bastava prendere per L***** e poi direzione Stazione, easy. Ma no, era troppo semplice per Mio (che cazzo di nome è per un gps!?) che ci ha fatto girare intorno per quell'oribile città.
Fatto sta che, la scuola è peggio del Marconi, "ma almeno non cade a pezzi" e le persone sono gentili.
Io ODIO andare in posti nuovi e conoscere gente nuova. Pft, che nervi.
Fatto sta che, la scuola è peggio del Marconi, "ma almeno non cade a pezzi" e le persone sono gentili.
Io ODIO andare in posti nuovi e conoscere gente nuova. Pft, che nervi.
martedì 5 luglio 2011
lunedì 4 luglio 2011
mercoledì 29 giugno 2011
It's just automatic feel the panic (pouring champagne!)
E' semplice da capire: a me, quel posto fa schifo, mi fa allergia, mi fa salire i dubbi su me stessa anche nei giorni migliori. E' semplice da capire per chi non mi conosce e per chi ha visto il fuori di me, figuriamoci per gente che mi conosce da anni, però loro non lo capiscono. Bah. Ma sopportiamo, è estate e non puoi stare in casa e magari uscendo lo vedi e ritrovi la tua vena ispiratrice (magari!).
Dovrei prepararmi, i vestiti son già pronti, i trucchi sono in bagno... la voglia è andata a farsi fottere dai cinghiali su a Montemarcello (prima o poi capirò perché le coppie vanno in camporella in mezzo ai cinghiali,eh!).
Il quadernetto verde mi sta facendo venire il panico, non riesco a scrivere neanche una riga, ché una cosa che ricorda una storia di uno pseudo innamoramento non la voglio scrivere, voglio scrivere qualcosa di più, di più, di più woah!, ma credo proprio che stasera non ci riuscirò. Credo che il problema sia proprio scrivere in generale, anche a scrivere 'ste righe mi sto sforzando.
Ascolto per l'ultima volta Mr. Fantastic e mi faccio coraggio e vado a prepararmi. Forse. Sempre che un fulmine non entri dalla mia finestra, anche se c'è bel tempo, e mi fulmini. O se un cinghiale non viene a salvarmi.
Gosh, odio queste serate.
Dovrei prepararmi, i vestiti son già pronti, i trucchi sono in bagno... la voglia è andata a farsi fottere dai cinghiali su a Montemarcello (prima o poi capirò perché le coppie vanno in camporella in mezzo ai cinghiali,eh!).
Il quadernetto verde mi sta facendo venire il panico, non riesco a scrivere neanche una riga, ché una cosa che ricorda una storia di uno pseudo innamoramento non la voglio scrivere, voglio scrivere qualcosa di più, di più, di più woah!, ma credo proprio che stasera non ci riuscirò. Credo che il problema sia proprio scrivere in generale, anche a scrivere 'ste righe mi sto sforzando.
Ascolto per l'ultima volta Mr. Fantastic e mi faccio coraggio e vado a prepararmi. Forse. Sempre che un fulmine non entri dalla mia finestra, anche se c'è bel tempo, e mi fulmini. O se un cinghiale non viene a salvarmi.
Gosh, odio queste serate.
giovedì 23 giugno 2011
Mi vuoi adottare?
Stamani mi sono svegliata presto, contro voglia perché di andare a lezione ed ammettere che non avevo neanche guardato quei dannatissimi esercizi non ne avevo voglia.
Ero pronta a sentirmi l'ennesima ramanzina, tanto ora mai ci sono abituata a sentirmi le prediche da persone che si chiamano come lui. Non avevo voglia di sentirmi dire che devo studiare, che devo esercitarmi e blablabla. Avevo voglia di starmene a letto, con le coperte fin sopra alla testa e uscire solo se ne avevo voglia. Ma io dovrei averlo imparato in questi tre anni, P. mi fa sempre bene, in qualsiasi modo vada la lezione.
Papà voleva - voleva davvero? - tirarmi su di morale per com'è andata la scuola, mi ha spedito ancora di più sotto terra. Papà non lo sa che con me stessa non c'è un buon rapporto e che se rincara la dose aggiungendo che ho "un carattere di merda e da smussare, cambiare", mi fa più male di quando mi dice che sono ingrassata, che così bianca faccio schifo e che ho i brufoli. Sei un adorabile papà, proprio.
P. che non ha motivo di tirarmi su di morale, perché non è che lo pago di più se mi dice cose come "tanto all'università ci puoi andare con due anni di ritardo. C'è gente che al liceo era un fenomeno e all'università fa schifo, vedi te". P. sa più cose di me di mio padre; sa che bevo, che ogni tanto fumo, che cosa vorrei fare all'università se non riesco a sfondare nella musica. P. ha capito che io e la mia bassa statura non andiamo d'accordo e che non vado d'accordo neanche coi luoghi affolati.
P. mi fa parlare senza partire con il pregiudizi di mio padre, senza pensare che abbia un carattere di merda, che sono stupida e senza criticare tutto quello che faccio, dico e penso.
Avrei voluto farmi adottare da P. uscendo dalla sala prove dalle tende arancioni e dagli aplificatori strafighi.
Ero pronta a sentirmi l'ennesima ramanzina, tanto ora mai ci sono abituata a sentirmi le prediche da persone che si chiamano come lui. Non avevo voglia di sentirmi dire che devo studiare, che devo esercitarmi e blablabla. Avevo voglia di starmene a letto, con le coperte fin sopra alla testa e uscire solo se ne avevo voglia. Ma io dovrei averlo imparato in questi tre anni, P. mi fa sempre bene, in qualsiasi modo vada la lezione.
Papà voleva - voleva davvero? - tirarmi su di morale per com'è andata la scuola, mi ha spedito ancora di più sotto terra. Papà non lo sa che con me stessa non c'è un buon rapporto e che se rincara la dose aggiungendo che ho "un carattere di merda e da smussare, cambiare", mi fa più male di quando mi dice che sono ingrassata, che così bianca faccio schifo e che ho i brufoli. Sei un adorabile papà, proprio.
P. che non ha motivo di tirarmi su di morale, perché non è che lo pago di più se mi dice cose come "tanto all'università ci puoi andare con due anni di ritardo. C'è gente che al liceo era un fenomeno e all'università fa schifo, vedi te". P. sa più cose di me di mio padre; sa che bevo, che ogni tanto fumo, che cosa vorrei fare all'università se non riesco a sfondare nella musica. P. ha capito che io e la mia bassa statura non andiamo d'accordo e che non vado d'accordo neanche coi luoghi affolati.
P. mi fa parlare senza partire con il pregiudizi di mio padre, senza pensare che abbia un carattere di merda, che sono stupida e senza criticare tutto quello che faccio, dico e penso.
Avrei voluto farmi adottare da P. uscendo dalla sala prove dalle tende arancioni e dagli aplificatori strafighi.
mercoledì 22 giugno 2011
venerdì 17 giugno 2011
Mi sta tornando il vomito, è tutto il giorno che va e vieni, come prima al telefono con papà che si lamentava del mio carattere di merda e da smussare.
Ho il vomito e gli occhi lucidi, dovrei pure andarmi a preparare e non ho né voglia di uscire né le palle, vorrei nascondermi in camera per sempre. Ho le ossa troppo fragili, probabilmente, per star qua al mondo.
Devo essere puntuale, occhi lucidi e vomito non tengono come scusa, non con loro che se io arrivo in ritardo non va bene ma se loro arrivano dopo tre ore è okay.
Ho il vomito e gli occhi lucidi, dovrei pure andarmi a preparare e non ho né voglia di uscire né le palle, vorrei nascondermi in camera per sempre. Ho le ossa troppo fragili, probabilmente, per star qua al mondo.
Devo essere puntuale, occhi lucidi e vomito non tengono come scusa, non con loro che se io arrivo in ritardo non va bene ma se loro arrivano dopo tre ore è okay.
M'hanno tolto il sangue, stamani, ma mi sono ripresa facendomi lavare i capelli dalla parrucchiera e tutti i casini di questi giorni se ne sono andati beatamente a puttane.
Ora ho il vomito e sto andando a snifare l'odore della cera per i capelli, profuma troppo e mi calma. Mi ha chiamato la scuola, per questo ho il vomito. Non mi hanno detto nulla, però hanno chiamato. E Dio, i miei hanno scazzato ieri, se mi segano ancora faccio prima a scappare di casa che dire a mio padre che non è andata bene (e a mio zio mi darebbe della scema più di quello che fa ora).
Ho il vomito, forse farei meglio a non mangiare e i chiudermi dentro al bagno fino a domani quando non devo andare là. No, non devo, ma voglio. Voglio sapere di che morto devo morire, insomma. Anche se non muoio, però lo so, mi conosco, sarebbe una botta dura perché mi conosco e mi rompe perché non sono poi così cambiata da quando alle medie sono scoppiata a piangere per i sei di italiano, storia e geografia. Ero una maniaca dei voti, sotto al buono mi facevano schifo.
Ho il vomito, il the in polvere che ha preso mamma sa di medicina, i capelli sono fighi ed io ho paura di sentire cos'hanno da dire domani. Cazzo.
Ora ho il vomito e sto andando a snifare l'odore della cera per i capelli, profuma troppo e mi calma. Mi ha chiamato la scuola, per questo ho il vomito. Non mi hanno detto nulla, però hanno chiamato. E Dio, i miei hanno scazzato ieri, se mi segano ancora faccio prima a scappare di casa che dire a mio padre che non è andata bene (e a mio zio mi darebbe della scema più di quello che fa ora).
Ho il vomito, forse farei meglio a non mangiare e i chiudermi dentro al bagno fino a domani quando non devo andare là. No, non devo, ma voglio. Voglio sapere di che morto devo morire, insomma. Anche se non muoio, però lo so, mi conosco, sarebbe una botta dura perché mi conosco e mi rompe perché non sono poi così cambiata da quando alle medie sono scoppiata a piangere per i sei di italiano, storia e geografia. Ero una maniaca dei voti, sotto al buono mi facevano schifo.
Ho il vomito, il the in polvere che ha preso mamma sa di medicina, i capelli sono fighi ed io ho paura di sentire cos'hanno da dire domani. Cazzo.
giovedì 16 giugno 2011
Non voglio il trucco sbaffato, il cuore graffiato, lo stomaco piene di farfalle. Non voglio bere fino a stare male o, peggio, fino a dimenticare quello che sto facendo.
Non voglio tacchi costosi, borse troppo piccole per contenere tutto né vestiti troppo corti da far girare la testa al primo ragazzo in balia degli ormoni che incrocio per strada. Non voglio macchine fotografiche troppo buone per me o stereo troppo grandi per un condominio.
Non voglio cose (ed emozioni) futili, non voglio graffi superficiali che bruciano per niente. Voglio la vita nelle vene, negli occhi. Voglio la vita in ogni cellula, in ogni organa, muscolo e osso.
Voglio la vita, voglio sentirmi viva.
Non voglio tacchi costosi, borse troppo piccole per contenere tutto né vestiti troppo corti da far girare la testa al primo ragazzo in balia degli ormoni che incrocio per strada. Non voglio macchine fotografiche troppo buone per me o stereo troppo grandi per un condominio.
Non voglio cose (ed emozioni) futili, non voglio graffi superficiali che bruciano per niente. Voglio la vita nelle vene, negli occhi. Voglio la vita in ogni cellula, in ogni organa, muscolo e osso.
Voglio la vita, voglio sentirmi viva.
martedì 14 giugno 2011
Che poi era solo un semplice gelato.
- Però è ancora duro.
- Lo preferivi moscio?
- Se lo devo mettere sulla patata...
Che tipo, io la amo e a quarant'anni quando sarò ancora più nevrotica di così, perché il lavoro sarà uno schifo e non sarò riuscita a diventare una rockstar, penserò alle sue cazzate e sorriderò come una diciasettene qualunque che ha passato una giornata woah.
- Lo preferivi moscio?
- Se lo devo mettere sulla patata...
Che tipo, io la amo e a quarant'anni quando sarò ancora più nevrotica di così, perché il lavoro sarà uno schifo e non sarò riuscita a diventare una rockstar, penserò alle sue cazzate e sorriderò come una diciasettene qualunque che ha passato una giornata woah.
domenica 12 giugno 2011
giovedì 9 giugno 2011
mercoledì 8 giugno 2011
Mamma spia cosa faccio mentre uso il suo portatile sul terrazzo per prendere una linea adsl non protetta.
Ieri ho visto papà nel suo ambiente naturale, quello di lavoro, dove avrei voluto lavorare anch'io. Ma non posso, sono donna.
Io avrei bisogno di parlare con un under 40 normo dotato di testa che se dicessi qualcosa come tipo che "odio il genere umano" non mi darebbe della sociopatica.
Mi manca il mio computer e la mia adsl, questo ha la tastiera più lenta dei miei tasti.
Ieri ho visto papà nel suo ambiente naturale, quello di lavoro, dove avrei voluto lavorare anch'io. Ma non posso, sono donna.
Io avrei bisogno di parlare con un under 40 normo dotato di testa che se dicessi qualcosa come tipo che "odio il genere umano" non mi darebbe della sociopatica.
Mi manca il mio computer e la mia adsl, questo ha la tastiera più lenta dei miei tasti.
mercoledì 1 giugno 2011
Cara la mia (non) dolce M.
Io non sono un pinguino crestato, porco Slash nudo a letto!
E tu sei simpatica come blogspot che non fa commentare.
Con tanto ammmmore,
Amy che ti sta accanto.
E tu sei simpatica come blogspot che non fa commentare.
Con tanto ammmmore,
Amy che ti sta accanto.
martedì 31 maggio 2011
Che tu sia per me il coltello con cui frugo dentro me stessa.
Mi sento scema, come la protagonista di uno di quei film che io odio tanto.
Tu eri là, scrivevi tutto preso la tua verifica. Chissà, forse storia dell’arte ti piace o forse hai semplicemente studiato. Io, invece su storia dell’arte zoppico e mi fa venire l’ansia.
Tu eri là ed io ero là e speravo in una scena da film, tu resti colpito, scoppia l’amore e tutti vissero felici e contenti. Ma la realtà non è un film e tu non ti innamorerai (mai) di me.
Vorrei che tu ti accorgessi di me, ma il nostro tempo sta finendo. Ci restano solo tre giorni, tre giorni. Tre giorni dove io sorriderò a vederti passare, ché tu sei bello, ma non per gli occhi, sei bello per il cuore e dove tu non ti accorgerai di me.
Vorrei che tu fossi per me il coltello con cui frugo dentro me stessa, perché io di me non so niente (neanche di te, a parte che in certi gesti mi ricordi M. e che ti stringi nelle spalle come me) e con te vorrei rovistare dentro me stessa e farmi male per scoprire tutto.
Vorrei solo che ti accorgessi di me, anche se non sono né bella né troia.
Vorrei solo un po’ d’amore, perché per me stessa ho solo odio.
Vorrei solo un po’ del tuo amore, perché mi fai battere il cuore col cielo intrappolato nei tuoi occhi. Perché non posso aspettarti a Central Park.
Vorrei un po’ del tuo amore, perché la pancia mi fa male all’idea di dirti un silenzioso addio.
Vorrei il tuo amore, perché per te, per il tuo amore, potrei pensare di diventare debole.
Tu eri là, scrivevi tutto preso la tua verifica. Chissà, forse storia dell’arte ti piace o forse hai semplicemente studiato. Io, invece su storia dell’arte zoppico e mi fa venire l’ansia.
Tu eri là ed io ero là e speravo in una scena da film, tu resti colpito, scoppia l’amore e tutti vissero felici e contenti. Ma la realtà non è un film e tu non ti innamorerai (mai) di me.
Vorrei che tu ti accorgessi di me, ma il nostro tempo sta finendo. Ci restano solo tre giorni, tre giorni. Tre giorni dove io sorriderò a vederti passare, ché tu sei bello, ma non per gli occhi, sei bello per il cuore e dove tu non ti accorgerai di me.
Vorrei che tu fossi per me il coltello con cui frugo dentro me stessa, perché io di me non so niente (neanche di te, a parte che in certi gesti mi ricordi M. e che ti stringi nelle spalle come me) e con te vorrei rovistare dentro me stessa e farmi male per scoprire tutto.
Vorrei solo che ti accorgessi di me, anche se non sono né bella né troia.
Vorrei solo un po’ d’amore, perché per me stessa ho solo odio.
Vorrei solo un po’ del tuo amore, perché mi fai battere il cuore col cielo intrappolato nei tuoi occhi. Perché non posso aspettarti a Central Park.
Vorrei un po’ del tuo amore, perché la pancia mi fa male all’idea di dirti un silenzioso addio.
Vorrei il tuo amore, perché per te, per il tuo amore, potrei pensare di diventare debole.
lunedì 30 maggio 2011
O io sono morta o è un sogno.
Periodo di merda, uno di quei periodi in cui non vorresti mai alzarti dal letto se non per fare le cose strettamente necessarie alla vita ed oggi è uno di quei giorni in cui ti attacchi un sorriso in faccia e resisti a mangiarti le unghie perché hai già un dito violaceo e ti basta e avanza.
E’ uno di quei periodi in cui sorridi sinceramente una volta su diecimilioni di sorrisi che fai, ma non in un giorno. In un mese intero. E’ uno di quei periodi dove sopravvivi nel vero senso della parola.
E’ uno di quei periodi in cui scrivi con Georgia impostata a 9 e l’unica cosa che ti fa battere il cuore così forte da rischiare di scoppiare è l’idea di andare a Milano a vedere un dannatissimo concerto.
E poi… e poi te la trovi davanti la notizia che aspettavi. La dichiarazione di quella dannatissima special guest:
Okay. Le possibilità sono tre:
a. Questa notizia è falsa e io mi sono presa un mezzo infarto per nulla. Anche se la cosa è improbabile, arrivando da un sito ufficiale.
b. Io sono morta nel sonno e sono convinta di essere viva, ma in verità sono un fantasma e quindi questa cosa non è la vita reale ma l’aldilà.
c. E’ un sogno e Slash non viene con Myles. Se questa è la possibilità giusta conferma la mia teoria sul fatto che la realtà è un orrendo incubo, porca miseria.
E’ uno di quei periodi in cui sorridi sinceramente una volta su diecimilioni di sorrisi che fai, ma non in un giorno. In un mese intero. E’ uno di quei periodi dove sopravvivi nel vero senso della parola.
E’ uno di quei periodi in cui scrivi con Georgia impostata a 9 e l’unica cosa che ti fa battere il cuore così forte da rischiare di scoppiare è l’idea di andare a Milano a vedere un dannatissimo concerto.
E poi… e poi te la trovi davanti la notizia che aspettavi. La dichiarazione di quella dannatissima special guest:
Alter Bridge - 2 visite - 15 apr
Slash & Myles Kennedy a Milano e Roma il 28 e 29 Luglio 2011.
Slash & Myles Kennedy a Milano e Roma il 28 e 29 Luglio 2011.
Okay. Le possibilità sono tre:
a. Questa notizia è falsa e io mi sono presa un mezzo infarto per nulla. Anche se la cosa è improbabile, arrivando da un sito ufficiale.
b. Io sono morta nel sonno e sono convinta di essere viva, ma in verità sono un fantasma e quindi questa cosa non è la vita reale ma l’aldilà.
c. E’ un sogno e Slash non viene con Myles. Se questa è la possibilità giusta conferma la mia teoria sul fatto che la realtà è un orrendo incubo, porca miseria.
martedì 24 maggio 2011
It’s quite all right.
Penso che se non fossi mai nata sarebbe stato meglio, ché i miei starebbero ancora felicemente insieme. Penso che se non fossi un completo disastro mio padre non avrebbe sempre da ridire su tutto.
Penso che questa data di nascita sia una condanna da eterna seconda. Penso che se fossi diversa fisicamente lui (e sarebbe meglio dire loro, che c’è più di una persona in quel lui) si sarebbe accorto di me. Penso che se fossi migliore caratterialmente, più simile a questa massa informe di adolescenti N. e il (non) mio sole sarebbero ancora qua, soprattutto il secondo.
Penso che se fossi migliore non amerei la solitudine, che non la amo, ma fingo di sì che così vivo meglio.
Penso che se fossi più frivola, più zoccola e senza la mania di cercare la parola giusta per descrivere una cosa non mi sentirei in ansia ad incontrare quelle che, in teoria, sono delle care amiche da anni. Penso che se preferissi i tacchi alla moleskine chiusa in borsa, se vedessi il tramonto solo per il sole che va giù e non per il cielo che fa l’amore col mare, se viaggiassi con i preservativi in borsa e mi esaltassi perché m’hanno zittito con un cazzo in bocca e non per un bambino che mi dice “ciao” non sarei guardata come una persona strana dal 90% delle persone che mi circonda.
Penso che se non guardassi labbra, occhi e spalle come pezzi separati di una persona, ma come un insieme, sarei più… normale (?).
Penso di avere un cervello in over lode a furia di pensare e un cuore che se non iniziavo ad usarlo sarebbe stato meglio.
Penso che se non fossi in classe starei piangendo, ché io queste cose non le avevo mai ammesse neanche a me stessa.
Write: 12.o6 pm.
Penso che questa data di nascita sia una condanna da eterna seconda. Penso che se fossi diversa fisicamente lui (e sarebbe meglio dire loro, che c’è più di una persona in quel lui) si sarebbe accorto di me. Penso che se fossi migliore caratterialmente, più simile a questa massa informe di adolescenti N. e il (non) mio sole sarebbero ancora qua, soprattutto il secondo.
Penso che se fossi migliore non amerei la solitudine, che non la amo, ma fingo di sì che così vivo meglio.
Penso che se fossi più frivola, più zoccola e senza la mania di cercare la parola giusta per descrivere una cosa non mi sentirei in ansia ad incontrare quelle che, in teoria, sono delle care amiche da anni. Penso che se preferissi i tacchi alla moleskine chiusa in borsa, se vedessi il tramonto solo per il sole che va giù e non per il cielo che fa l’amore col mare, se viaggiassi con i preservativi in borsa e mi esaltassi perché m’hanno zittito con un cazzo in bocca e non per un bambino che mi dice “ciao” non sarei guardata come una persona strana dal 90% delle persone che mi circonda.
Penso che se non guardassi labbra, occhi e spalle come pezzi separati di una persona, ma come un insieme, sarei più… normale (?).
Penso di avere un cervello in over lode a furia di pensare e un cuore che se non iniziavo ad usarlo sarebbe stato meglio.
Penso che se non fossi in classe starei piangendo, ché io queste cose non le avevo mai ammesse neanche a me stessa.
Write: 12.o6 pm.
Professori che si credono autorizzati a farsi i cazzi tuoi solo perché te li stai facendo durante le loro ore.
- Mi fai leggere quello che stai scrivendo?
- No.
- No.
lunedì 23 maggio 2011
L’acqua mi fa ruggine” ha sempre detto nonno.
Ieri era il compleanno di nonno, ottantasei anni compiuti e lo sguardo moribondo nonostante la vita sia ancora nelle sue vene.
Papà gli ha tagliato i capelli, non benissimo però io nonostante l’età l’abbia rovinato lo vedevo bellissimo, aveva lo sguardo un po’ più spento e come non dargli ragione? C’erano i figli al ristorante con lui, c’ero io e mio cugino con la sua ragazza, ma mancava la nipote intermedia, c’era sua cognata, ma lui avrebbe voluto nonna.
Vorrebbe solo che i cuscini in camera da letto fossero alti uguali e non credo li importi molto se siano alti uguali perché non ci dorme nessuno o bassi uguali perché dividono ancora lo stesso letto.
Ho come sfondo le rose rosse che ci sono in giardino, mezze appassite e mezze in fiore e mi sono sentita bambina mentre le fotografavo, ché da bambina con nonna tagliavamo due o tre rose e le portavamo su.
“L’acqua mi fa ruggine” ha sempre detto il nonno, così butta giù il vino e oramai non si accorge che è annacquato.
“L’acqua mi fa ruggine” e butto giù del the caldo e vorrei della vodka alla fragola che mi farebbe bruciare la gola per il calore e non per questo magone.
Papà gli ha tagliato i capelli, non benissimo però io nonostante l’età l’abbia rovinato lo vedevo bellissimo, aveva lo sguardo un po’ più spento e come non dargli ragione? C’erano i figli al ristorante con lui, c’ero io e mio cugino con la sua ragazza, ma mancava la nipote intermedia, c’era sua cognata, ma lui avrebbe voluto nonna.
Vorrebbe solo che i cuscini in camera da letto fossero alti uguali e non credo li importi molto se siano alti uguali perché non ci dorme nessuno o bassi uguali perché dividono ancora lo stesso letto.
Ho come sfondo le rose rosse che ci sono in giardino, mezze appassite e mezze in fiore e mi sono sentita bambina mentre le fotografavo, ché da bambina con nonna tagliavamo due o tre rose e le portavamo su.
“L’acqua mi fa ruggine” ha sempre detto il nonno, così butta giù il vino e oramai non si accorge che è annacquato.
“L’acqua mi fa ruggine” e butto giù del the caldo e vorrei della vodka alla fragola che mi farebbe bruciare la gola per il calore e non per questo magone.
lunedì 16 maggio 2011
Stasera ho una mezza idea di riempirmi di marshmallow e fanculo all'idea di smetterla coi dolci solo perché mi stanno dicendo che "mi sto facendo chiatta" (mi dicessero "stai ingrassando", almeno. No, mi dicono proprio "chiatta" che l'autostima l'ammazza proprio!) mentre mi guardo Harry Potter e i doni della morte parte I.
Propabilmente consumerò quel dvd da qui a quando internet mi torna... O fino a che mamma non si decide a farlo tornare.
Propabilmente consumerò quel dvd da qui a quando internet mi torna... O fino a che mamma non si decide a farlo tornare.
martedì 10 maggio 2011
Ho giocato per due ore a Prato fiorito e ora odio i fiori quasi quanto detesti il latino.
Mi sono connessa con la vecchia chiavetta usb della Vodafone e okay, io sono impaziente ma lei è troppo lenta. Così ho deciso che da casa non mi connetto più fino a che non torna la mia (amata) linea superveloce. Più per la mia salute psichica che per altro, perché sto giocando da un’ora a Prato fiorito e sono convinta che faccia più male delle sigarette.
Ho i biglietti per Slash nel cassetto da ieri e mi sono pure costati una figura di merda con l’unico coetaneo che vive nel condominio. Okay, mi sono presa della “grande!” con un sorriso che può seriamente competere con quello della Mentadent ed un pollice alzato da un ragazzo piuttosto figo, però se quella santa donna che mi ha messo al mondo e la mia vicina di casa (non che zia del sopra citato figo che si crede uscito da Okay il prezzo è giusto) non chiedevano a lui chi è Slash mi facevano un favore.
Credo di essere diventata rossa come un pomodoro maturo davanti a 'sto tizio con cui avrò scambiato sì e no dieci ciao da quando si è trasferito qua anni fa. Vaffanculo (a me), a ‘sti punti.
Avrei bisogno di sedermi sul letto con un foglio ed una penna e scrivere fino a morire dissanguata d’emozioni, ma ho il braccio destro che come mi armo di penna inizia a farmi così male che mi devo mordere l’interno della bocca e il pollice si blocca, così non scrivo e mi sento così marcia e rotta che un quarto basterebbe.
Come se non bastasse mi sono pure venuti i sensi di colpa per Coso e di sensi di colpa ne ho fin sopra i capelli.
Son piena di sensi di colpa da anni e ora me li faccio venire senza un motivo logico (neanche gli altri hanno senso, a dire il vero) per un cuore che si crede una puttana in saldo.
La soluzione per sfogarmi un po’ sarebbe semplice da trovare, la conosco già: potrei scrivere a computer. Però non so scriverle certe cose senza l’inchiostro che macchia il foglio come se fosse sangue che esce da una ferita. Mi sento marcia, una persona in putrefazione.
Ho mal di testa e devo andare a ripetizioni da una nuova, perché l’altra è partita per la Svizzera. Il mio solito culo, devo dire. Trovo una che spiega bene e accettano la sua richiesta di lavoro (che s’era pure dimenticata di aver fatto) non so dove in Svizzera. Più culo di così!
Ho i biglietti per Slash nel cassetto da ieri e mi sono pure costati una figura di merda con l’unico coetaneo che vive nel condominio. Okay, mi sono presa della “grande!” con un sorriso che può seriamente competere con quello della Mentadent ed un pollice alzato da un ragazzo piuttosto figo, però se quella santa donna che mi ha messo al mondo e la mia vicina di casa (non che zia del sopra citato figo che si crede uscito da Okay il prezzo è giusto) non chiedevano a lui chi è Slash mi facevano un favore.
Credo di essere diventata rossa come un pomodoro maturo davanti a 'sto tizio con cui avrò scambiato sì e no dieci ciao da quando si è trasferito qua anni fa. Vaffanculo (a me), a ‘sti punti.
Avrei bisogno di sedermi sul letto con un foglio ed una penna e scrivere fino a morire dissanguata d’emozioni, ma ho il braccio destro che come mi armo di penna inizia a farmi così male che mi devo mordere l’interno della bocca e il pollice si blocca, così non scrivo e mi sento così marcia e rotta che un quarto basterebbe.
Come se non bastasse mi sono pure venuti i sensi di colpa per Coso e di sensi di colpa ne ho fin sopra i capelli.
Son piena di sensi di colpa da anni e ora me li faccio venire senza un motivo logico (neanche gli altri hanno senso, a dire il vero) per un cuore che si crede una puttana in saldo.
La soluzione per sfogarmi un po’ sarebbe semplice da trovare, la conosco già: potrei scrivere a computer. Però non so scriverle certe cose senza l’inchiostro che macchia il foglio come se fosse sangue che esce da una ferita. Mi sento marcia, una persona in putrefazione.
Ho mal di testa e devo andare a ripetizioni da una nuova, perché l’altra è partita per la Svizzera. Il mio solito culo, devo dire. Trovo una che spiega bene e accettano la sua richiesta di lavoro (che s’era pure dimenticata di aver fatto) non so dove in Svizzera. Più culo di così!
mercoledì 4 maggio 2011
Sono senza internet a casa ed è abbastanza stressante, perché ho un casino di roba con cui stare in pari e se me le perdo mi viene uno stress assurdo. Mamma si scogliona a chiamare la Fastweb ed io sono di straforo da quello di scuola ed ora suona pure la campana.
Avrei bisogno di scrivere un po', perché vedere gente che per te contava più di un qualsiasi tuo arto che a mala pena ti saluto mi fa male alla pancia. Dio, ho voglia di the.
Avrei bisogno di scrivere un po', perché vedere gente che per te contava più di un qualsiasi tuo arto che a mala pena ti saluto mi fa male alla pancia. Dio, ho voglia di the.
mercoledì 27 aprile 2011
L'eye-liner colato sarà come una ferita di guerra.
Amami per una notte, divorami tra le lenzuola mentre Patty Smith canta che la notte appartiene agli amanti, che la notte appartiene a noi e allora amiamoci per una notte e non di più. Amiamoci per una notte, curami le vecchie ferite e creane di nuove al risveglio.
Amiamoci, perché la notte appartiene agli amanti e può appartenere a noi. Amiamoci perché io sono sola e tu sei un quella fase della vita dove il sesso senza impegni dovrebbe essere un sogno.
Amiamoci per una notte, feriscimi, prenditi quella parte di me che nessuno si è mai preso e non parlo solo in senso materiale o sessuale, parlo di quella parte di cuore che nessuno ha mai voluto.
Amiamoci per una notte, senza impegni e ognuno, alla mattina, si riprende la sua vita e ci separeremo, io con le mie nuove ferite e tu col tuo sorriso.
Amiamoci e dormiamo insieme, non abbracciati perché sarebbe come dirti di restare e con quale diritto potrei chiedertelo? Tu dormiresti ed io non ti abbraccerei, guarderei le tue scapole e scoprire se sono macchiate di nei o se sono bianche e candide. La notte appartiene a noi e allora dormire anch’io, perché questa notte continui ad appartenerci.
Amami come si amerebbe una puttana che si prostituisce per non essere sola. Amami senza impegno, senza amarmi davvero. Sesso fine a se stesso per te, non per la puttana sola.
Amami, sporchiamo le lenzuola troppo candide, dormiamo insieme coi nostri corpi che si sfiorano e poi vattene alla mattina ed io ti guarderò andare via e sul mio volto l’eye-liner colato sarà come una ferita di guerra.
Amiamoci, perché la notte appartiene agli amanti e può appartenere a noi. Amiamoci perché io sono sola e tu sei un quella fase della vita dove il sesso senza impegni dovrebbe essere un sogno.
Amiamoci per una notte, feriscimi, prenditi quella parte di me che nessuno si è mai preso e non parlo solo in senso materiale o sessuale, parlo di quella parte di cuore che nessuno ha mai voluto.
Amiamoci per una notte, senza impegni e ognuno, alla mattina, si riprende la sua vita e ci separeremo, io con le mie nuove ferite e tu col tuo sorriso.
Amiamoci e dormiamo insieme, non abbracciati perché sarebbe come dirti di restare e con quale diritto potrei chiedertelo? Tu dormiresti ed io non ti abbraccerei, guarderei le tue scapole e scoprire se sono macchiate di nei o se sono bianche e candide. La notte appartiene a noi e allora dormire anch’io, perché questa notte continui ad appartenerci.
Amami come si amerebbe una puttana che si prostituisce per non essere sola. Amami senza impegno, senza amarmi davvero. Sesso fine a se stesso per te, non per la puttana sola.
Amami, sporchiamo le lenzuola troppo candide, dormiamo insieme coi nostri corpi che si sfiorano e poi vattene alla mattina ed io ti guarderò andare via e sul mio volto l’eye-liner colato sarà come una ferita di guerra.
venerdì 22 aprile 2011
Non ho mai capito perché i fili delle collane o sono troppo lunghi o sono troppo corti. Valesse solo per le collane sarebbe okay, ma è tutto sempre un troppo qualcosa.
Filo troppo lungo o troppo corto.
Troppo bianco o troppo nero.
Sì o no.
Bene o male.
Le sfumature sono solo una convinzione. E' tutto una cosa od un'altra.
Filo troppo lungo o troppo corto.
Troppo bianco o troppo nero.
Sì o no.
Bene o male.
Le sfumature sono solo una convinzione. E' tutto una cosa od un'altra.
domenica 17 aprile 2011
Vorrei scriverti una lettera, sai? Ma non una di quelle dove si parla di un noi che non c'è e non ci sarà mai o una di quelle dove si scrive che dell'altra persona vorresti sapere tutto. No, vorrei scriverti una di quelle lettere dove si parla di se stessi denudandosi di tutte le paura. Vorrei scriverti una lettera parlandoti di me senza alcun freno, ma tu la legeresti mai una lettera del genere?
venerdì 15 aprile 2011
Ho avuto la faccia in fiamme e le guancie di un rosso così acceso che l’avrà notato anche lui, in quel minuto che è stato ad ascoltare cosa volesse da loro la bidella prima di tornare sui suoi passi. Ho rischiato di schiantarmi contro la porta, mentre (a causa sua) mi ripetevo mentalmente “inpira ed espira” perché volevo star calma per me, perché non mi sopporto quando mi faccio dominare dai “batticuore”. Ho perso un battito lanciando uno sguardo verso lui, con lei – devo dire la sua lei o basta lei? -, non credo che lo recupererò facilmente, almeno non oggi.
Chiudo gli occhi, lo penso mentre Myles Kennedy canta “I set out on my own / Just to breathe again / Touch the light that calls me home / Just to reach the end / Where I'm free to breathe again” e conto i batticuore rinchiusi nella mia gambia fatta di costole, conto quanti ne sono rimasti. Ne manca uno, ne manca irrimediabilmente uno.
Chiudo gli occhi, lo penso mentre Myles Kennedy canta “I set out on my own / Just to breathe again / Touch the light that calls me home / Just to reach the end / Where I'm free to breathe again” e conto i batticuore rinchiusi nella mia gambia fatta di costole, conto quanti ne sono rimasti. Ne manca uno, ne manca irrimediabilmente uno.
mercoledì 13 aprile 2011
Cose da fare nella vita (anche se il titolo a matita era "cose da fare prima di morire", ma metteva troppa tristezza).
Vedere New York in tutte le stagioni e in tutte le sue sfaccettature. Vedere la primavera a Central Park. Andare a Tokyo. Girare l’Europa. E l’Oceania. E l’America. Visitare la tomba di Bukowski. Macchiare la pelle con inchiostro indelebile più e più volte. Fare la cosplay. Stringere la mano ad un paio – o forse son più di un paio – di musicisti con le palle e contro palle. Vivere di musica. Suonare, emozionarmi ed emozionare. Finire una storia. Riuscire a superare i miei ostacoli nella scrittura. Superare tutte le mie fobie. Vivere in una mansarda in qualche capitale europea. Vivere circondata da libri e cd. Non essere più sola tra fogli scritti, libri e cd. Convivere con le mie emozioni. Smettere di essere fredda e cinica davanti alle emozioni. Sporcare di vita le lenzuola insieme a qualcuno. Riuscire ad innamorarmi. Diventare forte. Ricucire ogni ferita in modo che non ne resti neanche la cicatrice. Vedere le ferite di chi merita guarite. Vedere certa gente Felice. Dimenticare. Vivere.
domenica 10 aprile 2011
Sei quello che resta dopo un cappuccino ed una sigaretta.
Sai ho trovato il mio equilibrio, anche se un anno fa non l’avrei mai creduto possibile. Ho iniziato a fumare, a bere il cappuccino chiarissimo, perché il caffè non mi piace granché, mi sono buttata sulle Benson Blu – e il blu mi ricorda il cielo e non più le lacrime – ed ho ridotto le dosi di estathè.
Sai, un anno fa a pensare a te, a parlare di te mi si spezzava la voce, ma ora rido. Ho trovato il mio equilibrio senza di te e ti ho dimenticato, chi l’avrebbe mai detto che ci sarei riuscita davvero?
Sei quello che (mi) resta dopo il cappuccino e una sigaretta. Il buon sapore in bocca e le mani che odorano di fumo.
Sei solo un ricordo di cui sorridere.
Sai, un anno fa a pensare a te, a parlare di te mi si spezzava la voce, ma ora rido. Ho trovato il mio equilibrio senza di te e ti ho dimenticato, chi l’avrebbe mai detto che ci sarei riuscita davvero?
Sei quello che (mi) resta dopo il cappuccino e una sigaretta. Il buon sapore in bocca e le mani che odorano di fumo.
Sei solo un ricordo di cui sorridere.
sabato 9 aprile 2011
Aver capito finalmente l'inutilità delle chiese e dei duomi.
Sei in giro, con un bisogno urgente di far pipì, ma un bisogno così urgente che ti ritrovi persino a ripetere "sei in mezzo al deserto, qui non c'è acqua che possa stimolarti" e arrivare a pensare di fare pipì in ospedale, perché al bar ti vergogni a chiedere, ma scartare l'ospedale perché:
- L'ospedale ti mette ansia e, quindi, andare in un ospedale per fare pipì non è pensabile.
- Ti vergogni ad entrare.
- Motivo più importante: andare al bagno dell'ospedale ti sa tanto di drogato disperato.
Così, ti ritrovi a passare davanti ad una chiesa, chiedere alla tua amica se secondo lei c'è un bagno e ti senti rispondere che il bagno se c'è, è in sacrestia e quindi escludi la chiesa. Ti ritrovi a fare la stessa scena davanti al duomo e anche lì la stessa risposta. Ora voglio a sapere a cosa servono le chiese ed i duomi se uno è bisognoso di un cesso e loro non ti aiutano ad averlo!
- E volevo che questo blog fosse un blog serio. Pft, io non sono seria, quindi neanche lui può esserlo.
venerdì 8 aprile 2011
When you see my face hope it gives you hell.
Sai, m’ero ripromessa di non scrivere mai più su di te. Mai più. Molto probabilmente “mai più” era un tempo troppo lungo per me.
Sai, m’ero ripromessa di non scrivere mai più di te dopo averti visto e dopo essere palesemente ignorata da te. E m’ero ripromessa anche di non scrivere mai più di te nei momenti in cui sento freddo perché i tuoi abbracci non li sento da mesi e mesi e mesi.
Sai, è che oggi sono nervosa a causa tua, ma non perché non ti ho visto o perché ci son stati due giorni di fila che hai accennato quel tuo stramaledetto sorriso sghembo che adoro – adoravo -, no sono nervosa a causa tua perché ci sono giorni, quando fuori fa caldo e dentro fa freddo, che mi ricordo com’era caldo dentro quando finivo stretta contro il tuo petto, perché il vantaggio di essere bassa non era sentirsi dire che come me ne saltavi tre, era finire stretta con la guancia contro il tuo petto ed era bello, dannatamente bello.
Sai, una persona normale o una persona un po’ meno orgogliosa al tuo accenno di sorriso avrebbe risposto con un sorriso, come a dirti “hey, sono ancora qua ad aspettare che ti decida a salutarmi!”, ma sai forse è che mi sono fatta più furba; ho acceso il cuore, sì, son più umana e meno androide, ma il cervello c’è sempre e quello son due giorni che mi salva dal cedere ai tuoi riccioli e a quel maledetto sorriso sghembo.
Sai, mi manchi, lo ammetto. Mi manchi, perché dentro a quelle braccia avevo trovato un piccolo porto sicuro o almeno credevo che lo fosse. Mi manchi, perché tu mi sapevi ridare l’ossigeno che il ghiaccio e il freddo mi toglievano. Mi manchi, perché mi facevi scrivere quella dannata storia che ora sta marcendo in una cartella del computer. Mi manchi, perché i tuoi abbracci stretti contro al tuo petto mi facevano sentire protetta. Mi manchi, perché amavi i Guns’n Roses ed è stata la prima cosa, ad inizio anno, a farmi rivalutare l’antipatia che a pelle mi avevi fatto venire. Mi manchi, perché era bello poter toccare quei riccioli neri che, cazzo, son perfetti. Mi manchi, perché mi facevi ridere e sorridere come non facevo da prima di rompermi la gamba e prima lo facevo pure raramente di sorridere così, diciamocelo chiaramente. Mi manchi, perché i tuoi abbracci mi piacevano così tanto da farmi cadere in una meschine dipendenza. Mi manchi, perché eri un amico.
Ma sai che c’è? C'è che spero che quando vedrai la mia faccia lei ti dia l'inferno. Spero che quando tu mi vedrai e tra noi ci saranno due persone e tu accennerai il tuo sorriso sghembo, spero che la mia faccia ti dia l'inferno. Sì, la ragazzina che era dipendente dai tuoi abbracci e che ora ha deciso di disintossicarsi da loro spera vivamente che quando vedi la sua non adorabile faccina lei ti dia l'inferno.
E tutto questo con tanto affetto lasciato a marcire e che presto, dopo una bella disintossicazione dal ricordo dei tuoi riccioli e dei tuoi abbracci, finirà nel cesso.
Sai, m’ero ripromessa di non scrivere mai più di te dopo averti visto e dopo essere palesemente ignorata da te. E m’ero ripromessa anche di non scrivere mai più di te nei momenti in cui sento freddo perché i tuoi abbracci non li sento da mesi e mesi e mesi.
Sai, è che oggi sono nervosa a causa tua, ma non perché non ti ho visto o perché ci son stati due giorni di fila che hai accennato quel tuo stramaledetto sorriso sghembo che adoro – adoravo -, no sono nervosa a causa tua perché ci sono giorni, quando fuori fa caldo e dentro fa freddo, che mi ricordo com’era caldo dentro quando finivo stretta contro il tuo petto, perché il vantaggio di essere bassa non era sentirsi dire che come me ne saltavi tre, era finire stretta con la guancia contro il tuo petto ed era bello, dannatamente bello.
Sai, una persona normale o una persona un po’ meno orgogliosa al tuo accenno di sorriso avrebbe risposto con un sorriso, come a dirti “hey, sono ancora qua ad aspettare che ti decida a salutarmi!”, ma sai forse è che mi sono fatta più furba; ho acceso il cuore, sì, son più umana e meno androide, ma il cervello c’è sempre e quello son due giorni che mi salva dal cedere ai tuoi riccioli e a quel maledetto sorriso sghembo.
Sai, mi manchi, lo ammetto. Mi manchi, perché dentro a quelle braccia avevo trovato un piccolo porto sicuro o almeno credevo che lo fosse. Mi manchi, perché tu mi sapevi ridare l’ossigeno che il ghiaccio e il freddo mi toglievano. Mi manchi, perché mi facevi scrivere quella dannata storia che ora sta marcendo in una cartella del computer. Mi manchi, perché i tuoi abbracci stretti contro al tuo petto mi facevano sentire protetta. Mi manchi, perché amavi i Guns’n Roses ed è stata la prima cosa, ad inizio anno, a farmi rivalutare l’antipatia che a pelle mi avevi fatto venire. Mi manchi, perché era bello poter toccare quei riccioli neri che, cazzo, son perfetti. Mi manchi, perché mi facevi ridere e sorridere come non facevo da prima di rompermi la gamba e prima lo facevo pure raramente di sorridere così, diciamocelo chiaramente. Mi manchi, perché i tuoi abbracci mi piacevano così tanto da farmi cadere in una meschine dipendenza. Mi manchi, perché eri un amico.
Ma sai che c’è? C'è che spero che quando vedrai la mia faccia lei ti dia l'inferno. Spero che quando tu mi vedrai e tra noi ci saranno due persone e tu accennerai il tuo sorriso sghembo, spero che la mia faccia ti dia l'inferno. Sì, la ragazzina che era dipendente dai tuoi abbracci e che ora ha deciso di disintossicarsi da loro spera vivamente che quando vedi la sua non adorabile faccina lei ti dia l'inferno.
E tutto questo con tanto affetto lasciato a marcire e che presto, dopo una bella disintossicazione dal ricordo dei tuoi riccioli e dei tuoi abbracci, finirà nel cesso.
martedì 5 aprile 2011
E' che la primavera mi fa allergia al cuore, o a quello che ne resta dopo anni di prigione e botte.
La primavera fa male alle persone, le fa rincitrullire, come diceva Tamburino. E non solo le persone, anche la natura si rincitrullisce.
La primavera mi fa pizzicare gli occhi, mi fa prudere il naso e le braccia.
La primavera mi fa allergia al cuore, o a quello che ne resta dopo anni di prigione e botte.
La primavera mi fa allergia al cuore e tu mi fai allergia al cervello.
La primavera mi fa allergia al cuore e tu ti infili in ogni santa parola che scrivo e risultano, ai miei occhi e alle mie orecchie, stucchevoli.
E’ che la primavera mi fa allergia al cuore, o a quello che ne resta dopo anni di prigione e botte e tu mi solletichi lo stomaco, i polmoni e la pelle come questo sole primaverile.
La primavera mi fa pizzicare gli occhi, mi fa prudere il naso e le braccia.
La primavera mi fa allergia al cuore, o a quello che ne resta dopo anni di prigione e botte.
La primavera mi fa allergia al cuore e tu mi fai allergia al cervello.
La primavera mi fa allergia al cuore e tu ti infili in ogni santa parola che scrivo e risultano, ai miei occhi e alle mie orecchie, stucchevoli.
E’ che la primavera mi fa allergia al cuore, o a quello che ne resta dopo anni di prigione e botte e tu mi solletichi lo stomaco, i polmoni e la pelle come questo sole primaverile.
E i colori dei campi di tulipani mi riempivano gli occhi e il cuore.
E sto guardando le foto fatte un anno fa in Olanda e ci sono io, in quelle rare foto dove compaio, che mi sembro un’altra persona; non sono i capelli lunghi con la frangia o le stampelle a farmi strano, sono gli occhi. Erano spenti, vuoti. Che poi ci tornerei, là. Ci tornerei di corsa. Ci tornerei per l’aria pulita e le persone che giravano in bicicletta e non in macchina. Ci tornerei per Amsterdam e rivederla tutta camminando senza maledire tutti i Santi possibili per il dolore alle mani. Ci tornerei per le case tipiche e ci tornerei per i colori dei campi di tulipani che mi riempivano gli occhi guardandoli dal pullman. E i colori dei campi di tulipani mi riempivano gli occhi e il cuore. Mi sentivo piena, piena come non mi sentivo da un po’ e come non riesco a sentirmi da quando l’aereo a toccato il suolo italiano. Ci arrivo vicina, ma i colori dei campi di tulipani non li ho più rivisti. E com’erano belli, veri ed allegri, i campi di tulipani.
giovedì 31 marzo 2011
E oggi è uno di quei giorni in cui mi viene tristezza persino perché c'è il sole.
Oggi è uno di quei giorni in cui mi viene tristezza con niente. Alla radio ho sentito i Blink e loro, alle 07.35 del mattino mi mettono sempre di buon umore, ma la voce di Tom Delonge che diceva “carry me home” mi ha ricordato che per gli inglesi “home” è la casa in senso emotivo ed io mi sono ritrovata a pensare a New York, Milano ed Amsterdam. Stamattina mi sentivo crollare a pezzi, mi sentivo come un piatto di fettuccine e mi sono ritrovata a pensare quando sentirsi un piatto di fettuccine era una cosa normale e tu eri in corridoio, dall’altra parte del banco, a parlare col tuo amico e io avrei voluto chiederti “scusa, mi puoi abbracciare stretta stretta come hai abbracciato la tua compagnia di classe l’altro giorno? Sai, ho bisogno che qualcuno contenga la mia l’esplosione”. Che poi, secondo me abbraccia meglio Teddy Bear, il tuo amico cicciotto con una faccia simpatica, ma tu hai quel dannato profumo di vita e il tuo abbraccio avrebbe funzionato meglio, lo so, me lo sento dentro. Stamattina mi sono pure sentita dire che dovrei farmi una visita dal dottore per questa appendice perché rischio che vada in peritonite e da una semplice pasticchina devo passare ad un operazione d’urgenza; un anno fa – o forse un anno e qualcosa di più – avrei detto una cosa tipo “magari ci resto pure e sarebbe un bene per tutti”, invece ora mi s’è annodato lo stomaco perché un po’ di paura c'è. Ma l’appendice infiammata me la tengo, evito di mangiare schifezza e si sfiamma da sola tanto. O al massimo finisce in peritonite. E in entrambi i casi passa, voglio dire. Oggi mi hanno fatto venire il dubbio se io sia realmente io, anagraficamente parlando. Certe volte me lo chiedo già di mio, giusto perché mi chiamano e mi sembra quasi che chiamino qualcuno che non sia io, ma non per il nome, per qualcosa di diverso. Prima mamma mi ha ricordato che da piccola sognavo di fare la scaricatrice di porto - alla faccia di chi sognava di diventare una principessa -, ma papà a sei anni ha deciso di spezzare il mio sogno facendomi capire che è un lavoro per uomini. A giugno probabilmente andrò a lavorare nei loro uffici e mi viene in mente quando la Porto Authority era Compagnia Lavoratori Portuali e nonno era lì quando è diventata grande e ora è ‘na mezza ciofeca, da come ne parla papà. E mi ricordo quando stavo nell’altra casa ed eravamo una famiglia e con papà andavamo a vedere se era a lavorare in biciclette e cantavamo, perché eravamo stonati ma ci rendeva felici cantare Nel Blu Dipinto Di Blu mentre andavamo in bicicletta. Ora la sede della Compagnia Lavoratori Portuali l’hanno demolita e c’è un cantiere di lavori in corso per un albergo, ovviamente lavori che sono fermi e la Porto Authority è in un palazzo moderno col tetto piatto che secondo me quando piove c’hanno la piscina sul tetto. E oggi è uno di quei giorni in cui mi viene tristezza persino perché c'è il sole anziché esserci un bel cielo nero carico di pioggia.
martedì 29 marzo 2011
Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi.
Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi, potresti accorgerti che:
• Le tue (maledette) lentiggini sono sempre lì.
• Il tuo naso è sempre più orrido.
• I tuoi occhi oggi hanno un colore più orribile che mai.
• Le tue labbra hanno un colore simile a quelle di una tua vecchia Barbie, che le aveva di un rosa osceno, e che odiavi profondamente a differenza delle altre.
• Il tuo taglio di capelli, oramai da aggiustare, non ti convince più e, quindi, ti viene la voglia di tagliarli ancora più corti.
• Ti accorgi che il colore dei tuoi capelli è più scuro, anziché essere di un castano più chiaro come succede ogni santissima primavera e che di questo colore ti fanno schifo, tanto da farti pensare di farti una tinta rosso o arancio, nonostante tu la tinta non te la vuoi fare perché oramai anche i cani si tingono.
• Ti accorgi, soprattutto, che è una pessima giornata perché tu davanti allo specchio per più di dieci secondi non ci stai mai e quando ci stai sei impegnata a cercare di far dritta la riga con l'eye-liner e, quindi non hai il tempo di osservarti.
Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi, soprattutto in giornate in cui, nel giro di neanche dieci minuti e prima di entrare a scuola, ti sei già fumata due Benson e, se avessi potuto e voluto, te ne saresti fumata anche una terza. E tutte fino a poca distanza dal filtro, cosa che fai solo nelle pessime giornate. Devo imparare a guardare i segnali che mi lancio inconsciamente, cavolo.
• Le tue (maledette) lentiggini sono sempre lì.
• Il tuo naso è sempre più orrido.
• I tuoi occhi oggi hanno un colore più orribile che mai.
• Le tue labbra hanno un colore simile a quelle di una tua vecchia Barbie, che le aveva di un rosa osceno, e che odiavi profondamente a differenza delle altre.
• Il tuo taglio di capelli, oramai da aggiustare, non ti convince più e, quindi, ti viene la voglia di tagliarli ancora più corti.
• Ti accorgi che il colore dei tuoi capelli è più scuro, anziché essere di un castano più chiaro come succede ogni santissima primavera e che di questo colore ti fanno schifo, tanto da farti pensare di farti una tinta rosso o arancio, nonostante tu la tinta non te la vuoi fare perché oramai anche i cani si tingono.
• Ti accorgi, soprattutto, che è una pessima giornata perché tu davanti allo specchio per più di dieci secondi non ci stai mai e quando ci stai sei impegnata a cercare di far dritta la riga con l'eye-liner e, quindi non hai il tempo di osservarti.
Mai guardarsi allo specchio per più di dieci secondi, soprattutto in giornate in cui, nel giro di neanche dieci minuti e prima di entrare a scuola, ti sei già fumata due Benson e, se avessi potuto e voluto, te ne saresti fumata anche una terza. E tutte fino a poca distanza dal filtro, cosa che fai solo nelle pessime giornate. Devo imparare a guardare i segnali che mi lancio inconsciamente, cavolo.
sabato 26 marzo 2011
In milk and mint I trust.
Mi fa male il ginocchio sinistro e mi fanno male gli addominali a forza di ridire; ho una paralisi alle labbra, tendono inesorabilmente verso l’alto e sto ancora giocando col mio Buzz Lightyear, che fa tanto bambina piccola, ma mi diverto.
Ho bevuto latte e menta, dopo aver fatto la spesa – o forse era meglio dire “tentato di fare la spessa seriamente”? – all’Esselunga, perché al latte e menta c’avevamo fatto la bocca. Ho una Wiston chiusa nella Moleskine, che lo so, è uno spreco ma è un ricordo e resta lì.
Sto sorridendo in un modo che non ricordo di aver mai fatto o forse l’ultima volta che ho sorriso così ero a qualche concerto o era una vita fa.
Mi stanno mandando a cagare – no, in realtà dire che mi mandano a cagare è un eufemismo, ché mi hanno detto “ucciditi”, ma vabbè – solo perché stasera non esco. Scusatemi tanto se di farmi nascere le fisime e di rovinarmi un umore praticamente ad un passo dalla perfezione – mia perfezione, ovvio – non ne ho voglia.
Dove le trovo altre due sonate che alle cinque del pomeriggio si mettono a mangiare le carote tagliate alla julienne bevendo latte e menta fatto con le proprie mani e rendendomi praticamente felice?
Ho bevuto latte e menta, dopo aver fatto la spesa – o forse era meglio dire “tentato di fare la spessa seriamente”? – all’Esselunga, perché al latte e menta c’avevamo fatto la bocca. Ho una Wiston chiusa nella Moleskine, che lo so, è uno spreco ma è un ricordo e resta lì.
Sto sorridendo in un modo che non ricordo di aver mai fatto o forse l’ultima volta che ho sorriso così ero a qualche concerto o era una vita fa.
Mi stanno mandando a cagare – no, in realtà dire che mi mandano a cagare è un eufemismo, ché mi hanno detto “ucciditi”, ma vabbè – solo perché stasera non esco. Scusatemi tanto se di farmi nascere le fisime e di rovinarmi un umore praticamente ad un passo dalla perfezione – mia perfezione, ovvio – non ne ho voglia.
Dove le trovo altre due sonate che alle cinque del pomeriggio si mettono a mangiare le carote tagliate alla julienne bevendo latte e menta fatto con le proprie mani e rendendomi praticamente felice?
mercoledì 23 marzo 2011
Say "thank you" to Dev Pascal.
program JohnnyBGoodeAndSlashFinallyMet;
uses wincrt;
var Slash,JohnnyBGoode:real:
begin
clrscrn;
writeln ('Introduci Slash');
uses wincrt;
var Slash,JohnnyBGoode:real:
begin
clrscrn;
writeln ('Introduci Slash');
readln (Slash);
if (Slash*(Slash-4))<>0
then
begin
JohnnyBGoode:=(Slash-2)/(Slash*(Slash-4));
writeln('JhonnyBGoode è',JhonnyBGoode:10:2);
end
else
writeln('Frazione impossibile');
readln
end.
Presente quando passi quasi un'intera giornata a studiare per circa tre interrogazioni di recupero e poi non ti ricordi 'na cippa e sai che una, quella di latino, andrà male? Ecco. Oggi era una giornata di quelle, una di quelle dove ti fai il thé caldo con i Pan di Stelle solo per sopravvivere e poi, apri la mail e ti ritrovi davanti questo e sorridi come una cretina, perché certe cazzate vengono fuori solo con certe persone.
Ma voglio dire, non sarà grande il Dev Pascal? Ha fatto incontare Jhonny B Goode e Slash! Prossima volta, però, Slash lo incontro io. Abbiamo un appuntamento,ecchecarciofoimpanatoefritto.
Ma poi, voglio dire, certa gente è proprio “adorabile” - J. docet! -, no anzi dire che è “adorabile” non rende bene. E' un po' come il thé caldo che sa di limone con i Pan di Stelle.
martedì 22 marzo 2011
Un cuore anatomico finto per non sentir più il vuoto all'altezza del torace.
Ho un cuore anatomico (finto) che pende da una catenella che se ne sta intorno al mio collo. Ho un cuore anatomico (finto) come collana, per ricordarmi che sono un essere vivente e che, quindi dovrei vivere e non sopravvivere.
Ho un cuore anatomico (finto) attaccato al mio collo che mi serve da rimpiazzo per quello vero che - purtroppo o per fortuna? - se ne sta rinnegato nella sua prigione. E' piccolo e muto, questo, non come l'altro che urla un po' troppo.
Ho un cuore anatomico al mio collo, è finto ed è arrivato per posta, ma serve come surrogato di quello vero.
Un cuore anatomico finto per non sentir più il vuoto all'altezza del torace. Come se potesse funzionare.
Ho un cuore anatomico (finto) attaccato al mio collo che mi serve da rimpiazzo per quello vero che - purtroppo o per fortuna? - se ne sta rinnegato nella sua prigione. E' piccolo e muto, questo, non come l'altro che urla un po' troppo.
Ho un cuore anatomico al mio collo, è finto ed è arrivato per posta, ma serve come surrogato di quello vero.
Un cuore anatomico finto per non sentir più il vuoto all'altezza del torace. Come se potesse funzionare.
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